Le carceri invivibili... persino Alfano se n’è reso conto
di Silvia D’Onghia
Il Fatto Quotidiano, 13 gennaio 2010
Alla fine se n’è accorto persino il ministro della Giustizia, Angelino Alfano: la situazione delle carceri richiede provvedimenti di emergenza. Tanto che oggi il Guardasigilli porterà in Consiglio dei ministri il suo "piano", "confidando" che i colleghi comprendano la gravità del momento.
Un piano, per la verità più volte annunciato, che dovrebbe vertere su tre punti: un incremento dell’edilizia penitenziaria che porti la capienza a 80 mila posti (dagli attuali 43 mila disponibili); riforme di accompagnamento, che "atterranno il sistema sanzionatorio e riguarderanno coloro che devono scontare un piccolo residuo di pena" (possibile ricorso a misure alternative come gli arresti domiciliari); un aumento di organico di "oltre duemila unità" nella polizia penitenziaria. "Dobbiamo immaginare - ha annunciato Alfano - una strada diversa rispetto a quella percorsa in questi 60 anni di storia repubblicana che ha sempre fatto i conti con l’emergenza nelle carceri, con il sovraffollamento individuando sempre la stessa risposta: provvedimenti di amnistia e indulto".
Tanto per rispondere ai Radicali che, per bocca di Rita Bernardini, continuano a chiedere un’amnistia come base per risolvere il problema della giustizia. Bernardini ha però ieri incassato un risultato importante: la Camera ha approvato 12 dei 20 punti della mozione, presentata assieme ad altri 92 deputati, che impegna il governo ad un’ampia riforma del sistema carcerario.
Via libera, per esempio, alla riduzione dei tempi di custodia cautelare per i reati meno gravi, ad una reale protezione del detenuto, al rafforzamento delle misure alternative, all’attuazione del principio di territorialità della pena, all’adeguamento degli organici del personale penitenziario. "Sappiamo che quando si strappa un contratto, poi bisogna lottare per farlo attuare - commenta la deputata radicale - dobbiamo fare la stessa cosa con quanto abbiamo strappato oggi. Quanto al piano carceri, il governo continua a non rispondere su questioni fondamentali. Il personale è già carente con l’attuale numero dei detenuti, figuriamoci per un numero superiore. Inoltre, girando per le carceri, ho visto io stessa interi reparti nuovissimi chiusi per mancanza di personale penitenziario.
Poi non capiamo perché si devono costruire nuovi istituti se si pensa a misure alternative". Oltre tutto i duemila agenti in più annunciati da Alfano, che si è guardato bene dallo specificare i tempi di questi ingressi, sono già meno di quanti ne occorrerebbero oggi. "Siamo sotto di 6.000 persone - commenta il segretario generale del sindacato Sappe, Donato Capece - speriamo che il Consiglio dei ministri licenzi un provvedimento che vada ben oltre il numero annunciato dal Guardasigilli, di cui comunque apprezziamo la volontà". Giudizio cautamente positivo dalla Uilpa Penitenziari:
"È un impegno politico concreto che va nella direzione che avevamo chiesto - afferma il segretario generale, Eugenio Sarno - ora ci aspettiamo dì poter scrivere insieme, come lo stesso ministro aveva annunciato tempo fa, il piano carceri". L’annuncio della costruzione di nuovi istituti però non convince molti, a cominciare dall’ex segretario del Pd Dario Franceschini, che in aula ha chiesto al governo di "non abusare dello strumento d’ordinanza al posto dei normali provvedimenti legislativi".
Più duro ancora Patrizio Gonnella, presidente di Antigone: "Se l’emergenza significa secretare le gare d’appalto, affidandole al capo del Dap come commissario straordinario, non seguire le regole pubbliche, ma andare in trattativa privata, allora è meglio non fare il piano carceri. Il ministro ha poi sparato numeri a caso: se è bravissimo, entro un anno con le risorse a disposizione riesce al massimo ad avere 5 mila posti in più". Un solo elemento positivo: la presa di coscienza". Che speriamo non diventi uno spot elettorale.
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