LIBERAZIONE
Violante- ma l’insicurezza è solamente percepita
di Angela Mauro
12 gennaio 2007
Il presidente della Prima Commissione di Montecitorio "stupito" dalle critiche sull’audizione dei direttori dei Tg: "È normale attività parlamentare" Violante: "L’insicurezza è solamente percepita".
Non ama parlare di "colpe". Spiega che l’intenzione della commissione Affari Costituzionali della Camera era solo quella di svolgere un’indagine conoscitiva sulla sicurezza. Luciano Violante, presidente della Prima Commissione di Montecitorio, parla di "dati di realtà" e di "responsabilità". E si stupisce perle polemiche sollevate dal centrodestra. "L’audizione dei direttori dei Tg non mirava naturalmente ad alcun condizionamento politico".
Ma se, come dice lo stesso Violante, la sensazione di insicurezza è aumentata, pur a fronte di un livello stazionario dei dati sulla criminalità negli ultimi anni, quanta responsabilità ha l’informazione e quanta chi detta l’agenda politica? Ne discutiamo con lo stesso Violante, alla luce degli eventi degli ultimi mesi, dall’allarme "rom" dopo l’omicidio Reggiani al decreto sulla sicurezza che ne è scaturito.
Presidente, perché questa indagine conoscitiva?
All’inizio della legislatura abbiamo deciso di svolgere un’indagine conoscitiva sulla sicurezza sotto diversi profili: mafia, terrorismo, criminalità diffusa, violenza tra le mura domestiche. Abbiamo ascoltato circa 90 personalità, tra sindaci, prefetti, questori, magistrati, sociologi. Ne è emerso che i dati sulla criminalità non sono cambiati negli ultimi anni, mentre è aumentatala sensazione di insicurezza.
Perché questa discrasia? Siete già arrivati a delle conclusioni?
Primo, l’invecchiamento della popolazione: una persona anziana ha timori maggiori rispetto una giovane. Secondo, oggi i reati sono caratterizzati da un grado di violenza maggiore rispetto al passato: è più frequente l’uso delle armi anche nelle rapine in casa. Terzo: nelle grandi aree metropolitane ci sono più "luoghi soli", poco illuminati, di scarsa socializzazione, percepiti quindi come insicuri, anche quando di fatto non lo sono. Inoltre, le violenze compiute tra le mura domestiche, anche quelle sulle donne, non sono aumentate: è aumentato il numero delle denunce.
Perché allora si grida all’allarme?
Ci siamo posti il problema di come l’informazione parla dei fatti di cronaca nera. Prima di Natale, ho verificato la disponibilità dei direttori di rete e Tg a venire in commissione, tutti mi hanno risposto di sì. In ufficio di presidenza la scelta di svolgere le audizioni è stata approvata all’unanimità.
Dall’audizione è emerso che oggi la quantità di ore di informazione è maggiore rispetto a ieri. Anche solo per la presenza di canali all news, la notizia che in passato veniva data per tre volte in una giornata, oggi viene data per 25 volte. Di per sé, questo enfatizza il fatto di cronaca e crea un’apprensione maggiore. Nell’audizione, il direttore di un Tg Rai ha ammesso di sentirsi più libero di fare un’informazione prescindendo dall’audience nelle fasce orarie in cui non deve competere con la concorrenza di altri telegiornali. C’è da ricordare che, in un documento approvato all’ultimo congresso, la stessa Associazione Nazionale della Stampa denuncia che la Tv è molto concentrata su "sesso, sangue e soldi". Mi stupiscono le polemiche: con l’indagine conoscitiva non intendevamo alcun condizionamento di carattere politico. È normale attività parlamentare.
I quotidiani hanno dato poco spazio, a parte Liberazione, che vi ha dedicato l’apertura di ieri, e qualche altro mini-articolo. Come se lo spiega?
Si sa che fa più notizia la polemica che l’indagine in sé.
Fin qui le "colpe" dell’informazione. Ma nella discrasia tra i dati sulla sicurezza che sono stabili e l’allarme sociale che cresce, ce l’avrà qualche colpa anche chi detta l’agenda politica, o no?
Non userei la parola "colpa". Il fatto che oggi la notizia di una ragazza massacrata venga data dai Tg più volte al giorno rispetto al passato è un dato di realtà legato al modo in cui è strutturata l’informazione. Ed è un bene: l’informazione sulla cronaca nera è la più delicata, i regimi totalitari la cancellano.
Parliamo allora di responsabilità, anche politiche…
La sensazione di insicurezza non è infondata, anche se non deriva da un aumento del numero dei reati. Del resto, un cittadino non guarda i dati sul traffico degli stupefacenti, semplicemente vede lo spacciatore dietro l’angolo di casa. È sbagliato dunque ignorare questa sensazione di insicurezza, bisogna rispondere nel modo giusto. A me colpisce che delle politiche applicate da Rudolph Giuliani a New York si ricordi solo il concetto di "tolleranza zero". Giuliani ha invece usato anche il concetto di "broken window", cioè se in un caseggiato c’è una finestra rotta e non si interviene, dopo ci sarà anche una panchina divelta.
Forse però, nella ricerca della risposta giusta da dare, certa politica ha finito per esasperare un allarme non giustificato dai dati reali. Penso a Veltroni, il Pd e la campagna sulla sicurezza degli ultimi mesi…
Dobbiamo tener conto dello stato d’animo delle persone e indagarne i motivi. Il fatto che nelle nostre città circolino "presenze nuove", immigrati, genera di per sé preoccupazione nei cittadini, non si può negarlo, è una reazione alla novità.
Quanto alle responsabilità politiche, dovremmo cercare di elaborare delle politiche che creino un senso di sicurezza. Mi ha colpito che un direttore di Tg in audizione abbia sottolineato che si tende a dare ampia informazione sugli omicidi, poca sulle morti sul lavoro.
Appunto: sulle morti bianche il governo non ha mai convocato un consiglio dei ministri straordinario. Lo ha fatto invece per l’omicidio Reggiani...
Molti consigli dei ministri hanno affrontato il tema dei morti sul lavoro.
Evidentemente con scarsi risultati...
Ad ogni modo, sulla sicurezza è sbagliato non reagire. Lo spazio politico non è libero, è occupato. Bisogna contrastare le derive neofasciste. Penso ad alcune manifestazioni della Lega, alle discriminazioni in base all’origine etnica. Sono i comportamenti che vanno sanzionati, non i gruppi.
Veramente, dopo l’omicidio Reggiani si è parlato di espulsioni di rumeni, si è sfiorata la crisi diplomatica con la Romania...
Il decreto che stiamo esaminando parla di sanzioni di specifici comportamenti, anche grazie al lavoro svolto dal Prc. Abbiamo la responsabilità di assumere la sensazione di insicurezza come fatto sociale su cui intervenire anche con interventi di carattere sociale, come la cura dei luoghi. È un tema che riguarda tutto il inondo occidentale. Alla base ci sono l’invecchiamento della popolazione, reati più violenti dei passato e l’uso delle armi anche nelle rapine in casa.
di Angela Mauro
12 gennaio 2007
Il presidente della Prima Commissione di Montecitorio "stupito" dalle critiche sull’audizione dei direttori dei Tg: "È normale attività parlamentare" Violante: "L’insicurezza è solamente percepita".
Non ama parlare di "colpe". Spiega che l’intenzione della commissione Affari Costituzionali della Camera era solo quella di svolgere un’indagine conoscitiva sulla sicurezza. Luciano Violante, presidente della Prima Commissione di Montecitorio, parla di "dati di realtà" e di "responsabilità". E si stupisce perle polemiche sollevate dal centrodestra. "L’audizione dei direttori dei Tg non mirava naturalmente ad alcun condizionamento politico".
Ma se, come dice lo stesso Violante, la sensazione di insicurezza è aumentata, pur a fronte di un livello stazionario dei dati sulla criminalità negli ultimi anni, quanta responsabilità ha l’informazione e quanta chi detta l’agenda politica? Ne discutiamo con lo stesso Violante, alla luce degli eventi degli ultimi mesi, dall’allarme "rom" dopo l’omicidio Reggiani al decreto sulla sicurezza che ne è scaturito.
Presidente, perché questa indagine conoscitiva?
All’inizio della legislatura abbiamo deciso di svolgere un’indagine conoscitiva sulla sicurezza sotto diversi profili: mafia, terrorismo, criminalità diffusa, violenza tra le mura domestiche. Abbiamo ascoltato circa 90 personalità, tra sindaci, prefetti, questori, magistrati, sociologi. Ne è emerso che i dati sulla criminalità non sono cambiati negli ultimi anni, mentre è aumentatala sensazione di insicurezza.
Perché questa discrasia? Siete già arrivati a delle conclusioni?
Primo, l’invecchiamento della popolazione: una persona anziana ha timori maggiori rispetto una giovane. Secondo, oggi i reati sono caratterizzati da un grado di violenza maggiore rispetto al passato: è più frequente l’uso delle armi anche nelle rapine in casa. Terzo: nelle grandi aree metropolitane ci sono più "luoghi soli", poco illuminati, di scarsa socializzazione, percepiti quindi come insicuri, anche quando di fatto non lo sono. Inoltre, le violenze compiute tra le mura domestiche, anche quelle sulle donne, non sono aumentate: è aumentato il numero delle denunce.
Perché allora si grida all’allarme?
Ci siamo posti il problema di come l’informazione parla dei fatti di cronaca nera. Prima di Natale, ho verificato la disponibilità dei direttori di rete e Tg a venire in commissione, tutti mi hanno risposto di sì. In ufficio di presidenza la scelta di svolgere le audizioni è stata approvata all’unanimità.
Dall’audizione è emerso che oggi la quantità di ore di informazione è maggiore rispetto a ieri. Anche solo per la presenza di canali all news, la notizia che in passato veniva data per tre volte in una giornata, oggi viene data per 25 volte. Di per sé, questo enfatizza il fatto di cronaca e crea un’apprensione maggiore. Nell’audizione, il direttore di un Tg Rai ha ammesso di sentirsi più libero di fare un’informazione prescindendo dall’audience nelle fasce orarie in cui non deve competere con la concorrenza di altri telegiornali. C’è da ricordare che, in un documento approvato all’ultimo congresso, la stessa Associazione Nazionale della Stampa denuncia che la Tv è molto concentrata su "sesso, sangue e soldi". Mi stupiscono le polemiche: con l’indagine conoscitiva non intendevamo alcun condizionamento di carattere politico. È normale attività parlamentare.
I quotidiani hanno dato poco spazio, a parte Liberazione, che vi ha dedicato l’apertura di ieri, e qualche altro mini-articolo. Come se lo spiega?
Si sa che fa più notizia la polemica che l’indagine in sé.
Fin qui le "colpe" dell’informazione. Ma nella discrasia tra i dati sulla sicurezza che sono stabili e l’allarme sociale che cresce, ce l’avrà qualche colpa anche chi detta l’agenda politica, o no?
Non userei la parola "colpa". Il fatto che oggi la notizia di una ragazza massacrata venga data dai Tg più volte al giorno rispetto al passato è un dato di realtà legato al modo in cui è strutturata l’informazione. Ed è un bene: l’informazione sulla cronaca nera è la più delicata, i regimi totalitari la cancellano.
Parliamo allora di responsabilità, anche politiche…
La sensazione di insicurezza non è infondata, anche se non deriva da un aumento del numero dei reati. Del resto, un cittadino non guarda i dati sul traffico degli stupefacenti, semplicemente vede lo spacciatore dietro l’angolo di casa. È sbagliato dunque ignorare questa sensazione di insicurezza, bisogna rispondere nel modo giusto. A me colpisce che delle politiche applicate da Rudolph Giuliani a New York si ricordi solo il concetto di "tolleranza zero". Giuliani ha invece usato anche il concetto di "broken window", cioè se in un caseggiato c’è una finestra rotta e non si interviene, dopo ci sarà anche una panchina divelta.
Forse però, nella ricerca della risposta giusta da dare, certa politica ha finito per esasperare un allarme non giustificato dai dati reali. Penso a Veltroni, il Pd e la campagna sulla sicurezza degli ultimi mesi…
Dobbiamo tener conto dello stato d’animo delle persone e indagarne i motivi. Il fatto che nelle nostre città circolino "presenze nuove", immigrati, genera di per sé preoccupazione nei cittadini, non si può negarlo, è una reazione alla novità.
Quanto alle responsabilità politiche, dovremmo cercare di elaborare delle politiche che creino un senso di sicurezza. Mi ha colpito che un direttore di Tg in audizione abbia sottolineato che si tende a dare ampia informazione sugli omicidi, poca sulle morti sul lavoro.
Appunto: sulle morti bianche il governo non ha mai convocato un consiglio dei ministri straordinario. Lo ha fatto invece per l’omicidio Reggiani...
Molti consigli dei ministri hanno affrontato il tema dei morti sul lavoro.
Evidentemente con scarsi risultati...
Ad ogni modo, sulla sicurezza è sbagliato non reagire. Lo spazio politico non è libero, è occupato. Bisogna contrastare le derive neofasciste. Penso ad alcune manifestazioni della Lega, alle discriminazioni in base all’origine etnica. Sono i comportamenti che vanno sanzionati, non i gruppi.
Veramente, dopo l’omicidio Reggiani si è parlato di espulsioni di rumeni, si è sfiorata la crisi diplomatica con la Romania...
Il decreto che stiamo esaminando parla di sanzioni di specifici comportamenti, anche grazie al lavoro svolto dal Prc. Abbiamo la responsabilità di assumere la sensazione di insicurezza come fatto sociale su cui intervenire anche con interventi di carattere sociale, come la cura dei luoghi. È un tema che riguarda tutto il inondo occidentale. Alla base ci sono l’invecchiamento della popolazione, reati più violenti dei passato e l’uso delle armi anche nelle rapine in casa.
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