L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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mercoledì 5 novembre 2008

Il protocollo Brunetta è un successo per il governo, un affare per i contribuenti, una fregatura per i dipendenti pubblici

www.pubblicodominio.blogspot.com
di pietro piovani

E' ora di dare un giudizio sul protocollo d'intesa siglato da governo e sindacati. Quelle tre pagine segnano l'inizio di una nuova epoca per i dipendenti pubblici italiani, e non si può non esprimere una valutazione. Chi scrive su questo blog non fa parte del governo, né di un partito di maggioranza, né di uno di opposizione, né di un sindacato, e non è neppure un dipendente pubblico. Perciò è libero di dire la sua senza essere influenzato da alcun interesse personale.
Analizzerei il testo del protocollo a seconda dei punti di vista.

1. Per i dipendenti pubblici.
Chi lavora in un'amministrazione pubblica non troverà in questo accordo molte ragioni per gioire. Firmandolo i sindacati hanno di fatto rinunciato a un anno di aumenti (nel 2008 ci saranno soltanto gli 8 euro della vacanza contrattuale) e hanno dato il via libera a un contratto nazionale da 70 euro lordi mensili (di cui 60 di aumento di stipendio vero e proprio e 10 da distribuire con i contratti integrativi). Sono cifre che gli stessi sindacati firmatari consideravano fino a pochi giorni fa una miseria. Vi ricordate che cosa si diceva nei posti di lavoro appena qualche mese fa, quando furono firmati i contratti dell'ultimo biennio? Malumori fra i dipendenti, assemblee di fuoco, crisi di coscienza fra i sindacalisti, dirigenti di Cgil-Cisl-Uil contestati, e alle Agenzie fiscali addirittura si andò vicini alla bocciatura del contratto. In alcuni comparti la Confsal (che oggi ha aderito alla proposta di Brunetta) si rifiutò di firmare. All'epoca si trattava di un aumento medio da 101 euro lordi, ma tutti i dipendenti pubblici la consideravano "un'elemosina". Eppure gli stipendi si rivalutavano del 4,5, cioè più dell'inflazione, mentre con l'accordo di Brunetta la rivalutazione sarà del 3,2%, cioè molto meno di quanto crescerà il costo della vita (si veda questa tabella).
La Cisl e la Uil ribattono: sì, ma grazie a questo accordo abbiamo recuperato i soldi che Tremonti aveva tagliato dai fondi di amministrazione. E' vero. Ma è come dire che si è ottenuto il risultato di avere quello che si aveva già. Si è accettata una perdita di potere d'acquisto per non dover subire un danno ancora maggiore. Non mi sembra un grande successo. Senza contare che, siglando la pace con il governo, Cisl e Uil hanno di fatto rinunciato a difendere quei 50-60 mila precari destinati a rimanere disoccupati fra meno di un anno.

2. Per i contribuenti.
Quelli che forse dovrebbero gioire sono gli altri italiani. Coloro che non lavorano per il settore pubblico, e che pagano le tasse. Il contratto da 70 euro, unito alla riduzione degli organici programmato per i prossimi anni, farà risparmiare parecchi soldi allo Stato. Ridurre il costo del personale è una cosa molto negativa per il personale, ma molto positiva per il paese. In questo momento vanno di moda le ricette economiche keynesiane, e tutti consigliano al governo di aumentare la spesa pubblica per sostenere i consumi e favorire la ripresa. Ma per Keynes - che era un genio - la spesa pubblica non era mica tutta uguale: c'è spesa e spesa. Personalmente, rimango dell'idea che lo Stato italiano ha ancora bisogno di ridurre le sue spese correnti (cioè pensioni e stipendi dei dipendenti pubblici), mentre le poche risorse disponibili andrebbero concentrate sugli investimenti (cioè ferrovie, porti, reti tecnologiche, ricerca scientifica, volendo anche istruzione). Un investimento è una spesa che mi garantirà un reddito maggiore nel futuro. Una spesa corrente è una spesa e basta.
Certo, non tutti i contribuenti sono uguali. Per i lavoratori autonomi, un risparmio sui contratti pubblici è sicuramente un affare. Per i dipendenti delle imprese invece il discorso è più complesso: risparmieranno sulle tasse, ma ci rimetteranno sui loro stipendi, perché il 3,2% di rivalutazione concesso ai pubblici farà da parametro per i contratti nazionali dei privati.

3. Per il governo.
Non c'è dubbio: dalla vertenza sul pubblico impiego chi esce sicuramente vincitore è il governo. Con il protocollo d'intesa si è garantito un biennio di moderazione salariale. Ma soprattutto, è riuscito a spaccare il fronte dei sindacati confederali. E' un successo politico. Isolare la Cgil è stato sin dall'inizio un obiettivo primario del centrodestra, soprattutto di quell'area del centrodestra che fa capo a Sacconi e Brunetta. Con la Cgil e la Cisl che si fanno la guerra, il Partito democratico si trova in forte imbarazzo. Lo si è visto già lo scorso 25 ottobre al Circo Massimo: Walter Veltroni ha potuto sfogarsi sulla scuola (dove i sindacati sono rimasti uniti) ma riguardo al pubblico impiego è dovuto rimanere sul generico, per evitare di scontentare l'una o l'altra confederazione.
Per il governo Berlusconi, un accordo separato senza la Cgil ha un valore politico altissimo. Ecco perché Brunetta ha ottenuto il via libera da Palazzo Chigi, nonostante l'opposizione del ministro dell'Economia Giulio Tremonti, che non voleva concedere neppure quei pochi soldi necessari a raggiungere l'accordo.

Ma dei contrasti fra Tremonti e Brunetta parleremo nei prossimi giorni.