Giustizia/Carcere- L’Europa è "unita" contro il sovraffollamento
Redattore Sociale
Parte oggi la campagna della "Federazione sindacale europea dei pubblici servizi" (Fsesp). Iniziative in 20 città. Almeno 600.000 i detenuti nell’Ue, il 125% della capienza regolamentare.
Parte oggi la campagna della "Federazione sindacale europea dei pubblici servizi" (Fsesp) contro il sovraffollamento nelle carceri. Previste iniziative in 20 città di 10 Stati europei e una manifestazione a Bruxelles, dove 500 delegati del settore penitenziario di tutta Europa si sono dati appuntamento davanti all’edificio Justus Lipsius, sede del Consiglio dei Ministri, dalle 12 alle 15. Ieri 1.000 persone hanno manifestato a Madrid e nella sola Austria sono previste iniziative in 28 case circondariali.
I detenuti in Europa sono circa 600.000, di cui 131.000 in attesa di giudizio. La popolazione carceraria è pari, in media, al 125% della capienza regolamentare. In alcuni paesi, il sovraffollamento sfiora il 200%. Una situazione che genera enormi pressioni sul personale penitenziario. Con questa protesta la Fsesp "chiede che la questione del sovraffollamento delle carceri sia inserita all’ordine del giorno dell’Ue e che venga garantito il miglioramento delle condizioni di lavoro all’interno dei penitenziari riducendo il numero dei detenuti".
Nell’Ue, la popolazione carceraria è aumentata negli ultimi dieci anni in 23 Stati su 27 e in 14 su 27 ha superato il limite della capienza regolamentare. Secondo Fsesp, il sovraffollamento "riduce la capacità di controllare crimini e violenza e aumenta la diffusione nelle carceri di malattie e persino di suicidi".
"Il sovraffollamento genera trattamenti inumani e degradanti, a prescindere dalla buona volontà degli operatori penitenziari" dichiara Mauro Palma (rappresentante italiano del "Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti" del Consiglio d’Europa). Ma, continua Palma, "il sovraffollamento non si risolve con i piani edilizi". Quello che serve, secondo Palma, è "una nuova politica penale e sociale".
Perché "non tutti i reati richiedono una sanzione detentiva e perché un investimento sociale ha un’azione preventiva rispetto a certi reati. E alla lunga risulta essere conveniente. Perché le carceri costano.
E - conclude - se si spende di più per costruirne di nuove, si dovrà poi tagliare le spese dei servizi di assistenza e integrazione oppure privatizzarle, perché la società non è favorevole a carichi fiscali troppo elevati per i detenuti". D’accordo anche Patrizio Gonnella (Associazione Antigone): "I magistrati e le forze dell’ordine sono impegnati nella repressione di fatti che potremmo decidere a tavolino non essere penalmente rilevanti".
Gonnella ha ricordato il rapporto di fine 2007 del Ministero dell’Interno, che dava in diminuzione il numero dei reati commessi in Italia. E ha parlato dell’indulto come "una occasione persa". "Eravamo scesi a 33.000 detenuti, si poteva intervenire con un piano di riforme e riorganizzazione, ma ciò non è avvenuto". E non è avvenuta nemmeno l’approvazione della legge sul garante dei detenuti, né quella che istituiva il reato di tortura, 21 anni dopo la ratifica dell’Italia della Convenzione dell’Onu contro la tortura, nel 1982. Entrambe erano state approvate alla Camera, ma con le elezioni anticipate il loro iter è stato bloccato.
I rappresentanti del personale penitenziario in Europa chiedono "un detenuto per cella" e "un agente per detenuto", un "potenziamento del personale medico sanitario" e soprattutto la riduzione del numero di detenuti attraverso "l’introduzione di misure non detentive" e la "riduzione del numero di detenuti in attesa di processo", che in Italia erano 29.166 su un totale di 50.851 nel settembre 2006. E infine la depenalizzazione di alcuni reati, a partire dal reato di clandestinità. Infine viene chiesto anche un potenziamento del ruolo del difensore civico e dei deputati nazionali nelle visite ispettive nelle carceri.
Parte oggi la campagna della "Federazione sindacale europea dei pubblici servizi" (Fsesp). Iniziative in 20 città. Almeno 600.000 i detenuti nell’Ue, il 125% della capienza regolamentare.
Parte oggi la campagna della "Federazione sindacale europea dei pubblici servizi" (Fsesp) contro il sovraffollamento nelle carceri. Previste iniziative in 20 città di 10 Stati europei e una manifestazione a Bruxelles, dove 500 delegati del settore penitenziario di tutta Europa si sono dati appuntamento davanti all’edificio Justus Lipsius, sede del Consiglio dei Ministri, dalle 12 alle 15. Ieri 1.000 persone hanno manifestato a Madrid e nella sola Austria sono previste iniziative in 28 case circondariali.
I detenuti in Europa sono circa 600.000, di cui 131.000 in attesa di giudizio. La popolazione carceraria è pari, in media, al 125% della capienza regolamentare. In alcuni paesi, il sovraffollamento sfiora il 200%. Una situazione che genera enormi pressioni sul personale penitenziario. Con questa protesta la Fsesp "chiede che la questione del sovraffollamento delle carceri sia inserita all’ordine del giorno dell’Ue e che venga garantito il miglioramento delle condizioni di lavoro all’interno dei penitenziari riducendo il numero dei detenuti".
Nell’Ue, la popolazione carceraria è aumentata negli ultimi dieci anni in 23 Stati su 27 e in 14 su 27 ha superato il limite della capienza regolamentare. Secondo Fsesp, il sovraffollamento "riduce la capacità di controllare crimini e violenza e aumenta la diffusione nelle carceri di malattie e persino di suicidi".
"Il sovraffollamento genera trattamenti inumani e degradanti, a prescindere dalla buona volontà degli operatori penitenziari" dichiara Mauro Palma (rappresentante italiano del "Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti" del Consiglio d’Europa). Ma, continua Palma, "il sovraffollamento non si risolve con i piani edilizi". Quello che serve, secondo Palma, è "una nuova politica penale e sociale".
Perché "non tutti i reati richiedono una sanzione detentiva e perché un investimento sociale ha un’azione preventiva rispetto a certi reati. E alla lunga risulta essere conveniente. Perché le carceri costano.
E - conclude - se si spende di più per costruirne di nuove, si dovrà poi tagliare le spese dei servizi di assistenza e integrazione oppure privatizzarle, perché la società non è favorevole a carichi fiscali troppo elevati per i detenuti". D’accordo anche Patrizio Gonnella (Associazione Antigone): "I magistrati e le forze dell’ordine sono impegnati nella repressione di fatti che potremmo decidere a tavolino non essere penalmente rilevanti".
Gonnella ha ricordato il rapporto di fine 2007 del Ministero dell’Interno, che dava in diminuzione il numero dei reati commessi in Italia. E ha parlato dell’indulto come "una occasione persa". "Eravamo scesi a 33.000 detenuti, si poteva intervenire con un piano di riforme e riorganizzazione, ma ciò non è avvenuto". E non è avvenuta nemmeno l’approvazione della legge sul garante dei detenuti, né quella che istituiva il reato di tortura, 21 anni dopo la ratifica dell’Italia della Convenzione dell’Onu contro la tortura, nel 1982. Entrambe erano state approvate alla Camera, ma con le elezioni anticipate il loro iter è stato bloccato.
I rappresentanti del personale penitenziario in Europa chiedono "un detenuto per cella" e "un agente per detenuto", un "potenziamento del personale medico sanitario" e soprattutto la riduzione del numero di detenuti attraverso "l’introduzione di misure non detentive" e la "riduzione del numero di detenuti in attesa di processo", che in Italia erano 29.166 su un totale di 50.851 nel settembre 2006. E infine la depenalizzazione di alcuni reati, a partire dal reato di clandestinità. Infine viene chiesto anche un potenziamento del ruolo del difensore civico e dei deputati nazionali nelle visite ispettive nelle carceri.
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