RSU UEPE CATANIA
Catania 28.2.2007
ALL’ORDINE NAZIONALE DEGLI ASSISTENTI SOCIALI
AI COMPONENTI DELLA COMMISSIONE
Istituita presso la D.G. EPE –PEA2006 ROMA
COORDINAMENTO ASSISTENTI SOCIALI GIUSTIZIA
Segreteria Nazionale
F. P. CGIL – CISL – UIL
Segreteria Provinciale e Nazionale
RSU UEPE NAZIONALI
La RSU dell’UEPE di Catania a seguito di momenti di riflessione con gli AA.SS operanti in tale servizio ritiene importante far sentire la propria voce circa il dibattito "riformista" relativamente alla nuova organizzazione degli ex CSSA.
Già con la legge c.d. "Meduri" si è voluto modificare la denominazione di detti Uffici, oggi UEPE ( Ufficio Esecuzione Penale Esterna), facendo scomparire l’aspetto professionale di Servizio Sociale della Giustizia contemplato negli artt. 47, 47 bis, 47ter, 48, 72 della L 354/2975; nel Regolamento di Esecuzione DPR 431 e successive modifiche.
Inoltre, l’art.7 c 3.della stessa legge ( n. 154 del 2005), attribuisce ai sensi del L. n. 400/88, le competenze sull’organizzazione degli Uffici al solo Ministro della Giustizia, materia che era precedentemente di competenza legislativa del Parlamento tenuto conto della sua complessità e rilevanza sociale .
In ultimo anche il discorso del Ministro della Giustizia Mastella , ribadisce un ampliamento dell’area penale esterna affidando, però, alla Polizia penitenziaria, attraverso il coordinamento dei propri funzionari e dirigenti, tutti i controlli dei soggetti che beneficiano di misure alternative alla detenzione .
La scelta nasce dal timore che l’ampia applicazione delle misure alternative possa ridurre il controllo sociale della devianza e quindi ridurre la sicurezza dei cittadini, mentre si avrebbe più consenso sociale se si adottasse una politica sanzionatoria del carcere e/o controllo rigido.
Gli operatori sono convinti che tale politica è ambigua e contraddittoria se si tiene conto dell’attuale contesto storico-politico in cui si sostiene la validità dell’ampliamento delle misure alternative e la definizione di nuove pene da scontare all’interno del contesto sociale di appartenenza (caso del Tribunale di Milano con pena non detentiva applicata in primo grado).
Con cognizione di causa si asserisce che il controllo dei sottoposti alle misure alternative effettuato con modalità fiscali-repressive possa inficiare il progetto trattamentale di reinserimento, a maggior ragione se effettuato da agenti di polizia penitenziaria, presenti nello stesso ufficio UEPE; il compito di quest’ultimo, infatti, è di intervenire a mezzo del personale di Servizio Sociale attraverso la relazione professionale basata sulla fiducia e il controllo ,inteso quest’ultimo non solo come semplice rilevazione della condotta irregolare e/o del mancata osservanza delle prescrizioni cui far seguire un intervento punitivo, ma come occasione per stabilire con il soggetto un percorso di autocritica del suo agire.
Riteniamo indispensabile che il S.S. della Giustizia, seppur aperto ad un confronto sulla specificità della professione con altri operatori, mantenga le proprie competenze come dall’Ordinamento Penitenziario, con il compito di verificare le reali attitudini del condannato e tutti gli elementi socio-familiari-lavorativi per incidere significativamente, con strumenti professionali, sul comportamento dello stesso; un superamento della monoprofessionalità a favore di una multiprofessionalità che si avvale di figure professionali ( psicologi ,criminologi ) anche attraverso l’integrazione dei servizi territoriali (art 118 del regolamento di esecuzione, L. 328/00).
A sostegno di quanto detto finora, le statistiche sulle recidive vanno a favore dell’esecuzione della pena fuori dal carcere, pertanto anche nella "non visibilità " dell’operato degli assistenti sociali (voluta sia dei Media che da tanti dirigenti che si identificano piu’ con il contesto penitenziario ), ha dato i suoi frutti che oggi si vogliono ignorare
La nuova politica che si vuole adottare, contrariamente al dettato normativo e alla raccomandazione europea n. 16, si pone solo il problema del controllo, tale da ritenere opportuno il "duplicato" con un dispendio di spese, che potrebbero essere investite sulle politiche lavorative e di prevenzione. Ad oggi anzichè al potenziamento della professionalità degli Uffici specialistici della giustizia si assiste invece ad un tentativo di indebolimento, come se si volesse dimostrare il suo fallimento.
Anche l’Uepe di Catania, anche per la sua posizione geografica, sperimenta sulla propria pelle l’assenza di tale politiche sociali, volte all’incremento di progetti territoriali legate allo sviluppo economico lavorativo, ove tale vuoto comporta una grave limitazione nell’applicazione degli strumenti operativi specifici degli operatori della giustizia in un’ottica di rete( L. 328/2000, art. 118 regolamento esecutivo, L. 309/90 e successive modifiche, ecc.), con il rischio di ridurre gli operatori e dirigenti semplici burocrati.
Infine sosteniamo l’attualità operativa del vigente Ordinamento Penitenziario, le relative figure e competenze ad esse attribuite; l’adeguata riforma della ridefinizione delle pene alternative e l’incremento di risorse per la realizzazione di servizi sempre più integrate.
Per quanto detto, riteniamo che considerato il ruolo svolto dagli operatori sociali della Giustizia sin dal 1975, la riorganizzazione degli Uepe non può essere elaborata senza il contributo degli Assistenti Sociali operanti sul campo.
A ciascuno in indirizzo si chiede di intervenire in tal senso e ai colleghi tutti di esprimersi in merito all’argomento, per diventare univoca voce nei confronti degli organi istituzionali.
RSU CATANIA
Già con la legge c.d. "Meduri" si è voluto modificare la denominazione di detti Uffici, oggi UEPE ( Ufficio Esecuzione Penale Esterna), facendo scomparire l’aspetto professionale di Servizio Sociale della Giustizia contemplato negli artt. 47, 47 bis, 47ter, 48, 72 della L 354/2975; nel Regolamento di Esecuzione DPR 431 e successive modifiche.
Inoltre, l’art.7 c 3.della stessa legge ( n. 154 del 2005), attribuisce ai sensi del L. n. 400/88, le competenze sull’organizzazione degli Uffici al solo Ministro della Giustizia, materia che era precedentemente di competenza legislativa del Parlamento tenuto conto della sua complessità e rilevanza sociale .
In ultimo anche il discorso del Ministro della Giustizia Mastella , ribadisce un ampliamento dell’area penale esterna affidando, però, alla Polizia penitenziaria, attraverso il coordinamento dei propri funzionari e dirigenti, tutti i controlli dei soggetti che beneficiano di misure alternative alla detenzione .
La scelta nasce dal timore che l’ampia applicazione delle misure alternative possa ridurre il controllo sociale della devianza e quindi ridurre la sicurezza dei cittadini, mentre si avrebbe più consenso sociale se si adottasse una politica sanzionatoria del carcere e/o controllo rigido.
Gli operatori sono convinti che tale politica è ambigua e contraddittoria se si tiene conto dell’attuale contesto storico-politico in cui si sostiene la validità dell’ampliamento delle misure alternative e la definizione di nuove pene da scontare all’interno del contesto sociale di appartenenza (caso del Tribunale di Milano con pena non detentiva applicata in primo grado).
Con cognizione di causa si asserisce che il controllo dei sottoposti alle misure alternative effettuato con modalità fiscali-repressive possa inficiare il progetto trattamentale di reinserimento, a maggior ragione se effettuato da agenti di polizia penitenziaria, presenti nello stesso ufficio UEPE; il compito di quest’ultimo, infatti, è di intervenire a mezzo del personale di Servizio Sociale attraverso la relazione professionale basata sulla fiducia e il controllo ,inteso quest’ultimo non solo come semplice rilevazione della condotta irregolare e/o del mancata osservanza delle prescrizioni cui far seguire un intervento punitivo, ma come occasione per stabilire con il soggetto un percorso di autocritica del suo agire.
Riteniamo indispensabile che il S.S. della Giustizia, seppur aperto ad un confronto sulla specificità della professione con altri operatori, mantenga le proprie competenze come dall’Ordinamento Penitenziario, con il compito di verificare le reali attitudini del condannato e tutti gli elementi socio-familiari-lavorativi per incidere significativamente, con strumenti professionali, sul comportamento dello stesso; un superamento della monoprofessionalità a favore di una multiprofessionalità che si avvale di figure professionali ( psicologi ,criminologi ) anche attraverso l’integrazione dei servizi territoriali (art 118 del regolamento di esecuzione, L. 328/00).
A sostegno di quanto detto finora, le statistiche sulle recidive vanno a favore dell’esecuzione della pena fuori dal carcere, pertanto anche nella "non visibilità " dell’operato degli assistenti sociali (voluta sia dei Media che da tanti dirigenti che si identificano piu’ con il contesto penitenziario ), ha dato i suoi frutti che oggi si vogliono ignorare
La nuova politica che si vuole adottare, contrariamente al dettato normativo e alla raccomandazione europea n. 16, si pone solo il problema del controllo, tale da ritenere opportuno il "duplicato" con un dispendio di spese, che potrebbero essere investite sulle politiche lavorative e di prevenzione. Ad oggi anzichè al potenziamento della professionalità degli Uffici specialistici della giustizia si assiste invece ad un tentativo di indebolimento, come se si volesse dimostrare il suo fallimento.
Anche l’Uepe di Catania, anche per la sua posizione geografica, sperimenta sulla propria pelle l’assenza di tale politiche sociali, volte all’incremento di progetti territoriali legate allo sviluppo economico lavorativo, ove tale vuoto comporta una grave limitazione nell’applicazione degli strumenti operativi specifici degli operatori della giustizia in un’ottica di rete( L. 328/2000, art. 118 regolamento esecutivo, L. 309/90 e successive modifiche, ecc.), con il rischio di ridurre gli operatori e dirigenti semplici burocrati.
Infine sosteniamo l’attualità operativa del vigente Ordinamento Penitenziario, le relative figure e competenze ad esse attribuite; l’adeguata riforma della ridefinizione delle pene alternative e l’incremento di risorse per la realizzazione di servizi sempre più integrate.
Per quanto detto, riteniamo che considerato il ruolo svolto dagli operatori sociali della Giustizia sin dal 1975, la riorganizzazione degli Uepe non può essere elaborata senza il contributo degli Assistenti Sociali operanti sul campo.
A ciascuno in indirizzo si chiede di intervenire in tal senso e ai colleghi tutti di esprimersi in merito all’argomento, per diventare univoca voce nei confronti degli organi istituzionali.
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