Il TEMPO
7 gennaio 2008
"Le voci allarmanti che nello scorso anno si sono alzate da più parti sulle disastrose condizioni del sistema penitenziario italiano in relazione al crescente afflusso di detenuti, dopo il provvedimento dell’indulto del luglio 2006, trovano la piena conferma all’inizio del corrente anno per problemi non più solo di carattere infrastrutturale, ma anche organizzativo degli istituti e dei servizi penitenziari" a sostenerlo è il segretario Generale dell’Osapp Leo Beneduci in questa lettera, indirizzata al Ministro Mastella.
Al Ministro della Giustizia
Sen. Clemente Mastella
Le voci di allarme che nello scorso anno si sono alzate da più parti sulle disastrose condizioni del sistema penitenziario italiano in relazione al crescente afflusso di detenuti, dopo il provvedimento dell’Indulto del luglio 2006, trovano la piena conferma all’inizio del corrente anno per problemi non più solo di carattere infrastrutturale ma anche organizzativo degli istituti e dei servizi penitenziari.
A fronte, infatti, degli ormai 50.000 detenuti presenti, le sedi penitenziarie sul territorio nazionale in mancanza di un idoneo numero di addetti soprattutto di Polizia Penitenziaria non consentono più di accogliere nuovi soggetti nel rispetto sia del Dettato Costituzionale e sia dei necessari requisiti di funzionalità e di sicurezza interne ed esterne alla Carceri italiane.
Ciò in quanto la Polizia Penitenziaria che dovrebbe essere, per legge, l’unico Corpo di Polizia dello Stato addetto, oltre che alla prevenzione e alla repressione dei reati in ambito penitenziario, all’osservazione e al trattamento per il reinserimento sociale dei detenuti, si trova in questo momento a soffrire le conseguenze dirette, oltre che della carenza endemica del proprio organico (fissato per legge 17 anni or sono e mai incrementato a differenza delle altre Forze di Polizia, nonostante l’incremento dei detenuti e la realizzazione di almeno 20 nuovi istituti penitenziari) della assoluta disorganizzazione dei propri servizi a livello centrale e periferico, dell’assenza di vertici interni al Corpo a capo delle proprie articolazioni, del mancato riconoscimento economico-normativo della professionalità disimpegnata in tutte (nessuna esclusa) le attività penitenziarie, dell’inidoneità di mezzi e supporti (automezzi, vestiario, alloggi, mense etc.).
Quello di cui, purtroppo, né i Politici né gli Amministratori, da anni, si rendono conto è infatti che, quali che siano le condizioni oggettive e le effettive risorse disponibili, ad ogni nuova emergenza delle carceri, come nel passato, saranno solo ed esclusivamente gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria ad essere utilizzati oltre ogni limite e a rischio delle proprie incolumità e sicurezza, aumentandone turni e ore di servizio giornaliero, accrescendone i già insostenibili carichi di lavoro, accentuandone l’utilizzo in lavoro straordinario invariabilmente non retribuito, impedendone temporanei ricongiungimenti ai propri affetti, sospendendone ferie, riposi e in generale i diritti minimi lavorativi, salvo poi disconoscerne qualsiasi merito o attitudine, essendo come noto e nella comune considerazione, anche interna all’Amministrazione penitenziaria, il Poliziotto Penitenziario un mero prestatore d’opera privo di professionalità e di prospettive.
Il tutto, in un’Amministrazione, quale l’attuale Penitenziaria che è da sempre rivolta al pieno riconoscimento delle esigenze professionali di tutte le Categorie tranne che del Corpo, in cui ciascun operatore o funzionario ha visto esaudire le proprie aspirazioni di carriera tranne i Poliziotti Penitenziari e che, volontariamente, non ha mai adeguato il proprio assetto alla gestione-organizzazione di un Corpo di Polizia qual è la Polizia Penitenziaria.
Nel decorso anno, quindi, più volte l’Osapp oltre a lamentare l’assenza di iniziative sostanziali ed essenzialmente normative che modificassero integralmente le modalità di gestione e la concezione stessa del sistema penitenziario italiano, nei fatti destinato esclusivamente a contenere le emergenze (ben al di sopra delle risorse disponibili) e del tutto inidoneo a differenziare gli interventi in ragione del contesto sociale e della rilevanza dei reati nonché della maggiore o minore pericolosità dei detenuti, nel breve margine di tempo concesso dall’Indulto del 2006 e prima della ulteriore e oramai attuale emergenza, ha evidenziato l’esigenza indifferibile di una nuova ed integrale Riforma del Corpo di Polizia Penitenziaria e della stessa Amministrazione penitenziaria a 18 anni dalla precedente.
In ragione di tali motivazioni, inoltre, l’Osapp aveva evidenziato pubblicamente che per tali condizioni rimaste a lungo invariate non solo gli effetti dell’Indulto si sarebbero esauriti in breve tempo e ben prima di ogni più pessimistica previsione, ma al concretizzarsi del nuovo ed inevitabile sovraffollamento e della conseguente ed insostenibile promiscuità dei detenuti in strutture inadeguate sia in termini di vivibilità e sia per quanto attiene la possibilità di prevenire i rischi legati a possibili nuove affiliazioni criminali di carattere nazionale e internazionale, si sarebbe evidenziata l’incapacità del sistema di farvi fronte adeguatamente.
Rispetto alle concrete e motivate preoccupazioni già espresse dall’Osapp nel 2007, quindi, ciò che la scrivente Organizzazione Sindacale ad inizio 2008 deve comunicare, in nome e per conto del Personale del Corpo, riguarda la consapevolezza che oramai più nulla per le Carceri e per la Polizia Penitenziaria è restato degli intenti di carattere politico di inizio Legislatura e che, altrettanto, dalle misure che il Governo progetta e propone, quali ed anche quelle del c.d. "Pacchetto Sicurezza" o riguardanti la realizzazione di nuovi istituti penitenziari (senza personale…), ciò che palesemente è escluso è l’interesse effettivo perché il carcere in Italia cessi di rappresentare l’anello ultimo e più debole della catena delle misure riguardanti la sicurezza nazionale e sociale, se non addirittura tali interventi appaiono intesi a aggravarne ulteriormente le già precarie condizioni.
In tale contesto e nel palese fallimento, per breve tempo solo differito dall’indulto, pertanto, si ritiene che a ben poco servano oramai i pur qualificati "pianti" che quotidianamente si alzano e che solo una concreta e immediata azione, se necessario di carattere straordinario, con concomitante assunzione di Responsabilità della Politica e dell’Amministrazione competenti possano scongiurare il disastro imminente e restituire vivibilità e risultati al sistema penitenziario e serenità e prospettive alle donne e agli uomini della Polizia Penitenziaria.
Per tali ragioni, quindi, la Polizia Penitenziaria si dichiara assolutamente indisponibile ad accettare, come in passato in silenzio e sulle proprie esclusive spalle notevolmente immiserite, gli effetti gravi e non solo interni dell’imminente collasso delle carceri e preannuncia, a partire dalla seconda metà del corrente mese l’avvio di iniziative di pubblica e tangibile protesta in ambito regionale e a livello nazionale.
"Le voci allarmanti che nello scorso anno si sono alzate da più parti sulle disastrose condizioni del sistema penitenziario italiano in relazione al crescente afflusso di detenuti, dopo il provvedimento dell’indulto del luglio 2006, trovano la piena conferma all’inizio del corrente anno per problemi non più solo di carattere infrastrutturale, ma anche organizzativo degli istituti e dei servizi penitenziari" a sostenerlo è il segretario Generale dell’Osapp Leo Beneduci in questa lettera, indirizzata al Ministro Mastella.
Al Ministro della Giustizia
Sen. Clemente Mastella
Le voci di allarme che nello scorso anno si sono alzate da più parti sulle disastrose condizioni del sistema penitenziario italiano in relazione al crescente afflusso di detenuti, dopo il provvedimento dell’Indulto del luglio 2006, trovano la piena conferma all’inizio del corrente anno per problemi non più solo di carattere infrastrutturale ma anche organizzativo degli istituti e dei servizi penitenziari.
A fronte, infatti, degli ormai 50.000 detenuti presenti, le sedi penitenziarie sul territorio nazionale in mancanza di un idoneo numero di addetti soprattutto di Polizia Penitenziaria non consentono più di accogliere nuovi soggetti nel rispetto sia del Dettato Costituzionale e sia dei necessari requisiti di funzionalità e di sicurezza interne ed esterne alla Carceri italiane.
Ciò in quanto la Polizia Penitenziaria che dovrebbe essere, per legge, l’unico Corpo di Polizia dello Stato addetto, oltre che alla prevenzione e alla repressione dei reati in ambito penitenziario, all’osservazione e al trattamento per il reinserimento sociale dei detenuti, si trova in questo momento a soffrire le conseguenze dirette, oltre che della carenza endemica del proprio organico (fissato per legge 17 anni or sono e mai incrementato a differenza delle altre Forze di Polizia, nonostante l’incremento dei detenuti e la realizzazione di almeno 20 nuovi istituti penitenziari) della assoluta disorganizzazione dei propri servizi a livello centrale e periferico, dell’assenza di vertici interni al Corpo a capo delle proprie articolazioni, del mancato riconoscimento economico-normativo della professionalità disimpegnata in tutte (nessuna esclusa) le attività penitenziarie, dell’inidoneità di mezzi e supporti (automezzi, vestiario, alloggi, mense etc.).
Quello di cui, purtroppo, né i Politici né gli Amministratori, da anni, si rendono conto è infatti che, quali che siano le condizioni oggettive e le effettive risorse disponibili, ad ogni nuova emergenza delle carceri, come nel passato, saranno solo ed esclusivamente gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria ad essere utilizzati oltre ogni limite e a rischio delle proprie incolumità e sicurezza, aumentandone turni e ore di servizio giornaliero, accrescendone i già insostenibili carichi di lavoro, accentuandone l’utilizzo in lavoro straordinario invariabilmente non retribuito, impedendone temporanei ricongiungimenti ai propri affetti, sospendendone ferie, riposi e in generale i diritti minimi lavorativi, salvo poi disconoscerne qualsiasi merito o attitudine, essendo come noto e nella comune considerazione, anche interna all’Amministrazione penitenziaria, il Poliziotto Penitenziario un mero prestatore d’opera privo di professionalità e di prospettive.
Il tutto, in un’Amministrazione, quale l’attuale Penitenziaria che è da sempre rivolta al pieno riconoscimento delle esigenze professionali di tutte le Categorie tranne che del Corpo, in cui ciascun operatore o funzionario ha visto esaudire le proprie aspirazioni di carriera tranne i Poliziotti Penitenziari e che, volontariamente, non ha mai adeguato il proprio assetto alla gestione-organizzazione di un Corpo di Polizia qual è la Polizia Penitenziaria.
Nel decorso anno, quindi, più volte l’Osapp oltre a lamentare l’assenza di iniziative sostanziali ed essenzialmente normative che modificassero integralmente le modalità di gestione e la concezione stessa del sistema penitenziario italiano, nei fatti destinato esclusivamente a contenere le emergenze (ben al di sopra delle risorse disponibili) e del tutto inidoneo a differenziare gli interventi in ragione del contesto sociale e della rilevanza dei reati nonché della maggiore o minore pericolosità dei detenuti, nel breve margine di tempo concesso dall’Indulto del 2006 e prima della ulteriore e oramai attuale emergenza, ha evidenziato l’esigenza indifferibile di una nuova ed integrale Riforma del Corpo di Polizia Penitenziaria e della stessa Amministrazione penitenziaria a 18 anni dalla precedente.
In ragione di tali motivazioni, inoltre, l’Osapp aveva evidenziato pubblicamente che per tali condizioni rimaste a lungo invariate non solo gli effetti dell’Indulto si sarebbero esauriti in breve tempo e ben prima di ogni più pessimistica previsione, ma al concretizzarsi del nuovo ed inevitabile sovraffollamento e della conseguente ed insostenibile promiscuità dei detenuti in strutture inadeguate sia in termini di vivibilità e sia per quanto attiene la possibilità di prevenire i rischi legati a possibili nuove affiliazioni criminali di carattere nazionale e internazionale, si sarebbe evidenziata l’incapacità del sistema di farvi fronte adeguatamente.
Rispetto alle concrete e motivate preoccupazioni già espresse dall’Osapp nel 2007, quindi, ciò che la scrivente Organizzazione Sindacale ad inizio 2008 deve comunicare, in nome e per conto del Personale del Corpo, riguarda la consapevolezza che oramai più nulla per le Carceri e per la Polizia Penitenziaria è restato degli intenti di carattere politico di inizio Legislatura e che, altrettanto, dalle misure che il Governo progetta e propone, quali ed anche quelle del c.d. "Pacchetto Sicurezza" o riguardanti la realizzazione di nuovi istituti penitenziari (senza personale…), ciò che palesemente è escluso è l’interesse effettivo perché il carcere in Italia cessi di rappresentare l’anello ultimo e più debole della catena delle misure riguardanti la sicurezza nazionale e sociale, se non addirittura tali interventi appaiono intesi a aggravarne ulteriormente le già precarie condizioni.
In tale contesto e nel palese fallimento, per breve tempo solo differito dall’indulto, pertanto, si ritiene che a ben poco servano oramai i pur qualificati "pianti" che quotidianamente si alzano e che solo una concreta e immediata azione, se necessario di carattere straordinario, con concomitante assunzione di Responsabilità della Politica e dell’Amministrazione competenti possano scongiurare il disastro imminente e restituire vivibilità e risultati al sistema penitenziario e serenità e prospettive alle donne e agli uomini della Polizia Penitenziaria.
Per tali ragioni, quindi, la Polizia Penitenziaria si dichiara assolutamente indisponibile ad accettare, come in passato in silenzio e sulle proprie esclusive spalle notevolmente immiserite, gli effetti gravi e non solo interni dell’imminente collasso delle carceri e preannuncia, a partire dalla seconda metà del corrente mese l’avvio di iniziative di pubblica e tangibile protesta in ambito regionale e a livello nazionale.
<< Home page