L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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lunedì 6 agosto 2007

ORDINE ASSISTENTI SOCIALI ABRUZZO

Prot. 466
L’Aquila, 01 agosto 2007
Al Consiglio NazionaleOrdine Assistenti Sociali
Alle Colleghe dell’U.E.P.E.di L’Aquila
e p.c. Agli Ordine RegionaliAssistenti Sociali
LORO SEDI

In qualità di Presidente e di rappresentante legale dell’Ordine Regionale per l’Abruzzo degli Assistenti Sociali, ho ricevuto una nota inviata dalle colleghe Assistenti Sociali dell’UEPE.Nella nota ricevuta, le Colleghe dell’UEPE (Ufficio Esecuzione Penale Esterna) facevano presente che nel mese di aprile di questo anno veniva reso pubblico, da parte del Ministero di Grazia e Giustizia, la bozza di un Decreto Ministeriale relativo all’intervento del Corpo di polizia penitenziaria nell’esecuzione penale esterna, fino ad allora materia di competenza esclusiva degli Assistenti Sociali.
In seguito a tale provvedimento le colleghe dell’UEPE, hanno tempestivamente informato l’Ordine e chiesto "un intervento di tutela della professione dell’Assistente Sociale e tutta l’attenzione per impedire la sperimentazione della Polizia Penitenziaria nel controllo dei sottoposti alle misure alternative, in particolare dei sottoposti all’Affidamento in prova al Servizio Sociale (art. 47 L. 354/1975").
Questo Ordine Regionale prende atto che l’attuale normativa di riferimento, prima dell’intervento del citato Decreto Ministeriale, descrive espressamente la figura professionale, i compiti e le funzioni del personale addetto al controllo dei sottoposti all’affidamento in prova ai servizi sociali.In particolare, la Legge 354 del 1975 così si esprime:L’articolo 47 comma 1 "Affidamento in prova al Servizio Sociale": "Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato può essere affidato al Servizio Sociale fuori dell'istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare."
L’art. 47 comma12-bis:" All'affidato in prova al servizio sociale che abbia dato prova nel periodo di affidamento di un suo concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della sua personalità, può essere concessa la detrazione di pena di cui all'articolo 54.L’art. 9 : "Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita."
Appare chiaro che l’enunciato riportato dalla legge e le intenzioni del Legislatore non lascino spazi ad equivoci e fraintendimenti : il controllo dell’affidato in prova al servizio sociale, per le competenze che la stessa Legge richiede a chi effettua il controllo, deve rimane di esclusiva competenza della figura professionale dell’Assistente Sociale.L’ipotesi di affiancare all’Assistente Sociale il personale della polizia penitenziaria è un non senso e provocherebbe il fallimento dell’intero Istituto dell’affidamento in prova.
Infatti, a quale titolo e con quale professionalità, il personale della Polizia Penitenziaria opererebbe il controllo del "concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della sua personalità" (art. 47 comma 1 Legge 375/1975) ?
Ed ancora, quali strumenti professionali possiede il personale della Polizia penitenziaria per "aiutare a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita" (art. 47 comma 12 bis Legge 375/1975) ?Risulta del tutto evidente che l’affiancamento del corpo della Polizia penitenziaria agli Assistenti Sociali nell’affidamento ai servizi sociali rischia di vanificare tutti i risultati raggiunti e gli sforzi compiuti dai colleghi assistenti sociali compiuti in questo delicato compito svolto presso l’UEPE.
Come affermano le stimate colleghe dell’UEPE, l’Affidamento in Prova al Servizio Sociale è la misura alternativa per eccellenza, tant’è vero che la persona condannata non ha lo status giuridico di detenuto, dunque l’affiancamento del personale della Polizia Penitenziaria è del tutto immotivato anche da un punto di vista giuridico, non aiuta le colleghe anzi le metterebbe in una scomoda posizione nella loro opera di controllo e di recupero degli utenti loro affidati.
Senza volere entrare in polemica con le istituzioni e per quanto di competenza di questo Ordine Professionale, riteniamo che in questo particolare ambito, l’Ordine Nazionale e tutti gli Ordini Regionali debbano far sentire forte la loro voce ed, in particolare, le ragioni professionali,giuridiche, tecniche e di semplice buon senso che di fatto contrastano con l’ipotesi dell’affiancamento alle nostre colleghe dell’UEPE previsto dal Decreto Ministeriale del Ministero di Grazia e Giustizia.Infine un’ultima breve riflessione: questa vicenda è emblematica di quanto spesso avviene in altri ambiti lavorativi, dove la figura professionale dell’Assistente Sociale viene, a volte, ricondotta a competenze ed ambiti che non le sono propri ed, anzi, spesso la nostra professione viene "confusa" per ignoranza o scientemente a figure professionali atecniche.
Questo Ordine Regionale vorrebbe che la tutela della nostra professione sia l’intervento prioritario cui l’azione dei vari Ordini deve tendere.A noi sembra che la difesa, in ambito istituzionale, delle colleghe dell’Ufficio esecuzione penale esterna sia un buon banco di prova per attivare questa nostra missione.
Pertanto, invitiamo l’Ordine Nazionale e i vari Ordini Regionali a promuovere tutte le iniziative più idonee ed opportune in favore di tale causa.
IL PRESIDENTE DELL’ORDINE REGIONALE
f.to dott.ssa Maria PALLESCHI