L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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giovedì 10 aprile 2008

Giustizia/Carcere: I candidati premier ci indicano soluzioni generiche


di Vittorio Borraccetti (Magistrato)- www.radiocarcere.com
10 aprile2008

Un sistema di giustizia penale ispirato ai principi costituzionali (stretta legalità e tassatività di reati e pene, giusto processo in tempi ragionevoli, umanità della pena e sua tendenziale funzione rieducativa) è in qualche modo evocato con sottolineature diverse da quasi tutti gli scritti degli esponenti politici. Tuttavia le proposte formulate rimangono alla fine generiche, anche perché la complessità e gravità delle questioni è tale che non si possono pretendere in un breve testo contenuti articolati e dettagliati. Vanno colti allora ed evidenziati alcuni punti importanti. Non si può non concordare, innanzitutto, con chi afferma che una buona riforma della giustizia penale non può essere subordinata agli interessi di categorie professionali. Sarebbe, però, bene al contempo ricordare come una buona parte delle riforme riguardanti la giustizia penale degli ultimi anni sia stata fatta a tutela di determinate categorie e talvolta di singoli imputati. Positivo che si parli di riorganizzazione della geografia giudiziaria.
È l’annoso tema della ridefinizione della distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio nazionale secondo parametri di funzionalità, che costituisce premessa per una distribuzione razionale di magistrati, personale amministrativo, beni strumentali, risorse finanziarie. Da questi interventi strutturali dipende anche l’efficacia concreta della auspicabili riforme in materia di diritto penale sostanziale e processuale. Ma quella delle circoscrizioni giudiziarie si è rivelata una delle riforme più difficili da fare, sempre avversata da localismi e interessi di categoria, per cui sul punto lo scetticismo è inevitabile. Tuttavia l’esistenza di un organo come il Giudice di Pace accanto al Tribunale dovrebbe consentire di soddisfare l’esigenza della prossimità senza pregiudicare quella della concentrazione delle risorse.
Si può confermare il Giudice di pace come giurisdizione diffusa sul territorio e invece concentrare Tribunali e Procure in località capaci di servire un ambito territoriale più vasto. Negli scritti degli esponenti politici si accenna al tema del processo penale stabilendo un nesso tra processo e domanda di sicurezza. Ciò può costituire fonte di equivoci. Il processo penale non può essere visto come lo strumento per condannare nel tempo più breve possibile. Esso è essenzialmente strumento di garanzia, la cui ragion d’essere è la verifica della fondatezza o meno dell’accusa mossa ad una persona, nel riconoscimento pieno del diritto di difesa. Certo, la specifica disciplina del sistema processuale influisce sulla tutela della sicurezza. Ma non si può chiedere al processo di essere né soltanto né principalmente funzionale alla tutela della sicurezza.
Così come esso non può essere concepito come strumento per dilazionare nel tempo il momento di accertamento della responsabilità o per vanificarne gli effetti. L’insistita richiesta di certezza della pena può essere condivisibile in quanto esprima l’esigenza di non vanificazione della condanna nel caso di accertata responsabilità. Si tratta di una esigenza che si ricollega a quella costituzionalmente sancita della ragionevole durata del processo. È la decisione del Giudice, di condanna o assoluzione che sia, che deve intervenire in tempi che non ne vanifichino il carattere di giustizia e l’effetto di ripristino della legalità violata.
Da questo punto di vista sono necessari ed urgenti interventi per dare ragionevolezza ai tempi del procedimento penale, semplificando la procedura, eliminando formalismi ingiustificati, differenziando i riti a seconda del tipo di sanzione da applicare, riformando il sistema delle impugnazioni soprattutto nel senso di restringere l’ambito del ricorso per cassazione. Non è invece condivisibile l’idea di certezza della pena nel senso della sua immodificabilità.
Può essere necessaria una più rigorosa disciplina dell’accesso alle misure alternative, con riferimento alla gravità del reato per cui vi è stata condanna, ma va tenuto fermo il principio ispiratore dell’ordinamento penitenziario per cui durata e modalità di esecuzione nel tempo vanno modulate sul percorso di recupero e reintegrazione sociale del condannato.
Non si può non essere d’accordo sulla riforma del diritto penale, anche per i riflessi che sul piano processuale può avere la diversificazione della sanzioni e la limitazione della pena detentiva. Se si operasse per la drastica limitazione del diritto penale, anche con l’introduzione generalizzata del criterio dell’irrilevanza del fatto, potrebbe essere sdrammatizzata la discussione sui criteri di priorità nell’esercizio dell’azione da parte del Pubblico Ministero. In ogni caso si può verificare anche la possibilità di indicazioni di priorità, fissate per legge, nell’esercizio dell’azione penale. Alla condizione che non si tratti di espedienti per vanificare il principio di obbligatorietà nei confronti dei reati contro la pubblica amministrazione ed economici.