L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

venerdì 29 febbraio 2008

Giustizia/Carcere- Ass. Antigone: sono già 7.700 i detenuti "di troppo"

Redattore Sociale, 29 febbraio 2008

Sono 50.851 i reclusi nelle carceri italiane (al 21 febbraio), il 60% è in attesa di giudizio. Il 35% è straniero e il 23,4% tossicodipendente.
Nelle carceri italiane ci sono più imputati che condannati. Ogni dieci detenuti sei sono in attesa di giudizio. Soltanto 20.190 dei 50.851 detenuti è stato condannato. Il 35% è straniero e il 23,4% tossicodipendente. Questi gli ultimi dati aggiornati del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, relativi al 21 febbraio 2008, presentati dall’Associazione Antigone.
Nelle carceri italiane è di nuovo sovraffollamento. Ad oggi sono detenute 7.702 persone in più rispetto alla capienza. L’indulto aveva liberato più di 25mila persone. Così dai 61.264 detenuti del 30 giugno 2006 si era passati al minimo storico dei 33.326 nel settembre 2006. Ma le leggi sulle droghe, sull’immigrazione e sulla recidiva hanno continuato a far aumentare gli ingressi in carcere, con una incremento di 1.000 persone al mese.
La capienza regolamentare di 43.149 posti è stata superata il 30 giugno 2007 con 43.957 presenze ed è continuata ad aumentare fino alle 48.693 unità del 31 dicembre e le oltre 50.000 del 21 febbraio 2008. Senza l’indulto - stima Antigone - saremmo oggi di fronte alla cifra record di 72.000 detenuti. Eppure il tasso di carcerazione in Italia è tra i più bassi in Europa: 94 detenuti ogni 100.000 abitanti. Meno di un terzo dei 321 dell’Estonia, che detiene il primato seguita da Lettonia, Lituania e Polonia. Ma anche molto meno della Spagna (146) o della Gran Bretagna (145).
Un dato tipico della popolazione carceraria italiana è quello dei detenuti in attesa di giudizio: sono il 60%, 29.166 persone, più dei condannati, complice la lentezza dei procedimenti penali nel nostro Paese. Tra i condannati, il 29,5% sconta una pena per reati contro il patrimonio, il 16,5% contro la persona, il 15,2% per violazioni della legge sulle droghe, il 3,7% per reati contro l’amministrazione e il 3,2% per associazione mafiosa.
Le donne rappresentano il 4% dell’intera popolazione carceraria. Per loro non vale il problema del sovraffollamento, visto che le detenute sono 2.278 su 2.358 posti disponibili. Tuttavia sono ancora 50 le detenute madri con bambini al seguito, di età inferiore ai tre anni.
I detenuti stranieri sono il 35% della popolazione. Nel 1990 erano solo l’8%. Perlopiù si tratta di africani. Il 23,4% dei detenuti è tossicodipendente e il 4% in trattamento metadonico. Un altro 2% ha problemi di alcolismo. Per quanto riguarda la durata delle pene, il 31,9% dei detenuti sconta pene inferiori ai tre anni, che - sostiene Antigone - "potrebbero astrattamente usufruire delle misure alternative". Il 21,3% sconta pene tra i tre e i sei anni ed il 46,8% sconta pene di durata superiore.

Usa, emergenza carceri: in prigione un americano su 100


www.vita.it- di Alessandra Marseglia- 29/02/2008
Record mondiale nel 2007: dietro alle sbarre 2,3 milioni di persone, un giovane AfroAmericano su nove. Effetto della “tolleranza zero” degli anni 80
Notizia shock ieri su tutti i principali quotidiani americani: gli Usa guidano la classifica mondiale dei Paesi con il numero più alto di detenuti. Un report stilato dal Pew Center on the States rivela che oggi in America dietro le sbarre ci sono oltre 2,3 milioni di persone, un numero superiore a quello di qualunque Paese, – Cina compresa che segue gli Usa ma a distanza - sia in assoluto, sia in percentuale sul totale della popolazione. In pratica, in cella c'è oggi un americano adulto su 100, e la concentrazione è impressionate tra gli Afro Americani: i numeri parlano addirittura di un detenuto su nove tra maschi di età tra i 20 e i 34 anni. Stesso discorso per le donne: nella fascia tra i 35 ai 39, è in galera una donna di colore su 100, mentre per le donne bianche la proporzione è di una su 355. Situazione preoccupante anche per gli Spanici, considerato che uno su 36 è dietro le sbarre.
L'incremento del numero dei detenuti è dovuta essenzialmente alla politica incentrata sulla “tolleranza zero” lanciata a metà degli anni 80, i cui maggiori effetti si sono visti soprattutto nello scorso decennio. Allora, leggi particolarmente dure – come quella che sbatteva in prigione anche chi veniva sorpreso per più di tre volte sotto effetto di cocaina e crack – fecero lievitare il numero dei detenuti con ritmi vicini all'80%, fino a 86 mila persone per anno.
“Non c'è dubbio che mettere dietro le sbarre i criminali violenti e che si macchiano di reati gravi abbassi il rischio di crimine nelle strade” ha commentato ieri Adam Gelb, direttore del Pew Center's Public Safety Performance Project e uno degli autori del report. “D'altra parte c'è un gran numero di persone dietro le sbarre che potrebbero essere sorvegliate in comunità ad hoc, sicure, efficienti e a costi più bassi”.
Ciascun detenuto, infatti, costa a governo federale e quello di ciscuno Stato una cifra superiore a 23 mila dollari all'anno, per un totale di oltre 55 miliardi di dollari complessivi. Ciascuno Stato mediamente spende per le prigioni il 7% del bilancio, all'incirca le stesse risorse che dedica all'educazione scolastica. Per le carceri, insomma, gli efficienti Stati americani rischiano grossi buchi di bilancio, un buon motivo questo per ripensare il modo di gestire chi viola la legge.
In realtà dal 2000 ad oggi qualcosa è già cambiato. Uno stato come la Florida, ad esempio, che negli ultimi 15 anni aveva duplicato il numero dei detenuti, ha sperimentato un leggero calo, esattamente come New York che è oggi sotto il livello raggiunto nel 1993. In California, storicamente lo Stato con più detenuti, il numero è calato di 4000 persone l'anno scorso, lasciando al Texas il primato con 172,000 persone dietro le sbarre. Anche lo Stato di George W. Bush, noto per il numero record delle condanne a morte eseguite, sta lentamente seguendo la strada degli altri Stati, apportando alcune correzioni al sistema giudiziario, come l'inserimento di programmi di trattamento per tossicodipendenti e della libertà vigilata per alcune categorie di reati.
I 25 mila nuovi detenuti del 2007 e il triste record raggiunto quest'anno indicano, tuttavia, che quanto fatto non è ancora sufficiente per invertire la rotta.

FERRERO SUL SOVRAFFOLLAMENTO DELLE CARCERI

Dati sulla popolazione carceraria diffusi oggi da Antigone: “L’Italia rischia una deriva verso lo Stato penale, in carcere soprattutto poveri e soggetti deboli”.
Il Ministro Ferrero: “I dati diffusi oggi dall’Associazione Antigone sulla situazione carceraria italiana dimostrano non solo il superamento di qualsiasi soglia d’allarme ma anche una evidente crisi. Di fronte a dati che ci parlano di un 23,4% dei detenuti tossicodipendenti e di 35% di stranieri non ci si può non domandare se il carcere non sia chiamato oggi a risolvere le contraddizioni della società piuttosto che a favore il recupero sociale di chi ha commesso un crimine. Dinanzi a questo quadro è necessario interrogarsi sulla funzione reale della pena nel nostro Paese e sanare le contraddizioni più evidenti attraverso forme alternative alla detenzione”.

Giustizia/Carcere- L’Europa è "unita" contro il sovraffollamento

Redattore Sociale
Parte oggi la campagna della "Federazione sindacale europea dei pubblici servizi" (Fsesp). Iniziative in 20 città. Almeno 600.000 i detenuti nell’Ue, il 125% della capienza regolamentare.
Parte oggi la campagna della "Federazione sindacale europea dei pubblici servizi" (Fsesp) contro il sovraffollamento nelle carceri. Previste iniziative in 20 città di 10 Stati europei e una manifestazione a Bruxelles, dove 500 delegati del settore penitenziario di tutta Europa si sono dati appuntamento davanti all’edificio Justus Lipsius, sede del Consiglio dei Ministri, dalle 12 alle 15. Ieri 1.000 persone hanno manifestato a Madrid e nella sola Austria sono previste iniziative in 28 case circondariali.
I detenuti in Europa sono circa 600.000, di cui 131.000 in attesa di giudizio. La popolazione carceraria è pari, in media, al 125% della capienza regolamentare. In alcuni paesi, il sovraffollamento sfiora il 200%. Una situazione che genera enormi pressioni sul personale penitenziario. Con questa protesta la Fsesp "chiede che la questione del sovraffollamento delle carceri sia inserita all’ordine del giorno dell’Ue e che venga garantito il miglioramento delle condizioni di lavoro all’interno dei penitenziari riducendo il numero dei detenuti".
Nell’Ue, la popolazione carceraria è aumentata negli ultimi dieci anni in 23 Stati su 27 e in 14 su 27 ha superato il limite della capienza regolamentare. Secondo Fsesp, il sovraffollamento "riduce la capacità di controllare crimini e violenza e aumenta la diffusione nelle carceri di malattie e persino di suicidi".
"Il sovraffollamento genera trattamenti inumani e degradanti, a prescindere dalla buona volontà degli operatori penitenziari" dichiara Mauro Palma (rappresentante italiano del "Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti" del Consiglio d’Europa). Ma, continua Palma, "il sovraffollamento non si risolve con i piani edilizi". Quello che serve, secondo Palma, è "una nuova politica penale e sociale".
Perché "non tutti i reati richiedono una sanzione detentiva e perché un investimento sociale ha un’azione preventiva rispetto a certi reati. E alla lunga risulta essere conveniente. Perché le carceri costano.
E - conclude - se si spende di più per costruirne di nuove, si dovrà poi tagliare le spese dei servizi di assistenza e integrazione oppure privatizzarle, perché la società non è favorevole a carichi fiscali troppo elevati per i detenuti". D’accordo anche Patrizio Gonnella (Associazione Antigone): "I magistrati e le forze dell’ordine sono impegnati nella repressione di fatti che potremmo decidere a tavolino non essere penalmente rilevanti".
Gonnella ha ricordato il rapporto di fine 2007 del Ministero dell’Interno, che dava in diminuzione il numero dei reati commessi in Italia. E ha parlato dell’indulto come "una occasione persa". "Eravamo scesi a 33.000 detenuti, si poteva intervenire con un piano di riforme e riorganizzazione, ma ciò non è avvenuto". E non è avvenuta nemmeno l’approvazione della legge sul garante dei detenuti, né quella che istituiva il reato di tortura, 21 anni dopo la ratifica dell’Italia della Convenzione dell’Onu contro la tortura, nel 1982. Entrambe erano state approvate alla Camera, ma con le elezioni anticipate il loro iter è stato bloccato.
I rappresentanti del personale penitenziario in Europa chiedono "un detenuto per cella" e "un agente per detenuto", un "potenziamento del personale medico sanitario" e soprattutto la riduzione del numero di detenuti attraverso "l’introduzione di misure non detentive" e la "riduzione del numero di detenuti in attesa di processo", che in Italia erano 29.166 su un totale di 50.851 nel settembre 2006. E infine la depenalizzazione di alcuni reati, a partire dal reato di clandestinità. Infine viene chiesto anche un potenziamento del ruolo del difensore civico e dei deputati nazionali nelle visite ispettive nelle carceri.

giovedì 28 febbraio 2008

Carcere- Una manifestazione a Bruxelles e numerose iniziative celebrano oggi la Giornata europea contro il sovraffollamento delle carceri

Radio vaticana
“No al sovraffollamento delle carceri”. Questo il titolo della manifestazione che si sta svolgendo a Bruxelles in concomitanza con la riunione dei ministri di Giustizia e degli Affari interni della UE. Organizzata dal Sindacato europeo dei servizi pubblici, l’iniziativa mira a riportare l’emergenza carceri all’attenzione della politica comunitaria. Le persone, condannate in via definitiva o in attesa di giudizio, che affollano le carceri europee sono oltre 600 mila, una cifra che, in quasi tutti gli Stati membri, non ha cessato di crescere negli ultimi anni e che in 14 Paesi supera il limite della capienza regolamentare. Spazi insufficienti dunque a garantire condizioni di vita dignitose ai detenuti e difficoltà sempre maggiori per i dipendenti del settore: polizia, educatori, assistenti sociali. La situazione più drammatica si registra in alcune aree dell’Europa Orientale, dove l’eccesso di presenze rispetto alla capienza delle strutture arriva anche al 200 per cento. Da qui l’istituzione, da parte della Federazione sindacale europea dei Servizi pubblici, della Giornata europea contro il sovraffollamento delle carceri. Oltre alla manifestazione a Bruxelles, sono in corso oggi, in circa 20 città dell’Unione, conferenze e eventi finalizzati alla denuncia del dramma carcerario. A Roma si è svolto un incontro dal titolo “Un’Europa sociale, non l’Europa delle prigioni”. Presente tra gli altri anche Mauro Palma, Presidente del Comitato Europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti. “Negli istituti penitenziari – ha affermato – si possono creare condizioni inumane anche a prescindere da una precisa volontà di tortura e il sovraffollamento è una di queste”. Il problema, ha aggiunto non si risolve solo con la costruzione di nuove strutture, ma soprattutto con un incremento del sostegno sociale e con un maggiore rispetto dei diritti fondamentali della persona. (S.G.)

GIUSTIZIA/CARCERE- Sovraffollamento delle carceri, la Cisl scrive al Presidente della Repubblica


On. Giorgio Napolitano
Presidente della Repubblica
Palazzo del Quirinale
Roma 28 febbraio 2008
Caro Presidente
Il 28 Febbraio 2008 è stato scelto come giorno di “azione Europea per il sovraffollamento delle carceri”. Quasi tutti i aesi d’Europa condividono questo grave problema.
La CISL salutò con favore il provvedimento di indulto varato dal Parlamento nel 2006. Ma era necessario che nelle ore degli effetti contingenti dell’indulto, si avviasse una riforma strutturale ed organizzativa del sistema enitenziario e della giustizia. Oggi siamo pressoché nelle stesse condizioni in cui eravamo nel giugno 2006. Gli ffetti contingenti dell’indulto si sono esauriti e non si è provveduto ad avviare alcuna riforma. La capienza degli stituti penitenziari è stata abbondantemente superata – 51.000 detenuti presenti, circa - e si stima che per la fine del 008 la popolazione detenuta sarà numericamente superiore a quella del giugno 2006. I tribunali continuano a non unzionare. Il sistema carcerario è al collasso con una situazione di carenza organica consolidata nell’ambito della mministrazione Penitenziaria. E’ del tutto superfluo evidenziare che tali condizioni attentino al diritto fondamentale lla dignità umana sia dei lavoratori, sia dei detenuti. L’eccessivo sovraffollamento delle carceri italiane pone a rischio li stessi principi costituzionali sulle finalità della pena, e non consente agli operatori di svolgere con efficienza ed fficacia il proprio lavoro, aumentandone i rischi personali e comprimendone i livelli di motivazione e di rofessionalità.
Caro Presidente, abbiamo apprezzato e conosciamo bene la Sua sensibilità su questa spinosa ed importante uestione. Alle istituzioni ed alla politica, tramite la Sua fondamentale azione di garante della Costituzione, vogliamo videnziare, ancora una volta la drammaticità, della condizione carceraria nel nostro paese e le proposte che il indacato ha formulato da tempo per uscire da questa triste condizione.
Le vorrei elencare alcune delle nostre proposte:
• aprire le carceri già pronte e sbloccare gli investimenti per colmare le carenze organiche tra gli operatori enitenziari e per la formazione durante tutto l’arco della vita lavorativa;
• un nuovo sistema di misure alternative che attualizzi la Legge Gozzini, ampliando le alternative alla etenzione, che utilizzi le nuove tecnologie ed i nuovi approcci scientifici, tecnologici, psicologici e sociali;
• attivare per i detenuti con residui di pena inferiori a tre anni (circa il 20% della popolazione carceraria) nuovi
istituti detentivi e trattamentali;
• sperimentare accordi internazionali bilaterali e norme nazionali che consentano ai detenuti stranieri (circa il 0%) con condanne definitive di scontare le pene nei Paesi d’origine.
Il trascorrere dei tempi di prescrizione vanifica oggi l’operato delle forze di polizia e della magistratura, garantendo na impunità diffusa ed una maggiore attrazione del crimine. Oltre 122.000 procedimenti penali sono stati oggetto di ecreto di archiviazione nel 2006, non hanno cioè superato nemmeno la fase delle indagini preliminari, per ntervenuta prescrizione.
Pevenire il sovraffollamento della carceri, per noi, significa, anche, far funzionare bene i tribunali e annullare le impunità diffuse. Questo è l’appello che i lavoratori ed il sindacato rinnovano in questa giornata europea di mobilitazione.
Si può e si deve intervenire per ridurre il sovraffollamento carcerario, assicurare giustizia, sicurezza e dignità per gli
operatori penitenziari.
Con la più viva cordialità
Raffaele Bonanni

CARCERI/ GIUSTIZIA- 51MILA DETENUTI, 7000 AGENTI E


28-02-2008 15:31 (Apcom) - Il sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) sottolinea in un comunicato che a fronte del sovraffollamento delle carceri italiane, che sfiorano 51mila detenuti, mancano settemila tra agenti e impiegati. "Il fallimento delle politiche penitenziarie del Paese è ben evidente nei numeri attuali", si legge in un comunicato della segreteria del sindaco, che registra 51mila detenuti presenti nei 205 penitenziari italiani (Case circondariali, di reclusione, istituti per le misure di sicurezza) a fronte di una capienza regolamentare di circa 43mila posti.
"E sul fronte 'personale che lavora nelle carceri' i dati sono altrettanto allarmanti", il Sappe infatti sottolinea che la differenza tra il personale di polizia penitenziaria effettivamente in forza e quello previsto registra una carenza di 4.425 agenti uomini e 335 agenti donne. Le carenze di baschi azzurri più consistenti sono in Lombardia (circa 1.200 unità), Piemonte (900), Emilia Romagna, Toscana, Veneto e Liguria. Anche il personale amministrativo e tecnico - rileva il Sappe - è sotto organico di ben 2.300 unità.
"E' quindi evidente che la mancata adozione di provvedimenti strutturali da parte di governo e parlamento per modificare il sistema penitenziario contestualmente all'approvazione dell'indulto ha riportato le carceri italiane a livelli di sovraffollamento insostenibili, arrivando oggi ad avere un numero di detenuti pressoché uguale a quello per il quale, poco più di un anno fa, l'80% dei parlamentari italiani decise di approvare il provvedimento di clemenza", sottolinea il sindacato
A fronte di questa situazione il sindacato invita "chiunque vincerà le prossime elezioni a porre la questione penitenziaria tra le priorità d'intervento". Tra le misure da porre in atto l'organizzazione sottolinea la necessità di una modifica del sistema penale - sostanzialee processuale - che renda stabili le detenzioni dei soggetti pericolosi affidando a misure alternative al carcere la punibilità dei fatti che non manifestano pericolosità sociale. Un altro nodo è rappresentato dagli stranieri detenuti (che rappresentano oggi circa il 40% della popolazione carceraria), un problema che il Sappe invita a risolvere mediante accordi internazionali che consentano l'espiazione delle pene nei Paesi di origine.
Infine si chiede "l'impegno ad assumere almeno tremila nuovi poliziotti penitenziari, stante la grave carenza di personale che si registra nel Paese."

mercoledì 27 febbraio 2008

Giustizia: Carcere/Giustizia- Osapp; il silenzio dei partiti sui problemi del carcere

L’organizzazione invita 44mila agenti penitenziari a non votare. L’Organizzazione sindacale Autonoma Della Polizia Penitenziaria, Osapp, torna all’attacco e denuncia il grave dissesto delle carceri italiane che colpisce sia i detenuti che gli agenti di polizia penitenziaria, e di fronte al silenzio sulla questione da parte degli schieramenti politici in corsa per le elezioni, il sindacato invita a disertare le urne i 44mila agenti carcerari.
Il segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci, condanna "il silenzio degli attuali schieramenti sui problemi che stanno mettendo in crisi il sistema carcerario e il corpo di polizia penitenziaria", e annuncia: "È ora che si decida per un’iniziativa clamorosa come la completa astensione dal voto dei nostri 44mila agenti".
L’Osapp mette in allerta di fronte alle conseguenze disastrose che potrebbero scaturire anche dalle consultazioni del 13 aprile, con il rischio che possa nascere un "governo zoppo", tanto che si paventano nuove elezioni nel 2010. "A questo noi diciamo basta, il destino di 51.000 detenuti e 44.000 agenti di polizia penitenziaria non può essere legato alle alchimie di quanti pensano che il Paese possa essere governato attraverso i proclami o slogan", sottolinea il segretario generale, denunciando che sia il governo di centrodestra, che quello di centrosinistra, che si sono succeduti "hanno solo contribuito ad aggravare una situazione senza alcun spiraglio per il futuro".
"Questa organizzazione - conclude Beneduci - metterà in campo qualunque energia per convincere i propri iscritti, e non solo, che un voto così espresso, senza alcuna garanzia per le soluzioni in campo, sarà un voto inutile. Con questo rispondiamo a Berlusconi e a Veltroni: il voto utile non è quello espresso per l’uno o l’altro schieramento, ma è quello che noi non manifesteremo e per il quale faremo anche noi la nostra campagna.

martedì 26 febbraio 2008

Giustizia/Carcere- Le misure alternative alla detenzione tra proposte di riforma e istanze di sicurezza: il contributo del Servizio Sociale

di Alessandro Margara
Prima parte
Inquadramento generale
Nell’introdurre tale tema, ritengo utile partire dalla rilevazione di una dinamica sociale generale: quella dell’abbandono dei vecchi e grandi contenitori di accoglienza delle persone in situazione di disagio. Si può leggere così il venir meno del manicomio, a cui si accompagnano il venire meno del ricovero per anziani e per persone non autosufficienti, dell’orfanotrofio e di altre simili Istituzioni. Certamente non si può dire che il carcere venga abbandonato, anzi sta andando incontro ad una stagione di straordinaria fortuna- viene anche avanzata l’ipotesi che stia diventando il contenitore generale di tutto il disagio e di tutte le povertà- ma le misure alternative alla detenzione hanno pur sempre la funzione di ridurre l’estensione del carcere, anche in presenza della inesorabile crescita dello stesso. In questo senso le alternative alla detenzione incontrano e seguono le ragioni e i modelli di tutte le altre deistituzionalizzazioni . Due sono stati gli aspetti di questo processo. Il primo è di rifiuto di quei contenitori come patogeni, come determinanti situazioni di non- vita.Nel manicomio, che si può sempre prendere come esempio , la vita è ridotta a pura sopravvivenza, se c’è una malattia si struttura e diventa irreversibile: come anche accade (e accadeva spesso) se, invece della malattia, c’è solo una situazione di abbandono, che diventa incapacità progressiva della ordinaria gestione della propria vita. Il secondo aspetto è complementare al primo:se si rifiuta la struttura come patogena, diventa necessario un intervento organizzativo diverso, nel quale la presa in carico della persona si accompagna alla sua libertà e al conseguente confronto con tutti i suoi problemi: di salute psichica e fisica, di inserimento sociale in tutti i suoi aspetti, comprese le sue tensioni e le difficoltà delle relazioni con gli altri: in una parola della sua vita. La nuova organizzazione dell’intervento, anziché patogena, come la struttura chiusa, protegge la vita possibile ed entra in contatto con tutti i suoi problemi.Insisto a cogliere le misure alternative al carcere come un processo di deistituzionalizzazione, per parziale che sia la loro utilizzazione nella esecuzione della pena. Certo, bisogna pensare questo processo nel quadro di un processo più ampio, che è quello, come già rilevato della crescita inesorabile della penalità (per effetto dell’uso sociale del carcere contro tutte le povertà e le precarietà prodotte dalle dinamiche economiche inperanti), ma si deve sempre tenere presente l’indirizzo generale di dare un ampio spazio alle misure alternative alla detenzione come argine all’onda di piena della ricarcerizzazione . Se si vuole, negli Usa dei 2 milioni e 300.000 detenuti, vi sono 5 milioni di persone in misura alternativa, quasi come la constatazione della necessità di un correttivo alla spirale di crescita del carcere. E in Europa le “carte” generali, anche se come profeti inascoltati, continuano a parlare di pena detentiva come estrema ratio e della preferenza per le misure alternative. E ancora, nel nostro paese, la giurisprudenza della Corte Costituzionale (fondamentali le sentenze 204/74, 343/87 e 282/89) disegna una esecuzione penale che ha nelle misure alternative un passaggio operativo necessario che, produce, attraverso un intervento di sostegno e di aiuto, da un lato, e di controllo dall’altro, quelle possibilità di reinserimento sociale, di cui la mera detenzione è incapACE. Ma se devo queste considerazioni ad una collocazione reale dei “fatti nostri” nel contesto dei medesimi, devo tornare a cogliere questo aspetto fondamentale delle misure alternative come strumento sostitutivo della struttura chiusa del carcere, misure che danno libertà e possibilità di vita alle persone.Con la inevitabile conseguenza che gli operatori di tali misure verranno essi stessi a contatto diretto con le persone e con le loro relazioni e i loro ambienti di vita. La vita che viene resa possibile ritorna, per così dire, su di loro con i problemi e anche con le tensioni e anche con i timori che può suscitare. Il che comporta che le “misure limitative”, “con apprestamento di forme di assistenza”, “idonee a funzionare ad un tempo come strumenti di controllo sociale e di promozione della risocializzazione” ( frasi che tolgo alla lettera dalla sentenza 343/87), richiedono un’operatività complessiva che vede la esigenza di un affiancamento agli operatori principali- gli assistenti sociali- di altri operatori ausiliari, omogenei agli stessi, che svolgono insieme una serie di funzioni: di protezione, assistenza, accompagnamento e integrazione del contatto. Preciso che queste conclusioni valgono essenzialmente per la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, in quanto prescindendo dalla semilibertà (che ha una specificità legata al suo essere un regime esecutivo della pena detentiva, ancora agganciata al carcere), per le altre misure- detenzione domiciliare e liberazione condizionale – la funzione del Servizio sociale è di soli ed autonomi sostegno ed assistenza, ai sensi dell’art. 55 Ordinamento penitenziario, mentre la misura è gestita, con funzione limitata al controllo, dagli organi di polizia ordinaria. Precisato questo, sottolineo che gli operatori ausiliari di cui ho parlato devono essere, come detto omogenei al Servizio sociale che gestisce la misura e questo perché è essenziale che l’operatività resti sempre finalizzata alla doppia funzione di aiuto e controllo e non si scinda e non si separi, rispetto all’una e all’altra funzione, fra gli operatori principali ed ausiliari, da mantenere rigorosamente all’interno della stessa organizzazione. D’altronde, altra precisazione, la funzione degli ausiliari di cui ho parlato sono molte- protezione, accompagnamento, integrazione del controllo, tutte praticabili, secondo le necessità, nel quadro di una organizzazione unitaria- e mi sembra dover rilevare che alla fine gli operatori ausiliari eterogenei agli Uepe( la Polizia penitenziaria, nel progetto) siano pensati essenzialmente per lo svolgimento di un’autonoma funzione di controllo che prescinde dalle altre complessive funzioni di affiancamento (protezione, accompagnamento) del lavoro degli operatori principali. Mi viene il dubbio che questo discorso di inquadramento generale possa sembrare ozioso. Se lo ha fatto, credo evidentemente che non lo sia . E per due ragioni. La prima è quella di individuare la filosofia dell’intervento sociale di deistituzionalizzazione e di coglierne, da un lato, la critica alle istituzioni chiuse (patogene o, nel caso del carcere, criminogene) e dall’altro lato, di porre la persona, i suoi problemi e, complessivamente, la sua vita al centro della attenzione sociale. La seconda ragione è quella di cogliere, nella operazione che si vuole compiere (la Polizia penitenziaria negli Uepe), un modo di sottrarsi a quella filosofia. Se l’affidamento in prova al servizio sociale libera la vita delle persone che ne fruiscono, è ovvio che deve accettare anche- credo sia possibile capirmi- le imperfezioni e le irregolarità della vita, che sono affidate ad una funzione di mediazione del Servizio sociale (e del tipo di operatività che gli è propria) per agevolare e sostenere la socializzazione delle persone. L’idea che sottostà alla operazione (prescindendo dalle motivazioni contingenti, probabilmente decisive) è che ci sia bisogno di normalizzazione della vita, di non accettarne irregolarità e imperfezioni , cioè di negarla. E, se vogliamo, l’operazione, si voglia o non si voglia, ha un potente significato simbolico: una parte significativa del carcere ed entra nelle misure alternative. Senza fare giudizi temerari, la istituzione negata dalle misure alternative regola i suoi conti.

Carcere/Giustizia- Lettera al Ministro Scotti sulla giornata europea contro il sovraffollamento delle carceri

Roma, 26 Febbraio 2008
Al Ministro della Giustizia
Dr. Luigi Scotti
R o m a
Egregio Ministro, come Le sarà certamente noto, per il prossimo 28 Febbraio è stata proclamata una giornata europea contro il sovraffollamento delle carceri. L'iniziativa dei sindacati del settore penitenziario che aderiscono alla Federazione sindacale europea dei servizi pubblici (FSESP), avviata in concomitanza con la riunione dei ministri della Giustizia e degli Affari Interni dell'UE, è stata decisa per sollecitare l'inserimento della questione del sovraffollamento delle carceri, e del miglioramento delle condizioni di lavoro all'interno degli istituti penitenziari, all'ordine del giorno dell'UE, e si concretizzerà in una manifestazione che sarà tenuta davanti all'edificio Justus Lipsius, alla quale parteciperanno circa 400 delegati del settore penitenziario di tutta Europa. Tra questi, signor Ministro, sarà presente anche una delegazione della FP CGIL Nazionale, che in quel contesto renderà nota l'attuale grave condizione del sistema penitenziario italiano, di fatto ricondotto in situazione di piena emergenza anche per la mancata adozione, da parte del Parlamento, delle invocate misure strutturali di sostegno al sistema. La presenza accertata di circa 51.000 detenuti negli istituti di pena, infatti, cui peraltro non corrisponde un adeguato numero di operatori in servizio, della Polizia penitenziaria come delle altre professionalità, sta inesorabilmente riportando il sistema penitenziario nella situazione ante indulto. Noi riteniamo che per ridurre il numero delle persone ristrette negli istituti penitenziari e migliorare le condizioni di lavoro degli operatori, categoria soggetta a forte stress professionale e stabilmente esposta a continue aggressioni, servano provvedimenti strutturali seri e non più ulteriormente rinviabili. C'è bisogno di investire nella prevenzione e nella riabilitazione, signor Ministro, occorre implementare il ricorso alle misure alternative alla detenzione, dotare il sistema delle risorse essenziali, economiche e umane. Per questo, l'emergenza carcere, e la pronta risoluzione delle criticità che la affliggono, dovrà essere considerata punto essenziale e qualificante nell'attività politica europea e italiana, di quella attuale come di quella che si candida al governo del Paese. A Lei chiediamo, signor Ministro, in qualità di membro dell'attuale Governo, se ovviamente riterrà di poter condividere le nostre riflessioni, di adoperarsi sin da subito per raggiungere quegli obiettivi, di civiltà innanzitutto, di favorire l'inserimento del tema proposto all'ordine del giorno dell'UE e, in ultimo, di farsi carico di propiziare l'accoglienza presso quella sede, e in quel giorno, di una delegazione degli organizzatori della manifestazione. Nel ringraziarLa per l'attenzione dedicataci, l'occasione è propizia per inviarLe cordiali saluti.
f.to I Coordinatori Nazionale
Settore Penitenziario FP CGIL

Giustizia/Carcere- il Programma del Pd: "la sicurezza, prima di tutto"

http://www.partitodemocratico.it/

"La sicurezza, prima di tutto. Severi contro il crimine e i criminali. Più severi contro chi fa violenza ai bambini".

Più certezza ed effettività della pena

Il cittadino pretende di essere certo che chi ha compiuto gravi reati contro la persona ed è stato condannato, sconti effettivamente la pena che gli è stata inflitta.
Il Governo del Pd offrirà questa garanzia. Verrà infatti immediatamente approvata quella parte del "Pacchetto Sicurezza" che ha ampliato il numero dei reati di particolare allarme sociale - fra questi la rapina, il furto in appartamento, lo scippo, l’incendio boschivo e la violenza sessuale aggravata - prevedendo la cosiddetta custodia cautelare obbligatoria; il conseguente giudizio immediato per gli imputati detenuti; l’applicazione d’ufficio (e non più a richiesta del Pm) della custodia cautelare in carcere già con la sentenza di primo grado (e non più con quella d’appello); l’immediata esecuzione della sentenza di condanna definitiva senza meccanismi di sospensione. Specularmente, va assicurato il massimo sostegno - sociale e psicologico - alle vittime delle azioni criminali.

Più agenti in divisa per strada, più tecnologia in città

Malgrado l’impegno generoso delle forza dell’ordine, i cittadini si sentono più insicuri: la qualità della vita ne viene gravemente danneggiata. E il danno è più grave per chi è più debole. È questione di entità delle risorse pubbliche dedicate, certo. Ma è anche questione di migliore impiego delle risorse umane e finanziarie disponibili. Se si vogliono più agenti in divisa a presidio dl territorio, di giorno e di notte, in centro e in periferia, nelle città e nelle campagne, si impone l’adozione di un vero e proprio "nuovo modello di sicurezza".
Immediata approvazione, in Parlamento, del "Pacchetto Sicurezza" approvato dal Consiglio dei Ministri il 30 ottobre 2007 e bloccato dalla opposizione della sinistra antagonista; e pronta attuazione del Piano d’azione contro la violenza sulle donne. In questo contesto, per il personale delle forze che tutelano la sicurezza interna ed esterna, è necessario adottare misure di protezione sociale sulla certezza del loro rapporto di lavoro e per la conciliazione delle esigenze del sevizio con quelle della vita privata.
Azione di riordino strutturale e organizzativo, volta a ridefinire su schemi più moderni e funzionali la mission istituzionale e l’impiego operativo delle diverse forze di polizia e ad eliminare ogni duplicazione funzionale tra quelle a competenza generale (Polizia di Stato ed Arma dei Carabinieri) e quelle a competenza specialistica (Guardia di Finanza, Corpo Forestale e Polizia Penitenziaria). In questa direzione, vanno ridotti al minimo indispensabile gli "sconfinamenti" delle forze di polizia a competenza specialistica nei campi di attività di quelle a competenza generale, concentrandone l’azione nei settori operativi di rispettiva attribuzione.
Estendere a tutti i Comuni capoluogo di Provincia il "Patto per la Sicurezza" già sperimentato, con ottimi risultati, in alcune delle principali città italiane. In questo quadro, devono essere trasferite ai Comuni le competenze in materia di passaporti e permessi di soggiorno. Sperimentare da subito questo trasferimento nei capoluoghi di Regione, tra cui Milano e Roma, già protagonisti del "Patto per la Sicurezza".
Mobilità interna alla Pubblica Amministrazione di personale civile oggi sottoutilizzato, per impiegarlo nelle attività amministrative di supporto (es. Archivi) alle attività di polizia.
Adottare, nell’azione contro la criminalità organizzata, un approccio operativo orientato all’aggressione degli affari e dei patrimoni mafiosi. In questo ambito vanno attribuiti alla Direzione Investigativa Antimafia - che in futuro dovrà operare in collaborazione sempre più stretta con la Guardia di Finanza - nuovi e più incisivi poteri in materia di vigilanza sugli appalti pubblici. È necessario destinare personale specializzato e risorse alle Questure e agli Uffici giudiziari per le procedure di sequestro e confisca dei beni mafiosi.
Le reti senza fili a larga banda (Wi-Fi, Wimax) consentono un’infinita possibilità di controllo del territorio. Nel più assoluto rispetto del diritto alla riservatezza, si possono aiutare i cittadini più esposti alla paura: le donne che escono sole di notte, gli anziani che si muovono nel quartiere, i bambini che vanno a scuola, possono essere protetti dal sistema georeferenziale della rete, attivando un allarme in caso di pericolo. Le stesse iniziative di video sorveglianza dei privati, che nascono come funghi, potrebbero avere convenienza a diventare un terminale interoperabile della rete, contribuendo alla sua espansione e ottenendo in cambio preziosi vantaggi. Le stazioni del trasporto possono diventare le boe della sicurezza nel mare metropolitano: informazioni sui servizi, collegamenti agili con le forze dell’ordine, telecamere, piccole attività commerciali, reti sociali di protezione.

Ridurre i tempi e aumentare l’efficienza della giustizia

Nella classifica relativa ai tempi della giustizia l’Italia è agli ultimi posti in Europa e nel confronto coi Paesi avanzati di tutto il mondo. I cittadini e le imprese italiane vedono ridursi i loro diritti in presenza di un sistema giudiziario che impiega anni e anni per risolvere le controversie. La ragionevole durata del processo, principio affermato dalla Carta Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla Carta costituzionale, è un principio cui deve ispirarsi ogni intervento riformatore.
È indispensabile completare la stagione di riforme ‘96- ‘02, portando a compimento innanzitutto le misure già avviate sul processo civile (razionalizzazione e accelerazione del processo) e penale (razionalizzazione e accelerazione del processo, prescrizione dei reati, recidiva, tenuità del fatto); sviluppare in sede comunitaria l’iniziativa per giungere ad una sorta di "codice civile europeo"; riprendere e approvare il disegno di legge contro lo stalking e l’omofobia, già approvato dalla Commissione Giustizia della Camera nella XV Legislatura.
Il bilancio del Ministero della Giustizia deve essere considerato non solo sotto l’aspetto delle spese, ma anche sotto quello delle entrate. Solo il 3% circa delle somme per pene pecuniarie e spese processuali sono effettivamente recuperate; eppure si tratta di somme non indifferenti, cui deve aggiungersi l’enorme patrimonio costituito da beni in sequestro o confiscati, che giacciono per anni in depositi infruttiferi.

Intercettazioni sì, violazione dei diritti individuali no

Lo strumento delle intercettazioni di comunicazioni telefoniche, informatiche e telematiche è essenziale al fine di contrastare la criminalità organizzata ed assicurare alla giustizia chi compie i delitti di maggiore allarme sociale, quali la pedofilia e la corruzione.
Bisogna conciliare tali finalità con diritti fondamentali come quello all’informazione e quelli alla riservatezza e alla tutela della persona.
Il divieto assoluto di pubblicazione di tutta la documentazione relativa alle intercettazioni e delle richieste e delle ordinanze emesse in materia di misura cautelare fino al termine dell’udienza preliminare, e delle indagini, serve a tutelare i diritti fondamentali del cittadino e le stesse indagini, che risultano spesso compromesse dalla divulgazione indebita di atti processuali.
È necessario individuare nel Pubblico Ministero il responsabile della custodia degli atti, ridurre drasticamente il numero dei centri di ascolto e determinare sanzioni penali e amministrative molto più severe delle attuali, per renderle tali da essere un’efficace deterrenza alla violazione di diritti costituzionalmente tutelati.

Giustizia/Carcere- Il Programma del Pdl: "certezza della pena e legalità"

Garantire la certezza della pena, prevedendo che i condannati con sentenza definitiva scontino effettivamente la pena inflitta.

Per la certezza della pena

Garantire la certezza della pena, prevedendo che i condannati con sentenza definitiva scontino effettivamente la pena inflitta, escludendo sconti di pena per i recidivi e per coloro che hanno commesso reati di particolare gravità e allarme sociale. Per i reati minori prevedere pene alternative al carcere, quali i lavori socialmente utili, al fine del reinserimento sociale del condannato.
Inasprire le pene per i reati di violenza sui minori e sulle donne, garantendo il gratuito patrocinio a favore delle vittime di tali reati. Istituzione del Tribunale della famiglia, per garantire i diritti fondamentali dei componenti del nucleo familiare.
Escludere qualsiasi nuovo provvedimento di indulto o di amnistia. Edificare nuove carceri e ristrutturare quelle esistenti per aumentare la capacità ricettiva degli istituti, nel rispetto della dignità del detenuto. Attuare il riordino delle carriere del personale penitenziario amministrativo, previsto nelle leggi approvate dal governo Berlusconi, con il completamento delle disposizioni riguardanti competenze, attribuzione e carriere della polizia penitenziaria.

Per la sicurezza sul territorio

Rafforzare la prevenzione dei cosiddetti "reati diffusi" (furto in appartamento, furto d’auto, spaccio di droga, sfruttamento della prostituzione, etc.), che in realtà soprattutto per chi ha di meno sono grandi reati, attraverso una maggiore presenza sul territorio delle forze dell’ordine e l’uso di strumenti tecnici di protezione (videocamere). Rilanciare la polizia di prossimità, i poliziotti e i carabinieri di quartiere per garantire, soprattutto nelle periferie delle arre urbane, la sicurezza nelle strade e la lotta al degrado metropolitano.
Riportare progressivamente le risorse finanziarie per la sicurezza ai livelli del 2006, per avere più mezzi tecnici, rispettare gli impegni contrattuali e colmare i vuoti di organico. Varare leggi quadro per la valorizzazione delle polizie locali e degli istituti di vigilanza.
Incrementare la prevenzione nei confronti del terrorismo interno e internazionale. Individuare e contrastare gli aderenti alle cellule terroristiche presenti sul territorio italiano. Stretto controllo delle moschee collegate alla predicazione ultrafondamentalista.
Contrastare il terrorismo interno individuando le sacche residue di brigatismo e di anarco-insurrezionalismo. Tutelare l’ordine pubblico dagli attacchi alla legalità dei vari "disobbedienti" (gli espropri proletari, l’aggressione alle forze dell’ordine e le devastazioni delle nostre città).

Contro l’immigrazione clandestina

Rafforzare il contrasto all’immigrazione clandestina, intensificando le politiche comuni europee e la collaborazione con i paesi di origine o di transito degli immigrati per bloccare i flussi incontrollati. Per le quote programmate di ingresso in Italia dare precedenza ai paesi che garantiscano la reciprocità dei diritti, che impediscono dal proprio territorio la partenza di clandestini e che accettano programmi comuni di formazione professionale prima delle partenze regolari verso l’Italia. Rafforzare e moltiplicare i Cpt (centri di permanenza temporanea) per l’identificazione e l’espulsione di clandestini. Eliminare le disposizioni del governo Prodi che hanno facilitato l’ingresso dei clandestini.
Per l’integrazione dell’immigrazione regolare, confermare il collegamento stabilito nella Bossi-Fini fra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, contrastare lo sfruttamento illegale del lavoro degli immigrati. Curare progetti di inserimento scolastico che puntino alla conoscenza della lingua italiana, della nostra cultura e delle nostre leggi fondamentali.

A favore dei minori, delle donne, delle vittime di reati

Contrastare con forza ogni forma di sfruttamento dei minori e delle donne. Contrastare nelle aree urbane ogni forma di insediamento abusivo di nomadi e in generale di persone senza fissa dimora. Allontanare tutti coloro che, anche se cittadini comunitari, siano privi di mezzi di sostentamento legali e di regolare residenza. Unificare in un unico testo di legge delle varie norme in favore delle vittime dei reati, in modo da evitare ogni discriminazione ed esclusione dai trattamenti risarcitori.

Per l’efficienza della Giustizia

Riportare a livello di effettività la distinzione delle funzioni nella Magistratura, come avviene in tutti i paesi europei, eliminando le attenuazioni volute dal governo Prodi. Avviare una fase di confronto con gli operatori della giustizia per una riforma di ancor maggiore garanzia per i cittadini, che riconsideri l’organizzazione della Magistratura, l’obbligatorietà dell’azione penale e l’impiego della Polizia Giudiziaria.
Aumentare l’efficienza e la rapidità della Giustizia, completare la riforma del codice di procedura civile con ulteriore snellimento dei tempi di definizione e particolare incentivo alle procedure extra giudiziali; avviare un confronto con i rappresentanti dei lavoratori della giustizia al fine di riconsiderare le piante organiche, i carichi di lavoro, l’utilizzo delle tecnologie informatiche e le qualificazioni professionali.
Attuazione dei principi costituzionali del giusto processo per una maggiore tutela delle vittime e degli indagati. Riformulazione dell’attuale normativa anche costituzionale in tema di responsabilità penale, civile a disciplinare dei magistrati, al fine di aumentare le garanzie per i cittadini.

lunedì 25 febbraio 2008

Giustizia/carcere: La uil polizia penitenziaria interviene sui distacchi


Pres. Ettore Ferrara
Capo del Dipartimento A.P.
E p.c.
Dr. Emilio Di Somma
Cons. Armando D’Alterio
Vice Capo del Dipartimento A.P.
Dr. Massimo De Pascalis
Direttore Generale del Personale
Ufficio per le Relazioni Sindacali
D.A.P. ROMA
OGGETTO: distacchi art.7 DPR 254/99.
La Direzione Generale del Personale con circolare n.58771 del 15/2/2008 ha indicato le nuove procedure cui uniformarsi al fine di razionalizzare il ricorso ai provvedimenti di distacco temporaneo (ai sensi dell’art.7 DPR 254/99, ovvero per gravi motivi di famiglia) disposti a favore del personale di Polizia Penitenziaria.
A motivazione di tale atto si fa, in maniera piuttosto ipocrita e strumentale , riferimento ad un accordo sottoscritto con le OO.SS. in data 7 marzo 2000 che prevedeva una aliquota max di distacchi pari all’1,3%, a fronte dell’attuale dato attestato intorno al 2,32%.
Fa riferimento, inoltre, a presupposti che non possono escludere il diretto coinvolgimento delle OO.SS., per recuperare alla predetta percentuale i dati e rafforzare il valore dell’azione amministrativa in materia di efficienza e di efficacia istituzionali.
Intenzione sinanche lodevole. Purtroppo per chi, come noi, conosce molto bene le oscenità gestionali di cui è capace l’Amministrazione penitenziaria, resta solo una mera intenzione da ascrivere nel campo delle utopie.
Se davvero voleva perseguirsi il “diretto coinvolgimento” sarebbe bastato convocare un incontro piuttosto che ripescare un accordo firmato 8 anni fa. Ancor più in considerazione del fatto che è in atto un confronto sulla mobilità.
A fronte della miriade di accordi unilateralmente non osservati da codesta Amministrazione (ecco l’ipocrisia) desta una certa impressione la ritrovata capacità (?) di fare buona amministrazione (!) applicando integralmente un accordo che incide (in un quadro profondamente mutato rispetto ad otto anni fa) in negativo sui diritti ( previsti per legge e, comunque, dettati da gravi motivi familiari) del personale di P.P.
Verrebbe quasi da sorridere per la perfidia se non parlassimo di eventi gravi che colpiscono gli affetti nella sfera familiare.
Pensavamo di poter archiviare il conio di Amministrazione nemica. Dobbiamo prendere atto, invece, della sua attualità.

Come altro possiamo catalogare una Amministrazione che da un lato comprime i diritti (contrattualmente riconosciuti) paventando difficoltà organiche (ecco la strumentalità) degli istituti del Nord ovvero quegli istituti da cui la stessa Amministrazione sottrae ogni giorno, senza l’osservanza delle regole e delle dinamiche sindacali, centinaia di unità per destinarle , unilateralmente, verso quei buchi neri che sono il DAP, Via Arenula, USPEV, SADAV, GOM etc …. , ovviamente ponendo a motivazione generiche esigenze di servizio.
Ovviamente per codesta Amministrazione (che pretende, pedissequamente, di rispettare un accordo di otto anni fa ) non osservare gli accordi in materia di mobilità deve rientrare nella gestione ordinaria .
Dove sono, infatti, gli interpelli? Dove sono i criteri equi, trasparenti e condivisi? Nel frattempo, a proprio piacimento, si continua a mobilitare (ovviamente per ragioni di servizio) il personale senza regole e senza rendere conto ad alcuno.
Se questo è il nuovo corso, ha ragione chi rimpiange il vecchio !!!
Molto più facile da colpire e perseguire chi ha la sfortuna di vivere gravi problemi familiari piuttosto che riportare a una dimensione accettabile la gestione degli altri servizi.
Non stupiamoci poi, e non versiamo lacrime di coccodrillo, di fronte ad eventi drammatici ed irrecuperabili !!!
In un Dipartimento che ha più varchi del Colosseo dobbiamo assistere alla chiusura delle porte del diritto.
Non solo è un’Amministrazione nemica, è anche ingiusta e insensibile !!!
Da tempo abbiamo consegnato la nostra disponibilità all’ individuazione di criteri oggettivi per una effettiva razionalizzazione delle risorse umane rispetto alle esigenze dei servizi.
Non certo, però, a queste condizioni.
Per la UIL Penitenziari è necessario partire dalla revisione delle piante organiche (mai condivise) inattuali e inadeguate. Bisogna definire gli organici del DAP, dei PRAP e dei servizi vari che, negli ultimi anni, hanno saccheggiato gli organici degli istituti (dal Nord al Sud) determinando quelle difficoltà che oggi si ritiene dover/poter controllare attraverso una compressione dei diritti del personale.
Occorre applicare quei criteri equi e trasparenti previsti dagli accordi , evitando ingiustificati privilegi solo per pochi eletti.
Per quanto si chiede l’immediata sospensione della circolare in questione e la convocazione di uno specifico incontro, anche per dare avvio ad una discussione complessiva sulle piante organiche . Nelle more si sollecita una maggiore disponibilità ad accogliere le istanze del personale tese ad ottenere un distacco (o rinnovo) motivato da gravi esigenze di carattere familiare. Nell’attesa di riscontro porgo distinti saluti.

Giustizia/Carcere: Se il carcere è solo scuola specializzata del crimine

di Ester Isaja
Gazzetta del Sud, 25 febbraio 2008

"Il pubblico non sa abbastanza, bisogna vederle certe carceri italiane, bisogna esserci stati per rendersene conto. Vedere, questo è il punto essenziale!".
Ecco quello che diceva il grande giurista Calamandrei nel 1948 al tempo in cui era membro della Camera dei deputati ed esortava il Parlamento a compiere una seria indagine sull’universo carcerario e a squarciare il velo d’ignoranza che copriva inesorabilmente la condizione dei detenuti. In verità, sul tema delle carceri oggi non si indugia più di tanto.
È un argomento che induce il più delle volte a cambiare discorso e, se se ne parla, è unicamente nel dibattito politico solo con riferimento a problemi legati al sovraffollamento o all’edilizia penitenziaria. E ciò, perché il carcere rappresenta nei paesi occidentali industrializzati uno strumento di straordinaria ingiustizia e di annullamento della persona umana, come autorevoli studiosi hanno sostenuto evidenziando la necessità di una radicale trasformazione secondo modelli esistenti (quale quello del carcere di Tihar a Nuova Delhi c.d. modello della colomba).
L’intenzione di riabilitare, riformare, risocializzare si rivela qui da noi solo una vuota retorica perché quel che realmente si presenta all’interno delle carceri è un quadro di assoluta ingiustizia mascherata dal pretesto di fare giustizia.
E non c’è da meravigliarsi se il carcere finisce con l’avere un effetto criminogeno e diventa una sorta di scuola specializzata del crimine. Né c’è da meravigliarsi se al momento in cui il detenuto fisicamente e psicologicamente segnato, privo di lavoro e di affetti viene finalmente liberato, si innesca con estrema facilità il meccanismo della porta girevole, così ben illustrato dalle statistiche sulla recidiva e dalla recente esperienza italiana dell’indulto.
La società viene percepita all’interno del carcere come avente un ruolo ostile, negativo (la c.d. cultura dell’avvoltoio) e non esiste logica di reintegrazione del detenuto ma solo di esclusione. La distanza burocratica e fisica tra noi e la prigione rende in verità indifferenti ai detenuti e alla loro vita e ai politici va detto che non saranno certo celle più ampie o più pulite a risolvere il problema. In buona sostanza è il carcere come istituzione che deve esser messo sotto accusa, ove sveli il suo volto primitivo, quale strumento di annullamento della persona umana, quale strumento di de-umanizzazione.
Nessuna riparazione dei torti subiti dai detenuti è ipotizzabile, ed è possibile solo immaginare provvedimenti giudiziari o legislativi che mettano fine a questi continui torti, nonché l’istituzione capillare su tutto il territorio della figura del Garante dei detenuti al momento istituita solo dai Comuni più rappresentativi.
Le carceri continuano a essere la palese dimostrazione del fallimento dell’idea di risocializzazione. Perché le carceri non siano luoghi in cui il senso della vita di ciascun individuo è destinato a scomparire è necessaria una loro radicale trasformazione.

domenica 24 febbraio 2008

Giustizia/Carcere: Osapp- "lettera aperta" ai politici e ai giornali

Comunicato Osapp

L’attuale silenzio e l’assenza di interesse nei confronti del problema penitenziario in Italia, malgrado le tante motivazioni non ultima la campagna elettorale in corso, non possono nascondere il fatto che gli eventi nelle carceri italiane si fanno ogni giorno più gravi e a farne le spese è il Personale di Polizia Penitenziaria.
Tra tensioni, minacce ed aggressioni, carichi di lavoro esorbitanti a cui sempre più spesso consegue il "blocco" dei riposi settimanali e delle ferie, l’obbligo, per assenza di cambi anche per il minimo bisogno fisiologico, di prestare servizio dalle 9 alle 12 ore continuative, i Poliziotti Penitenziari hanno raggiunto e superato da tempo qualsiasi umano limite di sopportazione.
Persino e da ultimo i Poliziotti Penitenziari subiscono il blocco dei distacchi ad altra sede per gravi motivi previsti dal vigente Contratto di Lavoro, ovvero della possibilità di ricongiungersi per un breve periodo di tempo ai propri affetti o di curare i propri interessi; ovviamente un "blocco" che avrà valore per coloro che effettivamente hanno necessità ma non per le centinaia e centinaia di unità che, senza reale motivazione, in alcuni casi da anni, non prestano più servizio nella sede dove dovrebbero.
Gli oltre 51.000 detenuti presenti nelle carceri (tenuto conto che nelle attuali stime non vengono conteggiati i detenuti i permesso o trasferiti temporaneamente) sono diventati un problema insolubile ben più di quello che erano nel periodo pre-indulto gli oltre 62.000 ristretti, perché nel frattempo in tutte le sedi penitenziarie sono saltati regole e principi interni di organizzazione e sicurezza né, stante la grave promiscuità, si attuano le necessarie differenziazioni in relazione alla pericolosità dei soggetti ed ai reati commessi, né, come si evince dal numero quotidiano dei reingressi in carcere, producono più risultati gli interventi per la risocializzazione dei reclusi, mentre gli istituti di pena sono sempre di più scuola di criminalità e luogo di affiliazione tra le varie associazioni e delinquere.
In un’Amministrazione che in pochissimo tempo ha ottenuto oltre 570 Primi Dirigenti (il 90% promosso anche di due livelli, caso pressoché unico in una pubblica amministrazione, senza alcun concorso grazie ad una legge della fine della XIV Legislatura) 21 Dirigenti Generali ed un Capo Dipartimento pressoché equiparato ai fini economici al Capo della Polizia, con quello che ne consegue in termini di stipendi, da tempo non si assumo misure o interventi concreti, mancano mezzi, uniformi, generi alimentari nelle mense, manca persino il personale per alcuni servizi vitali quale quello medico e paramedico e quel poco che prima si adottava è completamente cessato dall’uscita di scena dell’ex Ministro Mastella.
Se, quindi, per le reiterate emergenze delle strutture penitenziarie e anche per surrogare alle professionalità mancanti negli altri profili è richiesto esclusivamente alle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria di aumentare i già strenui sacrifici, quello che si appresta ad affrontare "da solo" l’imminente e definitivo crollo del sistema penitenziario italiano è un Corpo di Polizia che, già Cenerentola e bistrattato tra le altre Forze di Polizia, è del tutto privo di organizzazione, di supporti e collegamenti, per il quale manca qualsiasi riferimento istituzionale e nell’amministrazione e sulle cui gravissime condizioni di lavoro, per l’assenza di sicurezza anche degli ambienti lavoro, per i carichi di lavoro che inducono infortuni e malattie, per l’assoluta mancanza di pari opportunità, per le gravissime disparità di trattamento, nessuno più vigila o interviene.
Purtroppo, dalle voci e da quanto pubblicato dagli organi di informazione non risulta ad oggi che tra i programmi delle Forze Politiche in lizza nella prossima tornata elettorale, sia stata presa in esame la possibilità di attuare quella integrale Riforma, in termini di organizzazione, di risorse, di autonomia funzionale e gerarchica e di riconoscimento delle mille e una professionalità reali espletare nell’unico Corpo di Polizia dello Stato che oltre alle normali attribuzioni di Polizia avrebbe anche il compito di provvedere alle attività per il reinserimento sociale dei detenuti, di cui non solo le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria avrebbero estrema necessità ma dalla quale la Collettività e gli stessi detenuti otterrebbero immediato vantaggio.
Sarà, quindi cura dell’Osapp, quale Organizzazione Sindacale Nazionale della Polizia Penitenziaria invitare le Colleghe e i Colleghi, le famiglie, gli amici e coloro che possono avere a cuore le nostre sorti a non votare per chi, degli attuali partiti politici, non prenda in seria e concreata considerazione la situazione del Corpo, ovvero a non recarsi del tutto ai seggi elettorali. Sarà altresì cura dell’Osapp a tutela delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria promuovere manifestazione regionali di protesta confluenti in un’unica manifestazione nazionale del Corpo di Polizia Penitenziaria in Roma nelle adiacenze dei Palazzi del Potere e della Politica.

Leo Beneduci
Segretario Generale Osapp

sabato 23 febbraio 2008

Dirigenza penitenziaria (Meduri):La CGIL incontra il Direttore generale del personale

Ieri abbiamo incontrato, insieme a CISL e SAG Unsa il Direttore Generale del personale e della Formazione del DAP Dr. De Pascalis. L'incontro era stato sollecitato da più parti per capire meglio modalità e finalità della rilevazione dei dati per il curriculum dei dirigenti. Su questo preciso argomento il Direttore Generale ha dichiarato che tale attività di acquisizione di informazioni nulla ha a che vedere con la successiva fase di individuazione dei criteri per l'attribuzione degli incarichi dirigenziali e che, nelle prossime ore, integrerà l'informazione anche evidenziando l'assoluta inefficacia dell'indicazione dell'aspirazione di sede, contenuta nella scheda, ai fini del procedimento di assegnazione dell'incarico. La discussione, poi, si è orientata su tutti quei temi sensibili alla dirigenza penitenziaria: mobilità, attribuzione incarichi, trattamento contrattuale transitorio, primo contratto di lavoro, ecc. Rispetto al completamento del percorso aperto dall'emanazione del recente Decreto di individuazione delle funzioni dirigenziali del DAP, abbiamo evidenziato quanto sia ormai improcrastinabile la formalizzazione di un progetto complessivo per il definitivo insediamento della dirigenza penitenziaria nelle funzioni attribuite dalla legge. La Fp Cgil ha chiesto al Direttore Generale un'informativa sul percorso che deve essere avviato per la copertura dei posti dirigenziali ancora scoperti e per l'individuazione dei criteri di attribuzione degli incarichi, condizione essenziale per avviare il necessario processo di mobilità. Solo dopo tale formalizzazione, indispensabile anche per rispondere alla legittima esigenza di chiarezza che avanza dalla categoria, sarà possibile interloquire utilmente e, se del caso, provare ad orientare diversamente l'azione dell'Amministrazione. Su questo tema c'è stato l'impegno del Direttore Generale ad offrire a breve un progetto organico e di prospettiva. Abbiamo confermato, inoltre, tutte le perplessità, già avanzate nella nota di ieri, su alcune interpretazioni della Direzione Generale in merito, ad esempio, al disconoscimento dell'anzianità di servizio maturata nelle precedenti qualifiche ed abbiamo chiesto un'ulteriore e più attenta valutazione delle disposizioni che stanno per essere emanate. Abbiamo preannunciato che nel caso in cui il DAP riconfermasse la posizione precedentemente assunta la Fp Cgil si vedrà costretta ad affidare alla giurisdizione l'interpretazione autentica della norma contenuta nella legge Meduri, per la verità già abbastanza chiara. Rispetto all'avvio delle trattative per il primo contratto di lavoro la Fp Cgil ha chiesto all'Amministrazione di farsi parte attiva e visibile nel confronti del Ministero della Funzione Pubblica, di non aver, cioè, un atteggiamento di semplice attesa. Registriamo con soddisfazione il positivo comportamento della Direzione Generale del Personale che ha confermato, anche in questo primo avvio informale del sistema delle relazioni sindacali del neonato comparto, una disponibilità all'ascolto ed al confronto con le rappresentanze dei dirigenti. Auspichiamo possa essere il buon inizio di una stagione di partecipazione e condivisione su un tema determinante per l'intera amministrazione penitenziaria: la sua dirigenza. Vi terremo ovviamente informati su come ogni singolo argomento si evolverà nei prossimi giorni.
Roma, 22 febbraio 2008
p. la Fp Cgil Nazionale
Fabrizio Rossetti

DIRIGENZA PENITENZIARIA: COMUNICATO UNSA SAG

In data 21 febbraio 2008 la Confsal Unsa ha incontrato, unitamente alle altre sigle sindacali rappresentative ai sensi del decreto del ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione del 28 dicembre 2007, il Capo del Personale e della Formazione del DAP.
In via prioritaria il Direttore Generale ha ritenuto importante informare e dare piena assicurazione sulla natura esclusivamente ricognitiva a cui è stata finalizzata l’anagrafe informatica attuata attraverso diramazione negli istituti delle schede informative e rivolta a tutti i dirigenti penitenziari.
Quel che più importa però è l’impegno assunto dal dott. De Pascalis sui seguenti punti:
· far conoscere quanto prima ed in tempi molto brevi il progetto della Amministrazione penitenziaria circa i criteri proposti per la mobilità dei dirigenti penitenziari; a questo proposito l’amministrazione si è impegnata ad informare e discutere con le OO.SS. detti criteri.
comunicare con priorità l’elenco delle sedi vacanti degli istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale in modo da poter acquisire eventuali disponibilità da parte dei dirigenti; il conferimento dell’incarico assumerà comunque carattere di provvisorietà.
La Confsal- Unsa ha chiesto espressamente che il metodo di lavoro da assumere sia improntato principalmente alla trasparenza attraverso comunicazione e consultazione.
L’incontro è stato anche occasione per prendere atto della ufficializzazione della rappresentatività della Confsal Unsa nel Comparto della dirigenza penitenziaria, già peraltro sancita dal decreto sopra citato. Preme evidenziare che questo comporta un risultato di enorme rilevanza perché permetterà anche a questa O.S. di poter partecipare e portare avanti interessi comuni a tutti i colleghi attraverso comportamenti improntati a correttezza e trasparenza.
Si porta a conoscenza, infine, che da notizie assunte nel corso della riunione, già nelle prossime settimane la Funzione Pubblica potrebbe dare inizio alle procedure negoziali per il 1° CCNL del Comparto Dirigenza Penitenziaria.
Roma, 22 febbraio 2008.
Segretario Nazionale
R.Martinelli

DIRIGENZA PENITENZIARIA: COMUNICATO CONGIUNTO SIDIPE/CISL

Nel tardo pomeriggio di ieri il dott. DE PASCALIS - Direttore Generale del Personale e della Formazione del DAP – coadiuvato da alcuni stretti collaboratori, ha incontrato la nostra delegazione sindacale congiuntamente a quella di Cgil e Unsa-Sag.
Tale convocazione interviene dopo le prese di posizione che, con note disgiunte di CISL e del SIDIPE datate 31 gennaio 2008, avevano contestato all'Amministrazione le iniziative unilaterali sull'acquisizione di elementi di conoscenza del personale dirigente.
Il dott. De Pascalis ha esposto le ragioni di tale iniziativa ed escluso che tale procedura precludesse a qualsiasi volontà dell'Amministrazione di determinare elementi tali da vincolare in
futuro eventuali scelte su incarichi definitivi e/o mobilità di sede del personale della dirigenza penitenziaria.
Chiarita anche la valenza o meno dell'incontro che era in svolgimento, e cioè quello di un incontro informale teso a favorire un diverso clima di relazioni sindacali, ed utile all'apertura di future discussioni negoziali alla presenza del Capo Dipartimento, è stata l'occasione perchè potessimo rispettivamente esporre al Direttore Generale del Personale quali sono gli elementi che dovranno comporre una nuova comunicazione circolare, per meglio definire gli obiettivi della comunicazione contestata e che la stessa Direzione Generale aveva divulgato il 23 gennaio 2008.
In particolare la richiesta di indicare sedi di aspirazione dei singoli dirigenti (richiesta peraltro facoltativa) non avrà nessuna valenza rispetto ad eventuali piani di mobilità che vedranno invece l'Amministrazione e le OO.SS. doversi incontrare per stabilire criteri obiettivi utili allo scopo.
Inoltre la Direzione Generale deve impegnarsi a rendere ufficiale l'elenco delle sedi che risultano vacanti, al fine di consentire una migliore conoscenza delle possibilità cui può legittimamente ambire il personale interessato.
Pertanto in questi giorni saranno emanate note dipartimentali relative a tali aspetti.
Ma la discussione ha toccato anche temi che ci premeva segnalare; abbiamo pertanto evidenziato
che non può continuare ad accadere quanto oggi invece avviene, relativamente a provvedimenti di missione emanati dal DAP e/o da Provveditori Regionali in occasione di periodi di assenza di direttori titolari delle sedi di servizio, ignorando la presenza in sede di altri dirigenti con funzioni vicarie e di vice direzione, ma facendo arrivare negli Uffici il titolare di un altra sede di servizio. Ciò oltre che a determinare oneri aggiuntivi ed ingiustificati di spesa, è lesivo della dignità e professionalità dei dirigenti già impiegati presso la stessa sede di servizio ove si invierebbe altro dirigente in missione.
Altra questione riguarda poi l'esigenza di integrare le comunicazioni già emanate dal DAP riguardo agli istituti contrattuali da applicare, in via transitoria, al personale della dirigenza. Su questi aspetti è del tutto evidente che vari Dirigenti Generali periferici abbiano invece inteso ignorare quanto già comunicato dal Dipartimento e continuino invece ad avere un atteggiamento superficialità nei confronti dei dirigenti in servizio nei distretti di competenza.
Il dott. De Pascalis ha garantito che anche per questi aspetti emanerà specifiche ulteriori disposizioni che evitino il perpetuarsi di atteggiamenti non in linea con le direttive dipartimentali divulgate.
Altra questione sollevata è stata quella relativa al riconoscimento dell'anzianità di servizio, utile al conteggio, ad esempio, delle ferie. Considerata l'estrema chiarezza che le normative offrono per l'interpretazione del diritto, il quale matura tenendo in conto l'intera carriera nell'amministrazione penitenziaria, è necessario che tra le direttive che la Direzione Generale emanerà in questi giorni sia contenuto anche tale chiarimento.
Così come è stata ribadita la richiesta di avviare le più utili iniziative formative per i dirigenti penitenziari, affinché gli stessi sappiano esprimere la migliore potenzialità di tutto il personale penitenziario, anche attenzionando sulle aspettative di crescita professionale e di maggior riconoscimento. Deve essere altrettanto puntuale l'obiettivo di investire prontamente in formazione anche sulla materia delle relazioni sindacali, proprio tenendo conto dell'autonomia negoziale che i contratti demandano ai titolari delle direzioni.
Possiamo quindi sicuramente esprimere un parere positivo su questo primo incontro, soprattutto per quello che è un impegno che il Direttore Generale ha inteso assumere e che può sintetizzarsi con la richiesta trasversale sindacale: quella di trasparenza nelle scelte future sulla dirigenza penitenziaria.
Verificheremo se quanto ha preso impegno l'Amministrazione voler fare sarà rispettato, pronti come sempre ad offrire il nostro contributo per una Amministrazione migliore e per il pieno rispetto delle prerogative del personale della dirigenza penitenziaria.
Cordiali Saluti.
Il Segretario Nazionale
SI.DI.PE.
Enrico SBRIGLIA
Il Coordinatore Responsabile
FP CISL Penitenziario
Marco MAMMUCARI

UNIONE EUROPEA: EMERGENZA SOVRAFFOLLAMENTO PENITENZIARIO

La CISL impegnata nella giornata di protesta Europea- Il prossimo 28 febbraio si svolgerà a Bruxelles, davanti all'edificio Justus Lipsius sede del Consiglio dei Ministri, una manifestazione di protesta nel motto del “NO al sovraffollamento delle carceri”.
La F.S.E.S.P. (Federazione sindacale europea dei servizi pubblici) ha quindi riunito per il 28 p.v. oltre 400 delegati del settore penitenziario di tutta europa per protestare contro il sovraffollamento dei detenuti ed in particolare per rivendicare che venga garantito il miglioramento dello condizioni di lavoro all'interno dei penitenziari.
Anche per meglio comprendere lo spirito dell'iniziativa si allega il documento fornitoci dall'Ufficio Internazionale della CISL Funzione Pubblica che, opportunamente tradotto in lingua italiana, riporta integralmente la delibera del Comitato Esecutivo della FSESP.
Il Coordinamento Nazionale CISL FP Penitenziario parteciperà all'iniziativa di Bruxelles ed altresì realizzerà a Roma una iniziativa di alto profilo politico, contestualmente allo svolgimento della manifestazione europea del 28 febbraio.
I contenuti e le modalità di svolgimento dell'iniziativa che realizzeremo in Italia saranno rese note il prima possibile.
Invitiamo tutte le Strutture della CISL ad impegnarsi per la massima divulgazione delle iniziative, specialmente tra tutto il personale impegnato negli Istituti Penitenziari Italiani.
Cordiali saluti.
Il Coordinatore Nazionale
Marco Mammuccari

Cosa può fare la FSESP?
1. Sensibilizzare sul programma congiunto in materia di servizi penitenziari e sull’elaborazione di norme europee in materia di formazione ed etica, attraverso:
- L’uso delle reti della FSESP già esistenti, (come ad esempio quelle dell'amministrazione nazionale, dei servizi sociali e sanitari), i coordinatori nazionali della campagna “Servizi pubblici di qualità - qualità di vita”, la contrattazione collettiva (EPSUCOB@), e seminari di formazione sulla sindacalizzazione dei lavoratori;
- Il dialogo sociale europeo a livello settoriale e intersettoriale (ad esempio la contrattazione in materia di lotta contro la violenza sul luogo di lavoro);
- L’uso e l’arricchimento di contenuti della pagina web della rete dei servizi penitenziari della FSESP e dell’ETUI-REHS (Istituto Sindacale Europeo per la Ricerca, la Formazione, la Salute e la Sicurezza), attraverso la pubblicazione dei rapporti sui seminari, lavori di ricerca, dichiarazioni di principi, notizie di attualità, la lista dei contatti della rete della FSESP, esempi di buone pratiche(come le norme etiche di reclusione dei Paesi nordici, i programmi di reinserimento dei detenuti nel Regno Unito e nella Repubblica Ceca);
- La pubblicazione dei risultati delle discussioni in seno alle organizzazioni sindacali nazionali;
- La realizzazione di attività sindacali di carattere bilaterale e transfrontaliero, e la comunicazione di dati alla FSESP (ad esempio, la convocazione di una riunione tra i sindacati cechi, austriaci e tedeschi, o tra RCN e POA-Scotland nel Regno Unito);
- L'organizzazione di attività di sensibilizzazione, come ad esempio una Giornata di azione europea per i servizi penitenziari (denunciandone il sovraffollamento ed evidenziando il bisogno di migliorare il servizio);
- La promozione del rispetto delle norme sui sistemi penitenziari emanate dal Consiglio d'Europa.
2. Contestare i presunti aspetti positivi della privatizzazione e della liberalizzazione su scala europea e nazionale, attraverso:
- La ricerca di elementi concreti sugli effetti negativi e sulle strategie aziendali nei confronti delle autorità pubbliche, principalmente attraverso la pubblicazione Prison Privatisation Report International (www.psiru.orq/justice), al fine di organizzare riunioni su temi specifici;
- L'instaurazione di criteri di valutazione di qualità;
- La realizzazione di campagne a favore dell'esclusione dei servizi penitenziari dalle regole europee sulla concorrenza.
3. Organizzare entro il 2009 una riunione della rete dei servizi penitenziari della FSESP.
Nel corso del secondo semestre del 2008, si provvederà a valutare l'applicazione del piano di azione.
Monitoraggio
La FSESP invierà il resoconto della riunione ai partecipanti, assieme alla lista dei partecipanti e al questionario sul tasso di sindacalizzazione. Presenterà inoltre il rapporto e sottoporrà il piano di azione all'approvazione dei Comitati permanenti HSS( Sanità e servizi sociali) e NEA (Amministrazione statale), rispettivamente il 27 marzo e il 16 aprile 2007, e del Comitato
Esecutivo il 4 giugno 2007.
Lista di controllo relativa all'adempimento delle principali rivendicazioni della FSESP

Miglioramento delle condizioni di lavoro del personale penitenziario
- Riduzione del numero di detenuti e aumento delle risorse da destinare alla prevenzione e alla riabilitazione sociale di ex detenuti;
- Miglioramento dei livelli di sicurezza e salute (fisica e mentale);
- Adeguamento del numero di detenuti per agente, in base al lavoro da svolgere, vale a dire almeno un agente per detenuto, e aumento delle equipe psico-sociali;
- Promozione della formazione iniziale e professionale, apprendimento lungo tutto l'arco della vita e formazione alla prevenzione e gestione dei conflitti (capacità di sdrammatizzare e rappacificare);
- Non discriminazione sul posto di lavoro e pari opportunità tra donne e uomini del personale penitenziario;
- Durata massima dell'orario di lavoro (compresi i periodi di reperibilità);
- Una più chiara definizione delle responsabilità della direzione;
- Situazione della funzione pubblica, quadro condiviso delle condizioni di occupazione;
- Aumento di opportunità di mobilità professionale e sociale;
- Pieno esercizio dei diritti sindacali.

Miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti
- Riduzione del numero di detenuti e aumento delle risorse da destinare alla prevenzione dei reati e alla riabilitazione sociale degli ex detenuti;
- Risorse sufficienti per rispondere adeguatamente ai bisogni elementari (cibo, igiene, sicurezza e vicinanza alla famiglia e agli amici);
- Diritto alla formazione e all'istruzione, ad un ambiente sano e a svolgere attività favorevoli al reinserimento sociale;
- Privacy: celle individuali e pulite;
- Prevenzione del suicidio;
- Diritto ad un salario dignitoso;
- Libertà di espressione e diritto a creare dei "consigli" di detenuti in carcere.

Miglioramento dei sistemi di giustizia penale
- Determinati aspetti problematici delle condizioni di vita e di lavoro all'interno dei servizi penitenziari impongono il miglioramento e la riforma dei sistemi di giustizia penale;
- Allocazione di risorse adeguate per le misure alternative alla detenzione;
- Riduzione dei periodi di detenzione preventiva;
- Misure specifiche per giovani delinquenti;
- Indipendenza degli organismi di controllo penitenziario (con la consultazione dei sindacati dei sistemi penitenziari);
- Valutazione dei risultati raggiunti dai centri penitenziari pubblici e privati in termini di tasso di recidiva, di reinserimento sociale e condizioni di vita e di lavoro;
- Convergenza degli obiettivi delle diverse Amministrazioni penitenziarie e coerenza delle diverse politiche sociali, economiche, interne e della giustizia che incidono sui regimi penitenziari.

venerdì 22 febbraio 2008

Carcere- superata quota 50.000 di detenuti


Redazione (redazione@vita.it) 22/02/2008

Il dossier di Ristretti Orizzonti
In soli 52 giorni, dall'1 gennaio 2008 al 21 febbraio 2008, il numero dei detenuti nelle carceri italiane è aumentato di oltre 2.000 unità. Dall'inizio del 2007 ad oggi l'aumento è stato di quasi 12.000 persone! Di questo passo le carceri "esploderanno" prima della fine dell'anno: gestire oltre 60.000 detenuti, con le strutture e il personale attualmente a disposizione, sarà impossibile per chiunque, insostenibile dal punto di vista logistico e anche sotto il profilo economico (ricordiamoci che ogni detenuto costa circa 150 euro al giorno alle casse dello Stato).Eppure la soluzione sarebbe a portata di mano: tenere in carcere soltanto le persone che REALMENTE non possono stare fuori: oggi in carcere ci sono quasi 30.000 persone in attesa di giudizio (e circa la metà di loro verrà assolta, nei diversi gradi del processo); dei restanti 20.000 condannati, ben 12.000 hanno una pena inferiore ai 3 anni e quindi potrebbero anche espiarla con la misura alternativa dell'affidamento ai servizi sociali.Il numero delle persone arrestate non è sostanzialmemte cambiato negli ultimi tre anni: 89.887, di cui 45% straniere, nel 2005; 90.714, di cui 48% straniere, nel 2006; 90.441, di cui 48% straniere, nel 2007.Nello stesso periodo, dopo che l'indulto aveva portato il numero dei detenuti al minimo storico di 38.000 persone, c'è stato un aumento di quasi 1.000 detenuti al mese, mentre il numero dei condannati ammessi a misure alternative alla detenzione è aumentato di 500 al mese (4.106 ammessi al 31 dicembre 2006 e 10.379 31 dicembre 2007). Questo nonostante in carcere ci siano oltre 12.000 persone che potrebbero scontare la pena in misura alternativa!La realtà, drammatica e ineludibile, è che la martellante campagna sulla sicurezza, che ci accompagna da più di un anno, "sconsiglia" a chi deve decidere (cioè i vari Organi Giudiziari) l'eventuale concessione di una misura alternativa ai condannati o della "libertà provvisoria" agli imputati... alle prese col dilemma "coraggio o prudenza" si affidano sempre di più alla seconda, col risultato che le carceri si stanno gonfiando di detenuti a ritmi mai visti...Questo è un appello, perché torni a prevalere non dico il coraggio ma almeno la ragionevolezza: ci sono 6.000 detenuti con la pena inferiore a un anno, non penso che tra loro ci siano molti "pericolosissimi criminali"... dato che per il possesso di un grammo di hascish o per un furto di generi alimentari dagli scaffali del supermercato si prende una condanna superiore... che cosa aspettiamo ad affidare ai servizi sociali queste persone, magari in questo modo riusciranno pure a trovarsi un lavoro, un po' "sostenuti" un po' "controllati", e infine a "rigare dritto" alla fine della pena.Alla fine dell'anno saranno comunque tutti fuori dal carcere, il loro posto sarà preso da altri, più numerosi e più disgraziati, in una catena ininterrotta che serve soltanto ad accontentare chi chiede "certezza della pena" e non vuole intendere altre ragioni, nemmeno se sono, come sono, sacrosante.
Francesco Morelli, di Ristretti Orizzonti

GIUSTIZIA/CARCERE- IL GARANTE DEL LAZIO: SERVONO PIU' MISURE ALTERNATIVE

Adnkronos, 22 febbraio 2008
Angiolo Marroni al convegno "Il ruolo del Garante dei detenuti nell’ambito del sistema carcerario e la sua riforma": "Se si vuole ridurre il numero dei reati e avere più sicurezza non serve costruire più carceri". Angelo Zaccagnino: "Occorre uno snellimento nei processi e alcune leggi, come la Bossi-Fini, vanno cambiate".
L’inutilità della costruzione di nuove carceri, la necessità di incrementare misure cautelari che siano alternative alla detenzione e la depenalizzazione di alcuni reati minori, la riforma del codice penale e l’incremento delle iniziative che favoriscono il reinserimento nella società degli ex detenuti attraverso corsi di formazione e attività lavorative all’interno degli stessi istituti di pena.
Sono queste le indicazioni emerse nel corso del convegno "Il ruolo del Garante dei detenuti nell’ambito del sistema carcerario e la sua riforma", tenutosi questa mattina a Roma presso la sede del Consiglio regionale del Lazio alla presenza del garante regionale dei detenuti Angiolo Marroni, del vicepresidente del Consiglio regionale Bruno Prestagiovanni, del capo dipartimento per la giustizia minorile Donatella Caponetti, del provveditore per l’amministrazione penitenziaria Angelo Zaccagnino, del membro della Sicurezza e Criminalità Donato Robilotta, dell’assessore agli Affari istituzionali Daniele Fichera e di Gianfranco Baruchello che ha girato il documentario ‘Un altro giorno, un altro giorno, un altro giornò proiettato al termine dell’incontro.
"Nelle 14 carceri del Lazio attualmente ci sono 4.908 detenuti - ha spiegato il Garante Marroni - dei quali circa il 30% è ancora in attesa di essere sottoposto al primo grado di giudizio, un altro 30% sta per ricorrere in appello e solo il 38% è stato condannato in via definitiva. Al 31 luglio 2006 i detenuti nel Lazio erano quasi 6.000 poi con l’indulto ne sono usciti 2.636, ma adesso la situazione è di nuovo critica. Non siamo ancora ai numeri pre-indulto ma fra allarmi sociali e richieste di maggiore sicurezza e tolleranza zero credo che si tornerà presto a quei livelli. Se si vuole ridurre il numero dei reati e avere più sicurezza non serve costruire più carceri, occorre invece aumentare sensibilmente il ricorso alle misure alternative alla detenzione".
"Per quanto riguarda il sistema carcerario minorile - ha spiegato la dottoressa Caponetti - abbiamo fatto degli enormi passi avanti grazie a un processo penale innovativo introdotto nel 1989. Sono stati creati i nuovi istituti per i provvedimenti cautelari che prevedono prescrizioni, obbligo di dimora in casa e quello di soggiorno in una comunità di recupero. Inoltre, con l’introduzione del Centro di prima accoglienza, dove vengono portati i minori arrestati in attesa dell’udienza di convalida, abbiamo ridotto sensibilmente il numero di detenuti minori in attesa di giudizio. Infine, con l’istituto giuridico della sospensione del processo per messa alla prova, che permette a un ragazzo per un periodo di sei mesi di dimostrare il proprio ravvedimento, siamo riusciti a ridurre il numero di ingressi annuali nelle carceri minorili da 7.000 a 2.000 unità".
Poi ha preso la parola Angelo Zaccagnino, provveditore per l’amministrazione penitenziaria, che ha spiegato: "L’indulto ha riportato vivibilità nelle carceri e i reingressi, per quanto l’opinione pubblica abbia criticato questo provvedimento, sono stati relativamente pochi, circa il 30%. Come visto i due terzi dei detenuti nel Lazio sono in attesa di giudizio e il 44% sono stranieri. Questo perché serve uno snellimento nei processi e alcune leggi, come la Bossi-Fini, vanno cambiate".
"In un anno abbiamo fatto qualcosa per risistemare le strutture - ha proseguito Zaccagnino - ma c’è ancora molto da fare, c’è un serio problema di risorse economiche e l’unica soluzione è il ricorso a pene alternative, soprattutto nel caso dei tossicodipendenti".
"Abbiamo creato un tavolo interassessorile per coordinare i nostri interventi e stanziato dei fondi - ha spiegato l’assessore agli Affari istituzionali Daniele Fichera - ma abbiamo ancora tanto lavoro da fare". Donato Robilotta, membro della commissione Sicurezza e Criminalità, ha messo in risalto il fatto che "mantenere una persona in carcere in attesa di giudizio è un obbrobrio giuridico, una vergogna. Molti sono immigrati detenuti per reati minori che potrebbero essere puniti con delle sanzioni amministrative. Noi come Regione non abbiamo competenze specifiche in materia, ma se c’è un settore nel quale possiamo intervenire è quello della formazione e del lavoro, per spezzare quel circolo vizioso che porta gli ex detenuti a commettere nuovi reati per le difficoltà legate al reinserimento nella società".
Dello stesso avviso, infine, il commento di Bruno Prestagiovanni, vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio. "La carcerazione preventiva deve essere modificata in maniera tale da differenziare i reati mentre attualmente è prevista per reati di qualsiasi tipo. Non servono nuove carceri - ha concluso - ma la trasformazione in carceri nuove, che è una cosa ben diversa".

giovedì 21 febbraio 2008

Giustizia/Carcere: dopo-indulto, carceri e pene, serve politica nuova


di Riccardo Arena- www.radiocarcere.com, 21 febbraio 2008

50.220. È il numero delle persone detenute nelle 205 carcere italiane. Carceri costruite per ospitare solo 42.213 detenuti. 8 mila. È il numero del sovraffollamento. Un numero destinato a crescere, visto che nelle carceri entrano una media di 1.000 detenuti al mese.
Un dato, questo, che consente una facile quanto infausta previsione per il futuro. Senza concreti interventi della politica, nel giro di qualche mese sarà di nuovo emergenza negli istituti di pena.
50.220. È anche il numero dell’indulto fallito. O meglio, è il numero di una politica che ha fallito sull’indulto. Una politica che, dopo aver votato l’atto di clemenza, doveva approvare le riforme necessarie per rendere più funzionale e giusto sia il sistema delle pene che il sistema carcerario. Riforme che non sono state fatte.
50.220 sono i detenuti in Italia. Eppure: "Il condannato è merce rara in carcere". La frase, detta dal direttore di un penitenziario, coglie nel segno. Individua un’altra grave disfunzione delle carceri italiane. L’abnorme numero di detenuti in attesa di un primo giudizio. 17 mila, sono i detenuti sottoposti a misura cautelare che attendono un primo processo. Mentre solo 18 mila sono i detenuti condannati in via definitiva. La causa: il cattivo funzionamento del processo penale, la sua durata irragionevole.
17 mila presunti non colpevoli che scontano il carcere come i colpevoli. Se non peggio. Spesso, infatti, le persone detenute in attesa di giudizio vengono rinchiuse nelle carceri delle grandi città. Carceri vecchie e degradate. Luoghi inidonei alla detenzione. Carceri sovraffollate proprio a causa dell’eccessiva presenza di persone in misura cautelare. È quanto si registra nel carcere Ucciardone di Palermo, a Poggioreale di Napoli, a Regina Coeli di Roma, al Buon Cammino di Cagliari, nel carcere San Vittore di Milano. Per citare solo alcuni esempi.
Numeri sul carcere. Numeri che parlano. Che dicono l’occasione persa con l’indulto. Numeri che ripropongono con urgenza la questione carcere e sistema delle pene. Una questione che la politica sembra non voler affrontare. Una questione che, invece, deve essere affrontata con un progetto sul carcere e sulle pene. Un progetto politico nuovo che ridia effettività alla pena e funzionalità alle carceri, seguendo criteri di giustizia e di economia.
L’edilizia penitenziaria. Occorre chiudere le carceri vecchie e costose. Le città italiane sono disseminate da carceri dell’800. Carceri spesso situate nei centri storici delle città. Strutture che hanno un enorme valore sul mercato immobiliare. Bisogna vendere queste carceri e, con i soldi ricavati, realizzare nuove strutture. Strutture diverse a seconda della tipologia dei detenuti. Per i detenuti condannati, carceri sicure già esistono. Quelle che mancano sono carceri utili alla pena. Strutture dove, per esempio, il detenuto possa imparare un lavoro, dove si possa realizzare sul serio un percorso rieducativo incentrato sull’individuo.
Per chi è in misura cautelare, servono strutture detentive diverse e meno afflittive del carcere. La custodia del presunto non colpevole deve per sua natura essere improntata a criteri differenti rispetto a quelli del condannato. Il pericolo di fuga della persona indagata, dovrebbe essere il parametro di riferimento per la realizzazione di queste nuove strutture. Più sicure per il mafioso, meno per il tossicodipendente o per chi è indagato per certi reati.
La realizzazioni di strutture diverse dal carcere per chi è in misura cautelare, non solo risponderebbe a criteri di giustizia, ma consentirebbe una forte riduzione dei costi.
Infine, occorre investire ancora sulla ristrutturazione delle carceri esistenti. Qualche intervento è stato fatto, ma non è sufficiente. Basta pensare che su 28.800 celle, che compongono le carceri italiane, solo 4.700 sono a norma. Ovvero rispettano quanto previsto dal regolamento penitenziario del 2000.
Il sistema delle pene. Serve una politica nuova che intervenga sul sistema sanzionatorio. Una politica che depenalizzi alcune ipotesi di reato, ma che soprattutto introduca pene diverse dal carcere e dall’ammenda. Due sanzioni che oggi appaiono inadeguate per la punizione di determinati reati o determinati soggetti. Occorre pensare a nuove tipologie di pene per far sì che tutti siano puniti, se pur in modo diverso. Sanzioni diversificate ma efficaci e certe per il rapinatore come per il corruttore. In molti casi, la rimessa in pristino, i lavori socialmente utili, ma anche pesanti sanzioni patrimoniali, sarebbero pene più efficaci e avrebbero una maggiore portata deterrente rispetto a quelle esistenti.
Nuove tipologie di pene che consentirebbero al giudice di applicare la sanzione più idonea al caso concreto, alla persona che la deve scontare.

mercoledì 20 febbraio 2008

SOVRAFFOLLAMENTO DELLE CARCERI IN EUROPA: CONDIZIONI BRUTALI DANNO PESSIMI RISULTATI

Il 14 settembre 2007, a Bruxelles, i delegati sindacali dei servizi penitenziari di otto paesi europei hanno concordato una giornata di lotta contro il sovraffollamento delle carceri e il deterioramento delle condizioni di vita.
Questa giornata è parte integrante del piano d'azione della Federazione sindacale europea dei servizi pubblici (FSESP) sui servizi penitenziari come adottato dal suo Comitato esecutivo il 4 giugno 2007.
La data scelta è quella del 28 febbraio 2008, in modo da farla coincidere con il Consiglio Ministri UE Giustizia e Affari Interni.
La maggioranza delle carceri nell'UE si trova ad affrontare un problema di sovraffollamento, con una media di oltre il 25% in più di detenuti per cui quelle carceri sono state progettate.
Ciò significa un grave peso sulla salute e sicurezza del personale e dei detenuti, come pure sui sistemi operativi e di sicurezza. Il sovraffollamento riguarda il diritto umano fondamentale, di una buona parte dei 300.000 lavoratori penitenziari, a lavorare in un ambiente sicuro. Questo è in contrasto con le Nuove regole penitenziarie europee del Consiglio d'Europa che riconoscono il diritto dei detenuti al diritto dei detenuti alla dignità umana e alla privacy. La cronica riduzione del personale in molte carceri è collegata alla questione della prevenzione per un'adeguta sorveglianza e per la riabilitazione dei prigionieri.
Lo stanziamento insufficiente di fondi per i sistemi di giustizia penale e sociale e la crescente popolazione carceraria nell'Unione europea- che attualmente ammonta a più di 600.000 persone sono le principali cause del sovraffollamento.
La soluzione non è quella di costruire nuove prigioni o fare ricorso ai privati. Invece, l'obbiettivo deve essere quello di migliorare il funzionamento e le condizioni di vita nelle carceri e ridurre il numero dei carcerati migliorando e investendo nella prevenzione, nella protezione legale, nelle alternative alla detenzione e nella riabilitazione.
Nella giornata di lotta del 28 febbraio 2008 si terranno simultaneamente una dimostrazione europea a Bruxelles ed altre attività in tutta Europa delle affiliate fsesp con i seguenti obiettivi:
  • far prendere coscienza del costo umano e finanziario del sovraffollamento delle carceri, sottolineandone il carattere europeo (e mondiale) sotto angolazione dei diritti umani;
  • promuovere delle rivendicazioni sindacali comuni;
  • sottolineare l'importanza del dialogo sociale e i diritti sindacali per il miglioramento delle condizioni di vita nelle carceri;
  • difendere i diritti alla libertà e alla presunzione d'innocenza, la parità di trattamento di tutti i cittadini europei in uno spazio comune di libertà, sicurezza, e giustizia nell'ambito della campagna FSESP per una normativa quadro europea sui servizi pubblici

Durante la giornata di lotta, sarà ricordato ai responsabili politici europei la necessità di rispettare e promuovere i diritti sindacali, come riconosciuto dalla Carta europea dei diritti fondamentali che dovrà diventare vincolante alla fine dell'anno.

Queste azioni saranno guidate dalla FSESP e dalle sue affiliate, rappresentanti delle lavoratrici e dei lavoratori dei servizi penitenziari nei seguenti paesi:

  • Belgio
  • Danimarca
  • Estonia
  • Francia
  • Italia
  • Paesi Bassi
  • Norvegia
  • Spagna
  • Svezia
  • Regno Unito

Conferenza Stampa su Giornata Europea contro il Sovraffollamento

28 febbraio- Giornata europea contro il sovraffollamento delle carceri
"Un'Europa sociale, non l'Europa delle prigioni"
Giornata europea contro il sovraffollamento delle carceri Roma 28 Febbraio 2008 - ore 12.00 - Conferenza stampa sulla condizione carceraria italiana (sala stampa Camera dei Deputati)
Interverranno Fabrizio Rossetti Funzione Pubblica Cgil Nazionale
Patrizio Gonnella Presidente di Antigone
Mauro Palma Presidente del comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti del Consiglio d'Europa
Contemporaneamente Manifestazione europea dei sindacati aderenti alla FSESP in tutte le capitali europee e a Bruxelles - in occasione della riunione del Consiglio dei Ministri Europeo per la Giustizia e gli Affari Interni sui servizi carcerari - "...migliorare le condizioni di lavoro e di vita nelle prigioni e ridurre il numero dei detenuti migliorando ed investendo nella prevenzione, in alternative al carcere e nella riabilitazione" dal documento programmatico della FSESP per una urgente riforma dei sistemi giudiziari.

Polizia Penitenziaria : La Fp Cgil Diffida il DAP sui trasferimenti d'ufficio


La CGIL mette in mora il DAP sui trasferimenti disposti d'ufficio e vince!!! La FP CGIL, unico sindacato a mettere in mora il Ministro della Giustizia e il Capo del DAP per i trasferimenti adottati - in barba alla procedura e alle regole previste per tutto il personale di Polizia penitenziaria - solo in favore di alcuni poliziotti, ottiene la revoca dei provvedimenti di trasferimento disposti verso il Centro Amministrativo Altavista, successivamente convertiti in distacchi temporanei. Questa è l'ulteriore testimonianza della efficacia dell'azione promossa dalla FP CGIL in favore di tutto il personale di Polizia penitenziaria, a tutela dei poliziotti e, più in generale, del sistema delle regole che valgono per tutti, non solo per alcuni! Come sempre chi vuole vedere riconosciuti i propri diritti deve affidarsi alla forza delle ragioni della CGIL!!!
Atto di Diffida. (443 KB).
Atto di Diffida - Risposta Amministrazione. (339 KB).

IL CARCERE NON CE LA FA DA SOLO

www.barilive.it di Danilo Calabrese
“Il carcere non può e non vuole farcela da solo”. Concetto chiaro e appello inascoltato per troppi anni. Così il sottosegretario alla giustizia, Luigi Manconi, ha presentato a Bari il protocollo d’intesa, siglato oggi tra Ministero e Regione Puglia, sugli interventi a contrasto delle problematiche riguardanti l’esecuzione penale e i rischi di esclusione sociale dei detenuti. Un’intesa che mira alla concreta riqualificazione nella comunità dei soggetti sottoposti a misure restrittive della libertà personale, così come sancito dalla nostra Carta costituzionale. Il documento, che deriva dalla riforma sanitaria nazionale di nove anni fa, mira al trasferimento all’amministrazione regionale di una serie di interventi a sostegno del progressivo reinserimento in società del detenuto, attraverso un percorso che comincia all’interno della casa circondariale e continua al di fuori. Istruzione, formazione professionale, assistenza sanitaria, attività ricreative, sport e religione al centro dell’attenzione del legislatore. Senza alcuna distinzione tra minorenni, adulti e stranieri, che costituiscono il 40% della popolazione reclusa. Oltre la Regione, verranno coinvolti anche enti locali e Asl. “Il carcere è uno degli argomenti più manipolati”, ha esordito il presidente Vendola, che ha firmato il documento assieme a Manconi, “ed oggetto di gossip generale. Nel nostro protocollo c’è un’idea di sicurezza composta su più piani”. Come ad esempio l’informatizzazione degli uffici della Procura, che dovrebbe consentire di dimezzare i tempi di un processo. Ma la questione sicurezza riguarda soprattutto “la sottrazione di tante persone alla subcultura criminale”. Si punta essenzialmente, come dovrebbe essere da sempre da quando esistono i penitenziari, alla non recidiva del fatto criminoso. Infatti, in Italia la ricaduta dei pregiudicati nel reato avviene in media tra il 60 e il 70% dei casi. Ma, paradossalmente, solo il 16% dei beneficiari dell’ultimo indulto sono “ricaduti in errore”. Comese per molti di loro attraverso la liberazione c'è stata una nuova possibilità. “C’è bisogno di interlocutori attivi nelle carceri”, ha affermato il sottosegretario Manconi, “protocolli come questo, firmati in altre 17 regioni, consentono una dichiarazione del sistema penitenziario: custodia e reinserimento finalmente si aprono all’esterno”. “Il principale attentato alla sicurezza collettiva”, ha concluso Manconi, “è rappresentato da un carcere in cui non siano rispettati i diritti dei detenuti”. Concetto interpretabile anche dal verso opposto, ossia laddove è la stessa società che si sente più insicura, proprio quando considera il carcere una discarica sociale.