Adesione Fp Cgil Nazionale Comparto dirigenti penitenziari all'Appello Salviamo la Legge Gozzini
I dirigenti penitenziari iscritti alla Fp Cgil esprimono forte preoccupazione per la proposta di modifica dell'Ordinamento Penitenziario nella parte in cui vengono previsti alcuni istituti introdotti nel 1986 dalla legge Gozzini.
Il testo del disegno di legge n.623 (Berselli) dichiara di voler promuovere la certezza della pena e la sicurezza sociale con una serie di interventi finalizzati a ridurre l'accesso alle misure alternative o a taluni benefici previsti dalla legge Gozzini.
Tale proposta nasce, a dir poco, dall'estrema superficialità con la quale la Politica in generale, la maggioranza di Governo in particolare, si accosta al problema della sicurezza dei cittadini, tema che per la sua delicatezza e importanza meriterebbe molto più dei ripetuti e fuorvianti richiami demagogici.
Non ci si può esimere dal sottolineare che vanificando un sistema fondato sulla costruzione di una prospettiva di vita "regolare" , non possa rendersi concreta un'azione rieducativa del trattamento. Le persone detenute dovrebbero essere messe nella condizione di tornare all'esterno del carcere in termini di maggiore dignità e di consapevolezza dei valori sociali da rispettare.
La "strategia" proposta da Berselli invece prescinde totalmente dalla constatazione oggettiva che l'accesso alle misure alternative o ai cd. benefici nella fase esecutiva attraverso percorsi di riabilitazione riduce la recidiva creando così autentica sicurezza collettiva.
A parte ciò, ci chiediamo anche se non sia l'incoscienza o , semplicemente, il totale disinteresse, a trapelare dall'indifferenza del testo in esame rispetto alle ricadute che tale proposta è destinata a comportare nel settore penitenziario.
La realtà delle carceri italiani e degli Uffici di Esecuzione penale esterna, carenti di risorse ormai in modo cronico, nonché di spazi vitali, verrà vieppiù paralizzata per l'aumento di presenze, stremando il personale della sicurezza e dell'area trattamentale.
Abrogare la liberazione anticipata per tutti i detenuti comporterà il venir meno di un mezzo utilissimo per agganciare l'opera di rieducazione ad una concreta condotta intramuraria accettabile e partecipativa; l'eliminazione della semilibertà per gli ergastolani eroderà progressivamente una qualsiasi fondamentale motivazione a procedere in percorsi che non porteranno concretamente a molto, con immaginabili conseguenze sul piano comportamentale.
Per non parlare del " lieto" aumento ai settantacinque anni per chiedere il beneficio della detenzione domiciliare che rappresenta una notevole "virata" rispetto ai tempi in cui a rischio di carcere si trovavano anziani illustri.
I Dirigenti Penitenziari iscritti alla Fp Cgil credono fermamente che la restrizione delle prospettive di reinserimento sociale comporti solo il venir meno di un aggancio prezioso alle norme di civiltà che devono regolare la vita in carcere, con conseguenze immaginabili e, peraltro, ancora vive nel ricordo di quanti hanno sperimentato sulla pelle le tensioni violente precedenti al 1986.
Un approccio serio e non demagogico ai temi della sicurezza e della certezza della pena necessita di una piena attuazione del dettato di civiltà della Legge Gozzini, che sappia evitare pericolosi automatismi, rilanciando viceversa l'investimento di risorse e professionalità nel percorso di recupero e di prevenzione della recidiva.
Aderiamo, quindi, al grande movimento civile a difesa della legge Gozzini ed ci uniamo nell'esortazione a tutte le forze politiche democratiche e progressiste ad interessarsi a questo testo e ad approfondire, al di là degli slogans, la vera realtà carceraria, quella fatta di uomini e donne che nel carcere lavorano ed operano, che nel carcere vivono in attesa di una possibilità di riscatto sociale.
Tale proposta nasce, a dir poco, dall'estrema superficialità con la quale la Politica in generale, la maggioranza di Governo in particolare, si accosta al problema della sicurezza dei cittadini, tema che per la sua delicatezza e importanza meriterebbe molto più dei ripetuti e fuorvianti richiami demagogici.
Non ci si può esimere dal sottolineare che vanificando un sistema fondato sulla costruzione di una prospettiva di vita "regolare" , non possa rendersi concreta un'azione rieducativa del trattamento. Le persone detenute dovrebbero essere messe nella condizione di tornare all'esterno del carcere in termini di maggiore dignità e di consapevolezza dei valori sociali da rispettare.
La "strategia" proposta da Berselli invece prescinde totalmente dalla constatazione oggettiva che l'accesso alle misure alternative o ai cd. benefici nella fase esecutiva attraverso percorsi di riabilitazione riduce la recidiva creando così autentica sicurezza collettiva.
A parte ciò, ci chiediamo anche se non sia l'incoscienza o , semplicemente, il totale disinteresse, a trapelare dall'indifferenza del testo in esame rispetto alle ricadute che tale proposta è destinata a comportare nel settore penitenziario.
La realtà delle carceri italiani e degli Uffici di Esecuzione penale esterna, carenti di risorse ormai in modo cronico, nonché di spazi vitali, verrà vieppiù paralizzata per l'aumento di presenze, stremando il personale della sicurezza e dell'area trattamentale.
Abrogare la liberazione anticipata per tutti i detenuti comporterà il venir meno di un mezzo utilissimo per agganciare l'opera di rieducazione ad una concreta condotta intramuraria accettabile e partecipativa; l'eliminazione della semilibertà per gli ergastolani eroderà progressivamente una qualsiasi fondamentale motivazione a procedere in percorsi che non porteranno concretamente a molto, con immaginabili conseguenze sul piano comportamentale.
Per non parlare del " lieto" aumento ai settantacinque anni per chiedere il beneficio della detenzione domiciliare che rappresenta una notevole "virata" rispetto ai tempi in cui a rischio di carcere si trovavano anziani illustri.
I Dirigenti Penitenziari iscritti alla Fp Cgil credono fermamente che la restrizione delle prospettive di reinserimento sociale comporti solo il venir meno di un aggancio prezioso alle norme di civiltà che devono regolare la vita in carcere, con conseguenze immaginabili e, peraltro, ancora vive nel ricordo di quanti hanno sperimentato sulla pelle le tensioni violente precedenti al 1986.
Un approccio serio e non demagogico ai temi della sicurezza e della certezza della pena necessita di una piena attuazione del dettato di civiltà della Legge Gozzini, che sappia evitare pericolosi automatismi, rilanciando viceversa l'investimento di risorse e professionalità nel percorso di recupero e di prevenzione della recidiva.
Aderiamo, quindi, al grande movimento civile a difesa della legge Gozzini ed ci uniamo nell'esortazione a tutte le forze politiche democratiche e progressiste ad interessarsi a questo testo e ad approfondire, al di là degli slogans, la vera realtà carceraria, quella fatta di uomini e donne che nel carcere lavorano ed operano, che nel carcere vivono in attesa di una possibilità di riscatto sociale.
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