L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

giovedì 30 agosto 2012

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http://www.petizionionline.it/petizione/appello-alla-ministra-severino-per-un-reale-rilancio-dell-esecuzione-penale-esterna-e-delle-misure-alternative-al-carcere/7728


Comunicato Sidipe- L’ESTATE STA FINENDO…MA IL DRAMMA DELLE CARCERI ITALIANE RESTA

 28/08/2012

Alle Colleghe ed ai Colleghi, Dirigenti penitenziari di Istituto Penitenziario e di Esecuzione Penale Esterna LORO SEDI Agli Organi di informazione

“L’ESTATE STA FINENDO…MA IL DRAMMA DELLE CARCERI ITALIANE RESTA”, Intervento del Segretario Nazionale Si.Di.Pe. alla trasmissione Radio Carcere di Radio Radicale il 28 agosto 2012 alle ore 21:30.

Care Colleghe e Cari Colleghi,

“L’Estate sta finendo”, recitava una canzone estiva di qualche anno fa, “ma il dramma delle carceri italiane resta”, aggiungiamo Noi e ci auguriamo che insieme all’ombrellone si riponga anche quell’indolenza dell’anima e del pensiero che non consente di affrontare realmente il disastro nel quale sono piombati il sistema della giustizia e delle carceri.

Intanto a settembre il Governo dovrà presentare al Consiglio dei ministri della Corte Europea il piano con il quale l’Italia ha intenzione di affrontare i rilievi che la Corte europea ha formulato nelle oramai numerosissime sentenze.

E’ drammatica la situazione delle carceri ma è ancora più drammatica la sostanziale indifferenza che a tutti i livelli politici ed istituzionali si registra sui temi della giustizia e delle carceri, al punto che si affermano principi che sono sconfessati da ciò che si agisce poi in concreto: così si parla tanto di dare respiro al sistema penitenziario e di ampliare le misure alternative al carcere ma si nega qualunque possibilità di un accordo politico (senza lavorare in alcun modo per cercare di crearlo) per il ricorso ad una amnistia che potrebbe, invece, essere “costruttiva” se inserita all’interno di un’azione di sistema che coinvolgesse tutto il sistema della giustizia; così, si parla anche di dare respiro al sistema penitenziario, di ampliare le misure alternative al carcere e dall’altra parte si riducono le risorse umane degli uffici di esecuzione penale esterna che, oramai, sono sempre più indirizzati ad una chiusura di fatto, atteso che i dirigenti del ruolo di esecuzione penale esterna sono talmente numericamente ridotti che a breve non ce ne saranno più e gli assistenti sociali sono ta si riducono gli organici del personale penitenziario.

Si fa un gran parlare, poi, di nuove carceri e nuovi padiglioni detentivi e, dall’altra partebbero trovare quei pochi spiccioli che servono per evitare la follia di una riduzione del personale penitenziario, prevista dal D.L. 95/2012 relativo alla spending review.

In vero se si sono trovati i danari per oltre 22 mila assunzioni nella scuola di certo si potrelmente pochi da rendere impossibile un’effettiva azione sul territorio.

Su questi temi questo Segretario Nazionale interverrà questa sera alla trasmissione radiofonica Radio Carcere, condotta da Riccardo Arena a partire dalle ore 21:00 su Radio Radicale.

Il Segretario Nazionale

Rosario Tortorella

Lettera SIDIPE AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA SULLA SITUAZIONE DELLE CARCERI E DEGLI UEPE

Al Signor Ministro della Giustizia, Prof.ssa Avv. Paola Severino ROMA e per conoscenza: Al Signor Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Presidente Dott. Giovanni Tamburino ROMA Al Signor Vice Capo Vicario del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Dott.ssa Simonetta Matone ROMA Al Signor Vice Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Dott. Luigi Pagano ROMA Al Signor Direttore Generale del Personale e della Formazione, Dott. Riccardo Turrini Vita ROMA

Emergenza penitenziaria e Spending review. Riduzione organico personale penitenziario Dirigente e del Comparto Ministeri. - APPROVAZIONE ORDINE DEL GIORNO N.9/5389/53 CAMERA DEI DEPUTATI -
Signor Ministro della Giustizia

questa organizzazione sindacale (che raccoglie il maggior numero dei dirigenti penitenziari di diritto pubblico ex D.Lgs. n.63/2006)1, già con le note Prot. n.27/T/2012 del 07 luglio 20122 e Prot. n.33/T/2012 del 28 luglio 20123 ha rappresentato alla S.V.I. la propria preoccupazione per le gravi conseguenze che discenderebbero per la dirigenza penitenziaria e per l’intero sistema penitenziario - in un contesto in cui il Governo ha rinnovato la dichiarazione dello stato di emergenza delle carceri4- in conseguenza del fatto che l’art. 2, comma 7, del D.L. 6 luglio 2012 n. 955 non ha espressamente escluso il personale della carriera dirigenziale penitenziaria ex D.Lgs. n.63/2006, oltre che il restante personale amministrativo penitenziario e della giustizia minorile, dalla “Riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni” di cui al comma 16 del medesimo articolo, al contrario di quanto è stato previsto, invece, per le forze di polizia, nonché per il personale amministrativo operante presso gli uffici giudiziari e per il personale di magistratura7.

In realtà l’espressione utilizzata dal comma 7 del precitato art.2 D.L. n.95/2012 << Sono escluse dalla riduzione del comma 1 le strutture e il personale del comparto sicurezza (…)>>8 già lasciava intendere che il legislatore avesse inteso escludere dalla riduzione degli organici non solo il personale del Corpo di polizia penitenziaria ma anche il personale della carriera dirigenziale penitenziaria (dirigenti di istituto penitenziario e di esecuzione penale esterna), come d’altra parte sarebbe ovvio, atteso che i dirigenti penitenziari rientrano pienamente nell’ambito del Comparto Sicurezza essendo destinatari del trattamento giuridico ed economico del personale dirigente della Polizia di Stato9.

Peraltro l’esecuzione delle pene detentive e delle altre misure privative della libertà personale non è altra cosa rispetto al “sistema sicurezza” né, tantomeno, rispetto al “sistema giustizia”. Difatti per quanto attiene l’aspetto “sicurezza” è di tutta evidenza che la sicurezza penitenziaria è sicurezza dentro e fuori dal carcere e che la rieducazione del condannato è sicurezza per i cittadini poiché la restituzione alla società di uomini migliori e capaci di reinserirsi dopo la detenzione comporta una effettiva riduzione della recidiva; per quanto riguarda l’aspetto “giustizia”, invece, non può esservi dubbio alcuno che il carcere e gli u.e.p.e. fanno parte del “sistema giustizia” nel suo complesso, perché la giustizia non si ferma nelle aule dei tribunali e delle corti ma si attua all’interno dei penitenziari e attraverso gli uffici di esecuzione penale esterna, questi ultimi, in vero, oggi oramai del tutto svuotati di ogni risorsa (a partire dai dirigenti penitenziari del ruolo di esecuzione penale esterna e sino agli assistenti sociali. non meno del personale amministrativo) mentre, invece, l’esecuzione penale esterna dovrebbe costituire il volano per ridare respiro alle carceri oramai oltremodo sature, in un’ottica di diritto penale minimo nel quale la pena detentiva dovrebbe essere l’extrema ratio.

La preoccupazione del Si.Di.Pe. era e resta legata all’elevatissimo rischio, che purtroppo è quasi una certezza, che il “sistema penitenziario” a fronte dei troppi tagli al personale dell’amministrazione penitenziaria non regga, ed è la stessa preoccupazione che ci risulta10 aver espresso alla S.V. il Signor

Capo del Dipartimento, poiché non c’è dubbio - come Egli ha autorevolmente osservato - che l’esecuzione della pena e delle misure cautelari detentive contribuisce ad assicurare l’ordine e la sicurezza pubblica e, in tal senso, il sistema penitenziario costituisce nel suo insieme articolazione appartenente alla complessiva struttura di sicurezza dello Stato.

A breve, peraltro, per la sola naturale riduzione del personale che sta discendendo progressivamente dai collocamenti a riposo senza ricambio alcuno (l’ultima immissione nel ruolo risale oramai a quindici anni or sono, cioè al 1997), il già risibile numero di dirigenti penitenziari penitenziari (all’1.06.2012 n.392, compresi i dirigenti generali)11 determinerà l’impossibilità gestionale delle carceri e degli uffici di esecuzione penale esterna12 se non saranno trovati rimedi urgenti per procedere a nuovi concorsi. Un’eventuale riduzione degli organici per effetto di una diversa interpretazione del comma 7 del precitato art.2 D.L. n.95/2012 avrebbe, quindi, l’effetto di una vera e propria falcidia degli organici che collasserebbe definitivamente il sistema.

Signor Ministro della Giustizia

come Le è noto, sebbene non sia stato possibile alcun intervento di modifica al testo della norma, in quanto il Governo ha dovuto porre la questione di fiducia sull'approvazione del D.L 95/2012, senza emendamenti, sub-emendamenti e articoli aggiuntivi, nel testo che era già stato approvato il 30 luglio scorso dal Senato e che è stato quindi approvato nella seduta dello scorso 7 agosto alla Camera, quanto avevamo sostenuto nella pregressa corrispondenza trova conforto e sostegno in un atto della Camera dei Deputati che, con l’Ordine del giorno n.9/5389/53 (approvato nella stessa seduta del 7 agosto appena trascorso e che si allega13), << impegna il Governo: a valutare l'opportunità, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, di interpretare l'articolo 2, comma 7, del D.L 95/2012 nel senso che sono esclusi dalla riduzione di cui al comma 1 del medesimo articolo anche i dirigenti penitenziari ed in tal senso interpretare la deroga prevista per le forze di polizia già dal precedente provvedimento normativo (articolo 1, comma 5, decreto-legge n. 138/2011) che non ha trovato attuazione>>.

Si tratta di un provvedimento di grande importanza perché costituisce atto “interpretazione autentica” di una norma in quanto promana dallo stesso legislatore ed è espressione di una univoca attenzione politica nei riguardi della dirigenza penitenziaria, dell’altro personale penitenziario e dell’intero sistema dell’esecuzione penale.

Questo Ordine del giorno ha fatto proprie il pensiero e le preoccupazioni espresse dal Si.Di.Pe. nella precitata corrispondenza ed essendo stato approvato dalla Camera e accettato dal Governo14 è un atto politicamente vincolante, che consente di tornare sulla questione, anche a riguardo del restante personale penitenziario15, fornendo l’occasione di esaminare la delicata problematica a bocce ferme, dopo la concitazione delle fasi preliminari all’approvazione del provvedimento sulla spending review, il cui mancato varo da parte del Parlamento avrebbe di certo avuto gravi riflessi sul piano della credibilità internazionale del Paese.

Esso è anche un’occasione preziosa perché il Signor Ministro della Giustizia porti la questione all’attenzione del proprio Governo con la forza che istituzionalmente gli è propria, avendo la responsabilità ed il dovere di assicurarsi i mezzi e le risorse necessarie ad affrontare l’attuale stato di emergenza penitenziaria. Occorre, infatti, che sia profuso ogni sforzo perché si ricerchino soluzioni e strategie gestionali complessive sui sistemi “sicurezza” e “giustizia”, rispetto ai quali l’esecuzione penale e, quindi, l’Amministrazione penitenziaria , non possono restare estranee.

In tal senso il Si.Di.Pe. chiede alla S.V. un proprio autorevole intervento presso il Signor Presidente del Consiglio e i titolari degli altri Dicasteri competenti affinché, con l’urgenza che la situazione impone, il Governo aderisca nel modo più completo possibile all’Ordine del giorno n.9/5389/53, concretizzando l’impegno assunto in Parlamento, essendo indubbio che il “sistema giustizia” e il “sistema sicurezza” comprendono anche quello dell’esecuzione penale e i problemi e gli interventi sui primi non possono non tenere conto del “sistema penitenziario”.

I dirigenti penitenziari e tutti gli operatori penitenziari confidano sulla Sua sensibilità e sulla Sua competenza tecnica, perché la delicatissima questione possa essere affrontata dal Governo con la necessaria attenzione, affinché il sistema penitenziario non sprofondi oltre l’abisso che oggi si intravede.

Infatti in momento di gravissime tensioni e di emergenza delle carceri, non possono venire a mancare, ai vari livelli di responsabilità, i dirigenti penitenziari che sono le figure professionali deputate a gestire tale emergenza, essendo essi i primi garanti dei principi di legalità nell’esecuzione penale quali detentori del compito loro demandato dall’ordinamento di assicurare l’equilibrio tra le esigenze di sicurezza e quelle di trattamento rieducativo delle persone detenute; né possono ridursi le risorse di quel personale (pedagogico, sociale, amministrativo, contabile e di polizia penitenziaria) che con i dirigenti penitenziari collaborano: per un carcere che resti effettivo presidio di legalità, di sicurezza e di rieducazione, così come deve auspicare un Paese civile e democratico.

Cordialmente







Il Segretario Nazionale

Rosario Tortorella







IL PRESIDENTE

Dott.ssa Cinzia CALANDRINO



IL SEGRETARIO NAZIONALE VICARIO

Dott. Francesco D’ANSELMO



Il SEGRETARIO NAZIONALE AGGIUNTO

Dott. Nicola PETRUZZELLI









Giustizia: Sindacato Direttori Penitenziari; l’Italia rinasce nella scuola e... muore nelle carceri



 Ristretti Orizzonti, 30 agosto 2012

Il Si.Di.Pe. interviene nuovamente sulle scelte del Governo con un comunicato stampa: “Apprendiamo dal Comunicato stampa relativo al Consiglio dei Ministri n. 43 del 24.08.2012 che per il comparto Scuola il Governo ha dato il via libera a oltre 22 mila assunzioni nella scuola
Il Miur è stato ad assumere a tempo indeterminato entro il 31 agosto, per l’anno scolastico 2012-2013, dirigenti scolastici, personale docente, personale tecnico-amministrativo e direttori amministrativi. Più precisamente le assunzioni riguardano: 1.213 dirigenti scolastici e 21.112 unità di personale docente ed educativo. Il Miur è stato inoltre autorizzato a trattenere in servizio 134 dirigenti (si ricorda che i trattenimenti in servizio sono da considerare, sotto l’aspetto finanziario, assimilabili a nuove assunzioni).

Speriamo, però, che il Paese non muoia nelle carceri. Giusta l’attenzione per il mondo della scuola e per l’educazione dei nostri figli, che sono il futuro del nostro Paese, ma speriamo che non ci si dimentichi delle carceri dove la “rieducazione” del condannato assicura a questo stesso Paese sicurezza, perché rieducare chi ha delinquito attraverso il reinserimento sociale consente l’abbattimento della recidiva.

Per intanto nelle carceri si muore: muoiono i detenuti in celle sovraffollate (oltre 66.000 su una capienza di circa 45.000 posti), muoiono gli operatori penitenziari, stremati da condizioni di lavoro difficilissime. Si potrebbe certo obiettare che non c’è correlazione provata tra suicidi penitenziari e sovraffollamento carcerario, ma le drammatiche condizioni di vita e di lavoro nelle carceri non solo non aiutano a superare i problemi personali e familiari ma sicuramente acuiscono il disagio e favoriscono scelte disperate.

E se si trovano i danari per oltre 22 mila assunzioni nella scuola di certo si potrebbero trovare quei pochi spiccioli che servono per evitare la follia di una riduzione del personale penitenziario, prevista dal D.L. 95/2012 relativo alla spending review, nonostante che il Governo stesso abbia dichiarato lo stato di emergenza delle carceri: se ci sono i soldi per assumere 1.213 dirigenti scolastici e per trattenerne in servizio 134 si spera che il Governo vorrà fare qualcosa per evitare che si riduca il già scarno organico dei dirigenti penitenziari, per assicurare che il sistema penitenziario e le nostre carceri possano avere un direttore in pianta stabile, affinché sia garantito l’equilibrio tra sicurezza e trattamento, rispetto dei doveri del detenuto ma anche dei diritti costituzionalmente garantiti. Se dopo 13 anni è possibile un nuovo concorso per circa 12.000 docenti scolastici e se si è potuto dare il via libera a oltre 22.000 assunzioni nella scuola, ci sarà pure qualche spicciolo per assumere qualche dirigente penitenziario, visto che dall’ultimo concorso per direttore penitenziario sono passati non 13 ma 15 anni - era il lontano 1997.

Allo stato tutti i dirigenti penitenziari sono solo 392, compresi i dirigenti generali, e per effetto dei pensionamenti si stanno progressivamente riducendo sempre più: sono pochi e mal pagati, unico esempio di dirigenti dello Stato senza contratto. Forse potrà evitarsi di ridurre ulteriormente quell’altro personale penitenziario che con i direttori delle carceri e degli uffici di esecuzione penale esterna (u.e.p.e.) collabora, anzitutto educatori e assistenti sociali, ai quali è demandato non il difficile compito di educare ma quello difficilissimo di rieducare, nelle carceri e negli U.E.P.E., chi ha violato le regole sociali e che, dopo aver commesso degli errori che sta pagando, intende riabilitarsi. Forse è possibile trovare qualche spicciolo per impedire che le carceri e gli U.E.P.E. siano privati di quel personale amministrativo, già ridotto all’osso, che deve mandare avanti quella macchina amministrativa complessa che è il carcere.

Forse può farsi qualcosa per evitare il blocco del turn over previsto dal provvedimento di spending review per una polizia penitenziaria che è già carente di 7000 unità. Il Si.Di.Pe. confida, allora, che il Governo, con la sua competenza tecnica, sappia eliminare gli sprechi per dare risorse dove servono e, quindi, che sappia guardare anche alle nostre carceri, per ridare dignità a chi deve scontare una pena ed a chi quella pena deve fare scontare?

“Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri - scriveva Voltaire - poiché è da essi che si misura il grado di civiltà di una nazione”. E oggi le carceri italiane sono spesso, purtroppo, disumane, tanto per chi in esse si trova per un provvedimento giudiziario quanto per chi vi lavora”.



Lombardia: Cgil; in area penale esterna più di 7mila condannati, ma c’è carenza di personale



 Ristretti Orizzonti, 29 agosto 2012

Immaginate di aggiungere agli attuali 9.374 detenuti nelle carceri lombarde i 6.711 che, in Lombardia, stanno scontando misure alternative di detenzione (dagli affidamenti alla libertà vigilata): come si potrebbe reggere - a situazione già esplosiva - con 16.085 reclusi?



L’ipotesi paradossale arriva dalla Fp Cgil lombarda che denuncia l’allarmante carenza di assistenti sociali degli Uffici di esecuzione penale esterna, gli Uepe (7 nella nostra regione, a Bergamo, Brescia, Como, Mantova, Milano, Pavia, Varese). Cioè carenza di coloro che hanno in carico il reinserimento sociale dei 6.711: 103 professionisti, direttori compresi.

Un numero destinato a calare visto il blocco dei concorsi (l’ultimo è del 1999) e i prossimi pensionamenti (si prevede il 20%) e che potrebbe anche far chiudere degli Uepe, come afferma la coordinatrice regionale dell’amministrazione penitenziaria - comparto ministeri Barbara Campagna.

Che sottolinea: “Quando si parla di sicurezza sociale si pensa solo al carcere mentre si dovrebbe pensare anche al territorio”, come è invece tendenza in altri paesi, ad esempio Francia e Gran Bretagna, dove il numero di “extracarcerari” supera quello dei detenuti. La questione è tanto più stringente ora che il ministro della Giustizia Severino si appresta a provvedimenti per ridurre il sovraffollamento penitenziario, prevedendo più spazio per le misure alternative di detenzione con “la messa alla prova” anche per gli adulti: misure destinate a fallire se non sostenute da un numero adeguato di assistenti sociali, in tutto il paese (con 32815 misure in carico degli Uepe e Lombardia a capofila). Così al ministro è rivolta la petizione on line lanciata lo scorso 10 agosto “per un reale rilancio dell’esecuzione penale esterna e delle misure alternative al carcere”.

Guardando allo sciopero del lavoro pubblico del prossimo 28 settembre, Gloria Baraldi, segretaria regionale della categoria sindacale, è perentoria: “I tagli del governo a personale e risorse e, ultima, l’invarianza di spesa prevista dalla spending review stanno demolendo un sistema che andrebbe invece consolidato con un approccio organico, concreto e realista al tema dell’esecuzione penale, che non può prescindere da interventi sul territorio. Occorre investire sull’area penale esterna come modalità di rieducazione



martedì 28 agosto 2012

Comunicato Stampa FP CGIL Lombardia: Assistenti sociali, se smettessero l’attività i 103 della Lombardia



28 ago – Immaginate di aggiungere agli attuali 9374 detenuti nelle carceri lombarde i 6711 che, in Lombardia, stanno scontando misure alternative di detenzione (dagli affidamenti alla libertà vigilata): come si potrebbe reggere – a situazione già esplosiva – con 16085 reclusi?

L’ipotesi paradossale arriva dalla Fp Cgil lombarda che denuncia l’allarmante carenza di assistenti sociali degli Uffici di esecuzione penale esterna, gli Uepe (7 nella nostra regione, a Bergamo, Brescia, Como, Mantova, Milano, Pavia, Varese). Cioè carenza di coloro che hanno in carico il reinserimento sociale dei 6711: 103 professionisti, direttori compresi. Un numero destinato a calare visto il blocco dei concorsi (l’ultimo è del 1999) e i prossimi pensionamenti (si prevede il 20%) e che potrebbe anche far chiudere degli Uepe, come afferma la coordinatrice regionale dell’amministrazione penitenziaria – comparto ministeri Barbara Campagna. Che sottolinea: “Quando si parla di sicurezza sociale si pensa solo al carcere mentre si dovrebbe pensare anche al territorio”, come è invece tendenza in altri paesi, ad esempio Francia e Gran Bretagna, dove il numero di “extracarcerari” supera quello dei detenuti. La questione è tanto più stringente ora che il ministro della Giustizia Severino si appresta a provvedimenti per ridurre il sovraffollamento penitenziario, prevedendo più spazio per le misure alternative di detenzione con “la messa alla prova” anche per gli adulti: misure destinate a fallire se non sostenute da un numero adeguato di assistenti sociali, in tutto il paese (con 32815 misure in carico degli Uepe e Lombardia a capofila). Così al ministro è rivolta la petizione on line lanciata lo scorso 10 agosto “per un reale rilancio dell’esecuzione penale esterna e delle misure alternative al carcere”.

Guardando allo sciopero del lavoro pubblico del prossimo 28 settembre, Gloria Baraldi, segretaria regionale della categoria sindacale, è perentoria: “I tagli del governo a personale e risorse e, ultima, l’invarianza di spesa prevista dalla spending review stanno demolendo un sistema che andrebbe invece consolidato con un approccio organico, concreto e realista al tema dell’esecuzione penale, che non può prescindere da interventi sul territorio. Occorre investire sull’area penale esterna come modalità di rieducazione”. [ta]

# Comunicato stampa FP CGIL Lombardia

TG3 Lombardia: Mancano gli assistenti sociali

TG3 Lombardia 28.8.2012  h.19.30

Con i tagli della revisione della spesa diminuiscono gli assistenti sociali per il reinserimento dei detenuti ed intanto le carceri scoppiano.

603 detenuti a S.Vittore secondo il regolamento- 1016 la soglia di tolleranza- ma un mese fa i carcerati effettivi erano 1531, quasi il triplo del previsto.
Lo Stato a parole vuole investire nel reinserimento  ma le cifre dicono il contrario. Le carceri sono sovraffollate, i tassi di recidiva altissimi per chi sconta la pena interamente negli Istituti di reclusione.
In Lombardia ogni 5 condannati, solo 2 anno hanno accesso alle misure alternative- dalla libertà vigilata, alla semilibertà- fino ai lavori socialmente utili.

E chi li assiste?
Floriano Fattizzo (RSU Uepe di Milano)- Le persone che stanno scontando una pena al di fuori del carcere si aggirano intorno alle 6.000
Voi quanti siete?
Noi come assistenti sociali in Lombardia siamo un centinaio

Per l'esattezza 103 addetti per 67.000 persone. 1 per ogni cliente della giustizia esterna al carcere.
Il lavoro degli assistenti sociali è fondamentale. Incontrano i detenuti, le loro famiglie, i datori di lavoro- verificano il contesto sociale in cui il condannato si reinserisce- fanno da ponte con la Magistratura di sorveglianza.
Ora con i tagli della Spending Review  potrebbero diventare il 10 % in meno a fronte di un organico già dimezzato. Secondo chi lavora nell' ufficio per l'esecuzione penale esterna a due passi da S.Vittore, così si rischia di far crollare il sistema.

Barbara Campagna (Coordinatrice penitenziari fpcgil  lombardia)
Se lei va a vedere le tipologie di detenuti che abbiamo oggi, abbiamo un sacco di malati psichiatrici, un sacco di indigenti, abbiamo un sacco di persone che con un piccolo aiuto sociale non tornerebbero in carcere 


vai a 9 minuti e.50 secondi per vedere  il servizio sulla situazione degli Uepe in Lombardia

lunedì 27 agosto 2012

FIRMA ORA L'APPELLO ALLA MINISTRA SEVERINO

FIRMA ORA L'APPELLO SU:
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Lombardia: Cgil; grave carenza di assistenti sociali dell’esecuzione penale esterna


 Tm News, 27 agosto 2012
“Quando si parla di sicurezza sociale si pensa solo al carcere mentre si dovrebbe pensare anche al territorio, e qui parlano i numeri: 9.374 i detenuti in carcere a fine luglio in Lombardia, 6.711 le persone in misure alternative di detenzione (affidamenti, detenzioni domiciliari, semi libertà, libertà vigilata fra le altre) alle quali fanno fronte 103 assistenti sociali, direttori degli Uffici di esecuzione penale esterna (Uepe) compresi”.

È quanto ha denunciato Barbara Campagna, coordinatrice regionale Fp Cgil Lombardia - Dap Comparto ministeri. “La carenza di assistenti sociali impegnati nelle attività di esecuzione penale esterna è allarmante in tutto il Paese, dove gli Uepe seguono complessivamente 32.815 misure, ed è la Lombardia (sottodimensionata anche per le altre figure professionali del sistema, dagli educatori ai contabili) a seguire il maggior numero di casi” ha proseguito la funzionaria della Cgil, sottolineando che “seguire significa recarsi presso le famiglie, i datori di lavoro e gli istituti di pena a far colloqui e controlli professionali sulle persone affidate e mantenere contatti con la Magistratura di sorveglianza e gli enti locali”.

“Ma come poter operare per favorire efficacemente il reinserimento sociale con questi numeri? Gli assistenti sociali sono già al 50%, come previsto dall’ultimo Dpcm, con l’ultimo concorso che risale al 1999” ha continuato la Campagna, concludendo che “in più si stima che a breve il 20% di loro andrà in pensione, mettendo a rischio chiusura anche qualche Uepe”.

Sul tema è intervenuta anche Gloria Baraldi, segretaria Fp Cgil Lombardia, spiegando che “i tagli del Governo a personale e risorse e, ultima, l’invarianza di spesa prevista dalla spending review stanno demolendo un sistema che andrebbe invece consolidato con un approccio organico, concreto e realista al tema dell’esecuzione penale, che non può prescindere da interventi sul territorio”. Secondo la segretaria Fp-Cgil “occorre investire sull’area penale esterna come modalità di rieducazione, anche nella prospettiva di porre rimedio al problema del sovraffollamento carcerario. “Se, per assurdo, gli assistenti sociali smettessero di operare nelle carceri lombarde - ha concluso la Baraldi - ci sarebbero oggi 16.085 detenuti!

Così, per rafforzare ruolo e valore del lavoro pubblico, sciopereremo il prossimo 28 settembre”. Sulla grave situazione degli assistenti sociali qualche settimana fa è stato lanciato un appello al ministro della Giustizia Paola Severino, con una petizione on line, “per un reale rilancio dell’esecuzione penale esterna e delle misure alternative al carcere”.

il comunicato è stato pubblicato anche da:
http://www.agenord.it/?p=16557&utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=sindacati-la-carenza-di-assistenti-sociali-mette-a-rischio-il-territorio

http://www.ristretti.org/Le-Notizie-di-Ristretti/lombardia-cgil-grave-carenza-di-assistenti-sociali-dellesecuzione-penale-esterna


http://www.diariodelweb.it/Articolo/Lavoro/?d=20120827&id=260104

http://economia.virgilio.it/notizie/economia/sicurezza_cgil_in_lombardia_grave_carenza_di_assistenti_2,36208533.html

http://www.ilmondo.it/attualita/2012-08-27/sicurezza-cgil-lombardia-grave-carenza-assistenti-sociali_80546.shtml

http://www.24notizie.com/news/imprese-lombardia484-attive-in-commercio-oggetti-e-opere-darte

Puglia: l’appello di 30 direttori e dirigenti Uepe; si riformi l’esecuzione penale esterna

Redattore Sociale, 27 agosto 2012

Dalla Puglia un appello al ministro per le misure alternative alla detenzione e per salvare con un indirizzo chiaro di politiche di decarcerizzazione, il sistema alternativo che da dieci anni langue nel dimenticatoio dei governi.

Una lettera sottoscritta da trenta dirigenti e direttori dell’esecuzione penale esterna ed indirizzata al ministro della Giustizia Paola Severino e al capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Tamburino.

È quella che qualche giorno fa è stata inviata dalla Puglia per “salvare e rilanciare l’esecuzione penale esterna e le misure alternative”, un appello già lanciato lo scorso gennaio dalla Puglia per scongiurare lo smantellamento delle strutture non detentive. In tre pagine gli operatori dell’esecuzione penale esterna pugliesi sostengono la scelta del ministro di “dare priorità alle misure alternative” ma si dichiarano altrettanto preoccupati della gestione di tali misure sul territorio in assenza di un forte potenziamento delle strutture e dei servizi territoriali, in assenza di indirizzi chiari. Soprattutto, a preoccupare, sono “gli effetti negativi che potrebbero avere, anche nell’opinione pubblica, gravi défaillance nella gestione delle misure, per i danni all’immagine dell’Amministrazione e al sistema stesso delle alternative alla detenzione”.

Del resto, il lavoro compiuto in questi anni dai Dap (Dipartimenti di amministrazione penitenziaria), ha resistito alla tentazione che più governi hanno sollecitato negli ultimi tempi: quello di ridurre la sanzione alla pena detentiva con una scarsa efficacia, anche in termini di contrasto delle recidive. Da dieci anni non vengono assegnate né risorse né personale a questo settore, il che significa una “perdita del 40% del personale”, mentre nel settore della detenzione in sei anni sono stati “assunte circa 3.890 nuove unità”.

Eppure il lavoro degli Uffici di esecuzione penale esterna non si è mai interrotto. Nel solo 2011 l’esecuzione penale esterna “ha assicurato 150mila interventi e oltre 52mila giornate di presenza sul territorio ed oggi eseguono un numero di misure alternati (22mila) uguale a quello in corso prima dell’indulto ma hanno il 40% degli operatori in meno”, pur in assenza di un indirizzo chiaro, giacché, come denunciano dalla Puglia, “fino al 2011 il direttore generale dell’esecuzione penale esterna non ha avuto una strategia o, se l’ha avuta, l’ha dimenticata per strada”. Anche questa, quella della nomina del futuro direttore generale, è una questione che dalla Puglia reputano centrale e non più rinviabile.

Insomma, per gli operatori pugliesi è giunto il momento di “arrestare lo smantellamento silente di questo settore” per costruire politiche serie di decarcerizzazione, necessarie dal punto di vista non solo storico e della difesa dei diritti, ma anche organizzativo e gestionale. “Finché l’Amministrazione Penitenziaria si reggerà solo sulla gamba detentiva - sottolinea Eustachio Vincenzo Petralla, direttore dell’Uepe di Bari - sarà un’amministrazione zoppa”. “In periodi di crisi - si legge nella chiosa della lettera invita al ministro - sopravvivono le organizzazioni che sanno immaginare il futuro e prepararsi ai cambiamenti; riteniamo che questo valga anche per l’Amministrazione penitenziaria, bisognosa, oggi, di idee lungimiranti e azioni innovative. Ci sembra giunto il tempo in cui il processo riformatore avviato nel 1975 e interrotto nell’ultimo decennio, sia riavviato e completato con la riforma dell’esecuzione penale esterna”.



sabato 25 agosto 2012

La carica dei 120 costituzionalisti… così si interrompe la flagranza di reato

di Andrea Pugiotto- Tempi, 23 agosto 2012

La violazione costituzionale è così acclarata, sistematica, duratura che il recupero della legalità si pone come priorità assoluta: amnistia e indulto sono i soli strumenti idonei. Il 17 luglio scorso ennesima condanna Ue del sistema italiano di detenzione. Parla il giurista che porterà al Quirinale il dossier sull’amnistia
Assodato lo stato delle cose, tentare il possibile contro il probabile: è ciò che va fatto, per recuperare alla legalità costituzionale giustizia e carcere. Lo stato delle cose è noto. Non è un retroscena o un’opinione, ma un fatto certo. Oggi, in Italia, la detenzione è trattamento inumano e degradante: lo attesta la sentenza della Corte Edu, Scoppola c. Italia, del 17 luglio scorso (quarta condanna per violazione dell’art 3 Cedu, e ancora pendono 1.200 ricorsi analoghi a Strasburgo). Ne sono indizi il sovraffollamento carcerario, i suicidi dietro le sbarre e tra gli agenti penitenziari, l’invenzione di una verticalizzazione della pena con brande a castello a rimedio dell’asfittico spazio vitale (e pazienza se per stare in piedi si fa a turno), i diritti alla salute e al lavoro risocializzante negati, la parvenza di percorsi riabilitativi pure imposti dalla finalità costituzionale della pena (che alla rieducazione del condannato deve tendere). Proviamo, per un solo istante, a entrare nelle vite degli altri: “Immaginate gli urli, i silenzi attoniti, le agonie, l’astinenza, i cessi a vista, l’acqua che manca, il sangue che corre, quelli che sono pazzi e quelli che diventano pazzi, che aggrediscono e che si feriscono, quelli che sniffano la bomboletta per morire o muoiono per sniffare (...), quelli che pregano rivolti alla Mecca e non gli basta lo spazio e quelli che non pregano, quelli che si masturbano a sangue e tossiscono a morte e ingoiano lamette e batterie e gridano nel sonno” (Adriano Sofri).Accontentiamoci del possibileIl paradosso è che a denunciare l’illegalità di Stato è lo Stato stesso. Attraverso le circolari del Dap. Reiterando, anno dopo anno, decreti del Governo dichiaranti lo stato di emergenza nazionale (ora fino a dicembre 2013). Con esternazioni ufficiali provenienti dai colli più alti, Quirinale compreso. Mediante sessioni parlamentari straordinarie autoconvocate. Attraverso gli atti di sindacato ispettivo di deputati e senatori e le risposte ministeriali. È una realtà che si avvita su se stessa: lo Stato che punisce chi viola le sue leggi attesta di violare la Costituzione, la Cedu, l’ordinamento penitenziario, il suo regolamento di attuazione. Non di un problema umanitario stiamo parlando, dunque, ma di legalità violata.

Siamo realisti, vogliamo l’impossibile, si sarebbe detto un tempo. Oggi ci si accontenterebbe del possibile. Perché è possibile uscire da questa condizione di illegalità. E presto, come la “persistente urgenza” denunciata impone, se alle parole del presidente Napolitano diamo il loro autentico significato.

La violazione costituzionale è così acclarata, sistematica, duratura che il recupero della legalità si pone come priorità assoluta: amnistia e indulto sono i soli strumenti idonei al fine. Non si tratterebbe di atti di clemenza per i detenuti (condannati o in attesa di giudizio). Semmai di una scelta di politica del diritto che a essi ricorrerebbe nel quadro costituzionale di un diritto penale ricostruito a partire dagli scopi della pena: dunque, un’amnistia e un indulto per la Repubblica. Il diritto è, infatti, violenza domata attraverso il monopolio della forza legittima riservata allo Stato a tutela dell’incolumità dei cittadini, sottoposta a limiti e regole per impedirne l’abuso. E avere in custodia una persona significa - anzitutto - custodirla. Se viene meno a tale funzione, la Repubblica perde la sua legittimazione.

Interrotta così la flagranza di reati collegati al sovraffollamento carcerario (maltrattamenti, omissioni di soccorso, lesioni personali, violenze private, abusi d’ufficio, abusi d’autorità, falso ideologico), si passi poi ad aggredirne le cause. Che hanno nome e cognome: legge Bossi-Fini sull’immigrazione, legge Fini-Giovanardi in tema di stupefacenti e tossicodipendenza, legge Cirielli che reintroduce la recidiva obbligatoria e limita l’ammissione alle pene alternative. Vere e proprie

leggi “carcerogene”: le prime due aprono le porte della galera, la terza le chiude a chiave. Si dovrà pure intervenire sulla disciplina codicistica della custodia cautelare, troppo lunga perché troppo lunghi si rivelano i tempi del processo penale, e sul suo (ab)uso, perché spesso adoperata come espiazione anticipata di una pena che non ci sarà. Tutto ciò è possibile, ma non probabile. Le fughe da Alcatraz indicate dalle forze parlamentari e dal governo seguono altre mappe. Aumentare la cubatura delle carceri e costruirne di nuove, reclutare più agenti penitenziari, ammettere il condannato a scontare il residuo di pena ai domiciliari, depenalizzare e incrementare l’uso di pene alternative: questo è il mix tra “piano carcere” e “pacchetto Severino”.

In teoria cose buone, se complementari (e non alternative) a quelle possibili. In pratica, tutte di là da venire. I tagli agli organici della spending review riguardano anche il personale penitenziario. La legge svuota carceri, già in vigore dal 2010, ha dato risultati ben al di sotto delle previsioni ministeriali. Le misure di depenalizzazione e decarcerizzazione sono state stralciate dal disegno di legge delega all’esame della Commissione Giustizia. Quanto all’edilizia penitenziaria, se nel carcere si specchia l’idea di detenzione, allarma l’obiettivo dichiarato esclusivamente quantitativo, privo di una seria riflessione sullo spazio della pena (e del tempo e del corpo dietro le sbarre). Il monito di Aldo Moro Torna alla mente Aldo Moro e la sua tragica parabola “carceraria”. Da costituente concepì due norme (l’articolo 2 e il 2° comma dell’articolo 32) che antepongono alle esigenze di sicurezza dello Stato i diritti inviolabili della persona. Da guardasigilli molto coltivò la buona pratica delle ispezioni nelle carceri. Ed è in un “carcere del popolo” che è finita la sua vita: “Io comincio a capire che cos’è la detenzione”, scrive in una delle sue lettere. Per lui, da giurista, la pena “è soltanto privazione della libertà, non più di questo: è soltanto privazione della libertà”. Anche in ciò, il suo ricordo resta di monito per tutti.



giovedì 16 agosto 2012

FIRMA ORA L'APPELLO ALLA MINISTRA SEVERINO

FIRMA ORA L'APPELLO SU:


http://www.petizionionline.it/petizione/appello-alla-ministra-severino-per-un-reale-rilancio-dell-esecuzione-penale-esterna-e-delle-misure-alternative-al-carcere/7728



Rita Bernardini: stiamo tutti bene attenti agli equivoci della Severino

Notizie Radicali, 15 agosto 2012
Rita Bernardini, deputata radicale della Commissione Giustizia, ha scritto la seguente lettera aperta al Segretario del Sappe Donato Capece.

Caro Donato, concordo con te quando - come hai fatto nel comunicato di oggi - affermi che senza la “legge Severino” sulle porte girevoli e sulla possibilità di scontare ai domiciliari gli ultimi 18 mesi di detenzione, la situazione delle carceri sarebbe ancora più allarmante ed esplosiva dell’attuale, con oltre 72.000 detenuti nei 42.000 posti disponibili, con le carenze di personale ad ogni livello e, in particolare, con 7.000 agenti in meno.



Quanto, invece, al disegno di legge governativo sulle depenalizzazioni che tu giustamente invochi, ti informo che proprio la ministro Severino ne ha chiesto lo stralcio per avere una corsia preferenziale da dedicare alle misure di decarcerizzazione. Insomma, non si incide a monte su ciò che ingolfa le scrivanie dei magistrati e accalca la popolazione carceraria nelle patrie galere.

Comunque, anche sugli interventi di decarcerizzazione, il problema sai qual è? Il provvedimento sarà esaminato in Commissione a settembre, poi dovrà andare in aula alla Camera per essere approvato, se tutto va bene, a novembre; dopodiché passerà al Senato che se lo modificherà come ha sempre fatto per questo tipo di provvedimenti, ritornerà alla Camera per la definitiva approvazione.

Insomma, se tutto fila liscio, sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale a dicembre o a gennaio e il governo avrà un anno di tempo - così c’è scritto nel Ddl! - per emanare i relativi decreti attuativi della delega. A febbraio si sciolgono le camere perché la legislatura è finita: allora, di cosa stiamo parlando? Quanti detenuti e agenti dovranno ancora rimetterci la pelle o la salute?

Infine, quando sulla spendig review ho proposto un ordine del giorno contro i tagli del personale che opera nelle carceri, agenti compresi, il Governo (rappresentato dal sottosegretario Polillo) dapprima ha dato parere negativo, poi ci ha ripensato tentando di travisare il tutto con la sostituzione dell’allocuzione “impegna il Governo” con “invita il Governo”; equivoco sventato grazie all’attenzione del presidente di turno Lupo e alla professionalità degli uffici della Camera.



Emergenza penitenziaria e Spending review. Riduzione organico personale penitenziario Dirigente e del Comparto Ministeri. - ACCETTAZIONE ORDINE DEL GIORNO PRESENTATO DALLA DEPUTATA RADICALE ON.LE RITA BERNARDINI



ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 07/08/2012

DISCUSSIONE IL 07/08/2012

ACCOLTO IL 07/08/2012

PARERE GOVERNO IL 07/08/2012

RINUNCIA ALLA VOTAZIONE IL 07/08/2012

CONCLUSO IL 07/08/2012



Atto Camera- Ordine del Giorno 9/05389/053

presentato da BERNARDINI Rita testo di

Martedì 7 agosto 2012, seduta n. 678

La Camera,  premesso che:
i dirigenti penitenziari stanno esprimendo in queste ore fortissime preoccupazioni in considerazione del fatto che dalla «Riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni» di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 95/2012, non è stato espressamente escluso il personale della carriera dirigenziale penitenziaria ex decreto legislativo n. 63/2006, oltre che il restante personale amministrativo penitenziario, quello civile come educatori, psicologi ex articolo 80, assistenti sociali, nonché quello riguardante la giustizia minorile;

in particolare, l'espressione utilizzata nel comma 7 dei precitato articolo 2 «Sono escluse dalla riduzione del comma 1 le strutture e il personale del comparto sicurezza (...)», non risulta chiarissimo se si sia inteso escludere non solo il personale del Corpo di polizia penitenziaria ma anche il personale della carriera dirigenziale penitenziaria (dirigenti di istituto penitenziario e di esecuzione penale esterna);
peraltro, il successivo articolo 14 – comma 2 ricomprende la polizia penitenziaria, per gli anni dal 2012 al 2014 nella riduzione al 20 per cento del turn-over e nel successivo 2015 al 50 per cento, ovvero della possibilità di procedere a nuove assunzioni in misura pari a coloro che vanno in pensione, con ciò riducendo di fatto l'organico di polizia penitenziaria, già carente di 7.000 unità, di ulteriori 4.500 unità;

considerato che:

in capo al Direttore discendono dall'ordinamento penitenziario, dal Regolamento di Esecuzione e dal decreto legislativo 15 febbraio 2006 n. 63 funzioni di garanzia dell'ordine e della sicurezza;

il personale della carriera dirigenziale penitenziaria di cui al decreto legislativo 15 febbraio 2006 n. 63 rientra pienamente nell'ambito del Comparto Sicurezza essendo destinatario del trattamento giuridico ed economico del personale dirigente della Polizia di Stato. E difatti il personale della carriera dirigenziale penitenziaria è destinatario degli assegni una tantum per il personale del Comparto sicurezza, per gli anni 2011-2012-2013, in applicazione del decreto del Ministro 17 novembre 2011;

il direttore si avvale del personale di polizia penitenziaria e ne è superiore gerarchico, così come il restante personale della carriera dirigenziale penitenziaria al quale, ai sensi del decreto legislativo 63/2006, sono attribuiti anche gli altri incarichi di cui al comma 1 dell'articolo 9 legge 15 dicembre 1990, n. 395 «Ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria»;

la polizia penitenziaria, d'altra parte, è parte integrante ed irrinunciabile dell'attività e dei procedimenti per l'osservazione e il trattamento interni alle carceri e propedeutici al reinserimento sociale dei detenuti ex articolo 27 Cost., nonché fattore essenziale per il mantenimento, in un sistema penitenziario affetto da sovraffollamento ben oltre il 50 per cento dei posti-letto disponibili, delle condizioni minime di vivibilità e sicurezza e delle iniziative atte a prevenire i gravi e crescenti fenomeni della violenza e dei suicidi nelle infrastrutture penitenziarie;

considerato altresì che:

l'esecuzione delle pene detentive e delle altre misure privative della libertà personale non è altra cosa rispetto al «sistema sicurezza», poiché la sicurezza penitenziaria è sicurezza dentro e fuori dal carcere e la rieducazione del condannato è sicurezza dei cittadini, in quanto la restituzione alla società di uomini migliori e capaci di reinserirsi dopo la detenzione comporta una effettiva riduzione della recidiva. Peraltro il carcere fa parte del «sistema giustizia» nel suo complesso, perché la giustizia non si ferma nelle aule dei tribunali e delle corti ma si attua all'interno dei penitenziari e attraverso gli uffici di esecuzione penale esterna. In altri termini il «sistema giustizia» e il «sistema sicurezza» comprendono anche quello dell'esecuzione penale e i problemi e gli interventi sui primi non possono non tenere conto del «sistema penitenziario»;

già oggi i dirigenti penitenziari sono un numero assolutamente risibile (n.392, compresi i dirigenti generali) e stanno subendo una progressiva riduzione per lo più a causa degli intervenuti collocamenti a riposo, atteso che l'ultima immissione nel ruolo risale oramai a quindici anni orsono (1997),

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, di interpretare l'articolo 2, comma 7, del D.L 95/2012 nel senso che sono esclusi dalla riduzione di cui al comma 1 del medesimo articolo anche i dirigenti penitenziari ed in tal senso interpretare la deroga prevista per le forze di polizia già dal precedente provvedimento normativo (articolo 1, comma 5, decreto-legge n. 138/2011) che non ha trovato attuazione;

a valutare, alla luce di quanto esposto in premessa, gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate, al fine di:

a) escludere altresì dalla riduzione tutto il personale amministrativo penitenziario, quello civile come educatori, psicologi ex articolo 80, assistenti sociali, nonché quello riguardante la giustizia minorile, così come già previsto dalla norma per il personale amministrativo operante presso gli uffici giudiziari e per il personale di magistratura, già a partire dal precedente provvedimento normativo;

b) escludere dalla riduzione al 20 per cento del turn-over per il triennio 2012/2014 e al 50 per cento per il 2015, il corpo di polizia penitenziaria e, in particolare, a considerare estranea a tale riduzione l'integrazione di organico di 1.068 unità, pari al turn-over relativo ai pensionamenti di personale nel 2011, per la quale l'amministrazione penitenziaria centrale ha richiesto l'autorizzazione all'assunzione, nel corrente 2012, con atto in data 6 giugno 2012.

9/5389/53. (Testo modificato nel corso della seduta) Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti, Capano, Renato Farina.

venerdì 10 agosto 2012

Firma L' Appello alla Ministra Severino per un reale rilancio dell' Esecuzione Penale Esterna e delle Misure Alternative al Carcere



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Comunicato stampa- Assistenti Sociali Giustizia: per un Reale Rilancio dell'Esecuzione Penale Esterna e delle Misure Alternative al Carcere

Comunicato stampa

PER UN REALE RILANCIO DELL’ESECUZIONE PENALE ESTERNA E DELLE MISURE ALTERNATIVE AL CARCERE
Gli assistenti sociali di diversi Uffici per l’Esecuzione penale esterna, che gestiscono le misure alternative al carcere su tutto il territorio nazionale, scrivono al Ministro della Giustizia Avv. Paola Severino: Nonostante i buoni propositi, da lei, Signora Ministro, enunciati all’atto del Suo insediamento, con proposte volte ad una diversa gestione della custodia cautelare, di forme di depenalizzazione, nonché di nuove sanzioni sostitutive e potenziamento delle misure alternative al carcere, di fatto gli unici provvedimenti concreti adottati (custodia cautelare e detenzione presso il domicilio) hanno si contribuito ad evitare un ulteriore aumento delle persone detenute, ma in compenso, tutti gli altri provvedimenti presi dal Suo Governo stanno di fatto mettendo in ginocchio il sistema dell’esecuzione penale attraverso i progressivi, numerosi e indiscriminati tagli alle risorse umane e materiali.
Nonostante le sue continue sollecitazioni, le proposte tese al rafforzamento del sistema delle misure alternative e sostitutive del carcere, giacciono in Parlamento e sono al di là da venire. Anche se le stesse dovessero essere approvate, alla ripresa dei lavori parlamentari, come si possa pensare di introdurre modifiche al sistema dell’esecuzione della pena con invarianza della spesa e con la riduzione del personale così come previsto dai numerosi provvedimenti del governo ed in ultimo dalla Spending Review, non è dato capirlo.
Non è, infatti, possibile prevedere un nuovo sistema di sanzioni, una riforma complessiva dell’esecuzione penale esterna, senza un contestuale ed indispensabile consolidamento del sistema che deve presidiarlo, ovvero gli Uffici Esecuzione Penale Esterna. Non è pensabile che si rafforzi il sistema delle sanzioni alternative a costo zero e per di più senza spostare alcun investimento dall’esecuzione penale interna a quella esterna.
Se ciò venisse realizzato, sicuramente si ridurrebbero complessivamente i costi dell’intero sistema, perché una persona detenuta costa certamente di più di una persona in misura alternativa, ma proprio per questo non si comprende come mai si faccia tanta fatica ad investire sull’esecuzione penale esterna. Senza dire che è ormai dimostrato, da diversi studi e ricerche, che una persona in misura alternativa è a rischio di recidiva molto meno di una persona che ha trascorso tutta la sua pena in carcere.





LETTERA APERTA AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA PER UN REALE RILANCIO DELL’ESECUZIONE PENALE ESTERNA E DELLE MISURE ALTERNATIVE AL CARCERE


Signora Ministro della Giustizia

Prof. Avv. Paola Severino
e p.c. Signor Capo del Dipartimento A. P.

Presidente Giovanni Tamburino

Riteniamo sia giunto il momento di far sentire la voce anche degli operatori preposti alla gestione dell’esecuzione extramuraria, in quanto il fallimento dell’efficacia della sola pena detentiva è sotto gli occhi di tutti .
Le politiche, volte a punire un numero sempre maggiore di soggetti con il carcere, non hanno di fatto avuto alcun esito in termini di maggiore sicurezza dei cittadini, ma hanno di contro prodotto, com’era del resto prevedibile, l’aumento esponenziale del numero di detenuti, tanto da determinare una situazione ai limiti della civiltà giuridica e di trattamenti inumani e degradanti nella gestione della pena.
Il sistema detentivo oggi, in Italia, rischia di implodere, al di là della buona volontà di tutti coloro che vi operano, ai vari livelli, e imporrebbe alle più alte istituzioni interventi indifferibili in tempi il più possibile rapidi per operare una significativa riduzione della popolazione detenuta e il mantenimento della medesima entro quote compatibili con il rispetto dovuto a ogni persona umana.
Nonostante i buoni propositi, da lei Signora Ministro, enunciati all’atto del Suo insediamento, con proposte volte ad una diversa gestione della custodia cautelare, di forme di depenalizzazione, nonché di nuove sanzioni sostitutive e potenziamento delle misure alternative al carcere, di fatto gli unici provvedimenti concreti adottati (custodia cautelare e detenzione presso il domicilio) hanno solo contribuito ad evitare un ulteriore aumento delle persone detenute, ma in compenso, tutti gli altri provvedimenti presi dal Suo Governo stanno di fatto mettendo in ginocchio il sistema dell’esecuzione penale attraverso i progressivi, numerosi e indiscriminati tagli alle risorse umane e materiali.
Nonostante le sue continue sollecitazioni, le proposte tese al rafforzamento del sistema delle misure alternative e sostitutive del carcere giacciono in Parlamento e sono al di là da venire. Anche se le stesse dovessero essere approvate, alla ripresa dei lavori parlamentari, come si possa pensare di introdurre modifiche al sistema dell’esecuzione della pena con invarianza della spesa e con la riduzione del personale così come previsto dai numerosi provvedimenti del governo ed in ultimo dalla spending review, non è dato capirlo. Rispetto a quest’ultima, è opportuno evidenziare come siano rimaste totalmente inascoltate le preoccupate segnalazioni del Capo del DAP, della Commissione Giustizia, delle Associazioni di Volontariato e di tutte le OO.SS., sulle disastrose conseguenze a cui andrà incontro l’intero sistema penitenziario a causa della riduzione del personale.
Considerato che tra gli obiettivi strategici del Suo Ministero per gli anni 2012-2014, tra gli altri, spiccano quelli sulla: pianificazione e razionalizzazione della spesa e sul miglioramento delle condizioni di detenzione e per raggiungere questi obiettivi sono stati individuate alcune modifiche legislative volte depenalizzare alcuni reati, ad introdurre misure sostitutive alla detenzione, a ridurre l’utilizzo del carcere come custodia cautelare ecc. tutte iniziative tese a ridurre la popolazione detenuta, non si riscontrano provvedimenti amministrativi e organizzativi conseguenti a tali obiettivi da parte dell’Amministrazione Penitenziaria.
Non è, infatti, possibile prevedere un nuovo sistema di sanzioni, una riforma complessiva dell’esecuzione penale esterna, senza un contestuale ed indispensabile consolidamento del sistema che deve presidiarlo, ovvero gli Uffici Esecuzione Penale Esterna.
Non è pensabile che si rafforzi il sistema delle sanzioni alternative a costo zero e per di più senza spostare alcun investimento dall’esecuzione penale interna a quella esterna. Se ciò venisse realizzato, sicuramente si ridurrebbero complessivamente i costi dell’intero sistema, perché una persona detenuta costa certamente di più di una persona in misura alternativa, ma proprio per questo non si comprende come mai si faccia tanta fatica ad investire sull’esecuzione penale esterna. Senza dire che è ormai dimostrato, da diversi studi e ricerche, che una persona in misura alternativa è a rischio di recidiva molto meno di una persona che ha trascorso tutta la sua pena in carcere.
Alla luce di quanto sopra detto, Signora Ministro ci vengono spontanee alcune domande:

• Se è vero che più misure alternative e sostitutive equivalgono a più sicurezza e meno costi, perché non si investe nell’ esecuzione penale esterna e si continua a fare affidamento solo ed esclusivamente sul carcere?

• Se le leggi come la ex Cirielli, La Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi che si proponevano di rendere la pena più afflittiva nei confronti dei recidivi, degli stranieri clandestini e dei tossicodipendenti sono servite solo a rendere il sovraffollamento carcerario insostenibile, gravando di costi eccessivi la Pubblica Amministrazione, tanto da far richiedere provvedimenti di clemenza generalizzati come amnistia e indulto (come già successo nel 2006) fallendo proprio nell’intento di severità che si proponevano, perché non vengono abolite?

• Se il trattamento penitenziario è un modo per restituire alla società persone responsabilizzate e più mature, garantendo una maggior sicurezza sociale, perché si continuano a tagliare le risorse finanziarie ed umane destinate al trattamento?

• Se occorre ridurre la spesa pubblica e non si può scendere al di sotto di condizioni minime di umanità e civiltà nella gestione delle persone detenute, perché non si evita di accrescere in modo abnorme e indipendentemente dalle necessità di sicurezza la popolazione detenuta?
A nostro modesto parere, occorre sostenere il sistema delle misure alternative, svincolandolo da logiche emergenziali e di semplice sfollamento delle carceri, ovvero superare la residualità che ha sempre caratterizzato il settore dell’esecuzione penale esterna all’interno dell’Amministrazione Penitenziaria, Amministrazione che l’ha sempre ignorato, ritenendolo un’appendice poco significante e che continua ad operare, a distanza di 36 anni, dalla sua istituzione, come se l’esecuzione della pena debba e possa essere sempre e solo carcerocentrica.
E’, inoltre, doveroso ribadire che discutere oggi di riduzione del sovraffollamento significa prendere atto che occorre abrogare tutte quelle normative che hanno contribuito di fatto a ridimensionare fortemente l’applicazione delle misure alternative esistenti e che hanno avuto un effetto disastroso anche sotto il punto di vista dell’ispirazione ideologica che le ha propugnate.
Ciò ci porta a concludere che, se non si vuole tornare ad applicazioni di clemenza indistinta, preferendole alla rieducazione, l’unico rimedio per contenere il sovraffollamento è con tutta evidenza, quello di dare un maggiore spazio alle misure alternative e sostitutive alla detenzione, come Lei stessa ha previsto con “la messa alla prova” anche per gli adulti. Questo però richiede interventi non solo legislativi, ma uno sforzo di tipo amministrativo e organizzativo che serva a rilanciare l’Area Penale Esterna e a rafforzare gli Uffici ad essa preposti e con essi le professionalità trattamentali, perché non succeda, come già tante altre volte è accaduto nel passato, che le riforme in discussione in Parlamento restino ancora una volta lettera morta.
Signora Ministro ci farebbe piacere incontrarla e confrontarci con Lei in una eventuale Sua visita presso un Ufficio di Esecuzione Penale Esterna.
Gli assistenti sociali:
Anna Muschitiello (PRAP Milano), Adima Salaris (PRAP Milano), Alessandra Menina Aloisi (UEPE L’Aquila), Gabriella Giangiacomo (UEPE L’Aquila), Anna Insardi (UEPE L’Aquila), Luana Tunno (UEPE L’Aquila), Anna Maria Zimar (UEPE L’Aquila), Giovanna Marani (UEPE Verona), Floriano Fattizzo (UEPE Milano), Santina Spanò (UEPE Genova), Anna Giangaspero (UEPE Bologna), Michela Boazzelli (PRAP Roma), Silvia Monachello (UEPE Modena), Rosetta Olga Barone (UEPE Milano), Giovanna Guaitoli (UEPE Modena) Raffaella Bordoli (UEPE Milano), Patrizia Tarozzi (UEPE Modena), Silvia Beccari (UEPE Mantova), Maria Grazia Mezzanzanica (UEPE Milano), Daniela Distefano (UEPE Milano), Lorella Neri (UEPE Milano), Maria Angela Pace (UEPE Milano), Roberta Corradin (UEPE Milano), Agostina Martini (UEPE Milano), Patrizia Basile (UEPE Milano), Alessandra De Marzo (UEPE Milano) , Laura Bannò (UEPE Milano), Maria Tata (UEPE Milano), Anna Naftali (UEPE Milano), Alessandra Maneschi (UEPE Milano), Antonella Gianguzzo (UEPE Milano), Vanessa Gerbino (UEPE Milano), Rosaria Monaco (UEPE Milano), Lionella Altin (UEPE Milano), Antonella Bonini (UEPE Reggio Emilia), Assunta Sorvillo (UEPE Reggio Emilia), Paola Fontana (UEPE Pavia), Di Fresco Grazia (UEPE Pavia) , Bellavia Simona (UEPE Pavia), Catena Orietta (UEPE Pavia), Sarta Laura (UEPE Pavia), Russo Luisa (UEPE Pavia), Daniela Dondè (esperta di serv.soc.), Sonia Valdesi (esperta di serv.soc.), Manuela Del Campo (esperta di serv.soc.), Tiziana L’Erario (UEPE Milano), Claudia Metri (Uepe sede di FC-Ra ), Carla Faleri (UEPE Roma), Orietta Cagnana (UEPE Genova), Rosaria Impellizzeri (UEPE Milano),Felice Cioce (UEPE Brescia), Antonia Giusto (UEPE Brescia), Annnarita Meloni (UEPE Brescia), Giuliana Pagnotta Proietti (UEPE Brescia), Maria Luisa Leotta (UEPE Brescia), Giacoma Oriana Ribaudo (UEPE Roma), Giovanna Palazzi(UEPE Roma), Italo Cunsolo (UEPE Roma), Gatone Zenaro (UEPE Milano), Piera Gagliardotto (DAP Roma), Maria Fracchiolla (UEPE Bologna), Giuseppina Gruttadauria (UEPE Bologna)

giovedì 9 agosto 2012

FPCGIL su Spending Review: da Ministra Severino meno commozione e più di coerenza

09.08.2012 - Comunicato stampa di Salvatore Chiaramonte, Segretario Nazionale Fp-Cgil

La Ministra della Giustizia ieri si è recata in visita al carcere di Regina Coeli a Roma, commuovendosi per gli applausi dei detenuti. Una commozione comprensibile, visto lo stato di abbandono del nostro sistema, che però mal si concilia con il suo operato.

A pesare sul sovraffollamento, oltre alla carenza di strutture e finanziamenti, è infatti l'inadeguatezza degli organici. Se è nota la scarsità di agenti, visti gli oltre 7000 uomini e donne in divisa mancanti, meno nota, ma non meno allarmante, è quella dell'organico "civile", che conta circa 5.200 unità: appena 1.050 assistenti sociali e 1.100 educatori per 65.000 detenuti. Un educatore per quasi 60 detenuti, un rapporto ancora maggiore per quanto riguarda gli assistenti sociali.

La spending review del Governo Monti peggiora la situazione. Prolunga il blocco del turn over, impedendo adeguate assunzioni, e lo estende ai poliziotti penitenziari. Taglia ulteriormente le dotazioni, del 10% su assistenti sociali, educatori e amministrativi, e del 20% sui dirigenti.

Se a questo si aggiunge il fatto che sulla scrivania della Ministra giace la bozza del decreto “taglia organici”, derivante dal cosiddetto decreto 'Tremonti', che dichiara un esubero di circa 350 unità - 100 fra assistenti sociali, educatori e contabili, 250 fra assistenti e collaboratori amministrativi - il quadro diventa davvero disastroso e giustifica la commozione, ma non certo da parte della Ministra.

Combinando gli effetti di questi due provvedimenti, spending review e decreto “Tremonti”, per i soli educatori si raggiungerà quota 880, con un rapporto che va ben oltre l'1 a 70.

L'impressione che la Ministra Severino intenda fare della questione un uso mediatico trova sempre maggiori conferme nell'incoerenza tra le sue dichiarazioni e i provvedimenti del Governo: la sua proposta di legge delega sulle misure alternative al carcere, che al contrario dei tagli difficilmente vedrà la luce entro la fine della legislatura, è la conferma di un approccio ipocritamente inconcludente.

Il Governo dovrebbe prendere in considerazione le proposte dell'associazione Antigone su un provvedimento di amnistia che decongestioni le carceri, lavorare alla abrogazione delle leggi criminogene su droghe e immigrati, scongiurare ogni taglio alle risorse umane e materiali. L’uso della decretazione d’urgenza, lungi dall'occuparsi delle emergenze, è però orientato ai soli tagli lineari alla spesa pubblica.



Misure alternative alla detenzione in carcere, nuova legge in autunno?


Donatella Stasio- Il Sole 24 Ore, 9 agosto 2012

Il ministro della Giustizia annuncia l'accelerazione della riforma che introduce tra l'altro la detenzione domiciliare. Bilancio positivo della Severino sul salva-carceri. Il governo si impegna anche a rifinanziare la Smuraglia per il lavoro carcerario.

In autunno già potrebbe essere legge la riforma sulle misure alternative alla detenzione. Più che un auspicio, è un impegno quello che il ministro della Giustizia Paola Severino prende di fronte ai poliziotti e ai detenuti del carcere romano di Regina Coeli.
Ultima tappa (per ora) di un lungo giro nelle patrie galere, Regina Coeli è anche un "ritorno" perché Severino, a sorpresa, c'era già andata a fine luglio, all'indomani del suicidio di un detenuto (impiccatosi con l'elastico degli slip) nel centro clinico del penitenziario, "creato per essere uno dei più attrezzati d'Italia, ma di fatto inutilizzato" per una serie di problemi che il ministro, insieme alla presidente della Regione Renata Polverini, ieri si è impegnata ad affrontare e risolvere, anche in questo caso in autunno: a breve si insedierà una Commissione paritetica per studiare le criticità del centro clinico, e del carcere romano, ed entro il 29 settembre sarà presentato un programma di interventi, sia strutturali sia sul personale psichiatrico sia sulle patologie prevalenti in carcere.
Ma gli impegni di Severino non finiscono qui: ai poliziotti (1.200 - 1.600 euro al mese, costretti a continui distacchi e spostamenti, visto che ne mancano 7mila) conferma di voler affrontare il problema del turn over, delle piante organiche, dei livelli retributivi, "piccoli segni di attenzione che testimoniano la gratitudine alla polizia penitenziaria"; ai detenuti annuncia, oltre all'impegno sulle misure alternative, il rifinanziamento della legge Smuraglia per rilanciare il lavoro in carcere e la riapertura (tra settembre e febbraio) di due sezioni, per 180 posti, che in un carcere costretto a "ospitare" 250 detenuti oltre la disponibilità regolamentare è una bella boccata d'ossigeno. "Non sono rose e fiori - ammette il ministro - ma piccoli apporti per darvi un po' più di sollievo, tanto più che il caldo rende la situazione più insopportabile del solito".
La tenacia non manca a questa donna, che ha deciso di fare del carcere non solo una questione prioritaria della sua permanenza al ministero della Giustizia ma anche una questione di principio, di civiltà. Politicamente, la sfida maggiore è la riforma sulle misure alternative, che, se approvata, consentirebbe al giudice di condannare, per certi reati, alla detenzione domiciliare anziché alla galera (anche i recidivi) e introdurrebbe la "messa alla prova" per alcuni reati Già non è stato facile far tagliare il traguardo al decreto "svuota - carceri" (circa 7 mesi fa), ribattezzato dal guardasigilli "salva - carceri", che sta dando buoni risultati sul fronte sovraffollamento.
"Finora ci sono stati 3mila ingressi in meno e l'effetto "porte girevoli" si sta fermando - dice Severino in conferenza stampa. Inoltre circa 2mila detenuti stanno scontando ai domiciliari l'ultimo anno e mezzo di pena". Grazie a quel decreto, sono stati anche recuperati 1.500 posti e 3.500 verranno consegnati entro l'anno
La riforma delle misure alternative (con quella sulla depenalizzazione) è stata calendarizzata in aula, alla Camera, per settembre su sollecitazione del governo. Ma è impopolare e osteggiata da chi ha sempre cavalcato lo slogan della "tolleranza zero", illudendo i cittadini che il "carcere chiuso" (20 ore in cella all'ozio totale) produce più sicurezza. Non è vero, va ripetendo il ministro. La sua sarà una battaglia difficile, tanto più con l'avvicinarsi delle elezioni. Ma la "tenace" Severino ha tutta l'intenzione di vincerla.
La meta ambiziosa di una riforma da fare
Si è assunta un impegno importante Paola Severino. Si ò impegnata a far tagliare il traguardo, in autunno, a una delle riforme più impopolari alla vigilia delle elezioni, quella sulle misure alternative al carcere. Un impegno politico, assunto dal più tecnico dei ministri tecnici del governo tecnico guidato da Mario Monti, ma con la determinazione di chi crede che le buone ragioni prima o poi si fanno strada e riescono ad avere la meglio su propaganda e luoghi comuni, come la tristemente nota "tolleranza zero".
Le misure alternative al carcere non sono un modo surrettizio di svuotare le patrie galere sovraffollate, fatiscenti e in debito di personale, dove si entra vivi e spesso si esce cadavere, quasi sempre malati nel fisico e nella mente, sicuramente incattiviti e più pericolosi. Le misure alternative non sono un premio, ma pur sempre una pena, perché comunque limitano la libertà dell'individuo offrendogli però la possibilità concreta di reinserirsi nella società di cui hanno violato le regole, magari con l'esperienza di un lavoro. Le misure alternative, associate al lavoro, riducono la recidiva e quindi giocano in favore della sicurezza collettiva, mentre l'ozio del carcere chiuso e degradante la moltiplica di sei, sette volte.
Buon senso, oltre che rispetto della Costituzione e delle riforme già esistenti vorrebbero che su questa strada si incamminassero tutti i partiti, abbandonando le tentazioni populistiche e securitarie degli ultimi vent'anni per fare del carcere non una fabbrica di delinquenti ma di libertà. Un servizio alla collettività, insomma, dove quello che conta è la qualità più che la quantità della pena.



Il ministro Severino: il ddl sulle misure alternative in Aula alla Camera a settembre



Adnkronos, 8 agosto 2012

Il disegno di legge che prevede misure alternative alla detenzione in carcere sarà in Aula alla Camera alla fine di settembre. Lo ha annunciato il ministro della Giustizia, Paola Severino, in occasione della visita compiuta oggi al carcere romano di Regina Coeli.
La calendarizzazione in Aula, ha spiegato il ministro, “vuol dire una forte accelerazione del provvedimento che prevede misure alternative, come la messa alla prova e i domiciliari”.

Il Guardasigilli ha poi ricordato il suo “forte impegno” per assicurare alle norme una corsia preferenziale e si è detta molto compiaciuta del fatto che questo “sia stato condiviso dal Parlamento”. In occasione della visita a Regina Coeli, compiuta insieme con il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, e il vicecapo del Dap, Luigi Pagano, il ministro ha ricordato i dati positivi dell’applicazione del decreto salva carceri.
“Tremila ingressi in meno, grazie alle norme che hanno evitato il fenomeno delle porte girevoli e duemila uscite per i domiciliari in sostituzione degli ultimi 18 mesi di detenzione”. A questo, ha spiegato ancora Severino, si sono aggiunti gli interventi di edilizia carceraria “che hanno consegnato 1.500 posti già disponibili più 3.500 entro l’anno”. Il ministro ha poi espresso l’auspicio di ulteriori risultati che saranno ottenuti con l’approvazione del ddl, attualmente all’esame della Commissione Giustizia della Camera: “I domiciliari e la messa alla prova sono misure deflattive forti che garantiscono contemporaneamente la sicurezza dei cittadini”.



Libro verde UE sulla giustizia penale nel settore della detenzione e Regole UE Probation


Libro verde UE sulla giustizia penale nel settore della detenzione
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0327:FIN:IT:PDF

REGOLE DEL CONSIGLIO D’EUROPA IN MATERIA DI PROBATION
http://www.coe.int/t/dghl/standardsetting/prisons/versione%20italiana%20Regole%20CoE%20Probation%20su%20sito.pdf

Lettera Aperta Direttori e Dirigenti Amministrazione Penitenziaria Al Ministro Severino

Signora Ministro della Giustizia


Prof. Avv. Paola Severino



Signor Capo del Dipartimento A. P.

Presidente Giovanni Tamburino


Come responsabili degli Uffici regionali e locali di esecuzione penale esterna (UEPE) avvertiamo la necessità di sottoporre nuovamente all’attenzione delle LL.SS. la questione delle migliaia di persone che scontano la pena in misura alternativa e sanzioni non detentive. Riteniamo, infatti, nostro dovere prospettare le condizioni reali e le capacità operative dell’Amministrazione Penitenziaria in questo delicato settore dell’esecuzione penale, soprattutto in considerazione della concorde volontà, più volte ribadita dalla Signora Ministro e dalle più Alte Cariche dello Stato, dalla Magistratura, dall’Avvocatura e dall’Accademia, di sviluppare le alternative alla detenzione con nuove e più articolate tipologie di sanzioni.
Sosteniamo con convinzione la scelta del Ministro di dare priorità alle misure alternative, auspichiamo la rapida approvazione delle proposte all’attenzione del Parlamento e confermiamo il nostro impegno pieno e leale per la realizzazione di tale indirizzo.
Allo stesso tempo siamo consapevoli che l’ampliamento delle alternative al carcere, senza un forte intervento che consenta all’Amministrazione penitenziaria di gestire efficacemente tali misure, renderebbe probabile il rischio di eventi critici, a causa della perdurante impossibilità degli uffici di esecuzione penale esterna di assicurare il livello adeguato di presenza nel territorio che caratterizza le misure di community service.
Siamo seriamente preoccupati per gli effetti negativi che potrebbero avere anche nell’opinione pubblica, gravi defaillance nella gestione delle misure, per i danni all’immagine dell’Amministrazione ed al sistema stesso delle alternative alla detenzione.
Per tali ragioni, riteniamo necessario chiedere di produrre ogni sforzo per difendere un patrimonio di altissimo valore sociale e culturale che consente al nostro Paese di vantare risultati del tutto apprezzabili in questo settore.
È nostra esperienza quotidiana, ma anche opinione generalmente condivisa, che la pena alternativa, più di quella detentiva, sia occasione per ridurre la recidiva e, per ciò stesso, accrescere la sicurezza dei cittadini nel territorio, riflettere sul significato del reato, sulle sue conseguenze e sulla necessità di riparazione, crescere in un percorso di responsabilizzazione anche con impegni a favore della collettività e con il lavoro di pubblica utilità.
Le numerose convenzioni stipulate con Enti Locali, A.S.L, Cooperative e Volontariato, la collaborazione con le forze dell’ordine, la partecipazione a tavoli con le prefetture, sono la conferma che in questi anni si è costruita una rete che va salvaguardata e sostenuta, non affievolita indebolendo proprio gli uffici competenti istituzionalmente per la gestione delle misure alternative; una rete che, vogliamo sottolinearlo, concorre anch’essa a rendere sicuri i nostri territori.
Per tali ragioni, nel rispetto per il Loro alto incarico istituzionale, rappresentiamo alle LL.SS. un nostro profondo convincimento: è un grave errore strategico riservare l’attenzione e far convergere tutti gli sforzi organizzativi esclusivamente sul carcere e, parallelamente, consegnare l’esecuzione penale esterna ad un lento, inesorabile impoverimento organizzativo ed operativo, come è avvenuto negli ultimi anni. Non paia esagerato, o eccessivamente allarmistico, il quadro presentato: il settore si trova in una situazione davvero preoccupante, che è doveroso da parte nostra segnalare.
Da dieci anni l’Amministrazione non assegna risorse e personale al settore sebbene, solo nel periodo 2006-2012, siano state assunte 3890 unità destinate solo al settore detentivo; nel frattempo l’esecuzione penale esterna ha perso il 40% del personale ed ha subito la drastica riduzione delle scarse risorse disponibili.
Siamo consapevoli di quanto la situazione delle carceri sia difficile, né chiediamo di sottovalutare la necessità di porvi rimedio; pensiamo, tuttavia, che non sia utile per l’Amministrazione penitenziaria, né prudente in previsione dell’incremento delle misure alternative, mantenere nell’attuale stato di sofferenza (operativa, organizzativa e direzionale), di mancanza di indirizzi e coordinamento un settore che, nonostante tutto, solo nel 2011 ha assicurato 150.000 interventi e oltre 52.000 giornate di presenza nel territorio.
Nel gennaio scorso lanciammo un appello per scongiurarne lo smantellamento; oggi chiediamo che l’Amministrazione aggiorni la propria visione del sistema delle sanzioni altre dal carcere e delinei una strategia conseguente sulla sua collocazione organizzativa, ponendo, tra l’altro, anche la massima attenzione nella scelta del futuro
Direttore Generale dell’Esecuzione Penale Esterna. Fino al 2011, infatti, non ha avuto una strategia o, se l’ha avuta, l’ha dimenticata per strada. Tale passaggio è non più rinviabile; gli operatori hanno bisogno di sapere se il loro lavoro è ancora considerato necessario, perché il messaggio trasmesso negli anni passati dalle scelte compiute ha comunicato che la gestione delle misure alternative, nonostante sia un compito istituzionale che appartiene al DAP al pari della pena detentiva, non costituiva l’altra metà dell’esecuzione penale.
Se l’Amministrazione, per non essere zoppa, deve poggiare su due gambe ambedue salde, allora si proceda coerentemente e si elabori un progetto di riorganizzazione e rilancio che preveda passaggi e tempi necessari. Noi, come sempre, siamo pronti a fare la nostra parte, con idee e proposte da offrire.
Vogliamo, inoltre, aggiungere che non ci spaventa l’idea di ricercare modi per rendere più efficiente il lavoro dei nostri uffici più di quanto non facciamo da anni tutti i giorni, ma dobbiamo ribadire a gran voce che in questo settore è necessario investire oggi per essere ripagati domani con un aumento della legalità ed una riduzione della recidiva. E in tempi in cui il Paese è chiamato a fare grandi sacrifici, riteniamo un grave errore sottovalutare la grande differenza dei costi tra una misura alternativa e una detentiva.
Già oggi gli UEPE eseguono un numero di misure alternative (22.000) uguale a quello in corso prima dell’indulto, ma hanno il 40% di operatori in meno; il personale di servizio sociale si reca quotidianamente nei luoghi più rischiosi, quasi sempre da solo e senza auto di servizio: dalle VELE di Scampia, ai campi nomadi delle periferie urbane, da Tor di Quinto a Roma, alle Serre catanzaresi, alle campagne della Locride, alle aree deindustrializzate del nord. Eppure non si lamenta, né protesta, diversamente da altre, ben più tutelate e ascoltate, componenti dell’Amministrazione.
Gli operatori degli UEPE dimostrano ogni giorno lo spirito di servizio che li anima; per tale ragione meritano di non essere lasciati soli nel compiere il loro lavoro.
Ci piace chiudere usando il passo di un articolo di Giovanni Maria Pavarin, pubblicato sulla rivista ”Le Due Città”: “Le misure alternative conoscono oggi un new deal, il cui sviluppo appare incompatibile con il sorgere di incomprensioni che mi sembra utile scoraggiare fin dal loro sorgere.… Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur. Sarebbe forse il caso di rimboccarci le maniche per iniziare a lavorare in una ritrovata armonia tra tutti.”
Parole scritte nel settembre 2001 e rimaste ancora senza seguito.
In periodi di crisi, sopravvivono le organizzazioni che sanno immaginare il futuro e prepararsi ai cambiamenti; riteniamo che questo valga anche per l’Amministrazione penitenziaria, bisognosa, oggi, di idee lungimiranti e azioni innovative. Ci sembra giunto il tempo in cui il processo riformatore avviato nel ’75 e interrotto nell’ultimo decennio, sia riavviato e completato con la riforma dell’esecuzione penale esterna.
Per tale ragione chiediamo che il Dipartimento arresti lo smantellamento silente di questo settore e proceda speditamente nella direzione da noi indicata.

Roma, 6 agosto 2012.

I dirigenti e i direttori dell’esecuzione penale esterna

Eustachio Vincenzo Petralla, Milena Cassano, Laura Borsani, Emilio Molinari, Rita Andrenacci, Pietro Guastamacchia, Elena Paradiso, Chiara Ghetti, Paola Schiaffelli, Salvatore Nasca, Angela Magnino, Laura Bottero, Bianca Berio, Paola Ruggeri, Annamaria De Gruttola, Luisa Cappa, Maria Biondo, Patrizia Cuccù, Paolo Guerra, Angela Maria Nicola Intini, Giuseppina Levita, Marina Altavilla, Antonia Tuscano Monorchio, Santina Gemelli, Angela Maria Reale, Rossella Giazzi, Elisabetta Bertagnini, Patrizia Calabrese, Daniela Calzelunghe, Giuseppa Carbone

Lettera FP CGIL al Capo DAP riguardo la spending review



Roma, 3 agosto 2012



Al Capo del DAP

Pres. G. Tamburino



Egregio Presidente ,

nel testo di conversione del DL 95 approvato lo scorso 30 luglio in Senato constatiamo che ancora una volta la scure dei tagli alle risorse colpisce, senza se e senza ma, il personale penitenziario non afferente al comparto sicurezza, ovvero tutte le professionalità penitenziarie, specialistiche del trattamento, amministrative e della dirigenza, di cui si avvale il sistema per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal mandato istituzionale di riferimento.

Ancora una volta, nostro malgrado, prendiamo atto dell'inefficacia in termini di persuasione, convincimento e determinazione dimostrata da codesta amministrazione al tavolo politico, con il Ministro della Giustizia e con il Governo, per sostenere e difendere l'identità del sistema penitenziario oramai al collasso.

Non possiamo esimerci, quindi, Presidente dal rappresentare l'indignazione nostra e di tutto il personale di fronte all'ennesimo provvedimento di esclusione dalla deroga dei tagli alla dotazione organica e non possiamo non evidenziare la preoccupazione degli effetti devastanti che tale scelta comporterà nel contesto. Una consapevolezza che sembra non appartenere ai vertici dell'amministrazione che, allo stato, si evidenzia incapace di sostenere con i fatti e con caparbietà gli intenti istituzionali di un settore così complesso e delicato quale quello dell'esecuzione penale e del sistema detentivo che rappresenta. Di fatto, i propositi ampiamente rappresentati anche dal ministro per far fronte alle ben note problematiche emergenziali del settore, alla luce dei fatti restano semplici enunciazioni di esclusivo impatto mediatico.

Cordialmente

La coordinatrice nazionale DAP

Lina Lamonica







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LETTERA FPCGIL AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

FP CGIL AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA
Lettera alla Ministra Severino su maximendamneto al dl 95





Alla Ministra della Giustizia

Avv. Prof. Paola Severino


Roma, 30 luglio 2012     
Signora Ministra,

lei certamente sa che nel testo di conversione del DL 95 approvato oggi in Senato non è contenuto l'emendamento presentato dalla FPCGIL volto ad escludere dai tagli agli organici, oltre al personale dell'Organizzazione Giudiziaria, quello dei Dipartimenti della Giustizia Minorile, dell'Amministrazione Penitenziaria e della Direzione Generale degli Archivi Notarili; le nostre preoccupazioni, confermate anche dal parere della Commissione Giustizia del Senato che aveva evidenziato le gravissime conseguenze del taglio agli organici per il sistema carcerario, non sono state ascoltate dal Governo del quale lei è autorevole rappresentante.

D'altra parte il fatto che nel maxiemendamento l'unico intervento relativo al mondo del carcere consista nel superamento del blocco delle progressioni in carriera per gli ufficiali del disciolto corpo degli agenti di custodia sarà certamente un fattore determinante per cambiare la gravissima situazione, confermata dalle tragiche morti degli ultimi giorni, delle carceri del nostro paese.

Abbiamo visto la sua commozione ieri al carcere di Regina Coeli: nel rammentarle che in quel carcere da oggi è previsto il 10% in meno di personale socio-trattamentale e amministrativo ed il 20% in meno di professionalità dirigenziali, la ringraziamo sentitamente a nome dei lavoratori, degli operatori e della società civile per l'impegno da lei profuso

Da ora in poi registreremo le sue affermazioni sul sistema carcerario come semplici dichiarazioni di intenti non suffragate da una politica adeguata che realmente sia volta a modificare il desolante quadro esistente, indegno di un paese civile.

Distinti saluti,

Per Funzioni Centrali FPCGIL

Nicoletta Grieco

http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/23198