Giustizia/Carcere- Osapp replica a Fini : la pena deve essere rieducativa
Dire, 3 marzo 2008
"La proposta avanzata ieri a Firenze dal presidente Fini ci sembra singolare". È questo il commento del Segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci, sulla proposta di Gianfranco Fini di far lavorare i condannati per risarcire i danni causati dal reato.
Se fosse da prendere in considerazione, per la risposta che si vuole dare alla grave crisi del sistema carcerario - rimarca Beneduci - partirebbe comunque da un assunto sbagliato, quello del "chi sbaglia paga". Non dimentichiamo che la pena deve tendere alla riabilitazione - sottolinea l’Osapp - e certamente non è escluso che il lavoro possa valutarsi come lo strumento migliore per l’obiettivo che ci si propone di raggiungere.
Ma qui, aggiunge il segretario Osapp, "sembra che manchino proprio quelle finalità cui deve tendere, appunto, la pena, e ci sbalordisce il modo con cui sono ventilate certe logiche di riscatto che soverchiano i principi democratici, e di considerazione dell’uomo, su cui si basa la Costituzione Italiana". Ci terrorizza, poi, prosegue Beneduci, "il messaggio di chi considera il delinquente ancora come scarto della società, costretto a lavorare "tanti giorni e tante ore quanti ne servono a pagare il debito con lo Stato". Peraltro - dice ancora - già oggi il lavoro è utilizzato all’interno delle sezioni da quanti lo chiedono come attività da affiancare alla detenzione, ma non come misura imposta".
Oltre che per la motivazione con cui è stata avanzata, continua il segretario Osapp, "che non esamina essenzialmente il concetto della dignità, l’idea lanciata ci spaventa per quelle ragioni legate più propriamente al discorso dell’applicazione della misura". "Stimato, infatti - aggiunge il rappresentante della polizia penitenziari -, che l’80% del lavoro oggi è svolto dal detenuto per i servizi cosiddetti d’istituto, una volta scontata la pena, il "delinquente" non ha altra alternativa che tornare a commettere reati. L’inserimento sociale, a tutt’oggi, non è minimamente considerato". Fini, aggiunge Beneduci, "parla anche di "rispetto delle forze dell’ordine", e dimentica che ai 42.000 agenti, impegnati attualmente nelle sezioni dei 211 istituti italiani, non interessa il lancio occasionale di politiche che nella realtà sa benissimo non potranno mai realizzarsi".
La figura dell’agente di polizia penitenziaria, spiega il rappresentante del sindacato, "è ancora vista come la figura di un secondino, di una guardia che apre e chiude la cella, dimenticando l’apporto fondamentale che ciascun basco azzurro dà ogni giorno alla propria struttura. Neppure la destra - sottolinea -, per l’affanno delle uscite elettorali sorprendenti, è in grado, oggi, di porsi su posizioni nuove e coraggiose".
Se proprio, conclude Beneduci, la destra "vuole avere il rispetto dei 42.000 agenti del Corpo che l’Osapp rappresenta, inizi il presidente Fini a chiedersi quali leggi, anche nel passato governo Berlusconi, hanno reso meno dignitosa la vita dei nostri colleghi. Inizi ad interrogarsi sugli effetti che hanno causato i provvedimenti che portano anche il suo nome, e forse - conclude il segretario Osapp -, solo in quel caso, potremo indirizzare il dibattito sulle gravi questioni che tormentano il nostro sistema".
"La proposta avanzata ieri a Firenze dal presidente Fini ci sembra singolare". È questo il commento del Segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci, sulla proposta di Gianfranco Fini di far lavorare i condannati per risarcire i danni causati dal reato.
Se fosse da prendere in considerazione, per la risposta che si vuole dare alla grave crisi del sistema carcerario - rimarca Beneduci - partirebbe comunque da un assunto sbagliato, quello del "chi sbaglia paga". Non dimentichiamo che la pena deve tendere alla riabilitazione - sottolinea l’Osapp - e certamente non è escluso che il lavoro possa valutarsi come lo strumento migliore per l’obiettivo che ci si propone di raggiungere.
Ma qui, aggiunge il segretario Osapp, "sembra che manchino proprio quelle finalità cui deve tendere, appunto, la pena, e ci sbalordisce il modo con cui sono ventilate certe logiche di riscatto che soverchiano i principi democratici, e di considerazione dell’uomo, su cui si basa la Costituzione Italiana". Ci terrorizza, poi, prosegue Beneduci, "il messaggio di chi considera il delinquente ancora come scarto della società, costretto a lavorare "tanti giorni e tante ore quanti ne servono a pagare il debito con lo Stato". Peraltro - dice ancora - già oggi il lavoro è utilizzato all’interno delle sezioni da quanti lo chiedono come attività da affiancare alla detenzione, ma non come misura imposta".
Oltre che per la motivazione con cui è stata avanzata, continua il segretario Osapp, "che non esamina essenzialmente il concetto della dignità, l’idea lanciata ci spaventa per quelle ragioni legate più propriamente al discorso dell’applicazione della misura". "Stimato, infatti - aggiunge il rappresentante della polizia penitenziari -, che l’80% del lavoro oggi è svolto dal detenuto per i servizi cosiddetti d’istituto, una volta scontata la pena, il "delinquente" non ha altra alternativa che tornare a commettere reati. L’inserimento sociale, a tutt’oggi, non è minimamente considerato". Fini, aggiunge Beneduci, "parla anche di "rispetto delle forze dell’ordine", e dimentica che ai 42.000 agenti, impegnati attualmente nelle sezioni dei 211 istituti italiani, non interessa il lancio occasionale di politiche che nella realtà sa benissimo non potranno mai realizzarsi".
La figura dell’agente di polizia penitenziaria, spiega il rappresentante del sindacato, "è ancora vista come la figura di un secondino, di una guardia che apre e chiude la cella, dimenticando l’apporto fondamentale che ciascun basco azzurro dà ogni giorno alla propria struttura. Neppure la destra - sottolinea -, per l’affanno delle uscite elettorali sorprendenti, è in grado, oggi, di porsi su posizioni nuove e coraggiose".
Se proprio, conclude Beneduci, la destra "vuole avere il rispetto dei 42.000 agenti del Corpo che l’Osapp rappresenta, inizi il presidente Fini a chiedersi quali leggi, anche nel passato governo Berlusconi, hanno reso meno dignitosa la vita dei nostri colleghi. Inizi ad interrogarsi sugli effetti che hanno causato i provvedimenti che portano anche il suo nome, e forse - conclude il segretario Osapp -, solo in quel caso, potremo indirizzare il dibattito sulle gravi questioni che tormentano il nostro sistema".
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