Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com
sabato 26 giugno 2010
misure alternative “a tempo” e disco rosso a nuove assunzioni per polizia penitenziaria
di Patrizio Gonnella- Italia Oggi, 25 giugno 2010
Niente assunzione di nuovo personale di polizia penitenziaria ma introduzione di una nuova misura alternativa a tempo determinato. Questi sono i punti salienti del disegno di legge 3291-bis recante il titolo “Disposizioni relative all’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a un anno” approvato dalla commissione Giustizia della Camera dei deputati e ora all’esame dell’Assemblea di Montecitorio. Le possibilità che produca effetti prima della fine dell’estate sono a questo punto ancor più ridotte. Il cuore del disegno di legge riguarda l’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive o residui pena non superiori a dodici mesi. All’articolo 1 della proposta si fa riferimento a una futura riforma della disciplina delle misure alternative alla detenzione, senza indicarne le direttrici. Adesso si prevede che la pena detentiva non superiore a 12 mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, sia eseguita, ma non oltre il 31 dicembre 2013, presso l’abitazione del condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza. Non è questa una novità nel panorama legislativo penitenziario, in quanto anche il cosiddetto indultino del 2002 era una misura a termine di efficacia. Nella proposta si fa espresso riferimento a coloro che non potranno usufruire del provvedimento: i soggetti condannati per taluno dei delitti indicati dall’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario; i delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ai sensi degli articoli 102, 105 e 108 del codice penale; i detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare salvo che sia stato accolto il reclamo previsto dalla legge. Sono altresì esclusi i condannati per i quali vi sia la concreta possibilità che si diano alla fuga, ovvero sussistono specifiche e motivate ragioni per ritenere che possano commettere altri delitti, ovvero quando non sussista l’idoneità e l’effettività del domicilio anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato. Ecco che viene recuperata la discrezionalità di decisione della magistratura nella concessione. Se il condannato è nello stato di libertà, sarà il pubblico ministero a sospendere l’esecuzione dell’ordine di. carcerazione e a trasmettere gli atti senza ritardo al magistrato di sorveglianza affinché disponga che la pena venga eseguita presso il domicilio. La richiesta dovrà essere sempre corredata da un verbale di accertamento della idoneità del domicilio nel caso di tossicodipendenti che intendano sottoporsi a un programma di recupero e che dovranno andare in comunità pubblica o privata accreditata. Nel caso di condannati in stato di detenzione, spetterà alla direzione dell’istituto penitenziario trasmettere al magistrato di sorveglianza una relazione sulla condotta tenuta durante la detenzione. Il magistrato di sorveglianza dovrà decidere con ordinanza in camera di consiglio senza la presenza delle parti. Non vi sono termini perentori per la sua decisione. Vengono aumentate le pene per il reato di evasione. Non più da sei mesi a un anno ma da uno a tre anni nel caso di evasione semplice. Aumenta sino a cinque anni il massimo edittale nel caso di evasione realizzata con violenza e minaccia. Viene inoltre prevista una nuova circostanza aggravante. All’articolo 61 del codice penale si introduce il numero 11-quater che prevede aumenti di pena per chi commette un delitto non colposo durante il periodo in cui era ammesso a una misura alternativa alla detenzione in carcere. A seguito dei plurimi pareri sfavorevoli della commissione Bilancio sono stati soppressi gli articoli che prevedevano aumenti di organico del Corpo di polizia penitenziaria, nonostante fossero stati annunciati e previsti nel Piano carceri. Si offre invece la opportunità al ministero della Giustizia di abbreviare i corsi di formazione iniziale degli agenti del Corpo di polizia penitenziaria.
Intervento di RDB penitenziari al Convegno di Antigone
Il protagonismo degli operatori : come uscire dalla crisi penitenziaria preservando i diritti
In premessa voglioringraziare la mia organizzazione sindacale, RDB, non tanto e non solo per lo spazio di espressionee di parole concessami oggi ma per la quotidiana, incessante azione di tutela della dignità dei lavoratori del comparto Ministeri, sempre piùdimenticato e misconosciuto dall’Amministrazione Penitenziaria .
I contenuti del mio intervento risuoneranno , per gli addetti al settore, comeun “già sentito”. Ed è questo il dato più negativo. La situazione degli UEPE, negli ultimi anni, ènotevolmente peggiorata. Il mondo dell’Esecuzione Penale Esternaè rimasto inascoltato malgrado le ormai innumerevoli segnalazioni pacate, civili, costruttive, sensate. Nulla si è mosso e questo piano carceri tanto demagogicamente sbandierato è la riprova della nostra invisibilità simbolica e fattuale , figli/e di un dio minore,di un pensiero e di valori deboli rispetto alle muscolose certezze del maschio carcere.
Stato di disagio degli UEPE
Mai come negli ultimi mesi Rdb e le altre sigle sindacali sono state letteralmente tempestate da numerosissimi documenti attestanti lo stato di disagiodi profondo malessere degli UEPE.
Il primo dato che balza all’occhio è la gravissima carenza di organico che investe i nostri servizi : a
Cosenza 5 operatori su 22 previsti in pianta organica, Udine 9 su 22, Foggia 10 su 23 ,Roma 39 su 84 ma anche Alessandria, Trento, Napoli situazioni nelle qualii lavoratori hanno , anche, in alcuni casi, indetto lo stato di agitazione del personale.
Entro un quinquennio andranno in pensione qualcosa come 2/300 operatori, l’ultimo concorso risale al 2000 e non sono previste procedure di mobilità in entrata del personale. Le sedi distaccate di servizio, su cui l’Amministrazione ha precedentemente investito per la ristrutturazione dei locali , languono anch’esseper mancanza di personale di servizio sociale e amministrativo .
Per non parlare dei i tagli alle risorse essenziali (telefono, fotocopie) ,l’insufficienza delle macchine di servizio, la stessa benzina: A tale proposito lì dove si sopperisce a questa mancanze di risorse con gli spostamenti degli operatori sul territorio attraverso i mezzi pubblici questi anticipano spese che si vedranno rimborsate , forse a distanza di sei mesi. Oltretutto ricordiamo che gli assistenti sociali non usufruiscono dell’indennità di trasferta, toltaci nel 2005.
In un’ottica globale comprendiamoil tramonto del Welfare, la necessità di razionalizzare la spesa, l’impopolarità di investire sul recupero e non sulla mera punizione del condannato , ma non si può andare avanti così.
Contraddizioni
Da anninel settore un dato balza agli occhi in tutta la sua paradossale evidenza; la netta contraddizione tra le strategie di indirizzo di politica gestionale che hanno contraddistinto in questi ultimi anni la Direzione Generale dell’Esecuzione Penale esterna e lo stato di abbandono in cui versano gliufficichiamati poi a incarnare l’operatività indicata, gli UEPE.
Nel convegno di Pescara organizzato dal Casgnel 2007 l’alloraDirettore DGEPE Turrini Vita, che abbiamo salutato senza alcun rimpianto, affermava come “fosse imprescindibile che i nostri uffici garantiscano standard qualitativi, sia nella fase dell’osservazione che dello svolgimento delle misure alternative”.In quella prospettiva vannolette le circolari che, dal 2003 , ci hanno visto destinataridelladefinizione/organizzazione di standard quantitativi che potessero da un lato fornirealla magistraturain fase di osservazione un prodotto più approfondito e completo ( vedi Pea) dall’altro assicurare nel corso della espiazione penaleuna gestione definita più attenta e de efficace ( vedi circolare sul controllo degli affidati) fino all’ultima afirma del presidente Ionta dove veniamo invitati a intensificare le visite domiciliari e a comunicarne la quantità.
Ma la qualità non si costruisce anche con le risorse? Di creatività il lavoro sociale ne richiede molta ma ciò non significa creare dal nulla!
Non è questa la sede, per ragioni di spazio e di tempo, per soffermarci sui singoli provvedimenti e sulla loro incongruenza con una quotidianità del lavoro sociale dovela complessità,e la necessità di un approccio multifattoriale non possono essere appiattiti in una logicaquantitativa e deterministica.Ciò non significa sottrarsi alla possibilità di migliorare e approntare buone prassi generalizzandole sul territorio ma compartecipare, condividere la costruzione di metodologie dal basso. Un’organizzazione già farraginosamente verticistica, se non fa lo sforzo di fissare i propri obiettivi condividendoli e co-costrunedoli nel locale, sul territorio, diventaun’organizzazione lontana distante, non in grado di leggere e aiutare l’operatività concreta.
L’”alternatività”dell’ Esecuzione Penale Esterna
Noi operatori appena abbiamo la possibilità di riflettere sul mandato che ci è stato assegnato dall’ordinamento penitenziario, sul patrimonio preziosissimo di esperienze di vita, di storie di recupero sociale, di successi sotto il profilo dell’integrazione ci chiediamocon sgomento :
perché la politica è così disattenta a questo settore? Dove si è inceppato il meccanismo, dove non si è riusciti a dare una rappresentazione della realtà delle misure alternative che sono semplicemente piùefficaci, più economiche, più civili del carcere?
La Costituzione, l’ordinamento penitenziario e le successive modiche, ma anche i criteri di economicità e , permettemi,il buon senso sono con noi… eppure la politica è attanagliata dentro a questa logica securitaria, repressiva dove il carcere, riconosciuto dagli studi di settore come “criminogeno” trionfa in tutta la sua sinistra e drammatica pericolosità.
Si perchèse guardiamo alla realtà dei fatti il carcere estranea, de-contestualizza, rende passivi nella migliore delle ipotesi, non ha neanche più quella funzione di deterrenza che poteva rivestire un tempo…in unaprovocazione un po’ forte direi che è socialmente pericoloso.
C’è da rabbrividire al pensiero che un paese che ha una tradizione democratica e civile come la nostra pensi di affidare al carcere al risoluzione di problematiche sociali come l’ondata migratoria, il consumo di sostanze stupefacenti, il disagio psichico. Certo la popolazione detenuta non è composta solo da queste componenti ma ne sono sicuramente la maggioranza.
Proviamo a ragionare con i numeri e con la brutalità del contenimento della spesa pubblica e ne usciamo vincenti: i costi di un affidato o di un detenuto domiciliare sono infinitamente minori a quelli di un detenuto. Abbiamo anche provato a calcolarlo e a raffrontare il dato.( vedi calcolo)
Le strutture Uepe incidono sul bilancio dell’Amministrazione penitenziaria in percentuali residuali rispetto agli istituti penitenziari .
Il personale del comparto ministeri dal punto di vista contrattuale non gode sicuramente di un trattamento economico , pensionistico e accessorio di cui è benificiario il corpo della polizia penitenziaria.
Un migliaio o poco più di assistenti sociali hanno gestito sul territorio nazionale qualcosa come 45.ooo misure alternativa poco prima dell’indulto. Contemporaneamente a fronte di una popolazione carceraria di 60.000 persone vi erano molte migliaia in più di poliziotti penitenziari. Sappiamo che non sono due rapporti strettamente raffrontabili, ma il dato resta.
E quindi il terreno dei costi è assolutamente a nostro favore.
Sull’efficacia in termini di prevenzione della recidiva,inutile ripetere il dato ovvio e risaputo dell’enorme divario tra la percentuale di recidivi provenienti dagli istituti e la quota minima riguardante le misure alternativa.
E come il PIL non è l’unico indicatore di benessere di un paese ,maesistono molte altri indici che fotografano ulteriori aspetti,così dobbiamo ricordare che, oltre a costare meno sul piano economico la misura alternativa è complessivamentepiù vantaggiosa .
Unaffidato in prova al servizio sociale si confronta con la costruzione-ricostruzione di un patto sociale violato dalla commissione di un reato: qui il lavoro, gli affetti, l’impatto con la società, la riparazione del danno non sono aspirazioni impraticabili, sogni impossibilida recluso dietro alle sbarre, inabilitatonelle sue dimensioni di attore sociale, ma aspetti su cui costruiree scontrarsi una pratica quotidiana.
Il carcere, lo sappiamo benenoi operatori, falsa la prospettiva e ic omportamenti: quante volte parliamo di manipolazione di strumentalizzazione da parte dei detenuti, di rapporto profondamente condizionato dal bisogno impellente di uscire e di essere liberi. Naturalmente neanche in area penale esterna non vi è un accesso volontario da parte dell’utenza ed esiste un rapporto forzato, ma il contesto è completamente diverso!
Per noinon esiste il “quando sarò fuori” ma il film è in presa diretta …con tutte le sue scommesse, i suoi rischi ma anche le enormi possibilità di progettazione e di movimento. Il cambiamento può essere solo dinamico e non maturare nella cristallizzazione vuota dei giorni!
Per quanti dei nostri utenti la misura alternativa è occasioneper confrontarsi, anche condisagio e fatica,con le proprie famiglie, con la comunità terapeutica di cui si è ospiti, con ipropri datori e compagnidi lavoro, dimostrando impegno, affidabilità, tenuta , competenza?
Il lavoro e l’educazione al lavoro costituiscono occasioni decisive di empowerment. Quando si riesceè a partire da questa prima dimensione che spesso si riavvia un nuovo corso, ci si ricommette sul piano della fatica, della pagnotta.
Il “ fare” è il primo tassello di ricomposizione di una identità, il blocco di partenza da cui tentare di fare uno scatto.
Un altro aspetto decisivo è quello dei rapporti famigliari. Per molti dei nostri utenti i rapporti con i genitori, con lamoglie ola compagna , con i propri figli non è fatta dipure velleità paterne , o di idealizzazioni , ma di una quotidianità anche sofferta ,di gesti, di responsabilità assunte . L’utente-bersaglio, il focus molto spesso è sull’insieme del nucleo famigliare,che sì supporta, sostiene, ma spesso anche interroga sulla coerenza, valuta l’onestà del famgliare, la soppesa , la giudica.
Per quanti dei nostri utenti l’espiazione penaleesterna è occasione di responsabilizzazione in ordine a quanto commesso, attraverso un percorso costante e continuo di rivisitazione delproprio agito? E’ più utilema anche più scorticante stare in cella 20 ore , con tanti altri reclusi, solo a macerarsi o rientrare nell’arena sociale con la consapevolezza di dover recuperare un’immagine di sé al mondo?
Per quanti e mi riferisco alle realtà numerose ormai dove sono in atto percorsi di giustizia ripartiva significa scommettersi nel mondo associazionistico prestando un lavoro socialmente utile?
Per molti significa venire a contatto con una logica della pena non tanto e non solo retributiva ma educativa, promozionale in una logica di educazione alla legalità, di sperimentare con il sevizioquel famoso rapporto fiduciario di cui ci parla nel regolamento d’attuazione. Se c’è il rapporto fiduciario, la misura funziona, se non c’è, non vi sono mistificazioni che tengano. Fuori, all’aria aperta, ci pensa la vita a non farti bluffare.
Per alcuni, e mi riferisco soprattutto ad alcuni percorsi di inclusione di stranieri, difficili, pieni di intoppi e difficoltà può anche significare occasione discoperta o appropriazione di un territorio , inclusione, prima mai avvenuta.
L’altro giorno parlavo con una collega dicomunecon cui si è costruito tutto un programma di assistenza domiciliare che dura ormai da un anno per un egastolano ammesso alla detenzione domiciliare provvisoria,una persona che si è macchiata di delitti efferatissimi. Ecco credo che in queste operazioni il primo risultatoche il Ministero della Giustizia nella sua amministrazione della pena ottiene siaproprio quello di non cedere a gogne forcaiole e ma di rappresentare uno Stato democraticamente e civilmente “forte” nel dare risposte e servizirispettosi della dignità umana.Anche a chi di rispetto per la dignità altrui non ne ha avuta affatto. Questo è il compito di istituzioni consapevoli del proprio ruolo, non quello di imprigionare e buttare via la chiave!
Quella che fanno gli Uepe è poi promozione di una politica penale locale basata sulla costruzione di progetti condivisi con i servizi socio-sanitari, con gli enti locali dei Comuni, con le associazioni , ma anche con le realtà del lavoro dai singoli privati datori di lavoro alle cooperative sociali. Ricordiamoci che la devianza viene prodotto e ritorna al territorio ed è lì che bisogna costruire prevenzione.
Non vorrei dare una visione eccessivamente romantica delle misure alternative, esistono le difficoltà, i fallimenti, i margini di miglioramento nella presa in carico e nelle varie attività.
Sicuramente all’interno del nostro paese vi sono poi realtà operative molto diverse : il lavoro che ormai con difficoltà si trova ancora al nord è assolutamente carente al sud, la presenza dei fenomeni criminali presenta connotazioni quantitative e qualitative profondamente diversema, in Piemonte come in Sicilia, la richiesta degli UEPE e di poter disporre di “risorse proprie” per poter attivare percorsi di reinserimento sociale con un ruolo da protagonisti e non da elemosinieri.
Quante volte di fronte allanostra richiestadi “investimento” sui nostri utenti , da parte dei Servizi Sociali dei Comuni, mi sento dalle colleghe rivolgere la fatidica domanda : ma il vostro Ministero non mette nulla? Come ricoprire come serviziun ruolo da protagonisti attivicon l’attribuzione di risorse quali borse-lavoro, il finanziamento di progetti di reinserimentoe accompagnamento in ambito lavorativo davvero utilissimi .
Si rimprovera alla misure alternative di non essere sufficientemente afflittive, di non contenere al proprio interno una sufficiente retribuzione…chi lavora quotidianamente in questo settore sa invece come l’aspetto del controllo sociale e di polizia sia comunque molto presente.
Queste richieste presentatea gran voce dagli operatori Uepe da un decennio e rimaste inascoltate si ripresentano in tutta la loro forza in prospettiva dell’approvazione del DDL Alfano che prevede, almeno nel testo di cui si è potuta prendere visione sino ad oggi, che
Copia del provvedimento che dispone l'esecuzione della pena presso il domicilio è trasmessa senza ritardo al pubblico ministero nonché all'ufficio locale dell'esecuzione penale esterna per gli interventi di sostegno e controllo. L'ufficio locale dell'esecuzione penale esterna segnala ogni evento rilevante sull'esecuzione della pena e trasmette relazione trimestrale e conclusiva.
Anche quila parte più coraggiosamente innovativa , l’introduzione della messa alla prova già nella fase di cognizione, è stata stralciata, mentre sipensa di poter ricorrere ( con tutte le problematicità connesse) alla detenzione domiciliare come strumento di deflazione della popolazione carceraria.
Chi come noigestisce quotidiamente i detenuti domiciliari sa quanta fatica e attenzione richiedono in termini di fruibilità del territorio, di esigenze le più disparate, da quelle sanitarie a quelle famigliari e di lavoro.
Un detenuto domiciliare è molto faticoso in termini di sostegno e controllo e gli UEPE non potranno accollarsi quest’ulteriore competenza a costo zero!
Al Ministro e a al Presidente Ionta
Chiediamo alla politica di invertire la rotta e di essere semplicemente dotata di senso e di buon senso:ma davvero alla società interessa una persona che esca nella migliore delle ipotesi come prima da un carcere, quando non peggiore ?
Glioperatorichiedono a gran voce, almeno, un minimo dichiarezza.
In altreparole,che fine si vuol far fare agli UEPE?
Se non si crede nelle misure alternative, se si disinveste costantemente, l’Amministrazione decida che ne sarà di noi.
Sapremo prendere le nostre contromisure, perché nulla è più disorientante e offensivo per la nostra storia professionale e per una cultura di servizio costruita in 30 anni con tanta dedizione ed entusiasmo, di questa lentae, per noi assurda, agonia. Ed è anche destabilizzante per gli interlocutori istituzionali e non.
Il disegno è quello di far sparire gli Uepe? Di “avere un’unica amministrazione con un’unica divisa”, come ebbe a dire il Presidente Ionta in un incontro al Provveditorato di Padova con le organizzazioni sindacali lo scorso anno?
Sequand’anche qualcuno ci abbia minimamente pensato, qualeèlo sviluppo di progetto per l’esecuzione penale esterna ? ( il timore è che non ci sia proprio nessun pensiero in materia..)
E nel caso vi sia un minimo di proposta, quali priorità assumere? Come se non fossimo padroni del nostro destino , ma dovessimo ogni volta rispondere e adeguarci a una politica emergenziale rispetto alla quale dobbiamo sempre subordinarci.
Alla Direzione Generale Esecuzione Penale Esterna
Quindi qualche proposta al nuovo Direttore DGEPE Dr.ssa Culla : valorizziamo l’esperienza trentennale degli UEPE e ripartiamo dai saperi vivi e vitali di questo serviziper
-valutare prassi e metodologie in atto per valorizzare il bagaglio di esperienze sin qui maturate nel campo del reinserimento sociale
-promuovere una cultura del lavoro perprogetti ,anche per consolidare quelle reti territoriali di fronteggia mento delle problematiche già così meritoriamente costruitema che necessitano di stabilizzazione e manutenzione
-costruiamo ipotesi di studio e ricerca sui territori per conoscerne le mappe di devianza, gli interventi intrapresi , la fenomenologia dei reati e i dispositivi di fronteggia mento
-una formazione ( e questo è un capitolo delicato) che ci permetta di disporre di un saperegiuridico e criminologico più adeguato
-incentiviamo le iniziative di sinergia( Piani di zona , convenzioni) con gli altri servizi pubblicie con il terzo settore.
Alla Magistratura di Sorveglianza
Permettemi una piccola ultima digressione sui rapporti con la Magistratura di Sorveglianza: a quasi 4 anni dall’indulto i dati ci dicono che siamo a circa 11.000 misure alternative : 6996 affidamenti, 3886 detenzioni domiciliari e 854 semilibertà . Si evidenzia come per molti Tribunali vi sia il ricorso massiccio alla detenzione domiciliare per vari motivi:
-maggiore afflittività della misura rispetto all’affidamento
-maggiori controlli da parte delle Forze dell’ordine
-impianto prescrittivo molto più rigido
Rispetto agli orientamenti della Magistratura, allo scollamento che spesso avvertiamo tra le nostre proposte nel corso delle osservazioni in libertà o dell’equipe trattamentali nelle osservazioni della detenzione, ad un maggior peso dato spesso alle notizie delle Forze dell’Ordine che sovrastano e annullano quelle pisco-sociali, ad una prudenza divenuta in alcuni casi addirituttura timore a scommettere su una misura alternativachiediamo l’apertura di tavoli operativi con i Magistrati dove poter individuare un linguaggio comune teso da un lato a tutelare la sicurezza pubblica e dall’altro al recupero del condannato.
Agli operatori UEPE , agli altri operatori dei servizi, alla società civile
Infine un appello alle lavoratori : è giunto il momento di far sentire con ogni mezzo la nostra voce , come organizzazione sindacale lanciamo la proposta di indire una giornata di mobilitazioneche ci veda uniti e compattisu tutto il territorio nazionaleper rivendicare una possibilità di far vivere una cultura altradella pena , più civile e rispettosa dei diritti umani di tutti.