ASSISTENTI SOCIALI UEPE REGGIO CALABRIA
Al Ministro della Giustizia On. MASTELLA
Al Capo Dipartimento Amministrazione Penitenziaria Dr FERRARA
Al Direttore Generale E.P.E. Dr TURRINI VITA
Al Provveditore Regionale della Calabria Dr QUATTRONE
Al Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Reggio Cal. Dr SCORDO
Al Coordinamento Nazionale Assistenti Sociali Giustizia
All’Ordine Nazionale Assistenti Sociali
All’Ordine Regionale Calabria Assistenti Sociali
Alle R.S.U. presso tutti gli U.E.P.E.
Alle Organizzazioni Sindacali TUTTE
Gli Assistenti Sociali dell’UEPE di Reggio Calabria, riuniti in assemblea, esprimono profondo dissenso e preoccupazione riguardo l’orientamento dell’ Amministrazione Penitenziaria, e cioè quello di inserire il nucleo di verifica del personale di Polizia Penitenziaria presso le sedi operative degli Uepe, secondo la bozza del Decreto Ministeriale diffusa recentemente nei nostri uffici.
La proposta di "riorganizzazione" ha determinato negli operatori degli Uepe confusione e perplessità circa l’ operatività stessa delle figure professionali degli Assistenti Sociali, soprattutto rispetto al mandato legislativo enunciato all’ articolo 47 della Legge 354 del 1975 e ribadito nell’ articolo 118 del Decreto del Presidente della Repubblica del 30 giugno 2000 N° 230, il quale al comma c) sancisce che gli interventi dell’ Uepe articolati in un processo unitario e personalizzato, sono prioritariamente caratterizzati "da un controllo, ove previsto dalla misura in esecuzione, sul comportamento del soggetto, che costituisca al tempo stesso un aiuto rivolto ad assicurare il rispetto degli obblighi e delle prescrizioni dettate dalla Magistratura di Sorveglianza".
A questo punto appare chiaro l’ intento del legislatore di conferire agli Uffici U.E.P.E. un mandato istituzionale che rappresenti nell’ operatività quotidiana uno strumento per poter dare applicazione al dettato costituzionale, per cui tutte le pene devono tendere alla rieducazione ed alla riabilitazione del condannato.
E’ chiaro perciò come il controllo debba intendersi come funzione di sostegno ad un percorso di reinserimento sociale, che parta dalla persona e dagli atteggiamenti che sono stati alla base della condotta penalmente sanzionata.
Con ciò è evidente che verrebbe stravolta sia la natura delle misure alternative, concepita dal legislatore come strutturata e connaturata all’ approccio professionale proprio dell’ Assistente Sociale, sia la configurazione del mandato istituzionale degli Assistenti Sociali, come previsto dall’ ordinamento penitenziario in tutte le sue modifiche legislative avvenute dal 1975 e ribadite dal nuovo regolamento già citato, prefigurando la trasformazione di un intervento di riabilitazione e reinserimento sociale in un intervento di mero controllo custodialistico, sia pure attuato sul territorio.
Tale considerazione appare maggiormente avvalorata per quanto concerne l’ affidamento in prova al servizio sociale, misura alternativa che per eccellenza ha come obiettivo un percorso trattamentale proiettato sul territorio in un continuo interscambio di risorse da valorizzare per il buon esito dell’esecuzione penale.
Ecco perché riteniamo, soprattutto per misure alternative ampie, che il ruolo di aiuto permanga come elemento preminente rispetto a quello del controllo.
Nel corso dell’ assemblea la lettura della bozza di riorganizzazione ha suscitato punti di domanda che non hanno trovato risposte chiarificatrici su ciò che ha originato l’ intendimento di tale modifica.
Ci si chiede:
Perché cambiare l’ organizzazione di un servizio che nel corso degli anni ha garantito positivamente l’ esecuzione delle misure alternative? Nel 2005 sono stati revocati 3399 casi, pari al 7,24 % delle misure alternative alla detenzione eseguite nell’ anno. Per gli affidati in prova al servizio sociale, considerati per tutte le tipologie di affidamento, la percentuale di revoche (5,33%) è stata inferiore rispetto a quelle che si sono avute per i semiliberi (14,89%) e per i detenuti domiciliari (11,35%). La percentuale maggiore tra gli affidati si riscontra nel caso dei tossicodipendenti ed alcooldipendenti, soprattutto quando provengono dalla detenzione (13,38%). Dati tratti da "Alternative al carcere" – Franco Angeli 2006.
Con quali risorse economiche il Ministero intende applicare la sperimentazione, dal momento che sono stati previsti tagli finanziari di notevole portata e che gli assistenti sociali, da circa un anno non percepiscono più l’ indennità oraria di trasferta già indecorosa e pari ad euro 0,86 (0,28 se superate le otto ore di missione), soppressa con la legge finanziaria del 2006? Altri tagli sono stati operati rispetto gli esperti, alle macchine di servizio, ai cap. 1770 1768. (borse lavoro e altri interventi per l’inserimento lavorativo).
E’ stato pertanto valutato il rapporto costi-benefici di questa operazione per il Bilancio dello Stato che dispone sul territorio di forze dell’ordine distribuite in modo capillare e che tale controllo già assolvono efficacemente?
Ci si chiede come logisticamente si renda possibile l’ allocazione di un nucleo di Polizia Penitenziaria in uffici molto spesso con sedi disagiate, dove è già difficile trovare spazi per gli operatori previsti in organico?
Ci si chiede ancora come sia possibile che all’interno dell’Amministrazione si avviino cambiamenti di tale portata, si determinino posizioni e scelte, senza alcun coinvolgimento del personale direttamente interessato anche in virtù del fatto che non si ravvisa alcuna necessità d’urgenza.
Se la motivazione di tale cambiamento trae origini nell’esigenza di garantire sicurezza sociale alla comunità territoriale, non si capisce il motivo per il quale la funzione di controllo dovrebbe essere affidata a nuclei di polizia penitenziaria che, non essendo inseriti nei contesti ambientali, non possono avere una effettiva conoscenza delle dinamiche né della condizione ambientale in cui la criminalità organizzata e non si muove.
La nostra proposta è, dunque, quella di sollecitare, una Assemblea Nazionale, ove far confluire tutte le parti interessate per un confronto aperto e diretto al fine di trovare soluzioni diverse che tenendo conto della specificità di ogni ruolo possa delineare forme di lavoro integrato che non leda la specificità della nostra professione.
Pertanto, chiediamo l’immediata sospensione della sperimentazione di cui all’oggetto, un concreto coinvolgimento dell’Ordine Professionale Nazionali e delle Organizzazioni Sindacali e ci dichiariamo pronti ad ogni forma di protesta che s’ intenda opportuno organizzare qualora le nostre richieste non vengano accolte!!!
Reggio Calabria, 20 aprile 2007
Gli Assistenti Sociali dell’U.E.P.E di Reggio Calabria
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