L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

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domenica 13 maggio 2007

Napolitano in visita, si colga l'occasione-Il Manifesto

8 maggio 2007, di P. Gonnella
Oggi il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano va in visita al carcere femminile e alla casa circondariale Rebibbia di Roma Oggi il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano va in visita al carcere femminile e alla casa circondariale Rebibbia di Roma. Con lui il ministro della Giustizia Clemente Mastella e il capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria Ettore Ferrara. Lo scorso mese una giovane tossicodipendente si è suicidata nel carcere femminile. Pochi giorni fa un detenuto rumeno si è suicidato nel braccio G11 del carcere maschile di Rebibbia.
All’indomani dell’approvazione del provvedimento di indulto da parte del Parlamento il Capo dello Stato dichiarò: "Vanno finalmente affrontate in modo organico le cause remote e attuali della sofferenza del presente modello penale. L'approvazione di un provvedimento di clemenza e di urgenza volto a lenire una condizione intollerabile di sovraffollamento e di degrado nelle carceri sollecita ancora di più Governo e Parlamento a procedere decisamente, con misure efficaci, sulla via tanto della riduzione della durata dei processi quanto dell'ulteriore ricorso a pene alternative alla sanzione detentiva." Mai parole avrebbero potuto essere più appropriate. Sono passati alcuni mesi e luci ed ombre si addensano sul cammino delle riforme.
Quella condizione insopportabile di sovraffollamento che ha indotto l’adozione di un provvedimento di clemenza impone una decisa stagione riformatrice. I detenuti prima dell’approvazione dell’indulto erano 61.246; sono scesi a 38.847 a settembre. Sono risaliti oggi a 42.533. Una velocissima crescita che si spiega solo in minima parte con il rientro degli indultati. La gran massa dei nuovi ingressi è il frutto di tre leggi illiberali (immigrazione, droghe e recidiva) che si innestano su un codice penale dell’era fascista che prevede al proprio interno pene elevatissime per i reati contro il patrimonio. Il cammino legislativo dei progetti di riforma è stentato. Se non si modificano radicalmente queste quattro leggi nel giro di qualche anno si tornerà alla situazione pre-indulto.
Sarà il Capo dello Stato a giudicare con i suoi occhi se l’indulto sia stata o meno una occasione sprecata dall’amministrazione penitenziaria per far vivere meglio le detenute e i detenuti in Italia. Sappia però il Capo dello Stato che ciò che vedrà a Rebibbia è la vetrina pubblica di una condizione carceraria che in periferia vede ancora detenuti ammassati (si sono chiusi i reparti per risparmiare personale ma non li si è ristrutturati per renderli più vivibili, così la popolazione detenuta ha continuato a vivere disagiata), una sanità che non funziona, l’ozio che prevale, regolamenti dello stato deliberatamente inattuati, l’illegalità che persiste. Una illegalità che esige l’approvazione in tempi rapidi di due leggi: quella sul garante dei diritti delle persone private della libertà e quella sull’introduzione del crimine di tortura nel codice penale. A nostro avviso in questi mesi l’amministrazione penitenziaria ha perso una occasione. Con i numeri bassi del post-indulto – gli agenti di polizia penitenziaria sono in numero superiore ai detenuti - poteva (e può ancora) riorganizzare i regimi penitenziari, favorire le politiche di reinserimento sociale, impegnare gli operatori nel lavoro di rete con l’esterno (un esterno che nei giorni dell’estate 2006 si è dimostrato accogliente e disponibile), ed invece si è occupata prevalentemente di alta sicurezza, di estensione del 41 bis, di poliziotti penitenziari da impiegare nel controllo delle persone in misura alternativa così squalificando il lavoro classico degli assistenti sociali.
Il sistema penitenziario richiede riforme urgenti e un’amministrazione coraggiosa. Ci aspettiamo dal Presidente della Repubblica parole di umanità e di giustizia. Come quelle di luglio 2006. Un discorso laico che spinga laicamente il Ministro Mastella a non fidarsi troppo dei suoi consiglieri securtari.