L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

venerdì 4 gennaio 2008

L'ESPRESSO

Odissea carcere di Riccardo Bocca
Dopo un anno l'effetto indulto è già svanito. Spazi insufficienti, poco personale e leggi come la Bossi-Fini che continuano a spedire in prigione migliaia di extracomunitari. Così le carceri italiane scoppiano di nuovo
Le carceri italiane crollano. Collassano sotto il peso di 49 mila 442 detenuti: 6 mila e 200 in più rispetto a quelli previsti dal regolamento. Per farsi un'idea, da ottobre a dicembre 2007 sono finite in cella oltre mille persone al mese. E il 2008 parte con l'allarme lanciato a 'L'espresso' da Ettore Ferrara, capo del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria): "La situazione sta diventando irrecuperabile", dice: "C'è un rubinetto aperto che allaga la casa, e tutti guardano senza intervenire".Non è questione di Nord o Sud: il sovraffollamento è ovunque. Prendiamo San Vittore, a Milano: "Con due reparti chiusi per ristrutturazione, la capienza maschile è di 700 unità", racconta Luigi Pagano, responsabile dei penitenziari lombardi: "Invece gli uomini sono 1.187, senza contare le 97 donne e i 77 ricoverati del centro clinico". Ti sposti in Liguria, a Genova, e lo scenario è simile: la capienza limite, al carcere di Marassi, è di 450 posti. Ma il Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, segnala la presenza di "oltre 600 detenuti", con una carenza stimata "di più di 120 agenti". Come in Sicilia, dove da agosto 2007 il tutto esaurito abbonda: nel carcere Piazza Lanza di Catania, ad esempio (399 detenuti contro i 245 previsti). Ma anche ad Agrigento (294 contro 253) e Barcellona Pozzo di Gotto (256 contro 216). È una lunga storia: da sempre le nostre prigioni scoppiano. Già nel 2002 i reclusi erano 56 mila, e a luglio 2006 sfondavano quota 60 mila. Poi però è arrivato l'indulto, e all'improvviso 26 mila persone sono tornate libere. "Il primo impatto", dice Pagano, "è stato ottimo. Finalmente abbiamo tirato il fiato. E ragionato con tranquillità sull'impiego delle nostre forze". Peccato che, dall'estate scorsa a oggi, il 23,8 per cento degli indultati sia tornato in cella. E siano cresciute, in parallelo, le percentuali di reati come rapina, truffa e tentato omicidio. La sintesi di un provvedimento fallimentare, denuncia chi non l'ha votato (come An e Lega). Ma anche la principale causa del nuovo sovraffollamento, ormai a un passo dai livelli del 2005. Un'interpretazione contestata da Emilio Di Somma, vicecapo del Dap: "L'indulto c'entra poco con il fenomeno del sovraffollamento. Piuttosto, la percentuale media di recidiva, per gli ex detenuti, è attorno al 70 per cento. E chi esce di prigione viene aiutato poco, pochissimo. Dunque è inevitabile, nelle condizioni attuali, che le carceri si ingolfino. E che si attacchi l'indulto senza affrontare le vere cause".
A cosa si riferisce, è presto detto. Il primo punto scomodo è quello degli extracomunitari. Negli anni Novanta rappresentavano il 15 per cento della popolazione carceraria italiana. Oggi sono il 37 per cento, pari a 18 mila 454 persone provenienti da 144 paesi. "Un dato impressionante", commenta Ferrara, "che resterà tale se non si mette mano alla Bossi-Fini, aiutando gli stranieri a vivere in maniera dignitosa". L'altro punto scomodo è la divisione in carcere tra chi è stato condannato e chi è in attesa di giudizio. Su 49 mila 193 detenuti, ben 29 mila 137 rientrano nella categoria degli imputati, mentre 18 mila 569 sono i condannati e gli 1.487 internati (ossia ricoverati in ospedali psichiatrici giudiziari). Gran parte di chi è parcheggiato in cella, insomma, non conosce ancora il suo destino. E suo malgrado contribuisce al sovraffollamento. "Perché fino alla condanna", ricorda Di Somma, "i detenuti sono esclusi dai progetti di riabilitazione". Inoltre, aggiunge Vittorio Antonini, coordinatore a Rebibbia dell'associazione Papillon, "due terzi di coloro che hanno diritto alle misure di pena alternative se le vedono rifiutare". Il che, dice, autorizza un sospetto: che "sulle decisioni dei magistrati di sorveglianza, influisca la pressione delle campagne pubbliche in materia di sicurezza".Il clima è questo: elettrico. Anche, anzi soprattutto, quando il discorso cambia, passando alla lunghezza assurda dei processi penali: la grande madre di tutti i sovraffollamenti.