L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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giovedì 4 dicembre 2008

FP CGIL PIEMONTE

ADESSO BASTA!


Nella giornata di ieri l’ultima scomposta farneticazione del ministro Brunetta indicava il fenomeno del “fannullonismo” come maggior frequente nei lavoratori di sinistra.

Ad integrazione di quanto sopra, in una successiva dichiarazione, si precisava che i cosiddetti fannulloni sono difesi soprattutto dai sindacati di “estrema sinistra”

Non ci appassiona andare ad approfondire se il ministro vi includeva la CGIL. Preme invece sottolineare come viene confermato quanto questa Organizzazione va dicendo da tempo: non c’è nessuna reale volontà da parte del Governo di una riforma e di un miglioramento dell’efficienza della Pubblica Amministrazione. Se ci fosse, lavorerebbe sui punti del memorandum sottoscritto da CGIL, CISL e UIL con il precedente Presidente del Consiglio. C’è solo un attacco strumentale, mirato contro il lavoro pubblico, per renderlo sempre meno credibile e competitivo ed aprire la strada alla privatizzazione dei servizi. Per questo si è aperta una campagna di diffamazione presso l’opinione pubblica, costruendo ad arte il consenso per una battaglia contro presunti fannullonismi e privilegi, e adesso si procede ad alimentare la divisioni all’interno del sindacato e dei lavoratori.

Dividi et impera rimane sempre una buona indicazione strategica. Invece è il momento di ritrovare forza e compattezza per respingere in maniera decisa un attacco che sempre più ci renderà poveri di potere d’acquisto e di dignità.

Siamo i lavoratori che garantiscono l’esercizio dei più importanti diritti collettivi (Giustizia, sanità, Scuola, ecc.) paghiamo le tasse, lavoriamo nella maggior parte dei casi in condizioni drammatiche dal punto di vista delle risorse organiche e strumentali.

Da questa consapevolezza dobbiamo trarre l’orgoglio per reagire a chi, oltre che destinarci parti sempre più residuali di finanziamenti e misure mortificanti e punitive, non ci risparmia nemmeno insulti gratuiti.

Ritrovare l’orgoglio ed esigere rispetto: esigerlo anche nei confronti di quelle rappresentanze sindacali che utilizzano il disagio e i problemi dei lavoratori non per delineare strategie costruttive e propositive, ma per soffiare ulteriormente sulle divisioni, acquistare effimere visibilità, attaccare gli altri sindacati.

Se si pensa che un cattivo utilizzo di alcune delle tutele riguardanti la malattia non può giustificare una scriteriata restrizione dei diritti, questo deve valere anche per il tema dei permessi e dei distacchi sindacali, che sono gli strumenti indispensabili per esercitare una reale rappresentanza. Invece da parte di qualche sindacato, da un lato si promuovo ricorsi contro le disposizioni della legge 133 in materia di malattia, dall’altro si plaude alle misure restrittive non a torto interpretate come veri e propri attacchi alle altre OO.SS. .

Si insinua che gli scioperi della CGIL siano solo di natura “politica”, di opposizione ad un governo ritenuto “non amico”, anziché essere dettati dall’interesse di tutelare i lavoratori.

Abbiamo tante volte ribadito che per noi esistono solo governi con cui confrontarsi nel merito delle questioni, e certo il confronto appare più difficile con l’attuale esecutivo, che smantella a colpo di decreti anni di conquiste in tema di diritti, scegliendo tra gli interlocutori soltanto chi è disposto ad accettare le sue condizioni.

Abbiamo tanto a cuore gli interessi dei lavoratori che ci siamo rifiutati di firmare un accordo che prevede un aumento di 60 euro lordi (a fronte di aumenti negli anni precedenti di 103 e 101 euro, e con un’inflazione raddoppiata), che non dà garanzie riguardo alla restituzione di quanto prelevato dalla busta paga di gennaio, che tace riguardo al taglio strutturale del 20% previsto dal 1 gennaio 2010, che nessuna tutela offre ai 57000 precari che saranno licenziati nel luglio prossimo.

Rifiutarsi di firmare un accordo che accetta le norme della legge 133/08 non significa fare “politica” nel senso deteriore che si vuole dare al termine, significa entrare nello specifico dei lavoratori della Giustizia, che vedranno il taglio del 10% delle dotazioni organiche, il taglio del 20, 30 e 40% delle risorse, la paralisi effettiva di servizi già faticosi da sostenere.

Significa rifiutarsi di sigillare la restrizione dei diritti dei lavoratori pubblici previsti dalla legge 103, e legittimare un modello contrattuale che di fatto rafforza unilateralmente il potere della parte pubblica.

È grave che questo non sia stato compreso, è grave che invece di rafforzare in questa situazione emergenziale un’indispensabile unità sindacale, qualche O.S. abbia cominciato a contestare le alte percentuali di adesioni agli scioperi del pubblico impiego organizzati dalla CGIL su base regionale, e la partecipazione alle grandi manifestazioni svoltesi nelle principali città italiane.

Molti hanno infatti capito, così come i lavoratori del Comparto Ministeri non hanno dimenticato che questa O.S. non ha mai sottovalutato la specificità dei loro problemi. Sanno che tale specificità non può essere difesa se viene a cadere un complessivo sistema di tutele, se ci si benda gli occhi di fronte al fatto che il decreto Tremonti prevede solo per il DAP un taglio netto di 133 milioni di euro per il 2009, penalizzandolo nella manovra finanziaria in maniera molto più invasiva rispetto all’intera amministrazione della Giustizia.

A chi si improvvisa difensore dell’ultima ora di questi lavoratori chiediamo: dov’erano quando abbiamo denunciato il ridimensionamento degli spazi delle aree trattamentali, quando abbiamo difeso la peculiarità della funzione di controllo degli assistenti sociali che si voleva snaturare con l’assegnazione del personale di Polizia Penitenziaria negli UEPE, quando abbiamo difeso la legge Gozzini e quindi quella valenza rieducativa che è alla base dell’identità delle aree diverse da quelle della sicurezza?

Dov’erano quando abbiamo combattuto la battaglia per la stabilizzazione del precariato che ha cominciato a riguardare anche il comparto Ministeri della nostra amministrazione; dov’erano quando abbiamo combattuto la battaglia della riforma della Sanità Penitenziaria per ridare diritti di cittadinanza ai detenuti e maggiori prospettive professionali agli operatori sanitari degli istituti?

Da anni denunciamo la carenza di un organico che adesso arriva a quantificarsi in un difetto di circa 2000 unità, tra educatori, contabili, assistenti sociali e collaboratori amministrativi.

Così come conosciamo bene le peculiarità e le problematiche delle diverse figure professionali: sono quelle che difendiamo quotidianamente nei luoghi di lavoro, spesso compresse da una dirigenza che ancora continua a rapportarsi con l’area della sicurezza in maniera privilegiata.

E non accettiamo lezioni da chi solo ora ha scoperto le disparità tra i diversi comparti: le elenchiamo tutte, da anni, dalle rette degli asili al calcolo delle pensioni, al diverso trattamento economico e giuridico.

Sono state analizzate anche nella nostra regione, nei momenti di pubblico confronto che questo sindacato ha promosso negli anni e anche nell’ultimo, partecipatissimo attivo regionale svoltosi il 26 settembre scorso con la presenza della coordinatrice nazionale Lina Lamonica.

Sono state analizzate le singole soluzioni, dal passaggio agli enti locali (che appare molto improbabile in questo contesto economico e politico) a quello nel Comparto Sicurezza, dove si prospettano grandi resistenze, e dove l’appiattimento identitario delle figure non appartenenti al Corpo di Polizia, numericamente inferiori, sarebbe inevitabile.

Bisogna puntare a un progetto serio, che non faccia i conti su disponibilità che non ci si prende nemmeno la briga di verificare, e che rilanci il mandato istituzionale precipuo dell’attuale Comparto Ministeri, dandogli diversa dignità economica e giuridica.

La delegazione trattante nazionale, di cui la scrivente fa parte, sta lavorando in tal senso. Non si può più rimandare. Occorre ridisegnare il rapporto tra le diverse aree dando loro pari dignità.

Bisogna pensare a un nuovo progetto di esecuzione penale, definirlo, reperire le risorse e il necessario sostegno politico per realizzarlo.

È inutile che si continui ad usare gli specchi per le allodole. Ognuno di noi affronta ogni giorno un duro lavoro, lo facciamo con dedizione e competenza da professionisti, esigiamo di essere considerati come tali.

Torino, 17 novembre 2008

La Coordinatrice Regionale

CGIL-FP Comparto Ministeri

Anna GRECO