L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

venerdì 21 maggio 2010

Giustizia: quanta ipocrisia sul ddl svuota carceri e alla fine usciranno poche centinaia di detenuti

di Alessandro Gerardi

Terra, 20 maggio 2010

In Italia, tra i detenuti che stanno scontando una condanna definitiva, il 32,4% ha un residuo pena inferiore ad un anno, addirittura il 64,9% inferiore a tre anni, soglia che rappresenta il limite di pena per l'accesso alle misure alternative della semilibertà e dell'affidamento in prova al servizio sociale.

Si tratta di numeri impressionanti che dimostrano inequivocabilmente come nel nostro Paese il sistema delle misure alternative si sia sostanzialmente inceppato; il che continua ad accadere nonostante le statistiche abbiano dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che il detenuto che sconta la pena in misura alternativa ha un tasso di recidiva molto basso (circa il 28%), mentre chi la sconta in carcere torna a delinquere con una percentuale addirittura del 68%.
Prendendo atto di questa semplice realtà, la mozione sulle carceri presentata alla Camera dei deputati dalla radicale Rita Bernardini ha impegnato il governo ad attuare una profonda riforma delle norme sulla esecuzione delle pene prevedendo, tra l'altro, "l'applicazione della detenzione domiciliare quale strumento centrale nell'esecuzione penale relativa a condanne di minore gravità".
È appena il caso di ricordare che questo passaggio della mozione è stato approvato a larghissima maggioranza sia alla Camera che al Senato, anche dai deputati e senatori della Lega e dell'Italia dei valori. Coerentemente con quanto stabilito in quella mozione, e dopo un digiuno di dialogo condotto sempre da Rita Bernardini, il ministro della Giustizia ha presentato un disegno di legge rubricato "Esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno".
L'iniziativa del ministro appare subito coraggiosa e senza precedenti, in quanto per la prima volta viene previsto che la detenzione domiciliare possa essere applicata anche ai recidivi, il tutto attraverso una procedura di concessione praticamente automatica, e quindi sottratta alle valutazioni discrezionali della magistratura di sorveglianza. L'obiettivo dichiarato è quello di compiere un primo importante passo verso il lento e graduale deflazionamento dell'attuale popolazione carceraria. Tutto bene, dunque? Macché.
Appena approdato in Commissione Giustizia della Camera, il disegno di legge è stato sottoposto ad un fuoco incrociato di critiche da parte della Lega, dell'Italia dei Valori e del Partito democratico, i quali si sono subito opposti con forza alla richiesta del Governo di trasferire l'esame del provvedimento alla sede legislativa.
Contro questo atteggiamento ostruzionistico Rita Bernardini ha deciso di intraprendere, insieme ad altri compagni e dirigenti radicali, un ulteriore sciopero della fame (durato quasi un mese), il che però non ha evitato che le misure (positive) originariamente contenute nel provvedimento del ministro Alfano venissero completamente stravolte dagli emendamenti presentati dal governo su impulso dei deputati della Lega, dell'Idv e del Pd.
In pratica, l'impostazione originaria del disegno di legge è stata stravolta laddove viene stabilito che la detenzione presso il domicilio non si possa applicare "quando vi è la concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga ovvero sussistano specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato ossa commettere altri delitti". La nuova disposizione abroga ogni sorta di automatismo nell'applicazione della detenzione domiciliare e ai fini della concessione del beneficio - richiede la verifica di un requisito soggettivo del condannato di delicata interpretazione: è necessario, infatti, che il magistrato di sorveglianza esprima un giudizio prognostico positivo sulla idoneità della misura alternativa ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati. Il legislatore però non si è soffermato sui criteri che dovranno regolare questa valutazione dell'organo giudicante, lasciando così alla magistratura di sorveglianza l'arduo compito di provvedere in merito.
Stando così le cose, è facile prevedere che per supplire alla lacuna normativa la prognosi circa l'idoneità della detenzione domiciliare ad evitare il pericolo di consumazione di altri reati verrà basata, nel caso di concessione della misura prima dell'inizio della esecuzione della pena, sul comportamento tenuto dal condannato successivamente e antecedentemente al reato, con la conseguenza che se il soggetto è persona recidiva, con significativi precedenti penali e carichi pendenti sulle spalle, difficilmente potrà usufruire di questo beneficio.
E quindi, pur essendo vero che in teoria questa nuova forma di detenzione domiciliare potrà essere concessa anche ai recidivi, di fatto, non venendo più applicata in via automatica, il numero dei condannati con precedenti penali che riuscirà a scontare la pena nel proprio domicilio senza transitare per il carcere sarà davvero modesto.
Se invece il condannato si trova già in carcere, il pericolo di ricaduta nel reato da parte del detenuto andrà valutato sulla base della relazione di sintesi delle attività di osservazione scientifica della personalità. Il problema è che questo tipo di relazione non viene quasi mai prodotta secondo i tempi prescritti dalla normativa, e questo a causa della forte carenza degli educatori penitenziari. È facile dunque prevedere che anche il numero delle persone recluse negli istituti di pena che riuscirà a beneficiare della detenzione domiciliare sarà limitato a non più di qualche centinaio di unità.
In conclusione, le nuove disposizioni sulla detenzione domiciliare lasceranno la situazione carceraria sostanzialmente invariata, il che renderà sempre più drammatica la condizione dei quasi 68mila detenuti ristretti all'interno dei 205 istituti di pena italiani. Di tutto questo la Lega, l'Italia dei valori e il Partito democratico saranno presto chiamati ad assumersi le proprie responsabilità di fronte all'intera comunità penitenziaria.