L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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mercoledì 21 ottobre 2009

La detenzione si accorcia di 1 anno, ma non per tutti

Secolo XIX, 21 ottobre 2009

Detenzione domiciliare ai "detenuti per reati di non particolare gravità". Esclusi mafiosi, terroristi, stupratori e assassini. Non sarà un indulto perché i detenuti non torneranno in libertà, però potranno scontare l’ultimo anno di pena agli arresti domiciliari. Con il risultato di alleggerire il sovraffollamento.

Cinque righe e cambia la detenzione. Che si accorcia di un anno "nei confronti di detenuti per reati di non particolare gravità". Saranno fuori dal carcere a breve, se passeranno le cinque righe inserite a pagina nove del Piano Carceri, in discussione domani - o venerdì - al Consiglio dei ministri.

E che prima ancora d’innovare l’ordinamento penitenziario - nel quale andrà inserita la modifica, se passasse - ribalteranno la vita dei detenuti. Alleggerendo di non poco il sovraffollamento dei "206 istituti penitenziari" italiani, gravati da "64.859 detenuti con un inarrestabile trend di crescita, documentato dall’andamento verificatosi tra il luglio 2006 e il luglio 2009". Del plotone degli oltre 64 mila, "nel settembre 2009 - secondo le stime del Dap, il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria - circa il 32% dei definitivi scontava pene residue non superiori a un anno". Potrebbero dunque giovare di un’uscita anticipata.

Già perché anche in caso di costruzione di nuove carceri - a Genova è prevista una struttura "flessibile" da 450 posti", a Savona, invece, una "tradizionale" per 200 detenuti - non si risolverebbe il problema. Il sovraffollamento c’è. Di più: ci sarà. E non si può andare avanti a colpi di indulto e amnistia com’è accaduto in questi primi sessant’anni.

Il motivo? Sta nella premessa stessa delle 40 pagine del testo: "Nel nostro Paese, la situazione di sovraffollamento può certamente essere definita endemica". E mica per colpa esclusiva degli extracomunitari. Come viene affermato nel Piano Carceri. Né si può continuare a fare "sistematico ricorso, quasi con cadenza biennale, a provvedimenti di clemenza (amnistia e indulto)".

Ergo, come accade nel resto d’Europa, non resta che pensare a mandare agli arresti domiciliari - con un anno d’anticipo sul fine pena - chi non è mafioso, terrorista, stupratore, assassino o rapitore. Tutti coloro non condannati per gravi delitti.

E chi non avesse una "propria abitazione"? O "altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza"? Recita il comma 2 dell’articolo 1: "La direzione dell’istituto penitenziario accerta, tramite la polizia penitenziaria o gli uffici dell’esecuzione penale esterna, la concreta possibilità del luogo esterno nel quale proseguire la detenzione". Ovviamente, escludendo dallo sconto di dodici mesi i recidivi. Evitando così il "concreto pericolo che il condannato commetta altri delitti".

La misura - "disposizioni per l’espiazione di pene detentive non superiori a 1 anno nei confronti di detenuti per reati di non particolare gravità" - essendo nuova di zecca, andrà infilata nell’ordinamento penitenziario.

Ci vorrà invece una modifica al codice penale, per l’inserimento dell’articolo 2. Che regola (già) l’evasione. Ma che prevede pene più dure per chi evadesse dagli arresti domiciliari o dalle strutture ammesse dall’articolo 1. Sempre che il testo passi così com’è in Consiglio dei ministri, arrivando poi alle Camere per la modifica al codice penale, nell’articolo 385. Sull’evasione, appunto. È previsto che chi volesse avventurarsi in evasioni, dopo aver beneficiato dell’uscita anticipata dal carcere "è punito con la reclusione da 1 a 3 anni".

Che passano "da 2 a 5" se la fuga avviene "con violenza o minaccia verso le persone". Se poi per evadere s’impugnano armi o ci si fa aiutare da più persone, si va "da 3 a 6 anni". Unica chance di ottenere comprensione è la consegna spontanea. Se pentito, l’evaso si costituisce, se ne terrà conto. E magari i 6 anni potrebbero ridursi un po’. Ammesso che i due articoli passino in Consiglio dei ministri e non s’incaglino poi in aula.