L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

lunedì 24 maggio 2010

FPCGIL LOMBARDIA: GRAVE SITUAZIONE IN LOMBARDIA DELLA GIUSTIZIA PENITENZIARIA


MA CHE FINE HANNO FATTO LE RELAZIONI SINDACALI?

Sono ormai mesi che è partita un’incresciosa escalation, nell’ambito della giustizia penitenziaria in Regione Lombardia, di distruzione delle relazioni sindacali con punte che richiamano il “brunettismo” più pervicace e odioso.
Una volontà, da parte della classe dirigente di questo comparto, di attacco ai diritti sindacali di chi vi lavora e di chi li rappresenta.

Crediamo sia venuta l’ora di dire qualcosa di chiaro e di chiamare con forza alle proprie responsabilità chi le ha e non le esercita; non sappiamo se ciò avvenga perché lo si vuole o perché lo si subisce.
In ogni caso non va per nulla bene.

Condanniamo le posizioni oltranziste e inaccettabili di chi dirige gli UEPE e si connota come rappresentante del più bieco antisindacalismo pretendendo di sostituirsi in uno alle organizzazioni sindacali, al DAP, ai Ministri (vietando ad esempio l’uso delle e-mail alle assistenti sociali) e, magari, potendo, anche al Segretario dell’ONU o del c.t. della Nazionale, viste le dimensioni di certi “ego”.

Condanniamo l’atteggiamento sempre più perfidamente vessatorio nei confronti dei delegati sindacali negli istituti vari della regione dove si stravolgono le regole e, spesso, anche quelle del buon senso, per rendere difficile se non impossibile il lavoro di lavoratori e di lavoratrici (in particolare di queste ultime quando si “permettono” di voler essere a un tempo operatrici o agenti, sindacaliste e “addirittura” mamme).

Condanniamo l’ignavia sempre più diffusa della dirigenza che promette risposte alle questioni poste dal sindacato e poi applica la tattica della dilazione, del rinvio, di quello che un tempo si definiva “muro di gomma” per non assumere la responsabilità di una risposta.

Condanniamo il clima di impotenza che si sta diffondendo nei confronti della situazione degli istituti, che ha valicato ogni limite di sopportazione: quanti suicidi tra i detenuti e il personale dobbiamo ancora attendere prima che anche la dirigenza locale faccia sentire la propria voce?
Non è facendo leva, ancora una volta, sul senso di responsabilità e di coscienza civile di lavoratrici e lavoratori che si affronta la situazione tragica delle carceri.

Condanniamo l’assordante silenzio e anche la miopia dei vertici dell’amministrazione penitenziaria a tutti i livelli, ma anche della politica, per non aver preso coscienza dell’attuale situazione carceraria.
Si parla tanto di rieducazione e di reinserimento del detenuto, ma ci chiediamo: con quali mezzi ? Quali strumenti ? Quali risorse ? E soprattutto con quale personale?
Si sta rischiando che le carceri italiane diventino delle vere e proprie palestre del crimine dove chi sconta una pena anziché essere rieducato impara a delinquere.
Le condizioni inumane dei reclusi, a causa del sovraffollamento degli istituti penitenziari, a nostro avviso, costituiscono una pena supplementare a cui nessuno vuol dare una risposta o una soluzione. Ferme restando tali condizioni denunciamo l’impossibilità, da parte di tutte le figure professionali che operano all’interno delle carceri, di assolvere al proprio mandato istituzionale ma anche del mancato rispetto del dettato costituzionale ( art. 27 della costituzione ) “le pene … devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Bisogna urlare in faccia al Ministro, come continuiamo a fare noi, che il piano carceri è un potente bluff, una mera operazione di immagine e basta. Lo scontro nella politica, ma soprattutto all’interno della maggioranza di governo, e cioè tra i Ministeri competenti per l’attuazione del piano carceri, sta allontanando qualsiasi soluzione all’emergenza penitenziaria in Italia.
Le ipotetiche misure deflattive sul sovraffollamento degli istituti penitenziari sono una vera chimera tanto quanto l’assunzione di personale sia di polizia penitenziaria sia del Comparto Ministeri, ma nel frattempo nelle carceri italiane continuiamo a contare i morti tra il personale di polizia penitenziaria e tra i detenuti. Si continua inoltre a lavorare in pessime condizioni senza alcuna garanzia circa i diritti fondamentali dei lavoratori dal punto di vista della sicurezza.
Il crollo verticale delle risorse, umane e materiali non può essere addebitato, come sempre, soltanto ai vertici nazionali del Ministero.
Spettabili dirigenti locali: la responsabilità è, pesantemente, anche vostra!!!!
Una storia di positive relazioni sindacali del passato non può servire a nascondere e giustificare le nefandezze del presente.
Le sollecitazioni che continuiamo a mandare a chi ha in Lombardia la massima responsabilità non possono continuare a rimanere lettera morta.
Per quanto ci riguarda, dopo aver proclamato, ormai da mesi, lo stato di agitazione ci stiamo preparando a far fare un passo in avanti alle nostre forme di lotta sia impegnando i nostri uffici legali, sia prevedendo iniziative pubbliche che evidenzino la situazione e individuino le colpe.


Il Segretario Reg. Comparto Stato FP CGIL Il Coord. Reg. FP CGIL Il Coord. Reg.
Polizia Penitenziaria Comparto Dap- Ministeri
Antimo De Col Calogero Lo Presti Barbara Campagna