COMUNICATO SAG UNSA
Il SAG-Unsa, in merito al decreto interministeriale sottoposto in data odierna alle OO.SS., richiamando tout court i contenuti delle note del 14 e 29 maggio 2007 e l'impostazione di quanto in esse sotteso, rileva quanto segue:
- ad oggi l'aspetto organizzativo generale degli Uepe non è stato affrontato ai sensi e con riferimento al vigente art.72 legge 26 luglio 1975 n.354;
- le misure alternative alla detenzione, in linea con l'indirizzo politico delineato dal Ministro, non sono state né incrementate né novellate;
- le risorse umane e materiali degli Uffici EPE non vengono né richiamate né valutate;
- nessun confronto è in essere circa le misure alternative alla detenzione;
A fronte di tali carenze il decreto interministeriale presentato evidenzia:
- una totale assenza di copertura economica sia per l'operatività sperimentale sia per il fabbisogno formativo del personale;
- la mancata indicazione del contingente di Polizia Penitenziaria di cui si ipotizza l'impiego, al fine di consentire un'adeguata valutazione alle OO.SS. che lamentano, da tempo, la carenza di organico per i servizi d'istituto;
- l' inesistenza di riferimenti (e coinvolgimento) alle imprescindibili funzioni, e prerogative, della Magistratura di Sorveglianza alla luce dell'introduzione di misure di controllo in materia di esecuzione penale esterna;
- l'impropria estensione al Prefetto di funzione demandate all'Autorità Giudiziaria;
- l'inaccettabile ricorso a discutibili norme regolamentari in un quadro definito da fonti giuridiche;
In concreto non si ritiene superata la pregiudiziale, posta dal SAG-Unsa, consistente nella apertura di un confronto generale sull' esecuzione penale esterna senza alcuna frammentazione della materia in favore "di forzature settoriali".
Infine, non certo per importanza, appare del tutto impropria la premessa del decreto interministeriale ove subordina il ricorso all' ampliamento dell' uso delle misure alternative "al rispetto delle prescrizioni", compito quest' ultimo conferito esclusivamente al Corpo di Polizia Penitenziaria. Tale impostazione appare riduttiva (anche culturalmente) e tesa a disconoscere l'apporto di tutte le figure trattamentali che pongono in essere da anni, e con puntualità, il dettato dell' articolo 27 della Costituzione: elemento fondante dello intervento nel contesto della devianza, che ha indiscutibilmente una valenza primaria rispetto al „ semplice controllo.
- ad oggi l'aspetto organizzativo generale degli Uepe non è stato affrontato ai sensi e con riferimento al vigente art.72 legge 26 luglio 1975 n.354;
- le misure alternative alla detenzione, in linea con l'indirizzo politico delineato dal Ministro, non sono state né incrementate né novellate;
- le risorse umane e materiali degli Uffici EPE non vengono né richiamate né valutate;
- nessun confronto è in essere circa le misure alternative alla detenzione;
A fronte di tali carenze il decreto interministeriale presentato evidenzia:
- una totale assenza di copertura economica sia per l'operatività sperimentale sia per il fabbisogno formativo del personale;
- la mancata indicazione del contingente di Polizia Penitenziaria di cui si ipotizza l'impiego, al fine di consentire un'adeguata valutazione alle OO.SS. che lamentano, da tempo, la carenza di organico per i servizi d'istituto;
- l' inesistenza di riferimenti (e coinvolgimento) alle imprescindibili funzioni, e prerogative, della Magistratura di Sorveglianza alla luce dell'introduzione di misure di controllo in materia di esecuzione penale esterna;
- l'impropria estensione al Prefetto di funzione demandate all'Autorità Giudiziaria;
- l'inaccettabile ricorso a discutibili norme regolamentari in un quadro definito da fonti giuridiche;
In concreto non si ritiene superata la pregiudiziale, posta dal SAG-Unsa, consistente nella apertura di un confronto generale sull' esecuzione penale esterna senza alcuna frammentazione della materia in favore "di forzature settoriali".
Infine, non certo per importanza, appare del tutto impropria la premessa del decreto interministeriale ove subordina il ricorso all' ampliamento dell' uso delle misure alternative "al rispetto delle prescrizioni", compito quest' ultimo conferito esclusivamente al Corpo di Polizia Penitenziaria. Tale impostazione appare riduttiva (anche culturalmente) e tesa a disconoscere l'apporto di tutte le figure trattamentali che pongono in essere da anni, e con puntualità, il dettato dell' articolo 27 della Costituzione: elemento fondante dello intervento nel contesto della devianza, che ha indiscutibilmente una valenza primaria rispetto al „ semplice controllo.
IL RESPONSABILE DEL SETTORE TRATTAMENTALE
Dott. Massimo CAPOBIANCO
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