L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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venerdì 1 febbraio 2008

L'Unità online

Carceri minorili, i giovani stranieri parcheggiati
Davide Madeddu
Le carceri per minori? Molto spesso si trasformano in “parcheggi” per detenuti stranieri. Cresce, infatti, la popolazione straniera nelle carceri riservate ai minori di 18 anni. Istituti di pena dove i minori che hanno commesso reati dovrebbero espiare la pena ma, soprattutto, trovare aiuto per un reinserimento nella società. I dati elabotari dalla Funzione pubblica della Cgil e e dal ministero della Giustizia parlano chiaro. La percentuale di detenuti stranieri minori supera il 51% della popolazione carceraria. Sia chiaro, si tratta di cifre ridotte (rispetto ai dati delle prigioni per maggiorenni) che non superano nella maggior parte le 500 unità.I dati elaborati dal servizio statistico del ministero della Giustia parlano di 658 ingressi e di 393 presenze. Di questi 341 giovani in custodia cautelare e 52 in espiazione di pena, il 55 per cento dei quali di età compresa tra i 16 e i 17 anni. I dati elaborati dal servizio statistico del ministero della Giustizia parlano di 195 italiani e la restante parte distribuita tra minori provenienti da paesi europei ed extraeuropei. «La percentuale di presenze nelle carceri segue questo trend - spiega Giancranco Macigno, responsabile del settore minori per la Funzione Pubblica della Cgil - cresce la presenza di stranieri anche per reati minimi e diminuisce quella degli italiani».Una costante che in alcuni centri dell’Italia nord settentrionale raggiunge percentuali elevate. «In alcune strutture - spiega ancora il rappresentante sindacale - si arriva anche 90 per cento di minori stranieri - aggiunge ancora il rappresentante sindacale». Una situazione che tende a mutare invece come ci si sposta dal centro al sud Italia. «In molti posti i minori italiani che sono in carcere devono scontare pene per reati gravi - aggiunge - a differenza degli stranieri che, nella maggior parte dei casi scontano pene più basse». Una situazione che, come spiega Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, viene motivata anche dalla questione delle cosiddette opportunità. «Per gli italiani ci sono le famiglie, le case di accoglienza e la possibilità della cosiddetta messa alla prova - spiega - situazioni e possibilità che molto spesso non valgono per gli stranieri».Motivo? «Perché magari in qualche caso non ci si fida, oppure perché molto spesso il minore straniero non ha una famiglia e non trova neppure un supporto che posa dargli la possibilità di iniziare un percorso di recupero e rieducazione». Quanto ai programmi di recupero, non tutte le strutture funzionano allo stesso modo. «E’ vero che in queste carceri non esiste il sovraffollamento e che quindi si potrebbero fare dei programmi di intervento seri e concreti - dice - ma è altrettanto vero però che non tutte le strutture funzionano allo stesso modo, e in ogni caso non è sempre possibile completare i corsi».
Il perché è presto spiegato. «Se pensiamo agli stranieri, questi giovani, dopo un periodo breve vengono rimessi in libertà e quindi non possono completare i corsi di istruzione o alfabetizzazione». Per il rappresentante di Antigone, invece, sarebbe opportuno «realizzare dei centri di orientamento per i minori, soprattutto stranieri, che una volta espiata la pena non sanno come muoversi». Giusto per evitare che, alla fine, le carceri per minori si trasformino in parcheggi per giovani stranieri.