ASSISTENTI SOCIALI UEPE L'AQUILA
All'Ordine Regionale degli Assistenti Sociali Abruzzo
al Coordinamento Nazionale Assistenti Sociali Giustizia
al Ministro della Giustizia On.Mastella
al Sottosegretario della Giustizia On.Manconi
al Capo Dipartimento Amministrazione Penitenziaria
al Direttore Generale D.G.E.P.E.
al Provveditorato Regionale Amministrazione Penitenziaria Abruzzo e Molise
alla Segreteria CGIL FP
alla CISL funzione pubblica
alla UIL
al SAG-UNSA
all’UGL
al RDB Stato
Gli Assistenti Sociali dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna dell’Aquila esprimono il loro dissenso e la preoccupazione tecnica rispetto al possibile inserimento della Polizia Penitenziaria negli UEPE con funzioni di controllo nelle misure alternative alla detenzione, specialmente nell’Affidamento in Prova al Servizio Sociale art. 47 L. 354/75.
Condividendo le perplessità e le riflessioni già espresse dai nostri colleghi, vogliamo far notare che l’Ordinamento Penitenziario vigente- L. 354/75 e successive modificazioni- regolamenta l’Affidamento in Prova al Servizio Sociale all’art. 47 ove si legge: "il Servizio Sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita".
L’Affidamento in Prova al Servizio Sociale(il none stesso dato dal legislatore a questa misura ne indica chiaramente il contenuto) è la misura alternativa per eccellenza, ove la persona condannata non ha lo status giuridico di detenuto infatti, tra le altre cose, non è passibile del reato di evasione.
Appare ben strano che un D.M. possa introdurre un elemento in contrasto con l’enunciato di legge sopra riportato.
La legge affida la concessione della misura alternativa al Tribunale di Sorveglianza che, dopo un’attenta valutazione relativa ai parametri di affidabilità dell’interessato ed all’esistenza di una valida rete sociale di sostegno, decide sulla concessione dell’Affidamento in prova al Servizio Sociale.
L’Affidato è tenuto a seguire le prescrizioni imposte dal Tribunale di Sorveglianza ed un programma di trattamento individualizzato che prevede impegni relativi all’ambito familiare, al lavoro, alla formazione professionale, all’espletamento di attività di volontariato e di programmi trattamentali specifici per la tossicodipendenza, l’alcolismo, la salute mentale, in base alle condizioni delle persone condannate che vengono avviate ad una soluzione delle loro problematiche al fine di evitare recidive. Sull’andamento della misura alternativa e sul rispetto delle prescrizioni imposte all’affidato il Servizio Sociale riferisce al Magistrato di Sorveglianza.
Il Servizio Sociale, secondo il già citato dettato normativo, per verificare l’andamento della misura svolge visite domiciliari, visite sul posto di lavoro, e tutti gli interventi tecnici relativi ai vari ambiti di vita, con ampi raccordi con istituzioni pubbliche e private ed in coerenza con il proprio profilo professionale regolamentato dalle leggi e dal codice deontologico.
Il lavoro fino ad ora svolto dal Servizio Sociale nel Ministero della Giustizia settore Adulti, ha consentito un’ottima gestione delle misure alternative, nonostante si continui a lavorare con scarse risorse economiche ed organici ridotti.
La verifica sulla condotta dell’affidato, che richiede interventi in ambiti sociali (famiglia, luogo di lavoro, formazione, volontariato, Ser.T., Servizio di Salute mentale, …) è verifica di competenza tecnica del Servizio Sociale, ben difficilmente si potrebbe immaginare un controllo di Polizia in tali contesti.
Ogni ambito ha il suo ruolo professionale, negli Ospedali operano i medici, nelle Scuole gli Insegnanti, nel Sociale gli Assistenti Sociali!
Vogliamo sottolineare che il controllo(vedasi anche l’art.118 D.P.R. 30 giugno 2000 n.230) è svolto dal servizio sociale con modalità professionali tali che esso, oltre all’ovvio valore di riscontro del rispetto della prescrizione, è al tempo stesso un aiuto e una responsabilizzazione della persona.
Gli interventi di figure professionali diverse(Assistenti Sociali e Polizia Penitenziaria), con mandati istituzionali differenti tra loro, rischia di disorientare la persona nel suo processo di responsabilizzazione e di risocializzazione.
E’ inutile sollevare in merito inesistenti problemi di allarme sociale. Nella tabella relativa ai dati del DAP riguardo all’anno 2005 si legge che: su 31.958 Affidati in Prova al Servizio Sociale a livello nazionale solo lo 0,16% ha commesso reati nel corso della misura alternativa ed il 4,34% ha avuto un andamento negativo della misura alternativa.
Le statistiche riportano anche dati sulla "recidiva" che risulta essere inferiore durante e dopo il percorso delle misure alternative, e quindi grazie agli UEPE, piuttosto che a conclusione di un'esecuzione penale intra-muraria.
Ci si chiede quindi quale sia la logica che, nonostante il positivo consuntivo ad oggi registrato rispetto all’operato del servizio sociale, ha dato avvio all’ipotesi indiscrimata di intervento del Corpo di Polizia Penitenziaria nell’esecuzione penale esterna.
Esprimiamo le nostre preoccupazioni circa il rischio che si prefiguri la trasformazione di un intervento di riabilitazione e di reinserimento sociale in un intervento di mero controllo custodialistico, sia pure attuato sul territorio.
Se è vero che "squadra che vince non si cambia", (e gli AA.SS. hanno vinto una battaglia trentennale nonostante le risorse ridotte), la vera scommessa per l'Amministrazione sarebbe quella di affrontare il futuro dell'esecuzione penale esterna riconoscendo finalmente a questo settore professionale una dignità ed una peculiarità che non vuole essere separatismo snobistico, conservatore e distruttivo, bensì una consapevole difesa del nostro mandato professionale istituzionale e sociale.
La migliore integrazione tra funzioni diverse (tra l'attività di servizio sociale e i compiti di controllo della Polizia) ma volta allo stesso scopo, quello costituzionale della risocializzazione del reo, può avvenire solo nella distinzione su cui si fondano le istituzioni democratiche e da cui consegue il reciproco riconoscimento e la non commistione dei ruoli.
Ribadiamo con ciò la nostra ferma opposizione a qualsiasi atto amministrativo e/o legislativo che determini cambiamenti (involuzioni) nel senso di:
- azioni di controllo di Polizia effettuata sull’Affidamento in prova al Servizio Sociale ad opera della Polizia Penitenziaria.
- Conseguente "esasperazione" dell'aspetto del controllo in situazioni di esecuzione penale in cui il legislatore ha invece optato per la "responsabilizzazione" del reo nell'affrontare le proprie problematiche di tipo individuale e sociale.
Vista la normativa tuttora vigente in materia,
Vista l’esperienza ormai trentennale del lavoro degli Assistenti Sociali dei CSSA oggi UEPE,
Visti i significativi risultati conseguiti in ottemperanza al dettato Costituzionale ed alla legislazione penitenziaria,
Visti i dati, sopra riportati, che rappresentano un fondamentale elemento oggettivo da cui non si può prescindere,
SOLLECITIAMO INTERVENTI VOLTI A TUTELARE LA PROFESSIONALITA’ DEGLI ASSISTENTI SOCIALI DELLA GIUSTIZIA NEL RISPETTO DEL VALIDO E CONSOLIDATO ASSETTO NORMATIVO ED ISTITUZIONALE ATTUALE.
Ogni cambiamento con D.M., se necessario, dovrebbe essere organico, condiviso e partecipato con le rappresentanze sindacali e professionali rappresentative delle istanze dei lavoratori del settore.
Gli Assistenti Sociali di questo UEPE auspicano che le tante azioni di protesta che stanno giungendo da più Uffici, possano suscitare nell'Interlocutore un ragionevole dubbio sulla portata di quanto si andrà a configurare e chiedono a tutte le Organizzazioni Sindacali e Professionali di intervenire a sostegno di quanto sopra rappresentato.
L’Aquila 19/04/2007 Firmato
Assistenti Sociali UEPE L’Aquila
al Coordinamento Nazionale Assistenti Sociali Giustizia
al Ministro della Giustizia On.Mastella
al Sottosegretario della Giustizia On.Manconi
al Capo Dipartimento Amministrazione Penitenziaria
al Direttore Generale D.G.E.P.E.
al Provveditorato Regionale Amministrazione Penitenziaria Abruzzo e Molise
alla Segreteria CGIL FP
alla CISL funzione pubblica
alla UIL
al SAG-UNSA
all’UGL
al RDB Stato
Gli Assistenti Sociali dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna dell’Aquila esprimono il loro dissenso e la preoccupazione tecnica rispetto al possibile inserimento della Polizia Penitenziaria negli UEPE con funzioni di controllo nelle misure alternative alla detenzione, specialmente nell’Affidamento in Prova al Servizio Sociale art. 47 L. 354/75.
Condividendo le perplessità e le riflessioni già espresse dai nostri colleghi, vogliamo far notare che l’Ordinamento Penitenziario vigente- L. 354/75 e successive modificazioni- regolamenta l’Affidamento in Prova al Servizio Sociale all’art. 47 ove si legge: "il Servizio Sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita".
L’Affidamento in Prova al Servizio Sociale(il none stesso dato dal legislatore a questa misura ne indica chiaramente il contenuto) è la misura alternativa per eccellenza, ove la persona condannata non ha lo status giuridico di detenuto infatti, tra le altre cose, non è passibile del reato di evasione.
Appare ben strano che un D.M. possa introdurre un elemento in contrasto con l’enunciato di legge sopra riportato.
La legge affida la concessione della misura alternativa al Tribunale di Sorveglianza che, dopo un’attenta valutazione relativa ai parametri di affidabilità dell’interessato ed all’esistenza di una valida rete sociale di sostegno, decide sulla concessione dell’Affidamento in prova al Servizio Sociale.
L’Affidato è tenuto a seguire le prescrizioni imposte dal Tribunale di Sorveglianza ed un programma di trattamento individualizzato che prevede impegni relativi all’ambito familiare, al lavoro, alla formazione professionale, all’espletamento di attività di volontariato e di programmi trattamentali specifici per la tossicodipendenza, l’alcolismo, la salute mentale, in base alle condizioni delle persone condannate che vengono avviate ad una soluzione delle loro problematiche al fine di evitare recidive. Sull’andamento della misura alternativa e sul rispetto delle prescrizioni imposte all’affidato il Servizio Sociale riferisce al Magistrato di Sorveglianza.
Il Servizio Sociale, secondo il già citato dettato normativo, per verificare l’andamento della misura svolge visite domiciliari, visite sul posto di lavoro, e tutti gli interventi tecnici relativi ai vari ambiti di vita, con ampi raccordi con istituzioni pubbliche e private ed in coerenza con il proprio profilo professionale regolamentato dalle leggi e dal codice deontologico.
Il lavoro fino ad ora svolto dal Servizio Sociale nel Ministero della Giustizia settore Adulti, ha consentito un’ottima gestione delle misure alternative, nonostante si continui a lavorare con scarse risorse economiche ed organici ridotti.
La verifica sulla condotta dell’affidato, che richiede interventi in ambiti sociali (famiglia, luogo di lavoro, formazione, volontariato, Ser.T., Servizio di Salute mentale, …) è verifica di competenza tecnica del Servizio Sociale, ben difficilmente si potrebbe immaginare un controllo di Polizia in tali contesti.
Ogni ambito ha il suo ruolo professionale, negli Ospedali operano i medici, nelle Scuole gli Insegnanti, nel Sociale gli Assistenti Sociali!
Vogliamo sottolineare che il controllo(vedasi anche l’art.118 D.P.R. 30 giugno 2000 n.230) è svolto dal servizio sociale con modalità professionali tali che esso, oltre all’ovvio valore di riscontro del rispetto della prescrizione, è al tempo stesso un aiuto e una responsabilizzazione della persona.
Gli interventi di figure professionali diverse(Assistenti Sociali e Polizia Penitenziaria), con mandati istituzionali differenti tra loro, rischia di disorientare la persona nel suo processo di responsabilizzazione e di risocializzazione.
E’ inutile sollevare in merito inesistenti problemi di allarme sociale. Nella tabella relativa ai dati del DAP riguardo all’anno 2005 si legge che: su 31.958 Affidati in Prova al Servizio Sociale a livello nazionale solo lo 0,16% ha commesso reati nel corso della misura alternativa ed il 4,34% ha avuto un andamento negativo della misura alternativa.
Le statistiche riportano anche dati sulla "recidiva" che risulta essere inferiore durante e dopo il percorso delle misure alternative, e quindi grazie agli UEPE, piuttosto che a conclusione di un'esecuzione penale intra-muraria.
Ci si chiede quindi quale sia la logica che, nonostante il positivo consuntivo ad oggi registrato rispetto all’operato del servizio sociale, ha dato avvio all’ipotesi indiscrimata di intervento del Corpo di Polizia Penitenziaria nell’esecuzione penale esterna.
Esprimiamo le nostre preoccupazioni circa il rischio che si prefiguri la trasformazione di un intervento di riabilitazione e di reinserimento sociale in un intervento di mero controllo custodialistico, sia pure attuato sul territorio.
Se è vero che "squadra che vince non si cambia", (e gli AA.SS. hanno vinto una battaglia trentennale nonostante le risorse ridotte), la vera scommessa per l'Amministrazione sarebbe quella di affrontare il futuro dell'esecuzione penale esterna riconoscendo finalmente a questo settore professionale una dignità ed una peculiarità che non vuole essere separatismo snobistico, conservatore e distruttivo, bensì una consapevole difesa del nostro mandato professionale istituzionale e sociale.
La migliore integrazione tra funzioni diverse (tra l'attività di servizio sociale e i compiti di controllo della Polizia) ma volta allo stesso scopo, quello costituzionale della risocializzazione del reo, può avvenire solo nella distinzione su cui si fondano le istituzioni democratiche e da cui consegue il reciproco riconoscimento e la non commistione dei ruoli.
Ribadiamo con ciò la nostra ferma opposizione a qualsiasi atto amministrativo e/o legislativo che determini cambiamenti (involuzioni) nel senso di:
- azioni di controllo di Polizia effettuata sull’Affidamento in prova al Servizio Sociale ad opera della Polizia Penitenziaria.
- Conseguente "esasperazione" dell'aspetto del controllo in situazioni di esecuzione penale in cui il legislatore ha invece optato per la "responsabilizzazione" del reo nell'affrontare le proprie problematiche di tipo individuale e sociale.
Vista la normativa tuttora vigente in materia,
Vista l’esperienza ormai trentennale del lavoro degli Assistenti Sociali dei CSSA oggi UEPE,
Visti i significativi risultati conseguiti in ottemperanza al dettato Costituzionale ed alla legislazione penitenziaria,
Visti i dati, sopra riportati, che rappresentano un fondamentale elemento oggettivo da cui non si può prescindere,
SOLLECITIAMO INTERVENTI VOLTI A TUTELARE LA PROFESSIONALITA’ DEGLI ASSISTENTI SOCIALI DELLA GIUSTIZIA NEL RISPETTO DEL VALIDO E CONSOLIDATO ASSETTO NORMATIVO ED ISTITUZIONALE ATTUALE.
Ogni cambiamento con D.M., se necessario, dovrebbe essere organico, condiviso e partecipato con le rappresentanze sindacali e professionali rappresentative delle istanze dei lavoratori del settore.
Gli Assistenti Sociali di questo UEPE auspicano che le tante azioni di protesta che stanno giungendo da più Uffici, possano suscitare nell'Interlocutore un ragionevole dubbio sulla portata di quanto si andrà a configurare e chiedono a tutte le Organizzazioni Sindacali e Professionali di intervenire a sostegno di quanto sopra rappresentato.
L’Aquila 19/04/2007 Firmato
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