Giustizia: "pugno duro" e subito, così ci sentiamo più tranquilli
di Stefano Vespa
Panorama, 9 giugno 2008
Avviso ai parlamentari che stanno discutendo di sicurezza: oltre due terzi dei cittadini sono d’accordo sui lavori forzati per chi commette un reato. È sufficiente questo sorprendente dato per spiegare l’aria che si respira in Italia, anche se sono lontani i film come Papillon o i romanzi come I miserabili di Victor Hugo ed è impensabile trasformare rapinatori e omicidi in novelli Jean Valjean. Eppure, il sondaggio effettuato per conto di Panorama non lascia dubbi: certezza della pena, magistrati più severi, più carceri e i lavori forzati come ciliegina su una torta che ha come ingredienti paura e voglia di sicurezza.
Il numero di quanti credono che, se la pena venisse scontata per intero, ci sarebbero meno reati è cresciuto negli ultimi 2 anni. La pensava così il 75,4 per cento nel luglio 2006, a maggio di quest’anno era l’82,8. Nello stesso periodo sono passati dal 59,9 al 71,3 per cento quanti vorrebbero che venissero costruite più carceri anziché varare indulti. Quasi due terzi degli italiani (il 61,7 per cento) pensano poi che la magistratura rilasci con facilità i criminali; il 76,2 crede che i detenuti ottengano troppi benefici, la metà considera la pena come una punizione e solo un quarto la intende come rieducazione. Infine, il 69,9 è d’accordo sui lavori forzati.
Benzina sul fuoco mentre è in corso il dibattito al Senato nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia riunite per convertire il decreto legge del 23 maggio sulle misure urgenti in materia di sicurezza. E soprattutto mentre si cerca una mediazione (nel governo e tra maggioranza e opposizione) sulle nuove norme per affrontare l’immigrazione.
Le inattese parole di Silvio Berlusconi, che considera non più necessario il reato di clandestinità limitandosi all’aggravante per chi viola la legge, hanno aperto scenari complessi nei rapporti con la Lega i cui esiti si vedranno solo quando il disegno di legge che prevede il reato (depositato al Senato il 3 giugno) arriverà in commissione e, poi, in aula. Nel decreto legge in corso di conversione, invece, si parla solo di aggravante e qui i tempi saranno stretti: martedì 10 saranno discussi e approvati gli emendamenti e il testo passerà all’aula.
L’opposizione non accetta neanche l’aggravante (anche se qualcuno ufficiosamente sarebbe d’accordo). "Una soluzione potrebbe essere prevederla solo per coloro che rientrano dopo essere stati espulsi" riflette il senatore Carlo Vizzini (FI-Pdl), presidente della commissione Affari costituzionali. Le altre difficoltà si incontrano sull’ipotesi di confisca dell’immobile affittato in nero e sulla nuova definizione dei Cpt (Cie, centri di identificazione ed espulsione).
Sulla clandestinità come reato Filippo Berselli conferma la linea di mediazione scelta da An (con qualche mal di pancia): "Siamo stati i primi a proporlo" dice a Panorama il presidente della commissione Giustizia "ma ora abbiamo l’obbligo di approvare il pacchetto sicurezza. Alla gente importa poco di quel reato, vuole severità e certezza delle pena". E annuncia un’altra battaglia, quella sulla legge Gozzini che prevede misure alternative alla detenzione. Berselli, primo firmatario, metterà la proposta di riforma all’ordine del giorno della commissione appena ultimato l’iter del ddl sulla sicurezza.
Lo scontro è assicurato e si dovrà tenere conto del malessere tra le forze dell’ordine. Il capo della Polizia, Antonio Manganelli, è stato duro nell’audizione in Parlamento chiedendo certezza della pena e centri adeguati dove rinchiudere i clandestini da espellere. E pur con la frustrazione di vedere gli arrestati subito liberi, ci si aggiorna di continuo: per esempio i carabinieri (che il 5 giugno celebrano la festa dell’Arma) hanno installato sulle gazzelle un computer per controllare identità, impronte digitali, trasmettere foto e molto altro. È il progetto Eva (Enhanced vehicle automation). Ma in tema di sicurezza la tecnologia deve sposarsi con una legislazione adeguata.
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