L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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lunedì 15 dicembre 2008

FP CGIL: Lettera aperta ai lavoratori penitenziari comparto Ministeri

L'obiettivo di questo intervento è quello di avviare un confronto e aprire un dibattito su una tematica che in questi ultimi mesi ha praticamente "investito" il personale del comparto Ministeri.


Si tratta come voi ben sapete di iniziative avanzate da alcune OO.SS. che, in maniera semplicistica, pretestuosa e provocatoria, intendono risolvere le annose ed endemiche problematiche del personale penitenziario afferente al comparto Ministeri, proponendo a questi ultimi il passaggio tout- court al Comparto sicurezza oppure l'istituzione ed il successivo passaggio ai "ruoli tecnici " della polizia penitenziaria, riferendosi alla polizia di stato piuttosto che al corpo forestale o, perché no, ai vigili del fuoco.

Insomma proposte che hanno finito per proiettare i lavoratori penitenziari in una dialettica astrusa, ingannevole e a tratti demenziale che ha indotto la FpCgil ad avviare una prima riflessione sulla questione con i componenti la delegazione trattante.
Alcuni contributi sono già stati prodotti da Anna Greco coordinatrice del Piemonte e da Barbara Campagna coordinatrice della Lombardia e che abbiamo inoltrato alla nostra mail-list per avviare il necessario dibattito ma crediamo opportuno, considerate le notevoli sollecitazioni, proporvi alcune considerazioni.
E' a tutti evidente che il periodo storico che stiamo vivendo e che ci si prospetta è particolarmente difficile dal punto di vista politico, sociale ed economico.
Le scelte neo liberiste del governo sono tra l'altro, tutte orientate al bisogno di "fare cassa" e, quindi, mirate prevalentemente ai tagli delle risorse in particolare quelle da destinare al settore pubblico con una ricaduta devastante sui servizi per i cittadini garantiti dalla costituzione - sanità, istruzione, giustizia -.
E' un momento in cui il lavoratore pubblico è oggetto di una pesante aggressione politica e mediatica mirata a svalutare con disprezzo e acredine sia l'aspetto della sua professionalità sia quello più intimo e specificamente personale, mirata a cancellare i diritti di cittadinanza e, ancor più, la storia sindacale e del mondo del lavoro caratterizzata dalle lotte dei lavoratori nella conquista e tutela della loro dignità.
L'obiettivo lucidamente perverso messo in atto è quello di incidere solchi sociali, di favorire una conflittualità tra la classe lavoratrice e la cittadinanza senza precedenti per ridurre e privatizzare il servizio pubblico .
Ebbene, non è casuale, a nostro parere, che tale contesto sia divenuto terreno fertile per progetti e/o iniziative bizzarre e corporative che trovano più o meno razionalmente consensi tra i lavoratori.


Quanto si sta verificando nel penitenziario ne è la prova, ed è evidente che si colloca in un momento di forte disagio (che è inutile negarlo esiste da troppo tempo!), di costante mortificazione professionale e operativa, oggi ancor più consolidata attraverso la riduzione delle risorse economiche, materiali ed umane. E il malessere è ancora più evidente quando nell'ambito della stessa amministrazione, dello stesso posto di lavoro, le ricadute degli interventi politici e amministrativi si diversificano favorendo, purtroppo, conflittualità tra le diverse professionalità, tra i lavoratori.

Siamo consapevoli della forte contraddizione che viviamo quotidianamente, ma crediamo sia necessario non subire apaticamente i richiami, se pur allettanti, di benefici economici e non solo che, oltre a risultare irrealizzabili, vista l'attuale difficile situazione economica, possono intraprendere una china involutiva dal punto di vista culturale, pericolosa e senza ritorno.
Se è indubbio che la veloce ascesa professionale della polizia penitenziaria da una parte e l'istituzione della dirigenza penitenziaria dall'altra hanno finito per soffocare tutte le altre professionalità per le quali non vi è stata alcuna attenzione istituzionale, nessun investimento da parte dell'amministrazione finalizzato alla loro valorizzazione professionale e al riconoscimento della loro operatività complessa e peculiare, per le quali è assente un deciso intervento in ambito politico nel rivendicare equità della distribuzione delle risorse economiche e dare ai due comparti pari dignità, è oltre modo certo che il passaggio al comparto sicurezza non risolverebbe assolutamente le cose, anzi potrebbe aggravarle ulteriormente in termini organizzativi, funzionali e culturali.

Crediamo, infatti, che un eventuale passaggio al comparto "sicurezza" snaturi fortemente il mandato costituzionale di tutto il sistema dell'esecuzione penale, e questo non possiamo permetterlo, non ci appartiene culturalmente. E inoltre, quali sarebbero le implicazioni organizzative e funzionali nello svolgimento del compito istituzionale? Potrà essere rivendicata l'autonomia professionale e dell'area di riferimento? Sono interrogativi che con onestà intellettuale occorre porsi .

La Fp Cgil non intende assolutamente esimersi dall'entrare nella questione, che sembra avere provocato tra i lavoratori forti aspettative, anzi ritiene che debba essere affrontata con la dovuta serietà, esaminando con attenzione il problema e utilizzando con determinazione tutti gli strumenti disponibili a garantire la tutela dello "status" dei lavoratori del comparto ministeri e favorire condizioni ottimali per poter ridare dignità a tutti i ruoli professionali che lo compongono.

Fondamentale, al momento, è lo strumento contrattuale di comparto, il contratto integrativo, che potrebbe risultare una valida occasione per valorizzare le professionalità penitenziarie e la loro peculiarità in quanto specialisti del sistema dell'esecuzione penale, per ribadire che gli operatori penitenziari sono lavoratori pubblici che forniscono un servizio alla cittadinanza .
Occorre poter discutere di qualità del servizio erogato, di verifica e valutazione dei risultati raggiunti anche se il contesto, storicamente auto-referenziale e da tempo ingessato da vetusti archetipi di "non valutazione", esprime evidenti resistenze.
Per questo crediamo possa essere necessario progettare e proporre un nuovo modello organizzativo più agile e funzionale al raggiungimento degli obiettivi, che coinvolga i suoi lavoratori in un progetto condiviso e partecipato, che rappresenti effettivamente la propria specificità valorizzando e potenziando le aree pedagogiche, di esecuzione penale esterna, contabile, nonché le professionalità ad esse afferenti facendo ricorso, se fosse necessario, anche ad intervento normativo che affermi e confermi l'agito e la peculiarità professionale dei lavoratori penitenziari.

A questo aggiungiamo la necessità di rivendicare pari dignità economica tra le componenti professionali penitenziarie ritenendo che la peculiarità del contesto lavorativo e la specificità degli interventi operativi che meglio caratterizzano alcune professionalità vadano estese a tutti i ruoli che in quel contesto intervengono senza per questo, crediamo, modificare lo status dei lavoratori.
Se alcuni degli aspetti evidenziati potranno essere prossimamente proposti e discussi nel corso degli incontri con l'amministrazione per la predisposizione e definizione del contratto integrativo, altri sono ancora in fase interlocutoria e per questo è necessario il contributo di tutti voi che attendiamo e che porteremo al prossimo incontro di coordinamento nazionale da tenersi entro gennaio o inizio febbraio prossimi.
Roma, 10 dicembre 2008

La coordinatrice nazionale
Penitenziari - Ministeri
Lina Lamonica