L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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lunedì 16 marzo 2009

La vergogna di celle strapiene e le prigioni fantasma

di Paolo Berizzi

La Repubblica, 16 marzo 2009

C’è tutto: le piastrelle, i bagni. Belle toilette verde acqua, una per cella. In fondo ai corridoi luminosi, spezzati dalle cancellate di ferro, verdi anche quelle, larghi finestroni e scale di marmo che collegano i due piani dell’edificio. Ecco le telecamere a circuito chiuso. All’interno e all’esterno. Gli spazi sono umani; non gli otto metri cubi previsti (per ogni detenuto) dall’Unione europea - nessuna regione italiana è in regola - , ma insomma, non si dovrebbe stare affatto male. Un padiglione nuovo di zecca. Ancora incellofanato. Una trentina di celle, quattro detenuti per ognuna.

A vederlo così, il carcere di Via Gleno, pare di essere tornati agli anni 80 quando lo chiamavano "Grand Hotel", e chi veniva spedito qui sembrava dovesse andare in vacanza dietro le sbarre. Peccato che nella nuovissima ala della casa circondariale di Bergamo (complessivamente 525 reclusi, posti regolari 340) non c’è un anima. Vuota. Pronta da un anno e mezzo ma disabitata.

Come una ventina di carceri italiane. Alle quali se ne aggiungono almeno altre venti. Inutilizzate o sotto utilizzate. La mappa delle prigioni fantasma va da Pinerolo a Reggio Calabria, da Castelnuovo Daunia a San Valentino in Abruzzo: migliaia di celle lasciate marcire, impolverate. Addirittura occupate da senza tetto e sfrattati. Come a Monopoli, nel cuore della Puglia maglia nera dell’abbandono dell’edilizia carceraria. Il tutto mentre le carceri italiane scoppiano: in nove mesi siamo passati da 52.992 detenuti (fine aprile 2008) ai 60.570 attuali.

A questo ritmo - il flusso è di 700 nuovi detenuti al mese - entro marzo si supererà nuovamente il livello pre-indulto (60.710 detenuti al 31 luglio 2006). Una bomba pronta a deflagrare, e che oltre al danno conterrà anche la beffa. Perché alle attuali e precarie condizioni di detenzione - tra strutture fatiscenti, sovraffollamento e suicidi (48 nel 2008) - fa da sfondo uno scenario che rischia di essere imbarazzante per il Ministero della giustizia. Angelino Alfano ha annunciato che costruirà 75 nuovi penitenziari: 17 mila nuovi posti entro il 2012. Lo prevede il piano carceri (approvato dal Cdm il 23 gennaio scorso) la cui realizzazione è affidata al commissario straordinario Franco Ionta, già capo del Dap. Nei documenti ufficiali si parla di un programma di interventi "ampiamente di massima".

In effetti la prudenza pare quanto mai opportuna. Per diversi motivi. Prima di analizzarli conviene dare un’occhiata a tutti quei penitenziari che, a fronte di un quadro esplosivo - con carceri tipo San Vittore (Milano) o l’Ucciardone (Palermo) dove i detenuti vivono uno sull’altro - restano deserti e in naftalina. Molti offrono lo stesso scenario, paradossale, del nuovo padiglione di Bergamo. A piano terra ci sono cataste di mobili impilati, tavolini, sedie, armadi, mensole, brande, materassi ancora confezionati.

"In un giorno sarebbe tutto arredato", dice il guardiano. Per farlo funzionare manca solo una cosa: gli agenti di polizia penitenziaria. È uno dei punti dolenti del progetto Alfano. Le "guardie" sono già sotto organico: 5.250 in meno rispetto alle 44.406 previste dall’organico.

Come se non bastasse, secondo le previsioni del ministero della giustizia, quest’anno gli stanziamenti per il personale sono in diminuzione: da 1.276 milioni del 2008 a 1.184 milioni nel 2009 (-7,2%). Risultato: saranno tagliati da 500 a 1.000 altri "secondini".

Attacca il parlamentare Pd Antonio Misiani: "Come pensa il ministro Alfano di far funzionare le carceri che vuole costruire se taglia le risorse per gli agenti? Non gli basta vedere che ci sono almeno una decina di penitenziari vuoti proprio perché mancano le guardie? In generale, il piano carceri appare in gran parte come un libro dei sogni...".

A una recente interrogazione di Misiani, proprio sul caso Bergamo, Alfano ha risposto così: "Allo stato, la situazione non permette di destinare presso l’istituto ulteriori risorse umane oltre le 9 unità recentemente assegnate". Magari il problema fossero soltanto le carceri fantasma. Il problema sono anche quelle nuove. Alfano le vuole "ecosostenibili", a energia solare. Ma prima di decidere con quali materiali tirarle su, bisogna capire dove trovare i soldi. Il piano prevede "nuovi interventi" per 1,1 miliardi: 356 milioni, stando a fonti del ministero, sarebbero coperti. Altri 200 sono stati stanziati una settimana fa dal Cipe.

I restanti 460 sono da cercare. La prima ipotesi è il coinvolgimento dei privati con il project financing: peccato che a smontarlo sia proprio una relazione del Dap (2008), che definisce la soluzione "impraticabile in quanto non sostenibile per la parte finanziaria a carico dello Stato". La seconda è il ricorso alla Cassa ammende dell’amministrazione penitenziaria, i cui fondi, in teoria, sarebbero riservati a programmi di reinserimento dei detenuti.

In tutto questo a Reggio Calabria c’è un carcere chiuso perché manca la strada per arrivarci. Finito nel 2005, è costato 90 milioni e potrebbe ospitare fino a 300 detenuti. La via d’accesso è un sentiero che passa tra i vigneti. Tra imbarazzi e fiumi di denaro pubblico sprecato (per custodirlo vuoto ci sono voluti finora 2,5 milioni), il provveditore regionale Paolo Quattrone dice che questa "è una telenovela infinita".

Mille chilometri più su, a San Vittore, ci sono detenuti che dormono su materassi per terra. "Non c’è spazio per le brandine da campo", ammette Luigi Pagano, provveditore lombardo alle carceri. La prima prigione di Milano è datata 1872. Ogni giorno arrivano 50 nuovi detenuti ("È il risultato di un sistema giudiziario dove il carcere è visto come una discarica sociale", ragiona il deputato radicale Maurizio Turco). Potrebbe ospitarne 700, ce ne sono 1500. Alla faccia del grand hotel.