SPAZIO: PENSIERI LIBERI
UN'ALTRO MISTERO CHE DOVREBBE ESSERE SVELATO E' QUESTA DECISIONE DI INTRODURRE LA POLIZIA PENITENZIARIA NEGLI UEPE. RIPETUTAMENTE SUI GIORNALI DI TUTT'ITALIA SI SUSSEGUONO LE LAMENTELE DEGLI AGENTI DI POLIZIA PENITENZIARIA RELATIVAMENTE ALLE CARENZE DI PERSONALE. A CHE SCOPO, QUINDI, TRASFERIRLI PRESSO UN SERVIZIO CHE DOVREBBE ESSERE APPANNAGGIO DEGLI ASSISTENTI SOCIALI? FORSE CHE GLI ASSISTENTI SOCIALI NON LAVORINO BENE? SIANO IMPREPARATI? NON DIANO UN BUON SERVIZIO? PERCHE' NON SI E' PIU' CHIARI SU QUESTE DECISIONI?
luigia (http://www.giustiziagiusta.info/)
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Mi sembra che fra tanto dire, sia sfuggita una sfaccettatura che andrebbe posta in evidenza, una sfaccettatura d'immagine. Un'immagine non apparente, ma sostanziale. 32 anni di lavoro degli Assistenti Sociali della Giustizia tenuti nascosti dall'Amministrazione penitenziaria, un lavoro di costruzione di reti sul territorio, sia con gli Enti Locali che col Volontariato ed il Terzo Settore, non meno che con la Polizia di Stato ed i Carabinieri, con cui sono state condivise le misure alternative alla detenzione e le misure di sicurezza extradetentive.
I CSSA prima e gli UEPE dopo, hanno sempre vissuto e vivono un oscurantismo da parte del DAP, mentre ora, coi nuclei di verifica, i Poliziotti Penitenziari, saranno i portatori dei buoni risultati ottenuti in questi anni dai CSSA/UEPE, pur non essendo cambiata la tipologia di condannati e a fronte dei positivi riscontri sulle misure alternative alla detenzione delle ricerche universitarie.
Quale migliore momento per mietere il successo? Il DAP, attraverso la Polizia Penitenziaria, già in TV, porterà l'immagine di questi buoni risultati alla popolazione.
Nuclei di verifica di polizia penitenziaria, con quei mezzi ed uomini sempre negati agli UEPE, che in accordo con il Ministero degli Interni ed un impiego di controllo limitato a stretti ambiti territoriali e su indicazioni degli UEPE daranno il via ad una sperimentazione ben preparata, a rischio zero, che cioè non può fallire! Ne perderebbe l'immagine non solo il Corpo di polizia Penitenziaria, ma la stessa Amministrazione Penitenziaria. E, si sa, quel che conta è un buon inizio per presentarsi sul territorio.
I giornalisti percepiranno solo così la realtà delle misure extradetentive, finalmente, anche se invero, sarebbe tempo, che quegli stessi giornalisti ed i mass-media in generale, si accorgessero anche della realtà reale, per quella che è, e non solo pescando informazioni solo dagli uffici stampa ministeriali.
Gli assistenti sociali si possono usare e denigrare quando non soddisfano le aspettative di chi li vorrebbe come li desiderano.
Essi non hanno immagine, non sono tutelati nell'immagine dal proprio datore di lavoro, né dai Sindacati in maniera adegata.
La loro visibilità è diafana, non si sono resi visibili alla gente in 32 anni, e di questo ne sono in buona parte colpevoli, eppure seguono oltre 50.000 condannati adulti l'anno, sopratutto in esecuzione penale extradetentiva con trattamenti psico-sociali individualizzati e progetti, di sicuro valore professionale che incide significativamente sull'abbattimento della recidiva.
L'invisibilità è tuttavia la loro connotazione, un non essere presenti nella storia, nella politica, nell'Amministrazione penitenziaria ed il DAP sceglie altri, per dare visibilità all'esecuzione penale extradetentiva, cogliendo la richiesta di una società che vuole "vedere polizia" più che "sapere" che le misure alternative alla detenzione funzionano anche senza altra polizia, perché già funziona quella che c'è.
Così, c'è chi ha costruito, ma non si vede e chi si vede e raccoglie.
Forse però, lo dico senza rinunciare alla speranza, sarebbe tempo che anche gli assistenti sociali della Giustizia uscissero dal nascondimento, che accettassero una veste, che fossero categoria, che evitassero le divisioni sindacali, che mostrassero con forza la loro identità professionale, che c'è, che si unissero al di là del colore, che incominciassero a dimostrare di "essere", che incominciassero a fare politica.
Trentadue anni di storia d'Italia, di esecuzione penale extradetentiva dei condannati adulti, con una recidiva bassissima, che ha fatto venire meno l'ergastolo bianco, che ha riconvertito i condannati in cittadini rispettosi delle leggi, che ha prodotto reinserimenti sociali significativi, che ha permesso a tossico ed alcoolcodipendenti, ammalati di mente, ma anche comuni cittadini di sperimentare un rapporto con l'autorità non violento, seppure sotto un regime di controllo e direttivo, di non può passare inosservata, coperta da un fascio di luce blu che tende a coprire, cancellandolo, tutto un passato, fatto d'impegno, di sofferenza, di studio, di confronto, di aperture e promozioni, di sensibilizzazione ai vari soggetti sociali ed istituzionali, con mezzi e risorse ridottissimi.
Così, senza nulla togliere a chi di questa luce blu sarà portatore, perché la politica ed i tempi storici vanno rispettati, ritengo che proprio per la democrazia e la giustizia, quella giustizia che non è controllo formale e rispetto rispetto di regole, si deve vedere emergere quella luce bianca che gli assistenti sociali della giustizia non hanno finora saputo proiettare, in parte per impedimento, in parte per inconsapevolezza, in parte per incapacità di sapersi mostrare nell'agorà sociale e politica, ma che è parte stessa di un agire professionale che continua a permettere quell'inclusione sociale pacifica, senza la quale si rischia di tornare con un balzo all'indietro, ad un'esecuzione penale meramente retributiva, in un periodo storico in cui tutta l'Europa sta riscoprendo una variabilità di misure alternative e sostitutive alle detenzione, affidate ad agenzie di mediazione sociale.
g. luigi (http://www.casg.it/)
I CSSA prima e gli UEPE dopo, hanno sempre vissuto e vivono un oscurantismo da parte del DAP, mentre ora, coi nuclei di verifica, i Poliziotti Penitenziari, saranno i portatori dei buoni risultati ottenuti in questi anni dai CSSA/UEPE, pur non essendo cambiata la tipologia di condannati e a fronte dei positivi riscontri sulle misure alternative alla detenzione delle ricerche universitarie.
Quale migliore momento per mietere il successo? Il DAP, attraverso la Polizia Penitenziaria, già in TV, porterà l'immagine di questi buoni risultati alla popolazione.
Nuclei di verifica di polizia penitenziaria, con quei mezzi ed uomini sempre negati agli UEPE, che in accordo con il Ministero degli Interni ed un impiego di controllo limitato a stretti ambiti territoriali e su indicazioni degli UEPE daranno il via ad una sperimentazione ben preparata, a rischio zero, che cioè non può fallire! Ne perderebbe l'immagine non solo il Corpo di polizia Penitenziaria, ma la stessa Amministrazione Penitenziaria. E, si sa, quel che conta è un buon inizio per presentarsi sul territorio.
I giornalisti percepiranno solo così la realtà delle misure extradetentive, finalmente, anche se invero, sarebbe tempo, che quegli stessi giornalisti ed i mass-media in generale, si accorgessero anche della realtà reale, per quella che è, e non solo pescando informazioni solo dagli uffici stampa ministeriali.
Gli assistenti sociali si possono usare e denigrare quando non soddisfano le aspettative di chi li vorrebbe come li desiderano.
Essi non hanno immagine, non sono tutelati nell'immagine dal proprio datore di lavoro, né dai Sindacati in maniera adegata.
La loro visibilità è diafana, non si sono resi visibili alla gente in 32 anni, e di questo ne sono in buona parte colpevoli, eppure seguono oltre 50.000 condannati adulti l'anno, sopratutto in esecuzione penale extradetentiva con trattamenti psico-sociali individualizzati e progetti, di sicuro valore professionale che incide significativamente sull'abbattimento della recidiva.
L'invisibilità è tuttavia la loro connotazione, un non essere presenti nella storia, nella politica, nell'Amministrazione penitenziaria ed il DAP sceglie altri, per dare visibilità all'esecuzione penale extradetentiva, cogliendo la richiesta di una società che vuole "vedere polizia" più che "sapere" che le misure alternative alla detenzione funzionano anche senza altra polizia, perché già funziona quella che c'è.
Così, c'è chi ha costruito, ma non si vede e chi si vede e raccoglie.
Forse però, lo dico senza rinunciare alla speranza, sarebbe tempo che anche gli assistenti sociali della Giustizia uscissero dal nascondimento, che accettassero una veste, che fossero categoria, che evitassero le divisioni sindacali, che mostrassero con forza la loro identità professionale, che c'è, che si unissero al di là del colore, che incominciassero a dimostrare di "essere", che incominciassero a fare politica.
Trentadue anni di storia d'Italia, di esecuzione penale extradetentiva dei condannati adulti, con una recidiva bassissima, che ha fatto venire meno l'ergastolo bianco, che ha riconvertito i condannati in cittadini rispettosi delle leggi, che ha prodotto reinserimenti sociali significativi, che ha permesso a tossico ed alcoolcodipendenti, ammalati di mente, ma anche comuni cittadini di sperimentare un rapporto con l'autorità non violento, seppure sotto un regime di controllo e direttivo, di non può passare inosservata, coperta da un fascio di luce blu che tende a coprire, cancellandolo, tutto un passato, fatto d'impegno, di sofferenza, di studio, di confronto, di aperture e promozioni, di sensibilizzazione ai vari soggetti sociali ed istituzionali, con mezzi e risorse ridottissimi.
Così, senza nulla togliere a chi di questa luce blu sarà portatore, perché la politica ed i tempi storici vanno rispettati, ritengo che proprio per la democrazia e la giustizia, quella giustizia che non è controllo formale e rispetto rispetto di regole, si deve vedere emergere quella luce bianca che gli assistenti sociali della giustizia non hanno finora saputo proiettare, in parte per impedimento, in parte per inconsapevolezza, in parte per incapacità di sapersi mostrare nell'agorà sociale e politica, ma che è parte stessa di un agire professionale che continua a permettere quell'inclusione sociale pacifica, senza la quale si rischia di tornare con un balzo all'indietro, ad un'esecuzione penale meramente retributiva, in un periodo storico in cui tutta l'Europa sta riscoprendo una variabilità di misure alternative e sostitutive alle detenzione, affidate ad agenzie di mediazione sociale.
g. luigi (http://www.casg.it/)
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Le norme legislative e la validità dell'esperienza concreta sono dalla parte del servizio sociale, che è mosso non da interessi corporativi, ma dal desiderio di salvaguardare un assetto normativo e organizzativo che ha dato buoni risultati. Speriamo che non prevalgano spinte di altro genere.
anna (http://www.solidarietaasmilano.blogspot.com/)
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