L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

venerdì 11 gennaio 2008

PENSIERI LIBERI

Si ricomincia a parlare del braccialetto elettronico.
E' di queste ultime ore l'annuncio della ripresa della sperimentazione del braccialetto elettronico che era stata all'improvviso bloccata nel 2003. Nell' enfatizzare il progetto nessuno però ha spiegato come mai tale progetto era stato rimesso nel cassetto. A questo punto è utile rinfrescarci la memoria.
26 luglio del 2001- la repubblica.it
L'uomo, un peruviano, è fuggito dopo una lite con la moglieEvade il primo detenutocol braccialetto elettronico
MILANO - Cesar Augusto Albirena Tena, il primo a Milano a sperimentare il braccialetto elettronico, è evaso stamattina dalla sua abitazione. L'allarme è arrivato alla centrale operativa ddella Questura di Milano alle 11,04. Alla polizia, giunta poco dopo nell'abitazione, la moglie ha spiegato che l'uomo, un peruviano di 34 anni, si era allontanato dopo una lite. Albierena era stato condannato a 5 anni e 8 mesi per traffico di stupefacenti ed aveva cominciato la sperimentazione del nuovo sistema di sorveglianza elettronica GEM il 21 aprile, dopo essere stato trasferito dal carcere di Livorno alla propria abitazione.
"E' un po' umiliante ma è meglio questo braccialetto che stare in carcere", aveva detto ai giornalisti. Secondo il racconto della moglie e del cognato, Albierana questa mattina era piuttosto agitato e, dopo un diverbio neppure tanto grave, ha preso la porta gridando: "Me ne vado". Non si tratterebbe, a quanto pare, di una fuga preparata, tanto è vero che l'uomo è uscito con i sandali e si è allontanato a piedi. Il braccialetto, va detto, ha funzionato perfettmanete, nel senso che ha "avvertito" la centrale che l'uomo si era allontanato da casa. Adesso i poliziotti stanno cercando attivamente il peruviano che non dovrebbe aver fatto molta strada. Alcuni altri detenuti stanno sperimentando il braccialetto elettronico e finora non sembra che ci siano stati altri problemi.
27 luglio 2002- la repubblica.it
E' un ergastolano quarantenne malato di Aids. Si trovava in ospedale per una terapia Milano, detenuto evadeAveva il bracciale elettronico
MILANO - Un ergastolano è riuscito a eludere la sorveglianza del braccialetto elettronico ed è fuggito. Si chiama Antonino De Luca ed era ricoverato per curarsi all'ospedale Sacco di Milano. L'allarme evasione è scattato alle 18,45, ma quando una pattuglia è entrata in azione, dell'uomo si erano già perse le tracce. De Luca, 39 anni, era arrivato a Milano da Messina, dove stava scontando l'ergastolo per l'uccisione di Vittorio Cunsolo, uno dei boss del rione Gravitelli, avvenuta nel 1992.L'uomo è indicato dagli investigatori siciliani come un killer molto pericoloso. Ammalato di Aids, per questo motivo aveva ottenuto già due anni fa gli arresti ospedalieri al reparto infettivo del Policlinico di Messina e anche il trasferimento a Milano sarebbe legato a questa sua condizione di salute, poiché aveva chiesto ed ottenuto di essere sottoposto ad alcuni accertamenti sanitari. De Luca ha fatto parte del clan di Sparacio. L'ultima ordinanza di custodia cautelare gli era stata notificata nel gennaio del 2000 nell'ambito dell'operazione denominata 'Omero' che riguardava i presunti esecutori dei due delitti, quello di Domenico Randazzo e di Antonino Russo.Anche gli agenti della squadra mobile di Messina stanno collaborando con i colleghi di Milano alle ricerche dell'evaso, che prima di sparire, era stato visto in compagnia di un'altra persona. De Luca non era piantonato poiché provvisto del braccialetto elttronico, la misura antievasione entrata in vigore all'inizio dell'anno scorso.Ma questo non è il primo caso in cui il bracciale ha fatto cilecca. A giugno dell'anno scorso, sempre a Milano, è accaduto un episodio analogo. Allora fu un peruviano, Cesar Augusto Albirena Tena, a mettere a segno la fuga mentre era agli arresti domiciliari. Albirena era stato condannato a 5 anni e 8 mesi per traffico di stupefacenti ed era stato il primo detenuto a sperimentare il nuovo sistema di sorveglianza elettronica. L'episodio di questa sera rischia di far tornare a galla le polemiche che hanno sempre accompagnato l'introduzione del braccialetto che però è prassi comune in molti Paesi europei come Gran Bretagna, Svezia, Olanda e Francia. Quando fu introdotto nel sitema carcerario italianio, ci furono resistenze soprattuto da parte di associazioni di volontariato che sottolineavano il fatto che il controllo elettronico è uno strumento troppo poco rispettoso della privacy e totalmente antitetico alla filosofia del recupero del detenuto al quale non viene riconosciuta nessuna fiducia. Il braccialetto pesa cento grammi, è impermeabile e consente di controllare a distanza una persona attraverso un trasmettitore, inserito in una scatola grande quanto un pacchetto di sigarette. Viene allacciato alla caviglia del detenuto con una fascia di plastica. Il dispositivo manda i propri segnali a un computer, a sua volta collegato a una linea telefonica. Se il detenuto lascia la zona di sorveglianza, scatta subito un allarme ricevuto dalla zona di controllo. E lo stesso avviene se il detenuto cerca di strappare la fascia di plastica. Funziona grazie a una batteria che dura circa un anno. I costi sono in media di diecimila lire al giorno, e in America, ad esempio, sono sostenuti dagli stessi detenuti, che scelgono così di pagare la loro libertà vigilata.
Newsletter n.2 /2003 Antigone
L’EDITORIALE “C’era una volta il braccialetto”
di Patrizio Gonnella
Nei giorni scorsi il Ministro della Giustizia Roberto Castelli ha definitivamente sancito la fine della sperimentazione del braccialetto elettronico, sostenendo la sua non economicità. Una fine ingloriosa tenuto conto che sono trascorsi poco più di due anni e mezzo da quando, nel febbraio del 2001, fu pubblicato il decreto del Ministero dell’Interno che ne descriveva le modalità di installazione e di uso. Molta enfasi fu data alla possibilità di controllare a distanza, attraverso un trasmettitore collegato alla caviglia, detenuti in misura alternativa e persone agli arresti domiciliari. Il braccialetto avrebbe dovuto essere impermeabile e ipoallergico. Un sistema informatico centrale avrebbe dovuto segnalare tutti gli eventi alle forze dell’ordine.
Ingente è stato l’investimento economico: nel decreto erano puntigliosamente elencati tutti i congegni, strumenti, sensori, software, consolle, trasmettitori e ricevitori che avrebbero dovuto essere acquistati, questura per questura in giro per l’Italia. Pochissime le città e le questure dove, viceversa, la cavigliera è stata sperimentata. A poche settimane dall’entrata in vigore della legge un colombiano agli arresti domiciliari si diede alla fuga, non è stato mai ritrovato. Il 21 luglio 2002 un boss della mafia siciliana, malato di Aids, riuscì a fuggire insieme al proprio braccialetto elettronico dall'ospedale Sacco di Milano, dove era ricoverato in detenzione domiciliare.
Un dubbio è profondo: come non tenere conto di una legge che è ancora legge dello Stato. Infatti la legge n.4 del 2001, che ha introdotto le nuove forme di controllo elettronico, ha modificato rispettivamente l'ordinamento penitenziario, introducendo il comma 4 bis all'art. 47 ter, e il codice di procedura penale, introducendo il comma 1 bis all'art. 275, l'art. 275 bis, il comma 1 ter all'art. 276 e il comma 1 bis all'art.284. Esiste un art. 275 bis del codice di procedura penale nuovo di zecca, secondo cui il giudice nel disporre la misura degli arresti domiciliari anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, se lo ritiene necessario, può prescrivere procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici.
Sin dall’inizio avevamo espresso le nostra perplessità sulla legittimità costituzionale del provvedimento evidenziando come con la sua applicazione si rischiava che l'alternativa al carcere potesse essere preclusa non a causa delle entità delle esigenze cautelari, ma solo perché la polizia giudiziaria non avrebbe avuto la disponibilità degli strumenti tecnici necessari. Dubbi avevamo posto anche sugli eccessi di invasività della sfera personale determinati dalla cavigliera elettronica, che avrebbe prodotto un vero e proprio etichettamento criminale.
Ora si tratta di capire, dopo le dichiarazioni del Ministro della Giustizia, se si pensa ad una nuova legge che abroghi quella del 2001, o se si decide semplicemente di lasciarla cadere nel dimenticatoio.