Giustizia/Carcere- "certezza della pena", una promessa bipartisan
di Carlo Federico Grosso (Ordinario di diritto penale Università di Torino)
La Stampa, 8 febbraio 2008
Giustizia e sicurezza sono oggetto di valutazione nei programmi elettorali in vista delle elezioni politiche. I temi dominanti di ciascun programma sono "più giustizia", "più sicurezza"; per altro verso, "processi rapidi", "pene certe".
Quasi una banalità, ma non poteva essere altrimenti, poiché si tratta di obbiettivi obbligati a fronte delle paure diffuse fra la gente dovute al dilagare, vero o presunto, della violenza e delle gravi difficoltà del sistema giudiziario italiano. Quali sono le riforme ipotizzate? Interessa analizzare, com’è ovvio, i programmi di Pd e Pdl. Per molti aspetti appaiono allineati e sembrano sfumare alcune storiche divisioni. Alcune differenze sono ancora presenti; sembra trattarsi di sfumature più che di steccati, di accentuazioni piuttosto che di contrapposizioni. Uno scenario ribaltato rispetto a quelli che hanno contraddistinto passate stagioni politiche in materia di giustizia e sicurezza.
In tema di giustizia entrambi i programmi sottolineano la necessità di riformare codici e leggi allo scopo di rendere celeri i processi, promettono di incrementare le risorse, parlano di riorganizzazione degli uffici giudiziari. Su questo terréno il Pd indica alcuni provvedimenti specifici: accorpamento dei Tribunali, processo telematico, redistribuzione dei magistrati, gestione manageriale, eliminazione della sospensione feriale dei termini.
Il Pdl, in tutt’altra prospettiva, insiste sulla necessità di inasprire le pene per i reati di violenza, d’istituire il Tribunale della famiglia, di rendere più incisiva la distinzione delle funzioni dei magistrati, di appesantire le loro responsabilità nella prospettiva di una maggior tutela dei cittadini sottoposti a provvedimenti giudiziari, di costruire nuove carceri.
In un’ottica ancora diversa, entrambi i partiti ritengono necessario riformare la disciplina delle intercettazioni, circoscrivendo vietando la pubblicazione dei risultati fino alla chiusura dell’udienza preliminare. In tema di sicurezza emerge, anzitutto, l’esigenza bipartisan di garantire certezza ed effettività della pena. Le indicazioni specifiche sono diverse.
Il Pd promette la custodia cautelare obbligatoria, ovvero l’applicazione d’ufficio del carcere dopo la sentenza di primo grado, e norme che prescrivono l’immediata esecuzione della condanna definitiva; il Pdl insiste sull’esclusione di sconti penali per chi è recidivo o ha commesso reati di particolare allarme.
L’obbiettivo è, in ogni caso, comune: le pene, quantomeno per i reati più gravi, devono essere certe e, quando diventano definitive, essere applicate con inflessibilità. Si insiste sull’incremento delle risorse e su di una maggiore presenza delle forze dell’ordine sul territorio. Per altro verso, mentre il Pd sottolinea la necessità di aggredire il mondo degli affari e dei patrimoni mafiosi, il Pdl insiste sui temi dell’espulsione dei clandestini e del contrasto all’insediamento degli stranieri sul territorio nazionale.
Non tutte le linee programmatiche menzionate sono condivisibili. Alcune non sembrano agevolmente realizzabili o non è certo che garantiscano il raggiungimento degli obiettivi. Ad esempio, io non apprezzo che qualcuno si appresti a circoscrivere le intercettazioni ed a vietare la divulgazione dei loro risultati con pericolo per l’incisività delle indagini e la libertà di stampa; dubito che possano essere realizzati con immediatezza l’accorpamento dei Tribunali o la soppressione della sospensione dei termini estivi.
I nodi politici più rilevanti che emergono dalla lettura dei due programmi sono tuttavia altri. Stupisce che non siano state scritte alcune cose che ci si aspettava di leggere. Da parte del Pd, la tradizionale dichiarazione in difesa della separazione dei poteri e dello Stato di diritto.
Da parte del Pdl, la scrittura di alcuni motivi dominanti della politica sulla giustizia di FI, come la separazione delle carriere dei magistrati (si parla, soltanto, di una più accentuata distinzione delle funzioni) nonché l’apparizione di alcuni spunti che alcuni giorni fa avevano costituito oggetto di indiscrezioni, come l’allargamento dello spazio dell’immunità parlamentare a tutela dei parlamentari inquisiti.
Non è il massimo per il cittadino che si appresta a votare, che riscontra che tutti i partiti promettono più giustizia e più sicurezza, ma constata di non essere in grado di prefigurare con sufficiente chiarezza ciò che sarà, domani, il volto reale della giustizia italiana e la condizione effettiva della sicurezza.
La Stampa, 8 febbraio 2008
Giustizia e sicurezza sono oggetto di valutazione nei programmi elettorali in vista delle elezioni politiche. I temi dominanti di ciascun programma sono "più giustizia", "più sicurezza"; per altro verso, "processi rapidi", "pene certe".
Quasi una banalità, ma non poteva essere altrimenti, poiché si tratta di obbiettivi obbligati a fronte delle paure diffuse fra la gente dovute al dilagare, vero o presunto, della violenza e delle gravi difficoltà del sistema giudiziario italiano. Quali sono le riforme ipotizzate? Interessa analizzare, com’è ovvio, i programmi di Pd e Pdl. Per molti aspetti appaiono allineati e sembrano sfumare alcune storiche divisioni. Alcune differenze sono ancora presenti; sembra trattarsi di sfumature più che di steccati, di accentuazioni piuttosto che di contrapposizioni. Uno scenario ribaltato rispetto a quelli che hanno contraddistinto passate stagioni politiche in materia di giustizia e sicurezza.
In tema di giustizia entrambi i programmi sottolineano la necessità di riformare codici e leggi allo scopo di rendere celeri i processi, promettono di incrementare le risorse, parlano di riorganizzazione degli uffici giudiziari. Su questo terréno il Pd indica alcuni provvedimenti specifici: accorpamento dei Tribunali, processo telematico, redistribuzione dei magistrati, gestione manageriale, eliminazione della sospensione feriale dei termini.
Il Pdl, in tutt’altra prospettiva, insiste sulla necessità di inasprire le pene per i reati di violenza, d’istituire il Tribunale della famiglia, di rendere più incisiva la distinzione delle funzioni dei magistrati, di appesantire le loro responsabilità nella prospettiva di una maggior tutela dei cittadini sottoposti a provvedimenti giudiziari, di costruire nuove carceri.
In un’ottica ancora diversa, entrambi i partiti ritengono necessario riformare la disciplina delle intercettazioni, circoscrivendo vietando la pubblicazione dei risultati fino alla chiusura dell’udienza preliminare. In tema di sicurezza emerge, anzitutto, l’esigenza bipartisan di garantire certezza ed effettività della pena. Le indicazioni specifiche sono diverse.
Il Pd promette la custodia cautelare obbligatoria, ovvero l’applicazione d’ufficio del carcere dopo la sentenza di primo grado, e norme che prescrivono l’immediata esecuzione della condanna definitiva; il Pdl insiste sull’esclusione di sconti penali per chi è recidivo o ha commesso reati di particolare allarme.
L’obbiettivo è, in ogni caso, comune: le pene, quantomeno per i reati più gravi, devono essere certe e, quando diventano definitive, essere applicate con inflessibilità. Si insiste sull’incremento delle risorse e su di una maggiore presenza delle forze dell’ordine sul territorio. Per altro verso, mentre il Pd sottolinea la necessità di aggredire il mondo degli affari e dei patrimoni mafiosi, il Pdl insiste sui temi dell’espulsione dei clandestini e del contrasto all’insediamento degli stranieri sul territorio nazionale.
Non tutte le linee programmatiche menzionate sono condivisibili. Alcune non sembrano agevolmente realizzabili o non è certo che garantiscano il raggiungimento degli obiettivi. Ad esempio, io non apprezzo che qualcuno si appresti a circoscrivere le intercettazioni ed a vietare la divulgazione dei loro risultati con pericolo per l’incisività delle indagini e la libertà di stampa; dubito che possano essere realizzati con immediatezza l’accorpamento dei Tribunali o la soppressione della sospensione dei termini estivi.
I nodi politici più rilevanti che emergono dalla lettura dei due programmi sono tuttavia altri. Stupisce che non siano state scritte alcune cose che ci si aspettava di leggere. Da parte del Pd, la tradizionale dichiarazione in difesa della separazione dei poteri e dello Stato di diritto.
Da parte del Pdl, la scrittura di alcuni motivi dominanti della politica sulla giustizia di FI, come la separazione delle carriere dei magistrati (si parla, soltanto, di una più accentuata distinzione delle funzioni) nonché l’apparizione di alcuni spunti che alcuni giorni fa avevano costituito oggetto di indiscrezioni, come l’allargamento dello spazio dell’immunità parlamentare a tutela dei parlamentari inquisiti.
Non è il massimo per il cittadino che si appresta a votare, che riscontra che tutti i partiti promettono più giustizia e più sicurezza, ma constata di non essere in grado di prefigurare con sufficiente chiarezza ciò che sarà, domani, il volto reale della giustizia italiana e la condizione effettiva della sicurezza.
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