CARCERE -LA GRAVE SITUAZIONE DEI DISTACCHI E DEI TRASFERIMENTI DEL PERSONALE DELL'AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA
Corriere della Sera 7.2.2008
La storia - Gli agenti penitenziari e la corsa per essere trasferiti a casa
Carceri: assunti al Nord, subito al Sud di Gian Antonio Stella
Carceri: assunti al Nord, subito al Sud di Gian Antonio Stella
Avete presente il sogno dei galeotti di evadere verso i mari del Sud?
Deve avere contagiato gli agenti penitenziari. che stanno trasferendosi in massa nelle carceri del Mezzogiorno lasciando quelle del Centronord in condizioni insostenibili. Un dato per tutti: fatto il rapporto una guardia per ogni detenuto, ogni cento carcerati mancano 29 poliziotti nel Settentrione e ne crescono 14 nel Meridione.
Quanto il disagio degli agenti penitenziari sia pesante, putroppo, lo ricorda la cronaca che nell’ultimo mese ha dovuto registrare tra di loro cinque suicidi. Un’enormità, per una categoria composta da poco più di quarantamila persone. Cioè molto meno degli abitanti di Battipaglia. Dopo l’ultimo, quello dell’ispettore superiore Agostino De Nicola trovato impiccato giovedì scorso a casa sua a Ferrara, il segretario generale del Sappe (sindacato autonomo polizia penitenziaria) Donato Capace, ha scritto a Giorgio Napoletano:” Presidente, è ormai una vera e propria emergenza”.
Si sta male, nei 205 penitenziari (160 case circondariali, 37 case di reclusione, 8 istituti per le misure di sicurezza) della penisola. Da Bolzano a Siracusa. Colpa della vita difficile a contatto con il dolore e la violenza, degli stipendi modesti, degli orari di lavoro, dello scarso ricoscimento sociale. Per non dire dei sentimenti contrastanti con cui è stato vissuto l’indulto, un misto di sollievo per lo svuotamento delle celle e di frustrazione per aver visto uscire certi soggetti che non lo meritano avendo la certezza, presto confermata, che sarebbero rientrati. Oltre ai problemi comuni, gli agenti meridionali assunti per le carceri del Nord devono farsi carico di un peso ulteriore: dover vivere non solo lontano da casa ma prendendo in affitto abitazioni più care a Carpi o Cividale che non non ad Alcamo o Catanzaro. E spendendo al bar, al supermercato o in pizzeria (il ristorante se lo sognano) nettamente di più che nel Mezzogiorno.
Risultato: appena possono cercano di tornare verso la terra di origine.
Come da sempre accade un po’ in tutte le categorie del pubblico impiego. Ma con un accelerazione negli ultimi anni.
E’ il caso ad esempio dei pompieri, che già mesi fa denunciavano un “buco” di 1628 persone in tutta la Lombardia (150 soltanto a Milano) che metteva a rischio la loro capacità di intervento. Dei conducenti dell’ATM, l’azienda dei trasporti milanese. Degli infermieri, che con il loro continuo esodo hanno messo in crisi nel capoluogo lombardo il Policlinico e l’Istituto dei Tumori. E poi dei cancellieri, dei magistrati, di altri dipendenti della Giustizia.
Lo ricorda anche nel libro “Fine pena mai” anche Luigi Ferrarella: “ La scopertura media
Nazionale del 12,5 % è in realtà spalmata in maniera del tutto disomogenea sul territorio, oscillando tra picchi opposti”.
Da una parte una drammatica “carenza di personale nelle sedi del nord Italia (come il 16,2 % del distretto di Milano con uffici anche al 25-30 %, o il 45 % del caso particolare di Bolzano), generalmente meno ambite dai lavoratori del Sud che attendono il primo “interpello” ministeriale per ritornare nelle Regioni d’origine” e dall’altra, nel Mezzogiorno, “picchi di piena copertura e persino (come in alcuni uffici di lecce o Palermo) di eccesso di personale rispetto all’organico”.
Anche nella scuola è così. Soltanto pochi giorni fa Salvo Intravaia spiegava su Repubblica che “ con l’ultimo aggiornamento della scorsa primavera, migliaglia di supplenti meridionali che nel recente passato hanno tentato la fortuna nelle Regioni del nord si sono decisi a rientrare a casa. Parecchi di loro hanno voluto evitare il rischio di essere inseriti in coda alla graduatoria dal prossimo aggiornamento nel 2009”. Risultato: “ in appena un anno le liste dei supplenti delle Regioni settentrionali hanno perso circa 10.000 docenti mentre in quelle del Sud ne contano 10.000 in più”.
E se questo è un grosso problema per le scuole, figuratevi per le carceri. Se si tiene conto non solo dei vuoti strutturali ma anche degli agenti “distaccati” che “provvisoriamente” (provvisorietà all’italiana) stanno in sedi diverse, i numeri ufficiali del Dap, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, dicono che sono sotto organico, spesso drammaticamente, tutti ma proprio tutti i Provveditorati delle carceri del Centro Nord. Mancano 825 persone in Piemonte e Val d’Aosta, 605 nl Nordest, 534 in Emili-Romagna, 318 in Liguria, addirittura 1066 in Lombardia. Per contro, ce ne sono 84 in esubero sull’organico stabilito in Abruzzo e nel Molise, 185 in Campania, 195 in Calabria, 337 in Puglia, fino allo stupefacente dato di Roma e del Lazio. Dove in sorappiù rispetto alla quota concordata sono addirittura 1496.
Fatti i conti, per fare la guardia alla loro metà dei circa 43 mila detenuti italiani equamente divisi in due fette quasi uguali, ci sono nel Centronord, Marche e Toscana comprese, circa novemila agenti in meno che nel Centrosud, Umbria e Lazio inclusi.
Insomma: se è vero che Giuliano Amato ha concordato che nella situazione italiana il rapporto corretto (bisogna calcolare i turni, i riposi, le ferie e le malattie…) è di un agente per ogni detenuto, oggi mancano 29 poliziotti ogni 100 reclusi nel Centronord e ce ne sono 14 di troppo nel Centrosud.
Con alcune storture regionali ancora più macroscopiche: da una parte mancano 24 guardie ogni 100 carcerati nel Veneto, 41 in Lombardia e addirittura 42 in Emilia Romagna. E dall’altra ce ne sono 20 di troppo in Abruzzo e Molise, 27 nel Lazio e la bellezza di 57 in Basilicata.
Eppure secondo Ergeste Realacci, al quale va il merito di aver sollevato per primo con una preoccupata interrogazione parlamentare, le cose nella “sua” Toscana vanno persino peggio. Gli risultano infatti vuoti negli organici superiori al 35% in 12 su 18 delle carceri della Regione. Con baratri del 41 per cento a Firenze Sollicciano e ad Arezzo, del 44 a San Gimignano, del 50 a Siena e a Gorgonia. Forse è il caso che qualcuno, prima che esploda tutta, getti su questa storia un’occhiata.
Deve avere contagiato gli agenti penitenziari. che stanno trasferendosi in massa nelle carceri del Mezzogiorno lasciando quelle del Centronord in condizioni insostenibili. Un dato per tutti: fatto il rapporto una guardia per ogni detenuto, ogni cento carcerati mancano 29 poliziotti nel Settentrione e ne crescono 14 nel Meridione.
Quanto il disagio degli agenti penitenziari sia pesante, putroppo, lo ricorda la cronaca che nell’ultimo mese ha dovuto registrare tra di loro cinque suicidi. Un’enormità, per una categoria composta da poco più di quarantamila persone. Cioè molto meno degli abitanti di Battipaglia. Dopo l’ultimo, quello dell’ispettore superiore Agostino De Nicola trovato impiccato giovedì scorso a casa sua a Ferrara, il segretario generale del Sappe (sindacato autonomo polizia penitenziaria) Donato Capace, ha scritto a Giorgio Napoletano:” Presidente, è ormai una vera e propria emergenza”.
Si sta male, nei 205 penitenziari (160 case circondariali, 37 case di reclusione, 8 istituti per le misure di sicurezza) della penisola. Da Bolzano a Siracusa. Colpa della vita difficile a contatto con il dolore e la violenza, degli stipendi modesti, degli orari di lavoro, dello scarso ricoscimento sociale. Per non dire dei sentimenti contrastanti con cui è stato vissuto l’indulto, un misto di sollievo per lo svuotamento delle celle e di frustrazione per aver visto uscire certi soggetti che non lo meritano avendo la certezza, presto confermata, che sarebbero rientrati. Oltre ai problemi comuni, gli agenti meridionali assunti per le carceri del Nord devono farsi carico di un peso ulteriore: dover vivere non solo lontano da casa ma prendendo in affitto abitazioni più care a Carpi o Cividale che non non ad Alcamo o Catanzaro. E spendendo al bar, al supermercato o in pizzeria (il ristorante se lo sognano) nettamente di più che nel Mezzogiorno.
Risultato: appena possono cercano di tornare verso la terra di origine.
Come da sempre accade un po’ in tutte le categorie del pubblico impiego. Ma con un accelerazione negli ultimi anni.
E’ il caso ad esempio dei pompieri, che già mesi fa denunciavano un “buco” di 1628 persone in tutta la Lombardia (150 soltanto a Milano) che metteva a rischio la loro capacità di intervento. Dei conducenti dell’ATM, l’azienda dei trasporti milanese. Degli infermieri, che con il loro continuo esodo hanno messo in crisi nel capoluogo lombardo il Policlinico e l’Istituto dei Tumori. E poi dei cancellieri, dei magistrati, di altri dipendenti della Giustizia.
Lo ricorda anche nel libro “Fine pena mai” anche Luigi Ferrarella: “ La scopertura media
Nazionale del 12,5 % è in realtà spalmata in maniera del tutto disomogenea sul territorio, oscillando tra picchi opposti”.
Da una parte una drammatica “carenza di personale nelle sedi del nord Italia (come il 16,2 % del distretto di Milano con uffici anche al 25-30 %, o il 45 % del caso particolare di Bolzano), generalmente meno ambite dai lavoratori del Sud che attendono il primo “interpello” ministeriale per ritornare nelle Regioni d’origine” e dall’altra, nel Mezzogiorno, “picchi di piena copertura e persino (come in alcuni uffici di lecce o Palermo) di eccesso di personale rispetto all’organico”.
Anche nella scuola è così. Soltanto pochi giorni fa Salvo Intravaia spiegava su Repubblica che “ con l’ultimo aggiornamento della scorsa primavera, migliaglia di supplenti meridionali che nel recente passato hanno tentato la fortuna nelle Regioni del nord si sono decisi a rientrare a casa. Parecchi di loro hanno voluto evitare il rischio di essere inseriti in coda alla graduatoria dal prossimo aggiornamento nel 2009”. Risultato: “ in appena un anno le liste dei supplenti delle Regioni settentrionali hanno perso circa 10.000 docenti mentre in quelle del Sud ne contano 10.000 in più”.
E se questo è un grosso problema per le scuole, figuratevi per le carceri. Se si tiene conto non solo dei vuoti strutturali ma anche degli agenti “distaccati” che “provvisoriamente” (provvisorietà all’italiana) stanno in sedi diverse, i numeri ufficiali del Dap, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, dicono che sono sotto organico, spesso drammaticamente, tutti ma proprio tutti i Provveditorati delle carceri del Centro Nord. Mancano 825 persone in Piemonte e Val d’Aosta, 605 nl Nordest, 534 in Emili-Romagna, 318 in Liguria, addirittura 1066 in Lombardia. Per contro, ce ne sono 84 in esubero sull’organico stabilito in Abruzzo e nel Molise, 185 in Campania, 195 in Calabria, 337 in Puglia, fino allo stupefacente dato di Roma e del Lazio. Dove in sorappiù rispetto alla quota concordata sono addirittura 1496.
Fatti i conti, per fare la guardia alla loro metà dei circa 43 mila detenuti italiani equamente divisi in due fette quasi uguali, ci sono nel Centronord, Marche e Toscana comprese, circa novemila agenti in meno che nel Centrosud, Umbria e Lazio inclusi.
Insomma: se è vero che Giuliano Amato ha concordato che nella situazione italiana il rapporto corretto (bisogna calcolare i turni, i riposi, le ferie e le malattie…) è di un agente per ogni detenuto, oggi mancano 29 poliziotti ogni 100 reclusi nel Centronord e ce ne sono 14 di troppo nel Centrosud.
Con alcune storture regionali ancora più macroscopiche: da una parte mancano 24 guardie ogni 100 carcerati nel Veneto, 41 in Lombardia e addirittura 42 in Emilia Romagna. E dall’altra ce ne sono 20 di troppo in Abruzzo e Molise, 27 nel Lazio e la bellezza di 57 in Basilicata.
Eppure secondo Ergeste Realacci, al quale va il merito di aver sollevato per primo con una preoccupata interrogazione parlamentare, le cose nella “sua” Toscana vanno persino peggio. Gli risultano infatti vuoti negli organici superiori al 35% in 12 su 18 delle carceri della Regione. Con baratri del 41 per cento a Firenze Sollicciano e ad Arezzo, del 44 a San Gimignano, del 50 a Siena e a Gorgonia. Forse è il caso che qualcuno, prima che esploda tutta, getti su questa storia un’occhiata.
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CIRCA UN ANNO FA LA DENUNCIA DELLA CGIL SULLA GRAVE SITUAZIONE DEGLI ORGANICI IN LOMBARDIA RISPETTO AI CONTINUI DISTACCHI E TRASFERIMENTI
Milano 15.02.2007
Prot. n. 269 Class.: 3301 - 3112
Al MINISTRO DELLA GIUSTIZIA On. Clemente Mastella
Al Sottosegretario alla Giustizia Dott. Manconi
Al Capo del Dipartimento A.P. Pres. Ettore Ferrara
Al Provveditore Regionale Lombardia Dott. Luigi Pagano
Alla Segreteria FP CGIL DAP
Mobilità e distacchi del personale
Spiace constatare come certi atteggiamenti che abbiamo stigmatizzato nel passato si ripresentino anche oggi. In particolare ci riferiamo ai cospicui distacchi di personale del comparto ministeri e della polizia penitenziaria dalla nostra Regione ad altre sedi del Sud ed alla Sede Centrale del Ministero.
Ci chiediamo in particolare quale profonda necessità comporti distacchi presso il GOM. Pur coscienti delle legittime aspettative dei lavoratori e avendo la massima attenzione per le urgenze dettate da gravi problematiche familiari, riteniamo assurdo e sbagliato che circa 500 unità di personale siano riconducibili a tali fattispecie. Vogliamo inoltre evidenziare e denunciare che tali spostamenti sono disposti in un quadro che vede tuttora la Lombardia esclusa da interpelli nazionali in nome della atavica, perdurante e cronica carenza di personale operativo. A questo punto chiediamo se questa assenza di regole serva ad una migliore gestione del personale o ad un controllo/orientamento di interessi specifici ed avulsi dal funzionamento degli istituti.
Il blocco degli interpelli infatti si è trasformato nel ricorso ai distacchi ed a leggi 104 infinite, ben lontano dall'efficienza che l'Amministrazione si era proposta con tale provvedimento e che, peraltro, bloccano dai benefici coloro che ne hanno realmente e manifestamente necessità. Crediamo che la misura sia colma e che sia giunto il momento di dire basta a spostamenti senza metodo e senza un piano coerente di collocazione del personale, per rispetto alle condizioni del lavoro e della professionalità degli operatori penitenziari, sapendo quali prove quotidianamente si trovino ad affrontare in una situazione che si connota come in costante emergenza. Speravamo in un cambio di rotta, speriamo che questa nostra nota di protesta non vada delusa. Siamo, come sempre, pronti a dimostrare la nostra volontà di migliorare le relazioni tra le parti, pretendiamo serietà ed impegno concreti da parte dell' Amministrazione penitenziaria. Coscienti di avere a che fare con uno dei settori più delicati ed importanti della Pubblica Amministrazione, ma costantemente preoccupati della scarsa considerazione in cui è tenuta la situazione nella nostra Regione, indubbiamente tra le più problematiche del Paese.
Distinti saluti
La Coordinatrice reg. FP CGIL Lombardia Comparto Ministeri
B. Campagna
Il Segretario Regionale FP CGIL Comparto Stato
A. De Col
Il Coordin. di Comparto Polizia Pen.
C. Lo Presti
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