Le Associazioni; più misure alternative, meno edilizia
Redattore Sociale - Dire, 12 gennaio 2010
I 500 milioni previsti in Finanziaria per l’edilizia penitenziaria per 10 mila progetti di recupero sociale: lo chiedono Antigone, Arci e Vic. Gonnella: "Costruire nuove carceri è una proposta che in Italia non funziona".
Usare 500 milioni previsti in Finanziaria per l’edilizia penitenziaria per 10 mila progetti di recupero sociale, al costo di 50 mila euro l’uno. È questo il primo provvedimento d’urgenza contro il sovraffollamento delle carceri e per il rispetto dei diritti dei detenuti presentata questa mattina presso la sala del Mappamondo della Camera da Antigone, Arci e Vic, Volontariato in carcere. "Sarebbe una proposta che porta via in modo sistemico le persone che hanno scarsa pericolosità sociale dal sistema penitenziario - ha spiegato Patrizio Gonnella -, mentre costruire nuove carceri è una proposta che in Italia non funziona".
Per Gonnella, oggi si tratta di puntare di più sulle misure alternative e non sull’edilizia. Occorre "rilanciare un sistema che già funziona nel processo penale minorile - ha aggiunto Gonnella - che è quello della messa alla prova. Ridurre i tempi di custodia cautelare, rendere meno obbligatoria per alcuni reati la custodia cautelare. Prevedere inoltre, rispetto alle condizioni drammatiche di vita che oggi determinano la violazione dei diritti umani, l’istituzione di una figura di garanzia nazionale per le persone private della libertà e introdurre il crimine di tortura nel codice penale". Figura, quest’ultima, presente in molti paesi europei con il compito di mediare tra il personale e la popolazione detenuta.
Più misure alternative
Sono 7.737 i detenuti in misura alternativa, di cui soli 778 in semilibertà. All’inizio del 2006 erano 23.394. 19.823 persone stanno scontando una pena inferiore ai tre anni e potrebbero quindi accedervi. Il tasso medio di recidiva "ordinario" è del 68% fra la popolazione detenuta e del 30% fra coloro che hanno scontato la pena prevalentemente in misura alternativa. Due ostacoli lo impediscono: 1) gli impedimenti frapposti dalla legge ex Cirielli sulla recidiva; 2) la cautela della magistratura di sorveglianza. Oggi vi sono 24 mila detenuti in più rispetto ai posti letto regolamentari. Il Governo ha stanziato 500 milioni per l’edilizia penitenziaria. Un carcere da 200 posti costerebbe circa 20 milioni. Con 500 milioni, seppur in un anno si riuscissero a costruire 25 mini-carceri (cosa mai successa nella storia repubblicana) avremmo 5000 nuovi posti letto, i quali sarebbero comunque assorbiti, visti i trend di crescita di 800 unità al mese, in un solo semestre. Una politica criminale lungimirante dovrebbe a nostro avviso guardare alle cause del sovraffollamento e intervenire su ciò che produce carcerazione senza far accrescere la sicurezza pubblica. Un detenuto in affidamento sociale costa un decimo di un detenuto in carcere, ossia meno di 20 euro al giorno. Con quei 500 milioni si potrebbero finanziare 10 mila progetti tutorati di recupero sociale per detenuti che potrebbero svolgere ben più proficui lavori socialmente utili. Inoltre, una parte minima di quei soldi, potrebbe essere usata per costruire case alloggio dove portare le detenute madri con i loro bambini sotto i tre anni oggi costretti a trascorrere l’infanzia in galera.
Rivedere le leggi sulle droghe, sull’immigrazione e sulla recidiva
La legge sulle droghe Fini-Giovanardi è la normativa con il maggior impatto sul sistema penale e penitenziario. Un terzo dei detenuti entrati in carcere è tossicodipendente. Il 31% dei detenuti è dentro per violazione del Testo Unico sugli stupefacenti. In attesa di una riforma complessiva che sposti tra l’altro l’asse dalla penalizzazione alla prevenzione (si pensi che oggi ci sono più tossicodipendenti in carcere che nelle comunità terapeutiche) per contenere il sovraffollamento subito si può: 1) dare maggiore rilevanza alla "lieve entità" nell’ipotesi di produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti; 2) riduzione sostanziale delle pene per il piccolo spaccio; 3) favorire l’accesso alle misure alternative per i tossicodipendenti. Anche la legge sulla immigrazione apporta grandi numeri al carcere senza apportare sicurezza. Sono stati 13 mila nel 2009, sui 43mila stranieri complessivi, gli ingressi di extracomunitari in carcere per non aver ottemperato all’obbligo di espulsione. Basterebbe depenalizzare (o prevedere una sanzione non carceraria) il reato di mancata ottemperanza all’obbligo di espulsione del questore per decongestionare le carceri. La terza legge da modificare è la legge ex-Cirielli, diventata famosa come "legge salva-Previti". Essa non ha soltanto ridotto i termini di prescrizione dei reati, ma ha dato nuova forma e contenuto alla figura del "recidivo" e inventato la disciplina del "recidivo reiterato". Per il recidivo sono stati introdotti inasprimenti di pena, divieto di applicazione di circostanze attenuanti in alcuni casi, aumento dei termini per la richiesta di permessi premio, irrigidimento per la concessione delle misure alternative, divieto di sospensione pena. La normativa in oggetto ha tragicamente aggravato la condizione di sovraffollamento Questa legge va profondamente rivista.
Meno custodia cautelare, più messa alla prova
Andrebbe ridotto il numero di persone in custodia cautelare rivedendo i meccanismi di obbligatorietà della carcerazione preventiva ed estendendo l’applicazione degli arresti domiciliari. Andrebbe esteso agli adulti il meccanismo della messa alla prova già previsto per i minori.
Introduzione del difensore civico nazionale delle persone private della libertà
Di fronte al rischio di violazioni dei diritti umani all’interno degli istituti di pena, di fronte alle condizioni drammatiche di vita nelle carceri proponiamo la rapida approvazione di una legge che istituisca il difensore civico delle persone private della libertà su scala nazionale. In questo modo sarebbe garantito un controllo dei luoghi di detenzione così come impongono le norme internazionali. La custodia delle persone fermate, arrestate e detenute deve avvenire nel pieno rispetto della dignità umana. Questa figura, presente in molti paesi europei, potrebbe svolgere un efficace ruolo di mediazione tra il personale e la popolazione reclusa. Le risorse per il difensore civico così come per chi come il volontariato e il terzo settore opera nel mondo penitenziario, possono essere attinte dalla Cassa delle ammende. Circa 150 milioni di euro che altrimenti rischiano un’impropria utilizzazione.
Introduzione del crimine di tortura
L’introduzione del crimine di tortura nel codice penale sarebbe un gesto forte da parte dello Stato visto quanto accaduto negli ultimi mesi (caso Cucchi in primis). Uno Stato forte non deve temere la sottoposizione a giudizio. L’Italia è inadempiente rispetto a quanto previsto dalle Nazioni Unite nel lontano 1984.
Assunzione di 1.000 educatori e 1.000 assistenti sociali
Nelle carceri vi sono 42.268 poliziotti penitenziari in organico. 39.482 sono i poliziotti che lavorano effettivamente per l’amministrazione penitenziaria al netto di distacchi e assenze di vario tipo. Si riducono a 16 mila se si considerano coloro che sono destinati a altri incarichi fuori dalle carceri (1.600 lavorano al Dap). Tra le situazioni regionali di maggiore disagio vanno segnalate quelle del Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Sardegna. Per un sud che non ha carenze di organico vi è un nord dove la situazione è drammatica. Si tratta di eredità del passato difficili da gestire. Non servono nuovi poliziotti. Serve distribuirli meglio. Gli educatori sono circa 800 di cui più o meno 400 lavorano effettivamente nelle carceri. Gli assistenti sociali sono 1.140 di cui circa 900 lavorano negli Uepe (Uffici per l’esecuzione penale esterna). Con 1.000 educatori e 1.000 assistenti sociali si potrebbero velocizzare le pratiche per accedere alle misure alternative e si potrebbe aumentare la qualità dell’intervento di risocializzazione esterna rendendolo più sicuro e controllato.
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