RSU CGIL UEPE TORINO
PREMESSA Da oltre un anno e mezzo la cosiddetta ³legge-Meduri², la 154/2005, che la CGIL aveva contrastato, è realtà. Finora ne avevamo visto gli effetti soprattutto nel cambio della denominazione dei nostri uffici (da CSSA a UEPE); eravamo peraltro consapevoli che la cancellazione, operata dalla legge stessa, di ogni riferimento al servizio sociale dall¹articolo 72 dell¹O.P, prefigurava scenari futuri incerti per il nostro lavoro di operatori del settore penitenziario, per la nostra professione di assistenti sociali. In seguito, le dichiarazioni del Ministro della Giustizia all¹ultima festa del Corpo della Polizia Penitenziaria, - ³tutti i controlli² in materia di misure alternative devono passare alla Pol.Pen. - ci avevano ulteriormente turbato e preoccupato. Ebbene, è di circa 20 giorni fa la notizia, che a Torino abbiamo avuto direttamente dal nuovo capo del DAP, dott. Ferrara, di una prossima riorganizzazione dell¹esecuzione penale esterna, che prevede un maggiore coinvolgimento della Polizia Penitenziaria, per rispondere a dire del dott. Ferrara - a bisogni di ³sicurezza² e alla necessità trattamentale di un maggiore utilizzo delle misure alternative. Altrettanto recente è la notizia del prossimo avvio di una sperimentazione, in alcuni UEPE (forse anche in quello di Torino), di controlli della Pol Pen sui condannati in misura alternativa. Una riorganizzazione (per usare un eufemismo) degli UEPE, di cui però non è dato conoscere contenuti, modalità operative, strumenti, tempi. Siamo in una situazione di profonda incertezza e di seria preoccupazione per il futuro prossimo venturo, che si accompagna ad un diffuso sentimento di demotivazione, dovuto a carenze croniche di spazi, mezzi, organizzazione, che a Torino abbiamo da tempo denunciato pubblicamente e portato all¹attenzione dei nostri vertici (DAP, PRAP, Direzione UEPE) anche con azioni sindacali e prese di posizione decise, tra cui uno sciopero. ANALISI DELLA SITUAZIONE In questa delicata fase storica, come assistenti sociali del Ministero della Giustizia, vogliamo rivendicare il buon lavoro che abbiamo svolto nel corso della trentennale storia delle misure alternative, con una costante evoluzione del nostro ruolo e con una continua crescita, quantitativa e qualitativa, del nostro operato. Le misure alternative al carcere infatti hanno funzionato bene: lo dimostrano i dati oggettivi, come il bassissimo numero di revoche (registrato dalle statistiche ufficiali del DAP) e le conclusioni di recenti ricerche sulla recidiva (ricordate nell¹ultimo convegno del CASG, tenutosi a Pescara), dai quali emerge che i casi di recidiva relativi a chi ha eseguito misure alternative sono in numero contenuto e comunque inferiori a quelli di condannati alla detenzione in carcere. E¹ difficile comprendere perché cambiare un sistema che ha funzionato bene. E¹ difficile comprendere perché, se questo si sistema va ampliato e potenziato -come ci ha detto a Torino il capo del DAP e come noi tutti auspichiamo- si debba conseguentemente portare in primo piano il tema della sicurezza, legandolo al ruolo futuro della Polizia Penitenziaria. Crediamo che vadano rigettati modelli ³sicurtari², che vorrebbero, a torto, far credere che a maggiori controlli corrisponde maggiore sicurezza dei cittadini. Riteniamo che quello della sicurezza sia un tema complesso, che non può essere affrontato rincorrendo le paure e gli ³allarmi² sociali; riteniamo inoltre che l¹obiettivo di garantire maggiore sicurezza alla collettività si raggiunga anche creando e potenziando i servizi necessari per affrontare e governare i fenomeni sociali più problematici ed attraverso un vero coordinamento a livello territoriale. Pensiamo che il controllo non sia solo quello di Polizia. Rivendichiamo pertanto il nostro, differente ruolo di controllo, che svolgiamo quotidianamente: l¹aiuto-controllo, l¹accompagnamento della persona in un percorso di rielaborazione, tanto per citare solo due aspetti del nostro mandato. In questo quadro, la presenza della Polizia Pentenziaria negli UEPE con funzioni di controllo sui soggetti in misura alternativa (oltre a porre nel futuro prossimo, con molta probabilità, problemi di gestione degli Uffici) non serve al lavoro degli assistenti sociali, nel senso letterale del termine: non è utile. COSA FARE Conseguentemente a tutto quanto detto finora crediamo che la CGIL debba agire in modo deciso ed attento. In particolare: - dobbiamo pretendere in tempi brevi informazioni chiare e dettagliate sul progetto di riorganizzazione annunciato dal capo del DAP e ribadire con fermezza che modifiche organizzative devono essere discusse e condivise con noi - la nostra strategia non potrà che essere quella di partecipare ai tavoli di trattative su questa riorganizzazione, ma dovrà essere caratterizzata da posizioni autonome, senza tentennamenti nè appiattimenti su posizioni come quelle della CISL o della UIL, dalle quali ci eravamo distinti nettamente in occasione del dibattito sulla legge Meduri, di cui questa riorganizzazione è la conseguenza - bisognerà quindi battersi affinché il l¹attività degli UEPE mantenga un forte, chiaro ed inequivocabile carattere di lavoro sociale, solidamente ancorato al territorio, garantendo e difendendo il mandato professionale ed istituzionale degli assistenti sociali - di conseguenza, perché questo carattere sociale venga salvaguardato e valorizzato, occorrerà rivendicare più risorse, umane ed economiche, per gli UEPE (personale tecnico-amministrativo -cronicamente carente-, spazi e strumenti di lavoro adeguati, ripristino indennità di missione per gli assistenti sociali, tanto per citare solo alcuni temi) e il potenziamento delle politiche sociali, ad esempio in tema di lavoro, dirette al reinserimento delle persone condannate. Nell¹immediato rivolgiamo infine un appello a tutti i colleghi degli UEPE d¹Italia per promuovere assemblee in tutti i luoghi di lavoro, al fine di avviare un dibattito e gruppi di studio permanenti sulle problematiche inerenti le conseguenze della legge Meduri, a partire dalla prossima riorganizzazione degli Uffici. Ciò consentirebbe di uscire da discussioni legate solo alle singole questioni delle singole realtà, sviluppando riflessioni su tematiche di più ampio respiro, finalizzate ad elaborare proposte ed attuare forme di pressione, anche a livello politico. RSU CGIL UEPE Torino
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