ASSISTENTE SOCIALI UEPE COSENZA
I sottoscritti Assistenti Sociali dell’Uepe di Cosenza, condividono le preoccupazioni espresse dal Casg nel comunicato del 10.9. u.s. e le preoccupazioni evidenziate nei comunicati degli operatori dell’Uepe di L’Aquila, di Napoli, di Verona, di Venezia, di Catania e Ragusa, per i punti critici ancora presenti nel testo del decreto, vale a dire:
La scelta di istituire i nuclei di polizia penitenziaria presso gli Uepe;
La possibilità di impiegare la polizia penitenziaria per i controlli sui soggetti affidati in prova al servizio sociale;
Il configurare un ruolo dei direttori degli Uepe sempre più vicino a quelli di funzionari di Polizia, piuttosto che di dirigenti con una necessaria e specifica connotazione tecnico-professionale, inerente al sociale-educativo, oltre che organizzativo di specifici servizi alla persona deviante, come la nostra utenza;
Il rafforzamento dell’immagine dell’Uepe come parte integrante degli organismi di ordine pubblico e sicurezza a scapito della sua natura di servizio sociale;
L’assenza di un qualsiasi riferimento ai costi complessivi della sperimentazione e a dove saranno reperiti i finanziamenti.
Non poche sono, infatti, le perplessità che scaturiscono dalla lettura dettagliata di tale bozza e non si può fare a meno di considerare il fatto che con il Decreto sulla sperimentazione della Polpen negli Uepe, diventa ordinario il carattere di eccezionalità nelle leggi 121/1981, Dpr 82/199 etc. ("….per eccezionali esigenze di ordine e sicurezza pubblica o di ordine pubblico"….,), tanto che, per giustificare la scelta politica, si trasforma l’Uepe stesso in un servizio di ordine e sicurezza pubblica per fronteggiare un "allarme sicurezza" che sta legittimando scelte politiche che non tengono conto di concetti culturali e professionali elaborati nell’arco di oltre un trentennio di storia e ciò a discapito di necessari investimenti per il Welfare State.
Si teme per il futuro delle misure alternative, in particolare per l’Affidamento in Prova al Servizio Sociale, viste come possibilità di recupero e inclusione sociale. Riteniamo che i controlli efficaci sulla condotta e sullo stile di vita delle persone che fruiscono di misure alternativa non si esauriscano nel mero controllo della presenza in casa nelle ore stabilite, ma al contrario investano ambiti più vasti e complessi (frequentazioni, abitudini, eventuali sospetti di reati, ecc.). Da ciò deriva che solo le Forze dell’Ordine operanti stabilmente sul territorio ed in possesso di preziosi ed insostituibili elementi di conoscenza dello stesso possono esercitare il controllo così inteso. Inoltre la compresenza di più soggetti delegati al controllo (Forze dell’ordine e agenti di polizia penitenziaria), invece di intensificare l’esercizio di tale funzione, rischia di vanificarlo o renderlo poco proficuo, con dispersione di elementi di conoscenza e inutili sovrapposizioni. La delega in via prioritaria alla polizia penitenziaria del controllo sulle misure alternative rischia, perciò, di ridurlo al solo accertamento sulla presenza fisica del soggetto in determinati luoghi (casa, posto di lavoro, ecc.) senza possibilità di conoscere altri elementi importanti sulla sua condotta complessiva.
I firmatari condividono e sostengono le ragioni espresse dal comitato di solidarietà degli assistenti sociali, dal Casg, dagli operatori dei tanti Uepe d’Italia, dal mondo del volontariato, da tante associazioni e da diverse organizzazioni sindacali e chiedono di non adottare scelte che rischiano di snaturare l’immagine e l’operatività di Servizi dell’Amministrazione Penitenziaria, che da oltre trent’anni si occupano delle misure alternative. Chiediamo, inoltre, un reale coinvolgimento degli operatori che materialmente si occupano delle misure alternative nella valutazione dei possibili cambiamenti organizzativi di tali Servizi, ritenendo che ogni modifica dell’assetto organizzativo debba trarre origine dall’ analisi dell’esperienza.
Le Assistenti Sociali dell’Uepe di Cosenza: Francesca Spadafora; Adriana Delinna; Silvana Puleo; Filomena Scarpa; Maria Pugliano; Maria Lacroce; Mirella Spadafora.
La scelta di istituire i nuclei di polizia penitenziaria presso gli Uepe;
La possibilità di impiegare la polizia penitenziaria per i controlli sui soggetti affidati in prova al servizio sociale;
Il configurare un ruolo dei direttori degli Uepe sempre più vicino a quelli di funzionari di Polizia, piuttosto che di dirigenti con una necessaria e specifica connotazione tecnico-professionale, inerente al sociale-educativo, oltre che organizzativo di specifici servizi alla persona deviante, come la nostra utenza;
Il rafforzamento dell’immagine dell’Uepe come parte integrante degli organismi di ordine pubblico e sicurezza a scapito della sua natura di servizio sociale;
L’assenza di un qualsiasi riferimento ai costi complessivi della sperimentazione e a dove saranno reperiti i finanziamenti.
Non poche sono, infatti, le perplessità che scaturiscono dalla lettura dettagliata di tale bozza e non si può fare a meno di considerare il fatto che con il Decreto sulla sperimentazione della Polpen negli Uepe, diventa ordinario il carattere di eccezionalità nelle leggi 121/1981, Dpr 82/199 etc. ("….per eccezionali esigenze di ordine e sicurezza pubblica o di ordine pubblico"….,), tanto che, per giustificare la scelta politica, si trasforma l’Uepe stesso in un servizio di ordine e sicurezza pubblica per fronteggiare un "allarme sicurezza" che sta legittimando scelte politiche che non tengono conto di concetti culturali e professionali elaborati nell’arco di oltre un trentennio di storia e ciò a discapito di necessari investimenti per il Welfare State.
Si teme per il futuro delle misure alternative, in particolare per l’Affidamento in Prova al Servizio Sociale, viste come possibilità di recupero e inclusione sociale. Riteniamo che i controlli efficaci sulla condotta e sullo stile di vita delle persone che fruiscono di misure alternativa non si esauriscano nel mero controllo della presenza in casa nelle ore stabilite, ma al contrario investano ambiti più vasti e complessi (frequentazioni, abitudini, eventuali sospetti di reati, ecc.). Da ciò deriva che solo le Forze dell’Ordine operanti stabilmente sul territorio ed in possesso di preziosi ed insostituibili elementi di conoscenza dello stesso possono esercitare il controllo così inteso. Inoltre la compresenza di più soggetti delegati al controllo (Forze dell’ordine e agenti di polizia penitenziaria), invece di intensificare l’esercizio di tale funzione, rischia di vanificarlo o renderlo poco proficuo, con dispersione di elementi di conoscenza e inutili sovrapposizioni. La delega in via prioritaria alla polizia penitenziaria del controllo sulle misure alternative rischia, perciò, di ridurlo al solo accertamento sulla presenza fisica del soggetto in determinati luoghi (casa, posto di lavoro, ecc.) senza possibilità di conoscere altri elementi importanti sulla sua condotta complessiva.
I firmatari condividono e sostengono le ragioni espresse dal comitato di solidarietà degli assistenti sociali, dal Casg, dagli operatori dei tanti Uepe d’Italia, dal mondo del volontariato, da tante associazioni e da diverse organizzazioni sindacali e chiedono di non adottare scelte che rischiano di snaturare l’immagine e l’operatività di Servizi dell’Amministrazione Penitenziaria, che da oltre trent’anni si occupano delle misure alternative. Chiediamo, inoltre, un reale coinvolgimento degli operatori che materialmente si occupano delle misure alternative nella valutazione dei possibili cambiamenti organizzativi di tali Servizi, ritenendo che ogni modifica dell’assetto organizzativo debba trarre origine dall’ analisi dell’esperienza.
Le Assistenti Sociali dell’Uepe di Cosenza: Francesca Spadafora; Adriana Delinna; Silvana Puleo; Filomena Scarpa; Maria Pugliano; Maria Lacroce; Mirella Spadafora.
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