la tolleranza zero, prende la forma delle aggravanti
di Donatella Stasio
Il Sole 24 Ore, 3 luglio 2009
È la politica della "tolleranza zero". Tecnicamente si traduce nella moltiplicazione dei reati, nell’inasprimento delle pene ma anche nell’introduzione di aggravanti spesso "prevalenti", per volontà legislativa, rispetto alle attenuanti.
È così, ad esempio, per l’omicidio e le lesioni derivanti da incidenti stradali; per la guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti dopo le 22.00 e prima delle 7.00; per le rapine all’interno di abitazioni o sui mezzi pubblici di trasporto o ai danni di chi ha appena prelevato soldi in banca o all’ufficio postale.
Il giudice non ha più alcuna discrezionalità nel valutare le circostanze e nel bilanciarle. È vincolato all’inasprimento di pena. Politicamente, è proprio questo il segnale che viene dai provvedimenti sulla sicurezza di questa legislatura (il decreto 92/08 della scorsa estate; il decreto 11/09 sugli stupri; la legge approvata ieri): limitare la discrezionalità del giudice nella valutazione, in concreto, della pericolosità dell’imputato e della gravità del fatto commesso, nonché nella determinazione della pena da irrogare.
Il pacchetto sicurezza, anche attraverso il meccanismo della prevalenza legale delle aggravanti sulle attenuanti, promette e produce più carcere, ma non produce necessariamente più sicurezza collettiva.
Gli avvocati penalisti, anzi, sostengono il contrario: "la faccia feroce", spiegano, produrrà "un sicuro collasso del sistema carcerario e un aggravio del sistema processuale, con conseguenti pesanti ricadute proprio in termini di sicurezza".
Certo è che la moltiplicazione dei reati peserà sul già collassato sistema giudiziario e sulla durata dei processi. Ed è altrettanto certo che gli inasprimenti di pena peseranno sul già moribondo sistema carcerario, giunto a un livello di sovraffollamento senza precedenti nella storia dell’Italia repubblicana.
Al di là delle molte ombre che gravano sulle nuove misure (l’8 luglio, tra l’altro, la Consulta discuterà della legittimità costituzionale dell’aggravante di clandestinità introdotta dal decreto 92/08), la strategia del Governo non ha fatto i conti proprio con l’inadeguatezza del sistema carcerario a fronteggiare questa nuova massa di detenuti, destinati a entrare e a uscire dalle patrie galere senza che quel passaggio abbia, per loro stessi e per la collettività, la benché minima utilità.
La certezza della pena, intesa come certezza di una pena sensata (produttiva di legalità, libertà e sicurezza collettiva), diventa una chimera in un carcere che contiene ormai 64mila detenuti (20mila in più dei posti regolamentari) dei quali il 52,2% è in custodia cautelare, e che ogni mese vede entrare dalle 800 alle 1.000 persone.
Circa 20mila detenuti hanno condanne a pene inferiori ai tre anni, ma la politica della "tolleranza zero" li ha esclusi, di fatto, dai benefici carcerari (come l’affidamento al servizio sociale). Le misure alternative alla detenzione hanno toccato, infatti, il minimo storico: 9.406. Eppure, le statistiche parlano chiaro: il carcere "chiuso" produce il 70% dei recidivi in circolazione; con le misure alternative, la recidiva scende al 19 per cento.
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