Giustizia/Carcere: Da candidati premier solo convergenze apparenti
di Giuliano Pisapia (Presidente Commissione riforma Codice penale)- www.radiocarcere.com
10 aprile2008
Non è facile fare una sintesi delle risposte che i candidati premier hanno dato al Riformista sui temi della Giustizia. Silvio Berlusconi, col suo silenzio, ha confermato una concezione privatistica della giustizia e il totale disinteresse a un confronto su questioni che pure riguardano milioni di cittadini.
Daniela Santachè, invece, coscientemente - in quanto è certo consapevole della differenza tra le tematiche collegate alla sicurezza (di cui nessuno nega l’importanza) e quelle legate al funzionamento della giustizia - ha parlato di altro. Favorevole alla separazione delle carriere (battaglia storica dei socialisti, come rivendicato da Boselli), alla regolamentazione delle intercettazioni e al divieto della loro pubblicazione prima del processo, ha preferito soffermarsi sui temi dell’immigrazione e della prostituzione (proponendo, tra l’altro, la riapertura delle "case chiuse").
Fuori tema, quindi! A meno di sostenere, come pure fanno alcuni, che il processo penale è strumento di lotta al crimine e non mezzo per accertare l’innocenza o la colpevolezza di un imputato e che le garanzie, principale argine agli errori giudiziari e alle ingiuste detenzioni (anche nei Cpt), non debbano valere per tutti.
Modifiche delle norme sul segreto d’indagine, sulla pubblicazione arbitraria di atti processuali e sulle intercettazioni (importante strumento di indagine, ma di cui viene denunciato l’abuso) sono ritenute urgenti anche dagli altri candidati premier.
La Camera, fin dallo scorso anno, aveva approvato un testo ampiamente condiviso: è quindi auspicabile che - salvo inaccettabili iniziative preannunciate da Berlusconi (tra cui quella di consentire le intercettazioni solo per indagini sul terrorismo o sulla criminalità organizzata) - un analogo possa essere discusso al più presto dal nuovo Parlamento, creando così le condizioni per l’approvazione di una normativa che sappia coniugare la doverosa tutela delle indagini con il diritto di informare e di essere informati e il rispetto della privacy (soprattutto di chi non è indagato). Sanzioni adeguate, pecuniarie e interdittive, potranno essere un efficace freno alle quotidiane fughe di notizie e ai processi mediatici che, con "sentenze" precostituite, danneggiano i singoli e la giustizia.
La necessità di interventi urgenti per accelerare i tempi vergognosamente lunghi della giustizia penale (e civile!) è la preoccupazione maggiore che traspare dagli articoli inviati a Radio Carcere. Alcune proposte, tese soprattutto a una maggiore efficienza della "macchina giudiziaria", sono ampiamente condivise: incremento dei fondi per la Giustizia, istituzione dell’ufficio del processo (Veltroni - Bertinotti), uso di mezzi telematici, soprattutto per le notifiche, i cui ritardi sono una delle cause principali dei rinvii dei processi (Veltroni, Casini, Boselli, Bertinotti) ecc.
Anche il rafforzamento dei riti alternativi è stato indicato, soprattutto da Casini e Bertinotti, come uno strumento per rendere la giustizia più efficiente, senza incidere negativamente sulle garanzie. Se si passa però all’esame delle proposte di carattere legislativo, le differenze sono radicali. Boselli e Casini ritengono indispensabile limitare, o quanto meno regolamentare, l’obbligatorietà dell’azione penale;
Veltroni propone criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale fissati congiuntamente da Parlamento, Csm e Procuratori della Repubblica. Per Bertinotti, invece, l’obbligatorietà dell’azione penale è presupposto dell’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge e prospetta, anche con l’obiettivo di accelerare i tempi della giustizia, un’ampia depenalizzazione e un sistema sanzionatorio con pene principali diverse dal carcere (interdittive, prescrittive, riparatorie etc.).
Profonde anche le divergenze sulla "Legge Gozzini". Il leader Udc ne chiede una drastica limitazione, pur in un sistema carcerario "più moderno e umano"; Boselli, invece, la difende con forza; Bertinotti la considera indispensabile per il reinserimento sociale e, quindi, per la diminuzione della recidiva (altissima per chi sconta la pena in carcere e di gran lunga inferiore per chi usufruisce di sanzioni alternative).
Veltroni non ne fa cenno: vi è da dire, però, che il programma del Pd ne prevede una forte limitazione e propone anche la carcerazione fin dalla sentenza di I grado e l’aumento dei casi di cd. "custodia cautelare obbligatoria". Carcerazione preventiva che, invece, per Boselli, Casini e Bertinotti, dovrebbe tornare ad essere l’eccezione.
In questo contesto, che vede importanti convergenze, ma anche rilevanti divergenze, è fondamentale che si esca dalla logica dello scontro e, soprattutto, che si ponga fine a ogni strumentalizzazione della giustizia per fini che, con la giustizia, nulla hanno a che fare. Solo così sarà possibile confrontarsi e approvare in tempi rapidi quanto meno le proposte condivise, evitando che l’attuale stato fallimentare della giustizia si trasformi in coma irreversibile.
Non è facile fare una sintesi delle risposte che i candidati premier hanno dato al Riformista sui temi della Giustizia. Silvio Berlusconi, col suo silenzio, ha confermato una concezione privatistica della giustizia e il totale disinteresse a un confronto su questioni che pure riguardano milioni di cittadini.
Daniela Santachè, invece, coscientemente - in quanto è certo consapevole della differenza tra le tematiche collegate alla sicurezza (di cui nessuno nega l’importanza) e quelle legate al funzionamento della giustizia - ha parlato di altro. Favorevole alla separazione delle carriere (battaglia storica dei socialisti, come rivendicato da Boselli), alla regolamentazione delle intercettazioni e al divieto della loro pubblicazione prima del processo, ha preferito soffermarsi sui temi dell’immigrazione e della prostituzione (proponendo, tra l’altro, la riapertura delle "case chiuse").
Fuori tema, quindi! A meno di sostenere, come pure fanno alcuni, che il processo penale è strumento di lotta al crimine e non mezzo per accertare l’innocenza o la colpevolezza di un imputato e che le garanzie, principale argine agli errori giudiziari e alle ingiuste detenzioni (anche nei Cpt), non debbano valere per tutti.
Modifiche delle norme sul segreto d’indagine, sulla pubblicazione arbitraria di atti processuali e sulle intercettazioni (importante strumento di indagine, ma di cui viene denunciato l’abuso) sono ritenute urgenti anche dagli altri candidati premier.
La Camera, fin dallo scorso anno, aveva approvato un testo ampiamente condiviso: è quindi auspicabile che - salvo inaccettabili iniziative preannunciate da Berlusconi (tra cui quella di consentire le intercettazioni solo per indagini sul terrorismo o sulla criminalità organizzata) - un analogo possa essere discusso al più presto dal nuovo Parlamento, creando così le condizioni per l’approvazione di una normativa che sappia coniugare la doverosa tutela delle indagini con il diritto di informare e di essere informati e il rispetto della privacy (soprattutto di chi non è indagato). Sanzioni adeguate, pecuniarie e interdittive, potranno essere un efficace freno alle quotidiane fughe di notizie e ai processi mediatici che, con "sentenze" precostituite, danneggiano i singoli e la giustizia.
La necessità di interventi urgenti per accelerare i tempi vergognosamente lunghi della giustizia penale (e civile!) è la preoccupazione maggiore che traspare dagli articoli inviati a Radio Carcere. Alcune proposte, tese soprattutto a una maggiore efficienza della "macchina giudiziaria", sono ampiamente condivise: incremento dei fondi per la Giustizia, istituzione dell’ufficio del processo (Veltroni - Bertinotti), uso di mezzi telematici, soprattutto per le notifiche, i cui ritardi sono una delle cause principali dei rinvii dei processi (Veltroni, Casini, Boselli, Bertinotti) ecc.
Anche il rafforzamento dei riti alternativi è stato indicato, soprattutto da Casini e Bertinotti, come uno strumento per rendere la giustizia più efficiente, senza incidere negativamente sulle garanzie. Se si passa però all’esame delle proposte di carattere legislativo, le differenze sono radicali. Boselli e Casini ritengono indispensabile limitare, o quanto meno regolamentare, l’obbligatorietà dell’azione penale;
Veltroni propone criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale fissati congiuntamente da Parlamento, Csm e Procuratori della Repubblica. Per Bertinotti, invece, l’obbligatorietà dell’azione penale è presupposto dell’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge e prospetta, anche con l’obiettivo di accelerare i tempi della giustizia, un’ampia depenalizzazione e un sistema sanzionatorio con pene principali diverse dal carcere (interdittive, prescrittive, riparatorie etc.).
Profonde anche le divergenze sulla "Legge Gozzini". Il leader Udc ne chiede una drastica limitazione, pur in un sistema carcerario "più moderno e umano"; Boselli, invece, la difende con forza; Bertinotti la considera indispensabile per il reinserimento sociale e, quindi, per la diminuzione della recidiva (altissima per chi sconta la pena in carcere e di gran lunga inferiore per chi usufruisce di sanzioni alternative).
Veltroni non ne fa cenno: vi è da dire, però, che il programma del Pd ne prevede una forte limitazione e propone anche la carcerazione fin dalla sentenza di I grado e l’aumento dei casi di cd. "custodia cautelare obbligatoria". Carcerazione preventiva che, invece, per Boselli, Casini e Bertinotti, dovrebbe tornare ad essere l’eccezione.
In questo contesto, che vede importanti convergenze, ma anche rilevanti divergenze, è fondamentale che si esca dalla logica dello scontro e, soprattutto, che si ponga fine a ogni strumentalizzazione della giustizia per fini che, con la giustizia, nulla hanno a che fare. Solo così sarà possibile confrontarsi e approvare in tempi rapidi quanto meno le proposte condivise, evitando che l’attuale stato fallimentare della giustizia si trasformi in coma irreversibile.
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