Giustizia/Carcere- Antigone: le priorità per una nuova politica penale
Giustizia: Antigone; le priorità per una nuova politica penale
Associazione Antigone, 21 marzo 2008
Le nostre proposte: una giustizia equa e una difesa pubblica; il diritto penale deve giudicare i fatti e non le storie di vita; i diritti vanno promossi e protetti; la tortura va messa fuorilegge
La percezione di insicurezza che viene sbandierata al fine di giustificare provvedimenti di natura repressiva non trova spiegazioni nella dimensione qualitativa e quantitativa del crimine. Essa va comunque tenuta in considerazione in quanto insoddisfatta è la domanda di giustizia e di tutela dei diritti. La magistratura deve assicurare efficienza attraverso processi dalla durata ragionevole. Un nuovo codice penale di ispirazione garantista, la riduzione del numero complessivo di reati, la depenalizzazione delle pratiche di consumo delle droghe e della condizione di immigrato, oltre ad avere ricadute positive sul sovraffollamento penitenziario avrebbero una immediata ripercussione positiva sul lavoro dei magistrati che così potrebbero concentrarsi solo su questioni di grave portata criminale, riducendo i tempi infiniti della giustizia.
La giustizia non è al centro di questa campagna elettorale. Laddove lo è viene declinata in termini di sicurezza urbana. Non ci si preoccupa oramai più della cifra ignota del crimine, del sistema investigativo che non riesce a risolvere i veri (o presunti) crimini più gravi, della giustizia oramai al collasso, dell’inefficienza dei tribunali, della lentezza e iniquità dei processi. Dopo un quindicennio durante il quale il gioco delle corporazioni e il pro o anti-berlusconismo ha fortemente condizionato le politiche e le parole della giustizia ora è calato il silenzio. Un silenzio che non fa presagire niente di buono.
Noi pensiamo che la giustizia debba essere riformata nel segno della equità, della ragionevolezza, della minimizzazione dell’impatto penale. Non rinunciamo all’idea che il diritto penale debba essere un diritto penale minimo, che la pena carceraria debba essere la extrema ratio, che vada individuata una gerarchia di beni fondamentali da proteggere e che per tutti gli altri vadano trovate forme di protezione giuridica diverse. Riteniamo che la giustizia debba essere un terreno su cui sperimentare un modello di comunità capace di includere, di costruire coesione sociale, di restituire dignità e memoria.
Una giustizia equa e una difesa pubblica
Il sistema della giustizia si presenta fortemente discriminatorio. Il totale delle garanzie è a disposizione dei soli che possono permettersi una adeguata difesa tecnica. I non abbienti sono esclusi da ogni forma di tutela processuale. Il sistema di difesa dell’imputato non può più prescindere dall’istituzione di una difesa pubblica realmente funzionante, complementare rispetto alla libera professione. A questo fine, vanno anche riviste le due differenti figure del difensore d’ufficio e del gratuito patrocinio, a oggi non effettivamente in grado di garantire una difesa usufruibile dalla totalità dei cittadini.
Il diritto penale deve giudicare i fatti e non le storie di vita
Va rivisitato il sistema sanzionatorio, che dopo l’approvazione della legge ex Cirielli sulla recidiva, è definitivamente improntato a giudicare la storia socio-penale degli imputati piuttosto che i singoli e concreti fatti da loro compiuti. Il nostro sistema penale tende a giudicare in modo diseguale due persone che hanno compiuto lo stesso reato a seconda dei precedenti loro contestati, della loro storia personale. La recidiva, la delinquenza abituale, professionale e per tendenza sono oggi causa di pene elevatissime per fatti non gravi. È necessario ritornare al diritto penale del fatto ponendolo in contrapposizione al nuovo e pericoloso diritto penale del reo. È necessario investire nelle misure alternative, come dimostrato dalle statistiche, vero antidoto alla recidiva.
I diritti vanno promossi e protetti
La giustizia penale non può superare un limite invalicabile, quello costituito dai diritti fondamentali della persona. Per questo va prevista l’introduzione di un meccanismo indipendente di tutela delle persone private o limitate nella libertà. Figura necessaria, anche alla luce di recenti obblighi internazionali (protocollo Onu alla Convenzione sulla tortura, firmato nel 2003 ma non ancora ratificato dall’Italia). Nelle carceri, nelle caserme delle forze dell’ordine, nei luoghi di detenzione amministrativa per immigrati in via di espulsione, i diritti sono inevitabilmente e quotidianamente a rischio.
La tortura va messa fuorilegge
A oltre vent’anni dalla ratifica della Convenzione Onu contro la tortura va conseguito l’obiettivo dell’introduzione del crimine di tortura nel nostro codice penale. L’Italia versa oggi in un pericoloso e umiliante vuoto normativo che va urgentemente colmato. La tortura è un crimine contro l’umanità e la legislazione penale vigente è assolutamente insufficiente.
Associazione Antigone, 21 marzo 2008
Le nostre proposte: una giustizia equa e una difesa pubblica; il diritto penale deve giudicare i fatti e non le storie di vita; i diritti vanno promossi e protetti; la tortura va messa fuorilegge
La percezione di insicurezza che viene sbandierata al fine di giustificare provvedimenti di natura repressiva non trova spiegazioni nella dimensione qualitativa e quantitativa del crimine. Essa va comunque tenuta in considerazione in quanto insoddisfatta è la domanda di giustizia e di tutela dei diritti. La magistratura deve assicurare efficienza attraverso processi dalla durata ragionevole. Un nuovo codice penale di ispirazione garantista, la riduzione del numero complessivo di reati, la depenalizzazione delle pratiche di consumo delle droghe e della condizione di immigrato, oltre ad avere ricadute positive sul sovraffollamento penitenziario avrebbero una immediata ripercussione positiva sul lavoro dei magistrati che così potrebbero concentrarsi solo su questioni di grave portata criminale, riducendo i tempi infiniti della giustizia.
La giustizia non è al centro di questa campagna elettorale. Laddove lo è viene declinata in termini di sicurezza urbana. Non ci si preoccupa oramai più della cifra ignota del crimine, del sistema investigativo che non riesce a risolvere i veri (o presunti) crimini più gravi, della giustizia oramai al collasso, dell’inefficienza dei tribunali, della lentezza e iniquità dei processi. Dopo un quindicennio durante il quale il gioco delle corporazioni e il pro o anti-berlusconismo ha fortemente condizionato le politiche e le parole della giustizia ora è calato il silenzio. Un silenzio che non fa presagire niente di buono.
Noi pensiamo che la giustizia debba essere riformata nel segno della equità, della ragionevolezza, della minimizzazione dell’impatto penale. Non rinunciamo all’idea che il diritto penale debba essere un diritto penale minimo, che la pena carceraria debba essere la extrema ratio, che vada individuata una gerarchia di beni fondamentali da proteggere e che per tutti gli altri vadano trovate forme di protezione giuridica diverse. Riteniamo che la giustizia debba essere un terreno su cui sperimentare un modello di comunità capace di includere, di costruire coesione sociale, di restituire dignità e memoria.
Una giustizia equa e una difesa pubblica
Il sistema della giustizia si presenta fortemente discriminatorio. Il totale delle garanzie è a disposizione dei soli che possono permettersi una adeguata difesa tecnica. I non abbienti sono esclusi da ogni forma di tutela processuale. Il sistema di difesa dell’imputato non può più prescindere dall’istituzione di una difesa pubblica realmente funzionante, complementare rispetto alla libera professione. A questo fine, vanno anche riviste le due differenti figure del difensore d’ufficio e del gratuito patrocinio, a oggi non effettivamente in grado di garantire una difesa usufruibile dalla totalità dei cittadini.
Il diritto penale deve giudicare i fatti e non le storie di vita
Va rivisitato il sistema sanzionatorio, che dopo l’approvazione della legge ex Cirielli sulla recidiva, è definitivamente improntato a giudicare la storia socio-penale degli imputati piuttosto che i singoli e concreti fatti da loro compiuti. Il nostro sistema penale tende a giudicare in modo diseguale due persone che hanno compiuto lo stesso reato a seconda dei precedenti loro contestati, della loro storia personale. La recidiva, la delinquenza abituale, professionale e per tendenza sono oggi causa di pene elevatissime per fatti non gravi. È necessario ritornare al diritto penale del fatto ponendolo in contrapposizione al nuovo e pericoloso diritto penale del reo. È necessario investire nelle misure alternative, come dimostrato dalle statistiche, vero antidoto alla recidiva.
I diritti vanno promossi e protetti
La giustizia penale non può superare un limite invalicabile, quello costituito dai diritti fondamentali della persona. Per questo va prevista l’introduzione di un meccanismo indipendente di tutela delle persone private o limitate nella libertà. Figura necessaria, anche alla luce di recenti obblighi internazionali (protocollo Onu alla Convenzione sulla tortura, firmato nel 2003 ma non ancora ratificato dall’Italia). Nelle carceri, nelle caserme delle forze dell’ordine, nei luoghi di detenzione amministrativa per immigrati in via di espulsione, i diritti sono inevitabilmente e quotidianamente a rischio.
La tortura va messa fuorilegge
A oltre vent’anni dalla ratifica della Convenzione Onu contro la tortura va conseguito l’obiettivo dell’introduzione del crimine di tortura nel nostro codice penale. L’Italia versa oggi in un pericoloso e umiliante vuoto normativo che va urgentemente colmato. La tortura è un crimine contro l’umanità e la legislazione penale vigente è assolutamente insufficiente.
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