L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

martedì 11 dicembre 2007

ORDINE NAZIONALE ASSISTENTI SOCIALI -ULTIMA BOZZA DI DECRETO POLIZIA PENIT. NEGLI UEPE


Roma, 11 dicembre 2007
Prot. n. 3063/2007
Al Sig. Ministro On. Clemente Mastella -Ministero della Giustizia
Al Sig. Ministro On. Paolo Ferrero -Ministero della Solidarietà
Al Sig. Ministro On. Giuliano Amato -Ministero dell’Interno
Al Dott. Ettore Ferrara -Capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria Ministero della Giustizia
Al Consigliere Riccardo Turrini Vita -Direttore Generale Esecuzione Penale Esterna del Dip.to Amm.ne Penitenziaria -Ministero della Giustizia
Al Dott. Eustachio Vincenzo Petralla - Dirigente Ufficio II -Direzione Generale Esecuzione Penale Esterna
Ai Sindacati Confederali e Autonomi
Alla d.ssa Anna Muschitiello- Segretario Nazionale Coordinamento Assistenti Sociali Giustizia
Al Dott. Sebastiano Zinna -Dirigente Ufficio II - Istituto Superiore di Studi Penitenziari
Alla D.ssa Luigia Mariotti Culla -Direttore Istituto Superiore di Studi Penitenziari
Al Dott. Alessandro Margara - Presidente Fondazione Michelucci
Firenze
All’Avv. Desi Bruno -Garante dei diritti delle Persone private della libertà personale
Bologna
Alla D.ssa Angelica Di Giovanni - Presidente Tribunale Distrettuale di Sorveglianza di Napoli
Alla D.ssa Elisabetta Laganà -Presidente SEAC
Coordinamento Enti e Associazioni di Volontariato Penitenziario
Agli Uffici Esecuzione Penale Esterna
Ai Provveditorati Regionali dell’Amministrazione Penitenziaria
Ai Consigli Regionali dell’Ordine degli Assistenti Sociali
LORO SEDI
OGGETTO: Quarta bozza di decreto interministeriale sui nuclei di polizia penitenziaria per l'esecuzione penale esterna.
L'Ordine degli Assistenti Sociali, verificati i mutamenti minimi apportati alla quarta bozza di decreto interministeriale sui nuclei di polizia penitenziaria per l'esecuzione penale esterna, che non sostanziano le riflessioni e le criticità evidenziate in più occasioni da questo Consiglio Nazionale e di cui non si è tenuto in nessun conto, conferma le proprie precedenti valutazioni, le perplessità e le osservazioni critiche espresse in più sedi, in merito alla reale efficacia della riforma prevista, sia nel garantire una maggiore funzionalità del settore dell’area penale esterna, sia nel rendere possibile una effettiva estensione del ricorso alle misure alternative.
Per il raggiungimento di questi due obiettivi, infatti, in un ragionamento che voglia essere mosso da onestà di intenti, si dovrebbero, inprimo luogo, considerare e pubblicizzare maggiormente i dati che, semestralmente, vengono rilevati dall’Amministrazione penitenziaria sulle revoche di tutte le misure alternative, dai quali si evincono risultati più che confortanti (ciò anche per rispondere alla società che, si dice, chiede conto con insistenza dei risultati conseguiti). Inoltre, la considerazione del rapporto tra tali dati e le risorse utilizzate per conseguirli, avrebbe dovuto automaticamente portare a un massiccio investimento per dotare anche l’area penale esterna di adeguate risorse, umane, strumentali e finanziarie.
Invece, sembra che la stessa Amministrazione Penitenziaria non tenga in debita considerazione tali risultati e che si voglia orientare tutta l’attenzione soltanto su un unico disegno: l’inserimento della polizia penitenziaria per il controllo della condotta delle persone sottoposte a misura alternativa sguarnendo gli organici già carenti degli istituti penitenziari. Su questo si vogliono concentrare anche le poche risorse aggiuntive che sembrano poter essere reperite anziché utilizzarle per migliorare le condizioni di funzionalità degli stessi uffici UEPE denunciate anche dalle organizzazioni sindacali. Da evidenziare, infine, che si ritiene altamente improbabile che la previsione di controlli da parte della polizia penitenziaria, che non potranno che essere sporadici, possa realmente essere considerato elemento maggiormente rassicurante per la Magistratura.
Tali valutazioni, tuttavia, devono necessariamente essere inserire in un contesto di analisi che ricomprenda un più ampio scenario, quale quello dell'applicazione delle pene, partendo dalla considerazione che, quello attuale, è un momento di grossa sofferenza per tutto il settore dell'esecuzione penale, sia nell'area penale esterna, sia nell'area detentiva.
Non vanno, pertanto, trascurate le crescenti difficoltà degli istituti penitenziari, nel cui ambito, dopo gli effetti deflattivi dell'indulto, emergono sempre più evidenti le criticità (è di questi giorni la grave aggressione subita da una educatrice della Casa di Reclusione di Volterra che è stata ferita seriamente da un detenuto durante un colloquio). Si registra, infatti, non solo un nuovo rapido incremento del numero dei detenuti, ma anche l’ingresso di tipologie di condannati le cui condizioni, al di là della condanna riportata, presentano un tale livello di problematicità da rendere sempre più difficile la gestione degli istituti, sia sul versante della sicurezza interna, sia della sicurezza degli operatori e della loro possibilità di espletare il proprio mandato istituzionale.
Nell'esecuzione penale esterna, alle molte considerazioni che sono state espresse in merito all'efficacia dell'intervento del servizio sociale, sembra oggi importante evidenziare una ulteriore osservazione. Si è segnalato un calo della concessione di misure alternative da parte della Magistratura di Sorveglianza, calo che sarebbe determinato dalla mancata possibilità di un reale controllo della condotta dei condannati, in quanto il servizio sociale, si dice, può garantire solo controlli sempre più rarefatti e interventi a prevalente valenza socio-riabilitativa, mentre le esigenze sono altre. A tale giudizio, si può contrapporre la convinzione che la maggiore difficoltà a concedere le misure alternative, segnalata dai Magistrati di Sorveglianza, derivi in realtà da altri fattori, fra i quali vanno segnalati, in primo luogo, una maggiore rigidità della normativa che riduce l’ammissibilità alle stesse, l’aumento di condannati che, per problematicità della condizione personale o per l’assenza di riferimenti familiari, di risorse socio-lavorative e abitative, non possono accedere ad un percorso alternativo e una carenza di risorse, sia ministeriali, sia sempre più anche territoriali, per la progettazione di percorsi efficaci di inclusione.
Un’ultima considerazione si impone. Ciò che è emblematicamente emerso in questi mesi è, non solo la mancata piena valorizzazione, da parte dell’Amministrazione Penitenziaria, contrariamente alle affermazioni del Consigliere Turrini nel suo intervento del 7 novembre scorso, di una figura professionale che, pur con difficoltà estreme, ha gestito per più di trenta anni un settore in continua crescita, non solo quantitativa, con risultati (lo ribadiamo) più che positivi, ma anche la mancata conoscenza da parte dell’opinione pubblica, (e purtroppo della stessa Amministrazione) del lavoro svolto dall’assistente sociale, delle competenze altamente qualificate messe in campo, nell’ambito penale, da tale professione sociale.
Per questo motivo, in aderenza al proprio ruolo di tutela degli interessi e del mandato professionale dell'assistente sociale, si esprime ancora preoccupazione rispetto al fatto che, pur prevedendosi interventi che andranno fortemente ad incidere sulla metodologia e l'operatività del servizio sociale, non si è ritenuto di accogliere la disponibilità alla collaborazione e alla mediazione più volte manifestata da questo Ordine. Emblematico ci sembra il mancato invito formale dell’Ordine al recente Convegno organizzato dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, su “Una nuova politica della pena. Quale progetto per l’esecuzione penale esterna”.
Eppure, in quella stessa sede, il Capo del DAP, Ettore Ferrara, ha affermato che le linee progettuali che l’Amministrazione va sviluppando, prima di tradursi in fatti, devono opportunamente offrirsi alla riflessione comune per testarne la concreta validità.
Queste ultime affermazioni del Capo del DAP Ferrara, unitamente alle sollecitazioni del Consigliere Turrini del 7 novembre 2007 rispetto alla necessità di un approfondimento congiunto sulla presa in carico dell’affidato in prova, devono trovare una loro concretezza.
Nonostante lo sforzo non si comprendono le ragioni e la determinata volontà di procedere a tale sperimentazione trascurando o eludendo la molteplicità dei problemi che affliggono il sistema penitenziario e che solo in parte sono stati evidenziati nella nota conclusiva della Conferenza UEPE di novembre.
La rigidità riscontrata da parte del DAP è in controtendenza rispetto allo sforzo che si sta facendo per costruire un sistema decisionale democratico in cui concertazione, governance, corresponsabilità, integrazione di saperi costituiscono assi portanti.
Esprimendo ancora fiducia rispetto alla possibilità di raggiungere un’intesa tra le diverse posizioni, questo Consiglio Nazionale rinnova la sua disponibilità a collaborare anche per l’individuazione di possibili percorsi e iniziative di ricerca e studio sull’esperienze e sulle buone prassi del Servizio Sociale Penitenziario.
f.to La Vicepresidente
Franca Dente