L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

venerdì 2 maggio 2008

Carcere/Giustizia- Ugl: allarme su sovraffollamento e carenza organico



Comunicato Ugl, 2 maggio 2008

Le elezioni che si sono tenute nei giorni 13 e 14 aprile u.s. hanno sentenziato una nuova maggioranza molto più forte di quella precedente che fa ben sperare per una stabilità di governo che ci auguriamo possa lavorare in direzione di un miglioramento complessivo dello stato della sicurezza, stante la storica propensione della compagine del centro destra verso tale importantissima tematica, fondamentale per lo sviluppo della società.
Nei giorni scorsi abbiamo assistito ad innumerevoli dichiarazioni sullo stato in cui versano le strutture penitenziarie, sottolineo che abbiamo assistito, perché sarebbe stato troppo facile avanzare richieste elettorali di ogni tipo a politici che cercavano il consenso. Oggi, finita la scia delle promesse elettorali, finalmente possiamo far sentire la nostra voce con la nuova maggioranza che governerà l’Italia, si spera per il prossimo quinquennio, per sottolineare lo stato drammatico in cui versano cronicamente le carceri, ma anche connesso all’aumento inarrestabile della popolazione detenuta.
Con un trend di circa 1.000 ingressi al mese, a settembre (e non a dicembre) saremo nuovamente sopra quota 60.000 detenuti ristretti, ovvero in uno stato di sovraffollamento che non è degno di nessun paese civilizzato. Il dato più allarmante è che l’effetto dell’indulto, che doveva dare respiro alle carceri, provvedimento che notoriamente l’Ugl non ha mai considerato risolutivo e come poi si è purtroppo constatato, fortemente limitante della sicurezza della società, è svanito e oggi siamo di nuovo allo stato di allerta, con le celle stracolme e carceri per osmosi diventate come quelle polveriere dove si maneggiano (con inadeguati mezzi strumentali, strutturali e organizzativi) fuochi artificiali che rischiano sempre di esplodere. Il 35% dei ristretti è costituito da detenuti stranieri, un’altissima percentuale è tossicodipendente, un’altra ha patologie che mettono a rischio la salute in particolare del personale addetto alla custodia, la Polizia Penitenziaria che è un vero e proprio baluardo dello Stato nella lotta impari alla rieducazione del reo.
In questo quadro assai compromesso riteniamo indispensabile chiedere al nuovo Governo un programma di interventi immediato e che affronti il problema carceri con provvedimenti straordinari e, soprattutto adeguando gli stanziamenti per la Giustizia, depauperati negli anni di oltre il 70 % delle risorse. Basta pensare che per l’anno in corso le risorse stanziate in finanziaria non saranno sufficienti neanche a soddisfare le ordinarie spese di manutenzione degli istituti, senza parlare delle dotazioni strumentali (quali sistemi di sicurezza e automazione) che dovrebbero essere adeguate alle attuali esigenze di sicurezza, mentre si assiste al progressivo invecchiamento di tutti i mezzi in dotazione anche per le traduzioni dei detenuti (blindati da rottamare già in uso ai Carabinieri prima del 95), che ormai registrano una percorrenza chilometrica che supera i 300.000 km.
Il tutto da contestualizzare con le carenze strutturali dei penitenziari esistenti (il 20% costruiti prima del 1500 e oltre il 50% prima del 900 ) che può ben far comprendere come siano urgenti provvedimenti adeguati. Si tratta di interventi necessari principalmente a ridare dignità alla detenzione, senza dimenticare di valorizzare il lavoro di chi con la propria azione garantisce la sicurezza della Repubblica. Si pensi alla riforma del Regolamento d’Esecuzione che prevedeva la detenzione in celle dotate di servizi privati ed in particolare di docce all’interno delle stesse, ancora oggi è una vera utopia, oltre che per la limitazione dovuta alla conformazione delle strutture esistenti, anche per la spesa che ciò comporterebbe, sicché sono poche le carceri che hanno potuto usufruire di fondi adeguati per ristrutturare alcune sezioni detentive, mentre la maggior parte delle docce sono quasi da terzo mondo.
L’allarme sovraffollamento non è da sottovalutare e deve riguardare tutta la società, un problema che va affrontato a nostro avviso come un problema non solo dell’Italia ma di tutta l’Europa, essendo la nostra Nazione la porta del vecchio continente che più risente del confine con i paesi dove la popolazione che fugge, a causa dello stato di indigenza, è costretta a delinquere per sopravvivere. Fermo restando la certezza della pena, ad avviso dell’Ugl va modificato il funzionamento della macchina della giustizia, troppo lento, e occorre anche una profonda modifica del codice penale che porti ad una progressiva depenalizzazione dei reati che non creano allarme sociale, ipotizzandosi, per contro, un annullamento o la riduzione degli sconti di pena a chi reitera gravi reati (quali ad esempio quelli connessi alla pedofilia, allo stupro, ai sequestri di persona, oltre ai reati associativi e terroristici).
È una cura necessaria che non può più essere rinviata, ma oltre a ciò va riconsiderato anche l’uso del braccialetto elettronico, che potrebbe far aumentare il ricorso a diverse modalità di esecuzione della pena, sempreché si risolvano i problemi connessi alla eseguibilità delle misure restrittive in caso di mancato rispetto temporaneo delle prescrizioni. Un altro nodo da sciogliere è quello delle carcerazioni brevi, ovvero del transito nei penitenziari di soggetti che vengono rimessi in libertà dopo neanche una settimana o al massimo dopo dieci giorni. Si tratta di un numero che porta a più di 90.000 i detenuti che "transitano" annualmente all’interno delle carceri italiane anche a causa delle lungaggini nella conferma della misura restrittiva da parte delle autorità giudiziarie (ad esempio per l’udienza di convalida dell’arresto davanti al Gip o per il riesame della misura di custodia cautelare da parte del Tribunale della Libertà), che in certi casi potrebbe avvenire prima ancora dell’arrivo dei soggetti nelle strutture penitenziarie, potenziando eventualmente le camere di sicurezza delle stazioni delle forse dell’ordine che hanno proceduto all’arresto.
Non si può pretendere che la macchina dell’Amministrazione Penitenziaria, si ingolfi per gli adempimenti iniziali connessi all’ingresso in istituto, che rappresentano un momento delicatissimo. Una serie di operazioni altrimenti non necessarie. Quando si scrive che è opportuno un coinvolgimento dell’Europa, si pensa anche all’ipotesi di adottare un sistema teso a nazionalizzare la detenzione di detenuti comunitari, ricordando che la presenza dei detenuti stranieri ha un incidenza significativa rispetto agli anni passati (dal 10% degli anni ottanta, al 35-40% della popolazione detenuta attuale).
Nazionalizzare la detenzione potrebbe essere una soluzione perseguibile attraverso un adeguamento della normativa comunitaria e in tale direzione si solleciterà il nuovo Governo affinché studi la possibilità di richiedere l’intervento del Parlamento europeo. Unitamente alla ricerca di soluzione di tali ed importanti problematiche non meno importante la necessità di migliorare la qualità del lavoro del personale di Polizia Penitenziaria, ridotta a livelli di insopportabilità tali da avere causato solo negli ultimi mesi ben quattro suicidi. Svolgendo la funzione di verifica della salubrità dei posti di lavoro, prevista dall’attuale normativa contrattuale l’Ugl ha appurato in più occasioni carenze organiche endemiche in quasi tutte le strutture visitate (tra cui recentemente quelle di Milano, Roma, Viterbo, Bologna ecc., ecc.). Ma il fatto che il personale sia insufficiente è un fatto noto a tutti visto che non può non risaltare agli occhi anche di parlamentari spesso in visita negli istituti, che avranno avuto modo di constatare la presenza sotto la soglia minima di sicurezza degli agenti nelle sezioni detentive.
Del resto i servizi espletati dalla Polizia Penitenziaria, ormai sono molteplici e altri vorremmo fossero affidati in relazione alla specifica funzione istituzionale del Corpo, ad esempio, rispetto all’esecuzione penale esterna, ma occorre ridefinire le piante organiche che ad oggi sono bloccate ad un contesto in cui molte delle attuali attività istituzionali non erano ancora state assegnate al Corpo di Polizia Penitenziaria.
È un dato di fatto che il personale di Polizia Penitenziaria, sta attraversando una fase molto delicata e l’aumento dei suicidi è strettamente connesso a questioni riconducibili ad uno stato di stress e di disagio che affiora appena, come una punta di un iceberg. Si tratta di un disagio legato anche allo scollamento che c’è tra chi dirige e il personale stesso, infatti esiste un problema di fondo nella strutturazione delle gerarchie che compongono l’amministrazione penitenziaria, che da un lato vede figure non appartenenti al Corpo dirigere gli istituti e dall’altro la sicurezza affidata a funzionari del Corpo il cui potere organizzativo e funzionale non viene valorizzato.
È sostanzialmente per questi motivi che riteniamo si debba seriamente discutere con il nuovo Governo di una profonda modifica della Legge di riforma del Corpo di Polizia Penitenziaria (L.395/90), costituendo una Direzione del Personale di Polizia Penitenziaria diretta da Dirigenti provenienti dall’interno del Corpo stesso. È il personale stesso che lamenta demotivazione rispetto ad un’assenza certa di punti di riferimento. In tutto questo "caos calmo" (ci si consenta la citazione cinematografica) neanche più tanto, è incalcolabile l’effetto che provocherà il passaggio della Sanità Penitenziaria alle Asl. Sia ben chiaro che l’Ugl ritiene fondamentale un miglioramento dell’assistenza sanitaria nei confronti dei detenuti ristretti, ma c’è il forte rischio che aumentino le esternalizzazioni delle cure con conseguente carico di lavoro per i Nuclei Traduzioni e Piantonamenti già molto sollecitati dalle Autorità Giudiziarie in innumerevoli traduzioni.
Ciò senza tener conto di quanti degli attuali addetti alle infermerie sceglieranno di non somministrare più i medicinali ai soggetti ristretti e opteranno per essere impiegati fuori dalle strutture penitenziarie. La prospettiva è che a farlo non sarà personale esperto ma unità assunte a termine con le conseguenze che ben si possono immaginare. In definitiva riteniamo che l’emergenza carceri sia solo all’inizio del percorso che lentamente porterà all’implosione dei problemi. Certo è che allo stato attuale non è anormale che si trovi una motosega in possesso di un detenuto o che si sequestri un agente (fatti successi a Bologna). Altro non è che la conseguenza di uno stato di difficoltà a gestire un numero così alto di detenuti, con le esigue risorse umane disponibili che rendono necessario ridurre i livelli di sicurezza.
Ma questi sono solo gli episodi più eclatanti di cui paga le conseguenze il personale di Polizia Penitenziaria, mentre oggi ancora nulla si può fare rispetto alla cancellazione del reato di oltraggio, di cui pure continueremo a chiedere la reintroduzione. Confidiamo quindi nella sensibilità del nuovo governo al quale sin d’ora chiediamo con forza di affrontare il "problema carcere" nel suo complesso, con la stessa incisività con cui si intendono affrontare altri problemi contingenti del Paese. In conclusione, occorrono risorse per costruire nuove strutture che garantiscano la dignità dei ristretti ripristinando il rapporto detenuto/spazio previsto dalle direttive del Ministero della Salute e che siano adeguatamente automatizzate per ottimizzare l’impiego del personale.
Occorre anche che il Governo stanzi risorse idonee ad adeguare gli ambienti ricreativi dedicati al personale di Polizia Penitenziaria, che è costretto a lavorare lontano dalle proprie famiglie e vivere per giorni in caserme vetuste e in ambienti di lavoro che non ne salvaguardano la salubrità, oltre a misure per l’edilizia agevolata al fine di ricongiunge le famiglie. È con questa speranza che attendiamo il nuovo Ministro per dare come sempre il nostro contributo in favore della funzione che lo Stato deve esercitare per garantire la sicurezza della Repubblica.