Comitato politico radicali di sinistra
9 proposte per riformare il Diritto Penitenziario
28 gennaio 2008
In un’Italia che sempre più spesso nei due grandi fronti del garantismo e del giustizialismo si schiera sulla base di presunte situazioni emergenziali, la riforma penitenziaria resta l’ennesimo nodo irrisolto, al pari della elefantiaca e forse non soddisfacente macchina statale, del sistema fiscale aspro senza rendere in capacità salariale e assistenza sociale e delle relazioni internazionali, non atte ancora a determinare un univoco indirizzo pacifista, nelle istituzioni europee e non solo. Non basterebbe molto, però, per migliorare la situazione:
prevedere (e rendere effettivo) un numero massimo di detenuti per cella, queste munite dei minimi servizi, allocati in modo riservato rispetto al plesso;
potenziare le strutture sanitarie e di assistenza medica all’interno dei penitenziari, sia per realizzare che malattie afflittive e spesso degenerative siano riconosciute e assistite per tempo sia per evitare che le condizioni di salute siano, come talora purtroppo accade, strumentalizzate per fini diversi dalla cura medica;
completare il sistema delle pene alternative, estendendone l’ambito applicativo, nel contesto di un più stretto rapporto con la magistratura di sorveglianza in generale e col concreto e singolo giudice dell’esecuzione penale;
incrementare le attività intra-carcerarie che promuovono la cooperazione tra detenuti e il rapporto di scambio e riadattamento col mondo esterno;
approvare un nuovo provvedimento di clemenza, unito all’amnistia, che depenalizzi di fatto le ipotesi di reato meno gravi e la cui pericolosità sociale risulti essere non avvertita se non quando quasi assente;
lavorare alla stesura di un nuovo codice penale e di un nuovo regolamento penitenziario che contemperi le esigenze di tutela dalla disgregazione sociale (microcriminalità, criminalità estera, affiliazione di soggetti economicamente e socialmente deboli e ricattabili) con le istanze costituzionali del regime penitenziario;
prevedere possibilità di soddisfazione per le minoranze etniche, religiose, linguistiche, razziali, attraverso l’assistenza spirituale e l’inibizione di pratiche discriminatorie;
ostacolare fattivamente (appunto grazie alle depenalizzazioni previste, o per merito della maggior attività di cura e tutela, oltre a ogni altra misura che si riveli idonea allo scopo) che il carcere diventi veicolo dell’estensione delle organizzazioni criminali tra soggetti intranei a strutture delinquenziali e tutti gli altri detenuti per diverse ipotesi;
adeguare le strutture penitenziarie, a livello e di edificazione e di vivibilità, a dei requisiti oggettivi di abitabilità, quali la salubrità, la summenzionata cura medica, l’attuazione dell’istanza rieducativa della pena. Il marchio di infamità che grava sulle galere e il mancato ritorno in termini di sicurezza sociale dipendono quasi completamente dal mancato raggiungimento di questi scopi
Domenico Bilotti
Comitato Politico dei Radicali di Sinistra
28 gennaio 2008
In un’Italia che sempre più spesso nei due grandi fronti del garantismo e del giustizialismo si schiera sulla base di presunte situazioni emergenziali, la riforma penitenziaria resta l’ennesimo nodo irrisolto, al pari della elefantiaca e forse non soddisfacente macchina statale, del sistema fiscale aspro senza rendere in capacità salariale e assistenza sociale e delle relazioni internazionali, non atte ancora a determinare un univoco indirizzo pacifista, nelle istituzioni europee e non solo. Non basterebbe molto, però, per migliorare la situazione:
prevedere (e rendere effettivo) un numero massimo di detenuti per cella, queste munite dei minimi servizi, allocati in modo riservato rispetto al plesso;
potenziare le strutture sanitarie e di assistenza medica all’interno dei penitenziari, sia per realizzare che malattie afflittive e spesso degenerative siano riconosciute e assistite per tempo sia per evitare che le condizioni di salute siano, come talora purtroppo accade, strumentalizzate per fini diversi dalla cura medica;
completare il sistema delle pene alternative, estendendone l’ambito applicativo, nel contesto di un più stretto rapporto con la magistratura di sorveglianza in generale e col concreto e singolo giudice dell’esecuzione penale;
incrementare le attività intra-carcerarie che promuovono la cooperazione tra detenuti e il rapporto di scambio e riadattamento col mondo esterno;
approvare un nuovo provvedimento di clemenza, unito all’amnistia, che depenalizzi di fatto le ipotesi di reato meno gravi e la cui pericolosità sociale risulti essere non avvertita se non quando quasi assente;
lavorare alla stesura di un nuovo codice penale e di un nuovo regolamento penitenziario che contemperi le esigenze di tutela dalla disgregazione sociale (microcriminalità, criminalità estera, affiliazione di soggetti economicamente e socialmente deboli e ricattabili) con le istanze costituzionali del regime penitenziario;
prevedere possibilità di soddisfazione per le minoranze etniche, religiose, linguistiche, razziali, attraverso l’assistenza spirituale e l’inibizione di pratiche discriminatorie;
ostacolare fattivamente (appunto grazie alle depenalizzazioni previste, o per merito della maggior attività di cura e tutela, oltre a ogni altra misura che si riveli idonea allo scopo) che il carcere diventi veicolo dell’estensione delle organizzazioni criminali tra soggetti intranei a strutture delinquenziali e tutti gli altri detenuti per diverse ipotesi;
adeguare le strutture penitenziarie, a livello e di edificazione e di vivibilità, a dei requisiti oggettivi di abitabilità, quali la salubrità, la summenzionata cura medica, l’attuazione dell’istanza rieducativa della pena. Il marchio di infamità che grava sulle galere e il mancato ritorno in termini di sicurezza sociale dipendono quasi completamente dal mancato raggiungimento di questi scopi
Domenico Bilotti
Comitato Politico dei Radicali di Sinistra
<< Home page