L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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martedì 13 maggio 2008

Giustizia/Sicurezza: Una sfida sul fronte della sicurezza, con molti rischi


di Giuseppe Sarti

Il Gazzettino, 12 maggio 2008

L’esito della recente consultazione elettorale ha per un verso legittimamente autorizzato la Lega a scoppiettante euforia nella consapevolezza che il proprio appello è stato accettato e condiviso, per altro canto ha però attribuito ai vincitori il non certo agevole compito di portare sul territorio un livello di accettabile sicurezza. E questo traguardo, tanto ambizioso, quanto oramai indifferibile, è stato uno dei principali cavalli di battaglia di tutta la campagna elettorale.
Dicevano i Latini che pacta sunt servanda, che cioè le promesse vanno mantenute, e quindi ora è giunto il tempo di passare dalle parole ai fatti. Altro era, anche in tempi non recenti, abbandonarsi ad esternazioni violente o a provocazioni forti: stupire era facile, essere criticati ancor di più, ma l’importante era che intanto se ne parlasse.
In fine dei conti, provvedere è, sempre toccato ad altri. Ma adesso no: adesso, una buona parte della popolazione ha ritenuto di concedere quella fiducia che in passato molti, troppi, forse, hanno tradito, ed ora l’istanza di sicurezza è diventata un coltello a due lame. La promessa elettorale tanto enfatizzata, i proclami di piazza, le minacce di misure drastiche sono ora divenute un fatto concreto, da realizzare subito, senza più ricorso ai se, o ai ma.
I cittadini non ne possono più di tollerare civilmente che ogni santo giorno il rumeno di turno stupri, uccida, rapini o massacri disinvoltamente, solo perché in Italia il carcere è al massimo un soggiorno di poche ore, riservato alla sparuta percentuale di imbecilli che si fanno arrestare. Qui da noi gli immigrati hanno raggiunto addirittura 1’8% della popolazione, e reclamano il rispetto dei diritti civili, vogliono una casa, un lavoro, il riconoscimento delle proprie culture e religioni. Ma se fossero tutti dei "regolari", il problema nemmeno si porrebbe. Proprio Treviso, la patria dello Sceriffo Gentilini, ne è il miglior esempio.
Tuttavia, tra i nostri ospiti c’è un ragguardevole numero di delinquenti, di quelli che, cioè, avendo scelto il crimine (per lo più organizzato) come regola di vita, hanno identificato l’Italia quale meta prediletta, essendo il Paese dell’impunità.
Ed ora, quindi, la Lega cosa farà? Non sono pochi coloro che s’interrogano, auspicando l’avvio di una sorta di forte reazione xenofoba o giustizialista, ovvero silenziosamente temendo che si possa passare il limite del rigore sin dall’inizio. L’Italia ha sempre avuto il vanto di una cultura democratica e libera, come tale rispettosa dei fondamentali diritti dell’individuo. È naturale, perciò, che in un momento d’emergenza come questo, venga da chiedersi se per ripristinare un po’ d’ordine e di tranquillità, non sia necessario adoperare il pugno di ferro.
Già, vien da dire che ci vorrebbe però anche il guanto di velluto, ma non son più tempi. La Lega è sempre stata, sin dai suoi albori, un partito decisionista, di rottura, di azione ferma, pronto al costi quel che costi. Ma finché i risultati d’effetto sono stati acquisibili in piccole realtà urbane quali la provincia di Treviso, ad esempio, laddove è sempre stata la popolazione ad incitare la Lega ad interventi radicali, il compito è sembrato facile.
Oggi, però, è coinvolto l’intero Paese, ove la Lega ha assunto un ruolo importante di governo, e in alcune regioni portare ordine è cosa a dir poco inimmaginabile. Eppure ci vorrà uniformità di condotte e di provvedimenti per tutto il territorio, iniziando dalla severa protezione delle coste per scongiurare l’emorragia perenne di sbarchi clandestini di disperati, e continuando con lo smantellamento di numerosissime baraccopoli, ricettacolo solo di miseria, ma anche di delinquenza e malattie.
Forse sta nascendo una nuova epoca, un’era in cui ancora una volta i media si schiereranno da una parte o dall’altra, permissivi contro intransigenti. E sarà un bene, questo, o non piuttosto un pericolosissimo segnale di ingovernabilità di un Paese da sempre lacerato da istanze regolarmente opposte, in cui i dialoghi tra sordi e ciechi l’hanno sempre fatta sistematicamente da padroni? I pericoli d’uno sconfinamento vi sono, inutile negarlo.