L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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giovedì 8 novembre 2007

Agenzia Stampa "Il Velino"


GIUSTIZIA, ASSISTENTI SOCIALI: RILANCIAMO MISURE NON DETENTIVE
--IL VELINO SERA--
" Rilanciare le misure alternative alla detenzione e affidarne la titolarità agli assistenti sociali. È quanto ha chiesto oggi il Consiglio dell’ordine degli assistenti sociali, bocciando una delle proposte di riforma della Giustizia varate dal governo, che prevede l’inserimento della Polizia penitenziaria nell’attività degli Uffici di servizio sociale per l’esecuzione penale esterna. L’argomento è stato al centro della conferenza nazionale indetta dal Consiglio dell’ordine degli assistenti sociali sulle misure alternative alla detenzione, incontro cui hanno partecipato, oltre agli assistenti sociali, alcuni rappresentanti del ministero della Giustizia, i dipendenti degli uffici di esecuzione penale esterna del ministero stesso, sindacati e associazioni di volontariato del settore penitenziario. Punto chiave dell’incontro è stato la proposta di riforma, avanzata dal ministero di Giustizia, di inserire nell’attività degli Uepe la Polizia penitenziaria. Una proposta, questa, alla quale gli assistenti sociali dicono decisamente no, in quanto, come afferma Gloria Pieroni, assistente sociale Uepe di Siena, “sarebbe una soluzione negativa e controproducente”. Il tema delle misure alternative alla detenzione si inserisce nel caldo dibattito sul pacchetto di sicurezza che in questi giorni impegna il governo e vede scontrarsi due diverse esigenze: quella dei cittadini che chiedono maggiore sicurezza, e quella del servizio sociale che mira alla ricostruzione dei legami sociali e personali di chi è condannato.
Le forme penali alternative sono in vigore dal 1976 e da allora hanno avuto effetti significativi sui condannati (si parla solo del 19 per cento dei casi di recidiva, contro il 68 per cento di chi non è stato fruitore di pene alternative). Sono prescritte dalle ordinanze del Tribunale di Sorveglianza e vanno dalla detenzione domiciliare, alla libertà vigilata, alla semilibertà, all’affidamento al servizio sociale. Questo in particolare “si basa sul reinserimento sociale del condannato”, come specifica Pierani, ed è la forma di esecuzione penale più “aperta”, poiché scontata completamente all’esterno della struttura carceraria. Prevede il ruolo fondamentale del servizio sociale che segue da vicino il condannato nel suo processo di reinserimento nella comunità.
“È un controllo ‘sostanziale’ che prende in considerazione tutta la condotta del detenuto”, come spiega Alessandro Margara, della Fondazione Michelucci. Quest’attività si scontrerebbe con quella della Polizia penitenziaria che attuerebbe un controllo di tipo “formale” perché non prenderebbe “in considerazione il percorso compiuto dal detenuto”. Inoltre “la presenza della Polizia penitenziaria”, sempre secondo Magara, non farebbe altro che rimarcare “lo stato di detenzione di quella persona”. Per questo motivo la vicepresidente Franca Dente, a nome dell’Ordine degli assistenti sociali, “chiede il potenziamento degli uffici territoriali dell’Uepe, piuttosto che l’inserimento della Polizia penitenziaria”. E rispondendo alla proposta del ministero
della Giustizia Fiorella Cava, presidente dell’Ordine, sottolinea: “Diciamo sì all’ammodernamento del sistema giustizia (…) ma chiediamo di non dimenticare che tutto questo passa anche attraverso le sanzioni e le misure non detentive. Esse vanno potenziate attraverso maggiori risorse e un aumento dell’organico degli assistenti sociali cui va assicurata la centralità e la titolarità del trattamento”.