L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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mercoledì 16 luglio 2008

Giustizia: un pm a Capo del Dap; Margara fu unico "esperto"

di Giancarlo Trovato

Rinascita, 16 luglio 2008

Su proposta del Guardasigilli Angelino Alfano, da venerdì scorso il pubblico ministero Franco Ionta è il nuovo capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia e, pertanto, a lui è affidata la delicata gestione dell’intero pianeta carcere.

Le competenze del Dap - per la legge del 1990 che l’ha istituito - sono così delineate: attuazione della politica dell’ordine e della sicurezza negli istituti penitenziari, trattamento dei detenuti e degli internati, nonché dei condannati e internati ammessi a fruire delle misure alternative alla detenzione; coordinamento tecnico-operativo, direzione e amministrazione del personale e dei collaboratori esterni dell’Amministrazione; direzione e gestione dei supporti tecnici, per le esigenze generali del Dipartimento stesso.

Considerato che - secondo quanto previsto dalla legge - l’incarico per dirigerlo deve essere affidato a un magistrato e stranamente non a un direttore penitenziario, che ha compiuto lunghi anni di carriera in carcere, la scelta dovrebbe ricadere perlomeno su chi ha maturato un’esperienza diretta e concreta in tale settore, esercitando la sua professione all’interno dei Tribunali di Sorveglianza. Ma in diciannove anni solo una volta è accaduto così.

Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Franco Ionta è da sempre agli onori della cronaca per aver coordinato importanti inchieste nella lotta al terrorismo di matrice brigatista, internazionale e islamica. Tra le ultime, in particolare, quelle sull’omicidio di Calipari e sul delitto D’Antona.

Sostituisce Ettore Ferrara, nominato il 6 dicembre 2006 dall’allora ministro della giustizia Clemente Mastella, che a maggio lo aveva voluto quale capo di Gabinetto. Prima di assumere la guida del Dap, era stato giudice presso il Tribunale di Napoli, Consigliere di Corte d’appello del capoluogo campano, Consigliere del Csm dal 1998 al 2002 e Consigliere di Cassazione nei tre anni successivi. Ferrara, a sua volta, aveva sostituito Giovanni Tinebra, divenuto procuratore generale di Catania.

Da quando si concluse l’incarico di Alessandro Margara, caduto sotto il fuoco amico per il suo innovativo iperattivismo, al vertice del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria si sono succeduti Magistrati, in prevalenza Pubblici Ministeri, conoscitori del carcere non dal suo interno, ma unicamente come luogo da riempire di gente.

Dopo aver dato una storica impronta, moderna e umana, al Tribunale di Sorveglianza di Firenze, distinguendosi per essere uno dei padri della "legge Gozzini", Margara assunse la direzione del Dap nel luglio 1997 e la mantenne sino all’1 aprile 1999, quando apprese dai giornali che avrebbe dovuto lasciare il posto a Gian Carlo Caselli.

In un momento in cui la gestione del carcere appare assai complessa, anche per la mancanza di strutture e di operatori penitenziari, capaci ambedue di fronteggiare il costante aumento della popolazione detenuta (con gli stranieri inarrestabili nella corsa a raggiungere quota 50%), dovrebbe essere sentita come necessaria al vertice del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria la presenza della figura di un "super-esperto".

Conoscendo la scrupolosa professionalità di Franco Ionta, non resta che augurarsi che sappia diventare tale, iniziando a conoscere il carcere anche dall’interno e scoprendo che ha urgente e non rinviabile necessità di modernizzarsi, abbandonando gli arcaici modi di conduzione, che - troppo spesso - consentono una gestione dittatoriale dei singoli direttori in maniera personalizzata, differente in ognuno dei 206 istituti penitenziari.

Non sarà facile utilizzando le leggi attuali. Serve che il legislatore abbia il coraggio di mettere mano a una radicale riforma, rivedendo la gestione dell’intero sistema (dal direttore al detenuto, passando per la polizia), la quale - a breve, medio e lungo termine - sappia dotare l’Italia di un sistema penitenziario veramente rieducativo. Soprattutto per garantire al cittadino la sicurezza, in virtù della limitazione della recidiva e dell’eliminazione dei cattivi maestri.