L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

giovedì 8 novembre 2007

ORDINE A.S. PIEMONTE

Il CNOAS ha organizzato in Roma per il 07 novembre p.v. un importante momento di confronto e di riflessione sui preoccupanti stravolgimenti proposti nella bozza del Decreto Interministeriale, che vorrebbe introdurre la figura dell’agente di Polizia Penitenziaria all’interno degli Uffici di Esecuzione Penale Esterna, al fine di attivare controlli di polizia sulle persone ammesse alle misure alternative al carcere.
In preparazione di tale evento l’Ordine Regionale del Piemonte ha promosso un incontro con gli Assistenti Sociali dipendenti del Ministero della Giustizia, finalizzato ad arricchire lo scambio ed il confronto sul tema oggetto della conferenza.
I colleghi, intervenuti dai diversi uffici UEPE piemontesi, condividono la forte preoccupazione che ha mobilitato tutta la comunità professionale a difesa dell’attuale impianto degli interventi per le misure alternative, disposto e disciplinato sul piano normativo ormai da un trentennio.
Il gruppo nella condivisione dei nodi problematici da più parti largamente espressi, quale proprio contributo alla valutazione, ritiene di porre l’accento sulla centralità che la professione dell’Assistente Sociale svolge nell’ambito dell’esecuzione penale esterna, per la specificità di ruolo caratterizzato dal doppio mandato “di aiuto e di controllo”. E’ stato ricordato che “… in ogni situazione tesa all’aiuto ed al sostegno, si ha la presenza di una relazione educativa e di una dimensione di controllo interagenti tra loro. Il corretto sviluppo di un intervento si fonda quindi sulla capacità di saper trovare il giusto equilibrio tra relazione di aiuto e relazione d’autorità” (IRESS 1990) e ancora come “… il controllo nell’esercizio professionale appare non solo perfettamente compatibile con l’autodeterminazione dell’utente, ma addirittura irrinunciabile: esso viene valorizzato come contenitore regolatore necessario, spesso richiesto dagli utenti; fondamentale funzione di prevenzione legata ad un progetto” (Aste 1990).
Si tratta dunque di controllo sociale e non di controllo di polizia, così come voluto dal dettato normativo e confermato dai dati raccolti negli anni, che pongono in evidenza la positiva opera trentennale svolta dai Centri di Servizio Sociale Adulti (oggi UEPE) istituiti per seguire le misure di esecuzione penale esterna.

La discussione è poi proseguita ponendo l’attenzione sui possibili margini di miglioramento sul piano del lavoro professionale svolto, che in ogni caso non giustificano l’introduzione di un controllo di polizia nell’orario diurno anche per l’affidamento in prova al Servizio Sociale, in quanto snatura profondamente il principio che sta alla base della esecuzione penale esterna. Si rammenta che la Magistratura di Sorveglianza concede la misura alternativa, soltanto ove sussistano gli elementi sufficienti a garantire una corretta esecuzione penale in ambiente esterno, tesa a favorire al contempo l’attuazione o il consolidamento del reinserimento sociale del soggetto.
Nel confronto è stato valutato inoltre che i numeri delle unità di personale di Polizia Penitenziaria, ipotizzate nei vari Uffici in cui si vorrebbe dare corso alla sperimentazione, sarebbero davvero minimi e tali da porre in evidenza l’inutilità sostanziale della proposta nella pratica: infatti, se tale personale dovesse coprire un orario su due turni di lavoro giornaliero, ad esempio in un Ufficio come quello di Torino, vi sarebbero in turno al massimo tre agenti .
Il gruppo di lavoro valuta, anche solo per le ragioni ricordate, che la proposta avanzata sembra rispondere più a logiche di visibilità e di facile consenso politico, più che essere supportata da reali e concrete motivazioni di ordine tecnico-professionale. Considera inoltre che ciò sia favorito dal clima di diffusa e generica paura che i media amplificano e sottolineano, contribuendo ad un crescente allarme sociale, anche se per contro questi poco sanno e poco divulgano sui positivi risultati complessivi ottenuti nel corso di un trentennio di operatività posta in atto dagli Uffici. Quanto sopra contribuisce a creare un terreno favorevole per proposte che sono anche in contrasto con il quadro normativo vigente, irrispettose del sistema gerarchico delle fonti, proposte che risulterebbero peraltro dispendiose introducendo di fatto dei doppioni di controllo di Polizia, già presenti in modo capillare sul territorio.
Nel corso del confronto è stato ricordato inoltre che questa opera di “stravolgimento“ è stata avviata con la legge “Meduri” del 2005 che, introducendo il cambiamento della denominazione degli Uffici, ha aperto il fianco all’indebolimento della centralità del lavoro sociale nell’esecuzione penale esterna.
Questo Ordine Regionale ritiene quanto mai importante che l’Ordine Nazionale continui l’azione intrapresa a difesa del ruolo professionale svolto all’interno degli UEPE, spingendosi anche a recuperare sul piano formale la precedente denominazione di ”Centri di Servizio Sociale“, che bene rappresentava e valorizzava il lavoro svolto dagli Assistenti Sociali.