L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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lunedì 5 novembre 2007

Polizia Penitenziaria negli Uepe- Interrogazione Parlamentare in Aula- Resoconto stenografico completo

Seduta n. 225 di mercoledì 17 ottobre 2007 \
Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (ore 15,06).
(Schema di decreto ministeriale relativo all'utilizzo del personale del Corpo di polizia penitenziaria negli uffici dell'esecuzione penale esterna - n. 3-01347)
PRESIDENTE. Il deputato Daniele Farina ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01347, concernente lo schema di decreto ministeriale relativo all'utilizzo del personale del Corpo di polizia penitenziaria negli uffici dell'esecuzione penale esterna (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10).
DANIELE FARINA. Signor Presidente, signor Ministro, mi riferisco ai dati che sono stati appena forniti, che mi sollevano dall'incombenza di una lunga trattazione. E proprio perché siamo in tempi di campagna per la sicurezza dei cittadini, in parte artata e in parte vera, desta sorpresa la notizia che sarebbe, anzi è in gestazione un decreto ministeriale volto ad utilizzare il personale del Corpo della polizia penitenziaria negli uffici dell'esecuzione penale esterna. Sono proprio quegli uffici i cui risultati meritori, direi anzi eccezionali, testimoniano come alcune cose del sistema della giustizia complessivamente funzionano, e funzionano egregiamente. L'interrogazione da me presentata è rivolta a capire qual è la ratio di questo provvedimento.
PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. In primo luogo, faccio presente all'onorevole Farina che nel corso della stesura della bozza di decreto interministeriale riguardante l'inserimento del personale del Corpo di polizia penitenziaria negli uffici di esecuzione penale esterna, è stata posta massima attenzione all'osservazione delle proposte pervenute dalle organizzazioni sindacali e dall'Ordine nazionale degli assistenti.Dovrò poi osservare che l'articolo 3, comma 1, lettera b), attraverso un'integrale riformulazione dell'articolo 71 dell'ordinamento penitenziario, ha istituito gli uffici penali di esecuzione esterna in luogo dei centri di servizio sociale per adulti fino allora esistenti. Il comma 1 dell'articolo 71 dispone che gli uffici di esecuzione penale esterna dipendono dal Ministro della giustiziaPag. 18e la loro organizzazione è disciplinata con regolamento adottato da parte del Ministro. Il comma 2 dell'articolo 71, sempre dell'ordinamento penitenziario, individua le competenze degli uffici di esecuzione penale esterna.Per quanto qui interessa, è evidenziato che accanto a competenze già stabilite in relazione ai centri di servizio sociale, gli uffici in questione propongono all'autorità giudiziaria il programma di trattamento da applicare ai condannati che chiedono di essere ammessi all'affidamento in prova e alla detenzione domiciliare, eseguono il controllo di esecuzione dei programmi da parte degli ammessi alle misure alternative e ne riferiscono all'autorità giudiziaria, proponendo eventuali interventi di modificazione e di revoca.In tale contesto normativo, radicalmente mutato rispetto alla situazione anteriore regolata dalla legge n. 54 del 2005, la bozza di decreto menzionata dall'interrogante prevede in via sperimentale l'inserimento di personale di forze di Polizia penitenziaria, in un modello operativo imperniato sul programma di trattamento e di inclusione sociale a persone ammesse alla misura alternativa. In tale prospettiva, la bozza attribuisce alla Polizia penitenziaria prioritariamente rispetto alle altre forze di polizia la verifica del rispetto degli obblighi di presenza in determinati luoghi imposti alle persone ammesse alla misura alternativa.Quanto ai soggetti affidati in prova al servizio sociale e in semilibertà, è invece previsto che l'attività di verifica possa essere chiesta e attivata rispettivamente dalla magistratura di sorveglianza e dal direttore dell'istituto penitenziario.Ritengo quindi di poter dire che possano esser fugati, a mio parere, i timori evidenziati dall'onorevole Farina, sottolineando che i compiti di verifica della Polizia penitenziaria consistono unicamente nell'accertare la presenza in determinati luoghi del detenuto domiciliare, ovvero, se richiesto dalle menzionate autorità, degli altri soggetti ammessi a misure alternative, senza intaccare i profili concernenti l'attività propria dello specifico assistente sociale investito del caso, che anzi deve essere necessariamente sentito in sede di preparazione dell'ordine di servizio relativo all'attività di verifica.
PRESIDENTE. Il deputato Farina ha facoltà di replicare.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, ribadisco il fatto che stiamo parlando e intervenendo su uno dei servizi della giustizia che ha dimostrato la sua straordinaria efficacia, proprio in relazione a quelle leggi, tra cui la legge Gozzini, a cui precedentemente, in altre interrogazioni, si è fatto riferimento.Uno dei dubbi più rilevanti è che l'introduzione di una scissione in fase trattamentale nel rapporto fra la competenza di aiuto e quella di controllo possa far venir meno o rendere meno efficaci gli effetti di questo tipo di servizio. È questa la prima preoccupazione che le organizzazioni sindacali dei lavoratori dell'esecuzione penale esterna ci hanno rappresentato. Va detto inoltre che oggi tale servizio di controllo è svolto essenzialmente dall'Arma dei carabinieri e dalla Polizia di Stato territorialmente diffuse: la costituzione di squadre della Polizia penitenziaria specializzate rappresenta dunque un di più - almeno nell'opinione di chi sta replicando - che rende ancor più difficili le condizioni di lavoro della Polizia penitenziaria stessa, che è sottoposta spesso a carichi di lavoro che fanno sì che sia costantemente sotto organico. Dunque, pur essendo parzialmente soddisfatto della sua risposta, credo che la ratio che lei enunciava in principio non sia particolarmente felice. Non si capisce infatti la motivazione profonda per cui si interviene su un aspetto che va nel senso della sicurezza dei cittadini e su un pezzo dell'ordinamento della giustizia (nel senso più ampio che possiamo intendere) che funziona e che non è sottoposto a quello che le campagne giornalistiche definiscono lo «sfascio». Intervenire su tale settore significa infatti mettere le mani in un assetto assai delicato, che è frutto di competenze, professionalità e sperimentazioni ormai largamente consolidate, nonché - lo ribadisco per l'ennesima volta - straordinariamente efficaci.