L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

lunedì 30 aprile 2007

ASSISTENTI SOCIALI UEPE TRENTO


All’Ordine Nazionale degli Assistenti Sociali
All’Ordine Regionale degli Assistenti Sociali
per il Trentino Alto Adige
p.c. Al Coordinamento Assistenti Sociali Giustizia



Oggetto: Richiesta di interventi urgenti a tutela della deontologia e dell’autonomia professionale.
Allegati: *Copia dei Piani esecutivi d’azione 2003 e 2004;
*Circolare della D.G.E.P.E. del 21.03.07;
*Bozza del Decreto ministeriale in fieri.


Il settore in cui opera il Servizio sociale della Giustizia è interessato in questi anni da profondi mutamenti strutturali e organizzativi, a partire dalla mutata denominazione degli Uffici che – a seguito della Legge Meduri del luglio 2005 – ha visto i C.S.S.A. divenire U.E.P.E. (Uffici di Esecuzione Penale Esterna).
La nuova denominazione ha assunto di per sé un valore enorme: su un piano simbolico la scomparsa della connotazione professionale nel nome degli Uffici ha assunto di fatto il significato di una rivoluzione copernicana, di un cambio di rotta radicale nelle scelte politico-istituzionali, in un settore complesso come quello penitenziario, che ha sempre guardato con fatica e diffidenza ai contenuti veicolati dalla specificità professionale del Servizio sociale, privilegiando ottiche di sicurezza e controllo.
Sul piano più concreto della realtà operativa dei nuovi UEPE, questa scelta sta delineando percorsi che allontanano utenti ed operatori del Servizio dalle logiche di contiguità con il territorio, di riabilitazione e reinserimento sociale: ciò a causa dell’esportazione nell’esecuzione della pena esterna al carcere di modelli organizzativi e culture che sono proprie dell’esecuzione carceraria, da sempre separata dal contesto sociale e di fatto ancora lontana dalla piena e completa valorizzazione delle finalità risocializzanti della pena, previste dall’art. 27 della Costituzione.
Se fino a qualche anno fa sembrava ancora autenticamente viva la tensione a portare il territorio – la sua cultura, le sue logiche, le sue finalità – all’interno del carcere e del sistema dell’esecuzione della pena, nel tentativo di realizzare percorsi individuali e collettivi di crescita e cambiamento, quello che sembra essersi concretizzato da qualche tempo è un movimento involutivo di segno contrario, dove è la logica della sicurezza e del controllo ad imporsi sul/nel territorio, a discapito della possibilità di misurarsi realmente con il fatto che le persone in misura alternativa alla detenzione possano sperimentare nel territorio percorsi di vita alternativi.
L’inserimento di nuclei di polizia penitenziaria presso gli UEPE al fine di assicurare il controllo di polizia per le persone in misura alternativa alla detenzione, già delineato nella bozza di Decreto Ministeriale che l’Amministrazione ha reso pubblica in questi giorni e che pare di imminente approvazione, renderà ancora più irreversibile e definitiva questa inversione di tendenza, e ancora più difficoltoso sarà l’intervento professionale del servizio sociale, che si troverà ad operare in una realtà organizzativa ed istituzionale completamente mutata, palesemente condizionante sul piano dell’applicazione dei principi e della metodologia professionale.
E’ in questo quadro di scelte politiche ed istituzionali che vanno contestualizzate anche le disposizioni emesse dalla Direzione Generale Esecuzione Penale Esterna in relazione ai Piani esecutivi di azione 2003 e 2004. In particolare, la recente circolare della D.G.E.P.E. del 21.03.2007, anticipando le risultanze dei lavori del comitato istituito al fine di giungere alla definizione di standard qualitativi nella gestione delle misure alternative, individua dei criteri minimi – definiti qualitativi – a cui l’intervento professionale si dovrà adeguare, a partire dal principio ritenuto fondamentale della prossimità frequente dell’assistente sociale al condannato. In linea con le direttive superiori, le Direzioni UEPE vengono invitate ad impartire istruzioni operative che orientino gli assistenti sociali a ritenere ottimale un colloquio settimanale ed appena sufficiente un incontro ogni due settimane, da svolgersi in ogni ambito di vita della persona (lavoro, abitazione, ecc).
Gli scriventi a tal proposito evidenziano quanto segue:
le indicazioni promosse dalla suddetta Circolare sembrano violare i fondamenti dell’autonomia professionale espressamente prevista dalla normativa nazionale e dal Codice Deontologico dell’assistente sociale, imponendo tempistiche di intervento e modalità operative standardizzate, che impediscono la libera costruzione della relazione professionale ed il libero svolgersi dei progetti di reinserimento sociale concordati con i servizi e con le persone in misura alternativa, minando a priori qualsiasi efficacia degli interventi professionali;
i criteri individuati sembrano rifarsi ad un modello meramente quantitativo di valutazione degli interventi professionali che, se applicato alla lettera come è probabile avvenga in tempi brevi, vanificherà qualsiasi possibilità di costruzione di ambiti relazionali minimamente credibili e professionalmente fondati. L’enfasi posta sul concetto di prossimità con l’utente, infatti, sembra configurare l’uso degli usuali strumenti professionali per attuare meri contenuti di controllo fisico delle persone;
le linee operative delineate sembrano sconoscere il contesto e le finalità operative delle metodologie e degli strumenti propri del servizio sociale della giustizia, che attua i propri interventi in accordo con l’utente, attraverso la relazione flessibile e creativa con la rete delle risorse territoriali, per promuovere percorsi di reinserimento individualizzati, significativi dal punto di vista della persona, della sua famiglia, della comunità allargata.

Per tutti i suddetti motivi, gli scriventi chiedono l’intervento urgente e deciso dell’Ordine Professionale, sia a livello locale che nazionale, affinché promuova fermamente la tutela della cultura, dei contenuti e degli spazi professionali del Servizio Sociale della Giustizia, nonché una sua collocazione istituzionale ed organizzativa che non svilisca i requisiti fondamentali della professione di assistente sociale e che ne rispetti l’autonomia tecnico-operativa.

Trento, 20 aprile 2007

Assistenti Sociali UEPE di Trento