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mercoledì 3 dicembre 2008

Norme a Tutela dei Mestieri e delle Professioni di Aiuto alla Persona dalla Sindrome di Burnout

S. 443 Rosario Giorgio Costa (PdL)

DDL 443 (testo PDF PDF)- Assegnato alla 11ª Commissione permanente (Lavoro, previdenza sociale) in sede referente il 2 luglio 2008. Annuncio nella seduta ant. n. 30 del 2 luglio 2008.
Pareri delle commissioni 1ª (Aff. cost.), 2ª (Giustizia), 5ª (Bilancio), 7ª (Pubb. istruz.), 12ª (Sanita'), Questioni regionali

E-mail:
costa_r@posta.senato.it
segreteriacosta@tiscali.it

Stress lavorativo e tutela della persona dell'operatore

Maurizio Mottola
Psychomedia


Le problematiche relative allo stress lavorativo ed alla gestione delle risorse umane hanno acquisito negli ultimi anni una particolare rilevanza; viene finalmente riconosciuta l'importanza dei fattori psicologici lavorativi e dell'impatto che possono avere sul benessere dell'individuo, prendendo atto di una letteratura scientifica ampiamente consolidata.
Il Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 riconosce infatti come accanto alle patologie da rischi noti (prevalentemente in attenuazione) stiano acquisendo sempre maggiore rilievo le patologie da rischi emergenti come le Patologie da fattori psico-sociali associate a stress (burn-out, mobbing, eccetera), meglio identificate come le Malattie psichiche e psicosomatiche da disfunzioni dell'organizzazione del lavoro; tali patologie, cosiddette da costrittività organizzativa, sono riconosciute come malattie professionali e prevedono la obbligatorietà della denuncia all'INAIL (Gazzetta Ufficiale n. 70 del 22/3/2008, Supp. 68).
Al professionista di oggi la società richiede flessibilità, competenza e maggiore professionalità, quali esiti di una formazione alla professione più globale, che comprende aspetti tecnici, psicologici, manageriali. Tale importanza scaturisce dall'interesse attuale per fenomeni come il burn-out, direttamente correlati a condizioni di distress lavorativo con conseguenze negative che possono essere causa di "errore professionale", "difficoltà nel rapporto con il paziente con minore empatia e sensibilità", "tensione ansia e depressione dell'operatore".
Queste conseguenze si riflettono negativamente ed inevitabilmente sulla efficacia del servizio sanitario nazionale e comportano una complessiva riduzione della qualità delle prestazioni. Da qui la necessità di realizzare adeguati programmi di prevenzione dello stress lavorativo attraverso strategie ben precise mirate alla formazione degli operatori ed all'organizzazione del lavoro e ad una sempre migliore e più qualificata gestione delle risorse umane.
A tal proposito il Disegno di Legge n. 443 d'iniziativa del senatore Costa, comunicato alla Presidenza l'8 maggio 2008, si intitola proprio Norme a tutela dei mestieri e delle professioni di aiuto alla persona dalla sindrome di burnout e consta di 5 articoli.
Il termine burn-out, proveniente dall'ambito sportivo, è stato proposto in ambito socio-sanitario per la prima volta nel 1975 dalla psichiatra americana Christina Maslach, la quale l'ha definita come "caratterizzata da esaurimento emozionale, depersonalizzazione e riduzione delle capacità personali". Riguarda le professioni dell'aiuto che comprendono figure come medici, infermieri, psicologi, insegnanti, assistenti sociali.
Le cause del fenomeno più frequenti sono: il lavoro in strutture mal gestite, la scarsa o inadeguata retribuzione, l'organizzazione del lavoro disfunzionale o patologica, lo svolgimento di mansioni frustranti o inadeguate alle proprie aspettative, oltre all'insufficiente autonomia decisionale ed a sovraccarichi di lavoro.
Però si distingue dallo stress, così come si distingue dalle varie forme di nevrosi, in quanto nella sindrome del burn-out prevalgono gli aspetti e le circostanze del ruolo lavorativo rispetto alle caratteristiche ed all'assetto della personalità del soggetto.
L'esaurimento emotivo consiste nel sentimento di essere emotivamente svuotato e annullato dal proprio lavoro, per effetto di un inaridimento emotivo nel rapporto con gli altri. La depersonalizzazione si manifesta come un atteggiamento di allontanamento e di rifiuto (risposte comportamentali negative e sgarbate) nei confronti di coloro che richiedono o ricevono la prestazione professionale, il servizio o la cura.
La ridotta realizzazione personale riguarda la percezione della propria inadeguatezza al lavoro, la caduta dell'autostima e la sensazione di insuccesso nel proprio lavoro. L'insorgenza della sindrome del burn-out negli operatori sanitari segue generalmente quattro fasi: la prima fase è quella dell'entusiasmo idealistico, la seconda fase quella della stagnazione, la fase più critica è la terza quella della frustrazione, a cui segue la quarta fase quella dell'apatia, che si può configurare in una vera e propria morte professionale.
Secondo l'Osservatorio per le politiche sociali in Europa di Inca CGIL di Bruxelles, l'Italia è lo Stato dell'Unione in cui si registra il maggior numero di stressati da lavoro: ben il 27% del totale, contro una media europea del 22%.
Il decreto legislativo 66 del 2003, provvedimento che regolamenta il periodo di riposo dei medici, dopo una guardia notturna o dopo il servizio diurno, verrebbe disatteso se si insiste a non concedere nel rinnovo del contratto congrue ore di riposo ai medici dopo un turno di lavoro: un riposo indispensabile per la tutela della salute sia del medico sia anche del paziente. Questo conflitto tra istituzioni ed operatori evidenzia una realtà paradossale del nostro sistema sanitario: il livello dei servizi è garantito solo disapplicando in modo sostanziale una normativa europea su recuperi, turni, guardie, riposi, varata per garantire la salute degli operatori e la sicurezza degli utenti dei servizi sanitari.
Gli studi dimostrano, infatti, come dopo 12 ore di veglia la risposta individuale sia considerevolmente alterata. E l'alterazione è maggiore quanto più si sta svegli. Non solo. In caso di prestazioni impegnative dal punto di vista fisico o emotivo diminuisce ancora di più la capacità di controllo: alcune ricerche hanno addirittura rilevato che nelle ore finali dei turni di notte, il 30 per cento circa di errori poteva essere evitato.
Ci sono, come al solito, segnali contrastanti e che si muovono in direzione opposta: da un lato l'iniziativa di tutelare la persona del professionista d'aiuto con un disegno di legge sul burn-out, dall'altro la pervicace posizione di voler derogare al decreto legislativo 66 del 2003 (di adeguamento alla normativa europea) per diminuire il numero di ore di riposo tra un turno lavorativo e l'altro, con la pretestuosa motivazione di mantenere lo standard organizzativo del servizio sanitario nazionale: il prezzo sarebbe a danno dei cittadini con l'aumento degli errori professionali nell'erogazione delle prestazioni sanitarie.