L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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lunedì 4 febbraio 2008

Il Mattino

Indulto occasione persa- ora le carceri verso il caos
4 febbraio 2008 di Raffaele Cantone

All’inizio della nuova legislatura, il Parlamento votò l’indulto finalizzato a far fronte al gravissimo e reale problema del sovraffollamento delle carceri. Si trattò di un provvedimento che, malgrado fosse stato approvato da una maggioranza bipartisan e superiore a quella di due terzi necessaria secondo la Costituzione, scatenò, nella società civile e fra gli addetti ai lavori, molte perplessità sia per il rilevante quantitativo di pena "condonato" (tre anni) sia perché non aveva escluso dal beneficio delitti di particolare gravità (omicidio, rapina, estorsione etc.).

Le critiche alla decisione parlamentare con il tempo non si sono attenuate e, anzi, sono state continuamente rinfocolate tutte le volte in cui reati di grave allarme sociale sono risultati commessi da soggetti ritornati in libertà grazie all’atto di clemenza. Proprio il clima di scontro protratto ha reso difficile conoscere anche i dati delle scarcerazioni e dei rientri, che pur essendo aritmetici - e, quindi, per loro natura non opinabili - venivano forniti in modo dissimile dalle parti contrapposte.

Nei giorni scorsi uno dei sindacati della polizia penitenziaria ha fornito numeri interessanti, passati quasi sotto silenzio per la contemporaneità con notizie più appetibili, quali la crisi di governo e l’emergenza rifiuti a Napoli. Su alcuni di essi è, invece, opportuno focalizzare l’attenzione; la capienza carceraria è di circa 42 mila posti; subito dopo l’indulto si era scesi molto al di sotto del limite massimo; attualmente sono presenti nelle strutture 49 mila detenuti; i rientri di chi aveva beneficiato della misura clemenziale superano, a oggi, il 25%.

Sono dati che dimostrano come le più fosche previsioni sull’inutilità e anzi sulla dannosità dell’indulto si stanno avverando: il trend previsto dal sindacato va nel senso che nel giro di pochi mesi si tornerà a una presenza carceraria pari a quella precedente l’intervento clemenziale (60 mila detenuti circa).

Piuttosto che far ricorso al classico e inutile "l’avevamo detto", può essere utile capire perché si è giunti a questo punto. L’errore principale non è stato il varo del provvedimento di clemenza - necessario in quel momento anche se troppo ampio - quanto l’omissione di provvedimenti che a esso avrebbero dovuto accompagnarsi per evitare di ritrovarsi, a distanza di così breve tempo, nella situazione di partenza.

In primo luogo, si dovevano adottare, da parte del governo centrale e degli enti locali, interventi di sostegno sociale ai detenuti scarcerati per offrire loro le condizioni per rientrare nella legalità. Si potevano, poi, modificare alcune norme penali - ad esempio, quelle in materia di immigrazione clandestina o quelle che, in materia di stupefacenti, hanno equiparato lo spaccio di droghe leggere e pesanti - che contribuiscono ad affollare le carceri di soggetti non sempre pericolosi.

Si dovevano rilanciare quelle misure alternative che garantiscono anche la tutela della sicurezza pubblica; ci sarebbe da chiedersi, ad esempio, che fine ha fatto il famoso "braccialetto elettronico" per il controllo dei detenuti domiciliari, che dopo essere stato presentato come una panacea è stato accantonato non prima, però, di una congrua spesa di macchinari, ora inutilizzati in qualche magazzino della polizia. Sarebbe, infine, stato indispensabile costruire o concludere i lavori di nuove strutture carcerarie anche in grado di fornire condizioni decenti di vita ai detenuti.

Nulla o quasi di tutto questo è stato fatto è non c’è da meravigliarsi; non è una novità, purtroppo, che sui temi riguardanti la sicurezza si operi senza programmazione, intervenendo solo sulle emergenze che via via si presentano. Il prossimo esecutivo, presumibilmente da dopo l’estate, si troverà una grana in più di difficilissima soluzione anche perché un punto è certo: uno degli effetti negativi della cattiva gestione dell’indulto è che nessun parlamentare si assumerà, in tempi mediamente lunghi, la responsabilità di varare un nuovo provvedimento di clemenza.