Giustizia: intervista a Francesco Maisto; sovraffollamento per colpa di leggi "carcerogene"
Alberto Laggia - Famiglia Cristiana, 24 gennaio 2012
Un mese per metter fuori dalle carceri migliaia di detenuti. Bisogna fare qualcosa subito, "a leggi ferme", prima che sia troppo tardi". Decongestionare le carceri non è più una delle tante emergenze della giustizia italiana, ma l'emergenza prioritaria, assoluta. L'appello ultimativo è quello del presidente del Tribunale di sorveglianza dell'Emilia Romagna, Francesco Maisto.
C'è stato un tempo in cui le nostre carceri non soffrivano di sovraffollamento?
"Certo. E non troppi anni fa. Prima dell'ultimo indulto del 2006, i detenuti in carcere erano 40 mila e altrettanti erano i sottoposti a misure alternative. Senza che si lamentassero problemi d'aumento di criminalità. Poi s'è fatto crescere un carcere diverso da quello uscito dalla riforma e da quello descritto dal dettato costituzionale".
Quali sono le cause del drammatico sovraffollamento carcerario attuale?
"Nasce dalle cosiddette "leggi carcerogene" approvate in questi ultimi anni: leggi, cioè, che hanno previsto ipotesi di reato che prima non esistevano, o che hanno inasprito le pene per reati già esistenti. O, ancora, che impediscono la sospensione dell'ordine di esecuzione che bloccava per molti reati l'ingresso in carcere in attesa della decisione del Tribunale di sorveglianza".
Così l'afflusso nei penitenziari è diventato abnorme...
"E ciò è stato deciso senza sapere se si sarebbe riusciti a gestire questa nuova situazione. Senza riflettere sugli effetti per le condizioni di vita dei detenuti, diventati dei numeri e trattati come animali. L'unica preoccupazione diventa quella della sicurezza: la prevenzione dell'evasione".
Condizioni disumane che stanno alimentando il fenomeno dei suicidi in cella...
"Le leggi carcerogene hanno trasportato in carcere il malessere delle categorie sociali più emarginate: tossicodipendenti, alcolisti, pazienti psichiatrici, senza fissa dimora. La cosiddetta "detenzione sociale". Un esempio? Nel carcere bolognese della Dozza i Padri Dehoniani hanno scoperto che il 90 per cento dei detenuti non tiene neanche cinque euro sul conto bancario. Queste persone, desocializzate già prima, finiscono per non trovare prospettive in carcere. Così la cella diviene l'anticamera dell'autolesionismo e del suicidio. Ma oggi il malessere è così generalizzato che colpisce duramente anche le guardie carcerarie: i suicidi tra la Polizia penitenziaria sono una triste novità".
Questo sistema, oltreché inefficace dal punto di vista della rieducazione e del recupero in società, a leggere le percentuali della recidività, pare essere anche anti-economico. È così?
"Sicuramente. Basta fare un semplice confronto: per ogni detenuto lo Stato paga dai 150 ai 250 euro al giorno. Un ex detenuto che viene ospitato, invece, dall'associazione Papa Giovanni XXIII, per esempio, costa solo 30 euro al giorno. Non diventa, questa, un'opzione preferibile al carcere? Come si può conciliare, poi, una politica che riempie le prigioni con i tagli drammatici alla spesa pubblica? Insomma: in questo caso, la miglior politica è quella a minor prezzo".
L'amnistia o l'indulto possono essere una soluzione?
"No. Sono contrario. L'amnistia è deresponsabilizzante, sebbene avrebbe il grande vantaggio di liberare il tavolo dei giudici dai fascicoli dei processi. Senza opportunità fuori dal carcere, in breve l'ex detenuto torna dentro. Bastano le misure alternative, poche pratiche virtuose, e far andare a regime i Tribunali di sorveglianza".
Che giudizio dà dei provvedimenti nel cosiddetto "pacchetto Severino" allo scopo di decongestionare gli istituti di pena italiani?
"Finalmente si esce dalla logica dei Pacchetti sicurezza e si comincia a intravedere un orizzonte di efficienza della giustizia penale e di efficacia delle pene, nel rispetto della dignità delle persone condannate. Le soluzioni normative (Decreto Legge e Disegno di legge) corrono, però, il rischio di non produrre subito gli effetti di riduzione delle carcerazioni inutili. Senza immediati strumenti operativi le riforme resteranno lettera morta. Buona, allora, mi pare la scelta di fare di regola i processi per direttissima, nei casi di arresto in flagranza, ma sarebbero utili i supporti socio-assistenziali per la presa in carico dei tanti arrestati per reati lievi in condizione di marginalità sociale, psichica, tossicodipendenti, eccetera".
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