L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

giovedì 17 maggio 2012

Magistrati Sorveglianza; puntare sulla “messa alla prova” e la riparazione del danno

Ansa, 15 maggio 2012

Maggiore attenzione alle vittime dei reati, ai loro diritti e ai loro bisogni, in particolare mediante la valorizzazione di percorsi sanzionatori e rieducativi che responsabilizzino chi ha commesso il reato, lo rendano partecipe della sofferenza della vittima e lo orientino alla riparazione dei danni arrecati.
Questa la strada indicata dal Coordinamento nazionale dei Magistrati di sorveglianza (Conams) che si è riunito a Firenze ed ha nominato il nuovo presidente, Giovanni Maria Pavarin, del Tribunale di sorveglianza di Venezia.

Al Presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida e al capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tamburino è stato conferito il titolo di socio



Amministrazione Penitenziaria: Distribuzione delle risorse finanziarie alle realtà territoriali



Roma, 17 maggio 201

Al Capo del DaP

Pres.te Giovanni Tamburino
e p.c. Ai Provveditori Regionali

dell'Amministrazione Penitenziaria
LORO SEDI


La gravità della situazione economica che sta contrassegnando il presente passaggio storico, si ripercuote con gravi effetti anche sugli istituti e servizi penitenziari, ponendo le direzioni in situazioni talvolta insostenibili, o comunque di problematica gestione. E proprio in contingenze come queste, che ormai da almeno un decennio segnano negativamente la vita penitenziaria, è indispensabile che i sacrifici e le criticità e gli effetti dei tagli (dal 2001 ad oggi tagli nominali del 30%, del 50% in termini reali rispetto alle risorse precedentemente stanziate) siano analizzati ed orientati verso una seria e vera lotta agli sprechi, al fine di evitare il più possibile danni al sistema.

Inoltre, sarebbe opportuno che nelle varie realtà territoriali venga diffusa la consapevolezza che le riduzioni nelle varie voci di bilancio siano obiettivamente distribuite, proporzionalmente, in ragione delle dimensioni, degli impegni e della specificità di ciascuna struttura.

Il convincimento di un miglioramento della razionalizzazione delle varie voci dei capitoli di spesa afferenti sia la gestione dei vari aspetti della vita detentiva, che quelle del personale e del patrimonio immobiliare, senza dubbio predispone meglio ad affrontare le varie difficoltà che le riduzioni continue sui vari stanziamenti impongono.



Pertanto, anche al fine di condividere le criticità che si trovano ad affrontare gli amministratori pubblici a tutti i livelli, in ragione del particolare momento storico che sta attraversando il Paese, questa Organizzazione Sindacale chiede di essere informata preventivamente dei piani di riparto delle singole voci di spesa in apertura del prossimo esercizio finanziario. Tale informazione potrà essere effettuata direttamente dal Dipartimento per le assegnazioni previste par ciascun Provveditorato; mentre i singoli Provveditorati potranno informare le strutture regionali FP CGIL per quelle destinate a ciascun Istituto ed Uepe.

Le SS.LL. comprenderanno come la presente richiesta sia motivata da un intento di collaborazione e di ridimensionamento delle difficoltà che si vivono nelle sedi territoriali, e di cui il sindacato viene ad essere un terminale di ascolto.

Per tale motivo sarà gradito ricevere anche nei prossimi giorni le informazioni relative alla distribuzione delle risorse finanziarie già effettuate per l'esercizio finanziario in corso, ed quelle eventualmente successive, del c.d. assestamento di bilancio.



Confidando





p. la Segreteria Fp Cgil Nazionale

Toto Chiaramonte

Fabrizio Fratini



O. S. USB SCRIVE AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA SULLA SITUAZIONE DEGLI UEPE

All’On.le Ministro della Giustizia

Paola Severino

Via Arenula 70

Roma



E, p.c.

Al Sig. Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria

Pres. Giovanni Tamburino

Largo luigi Daga,2

Roma



OGGETTO: Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna

Questa Organizzazione Sindacale, deve rivolgersi a Lei, Signor Ministro, per denunciare lo scempio che l’Amministrazione Penitenziaria sta facendo degli Uffici per l’ Esecuzione Penale Esterna di questo Paese.

Già da molto tempo ormai questi Uffici, da sempre considerati la Cenerentola dell’Amministrazione Penitenziaria, sono soggetti a continui ingiustificati attacchi, per lo più gratuiti, ma soprattutto dovuti alla sostanziale ignoranza di chi li ha gestiti e li gestisce a livello nazionale. Dapprima è stato incaricato della loro gestione un magistrato, che – assolutamente all'oscuro di questa realtà – si è affidato a dirigenti che hanno pensato più alle loro carriere personali che allo sviluppo del servizio; poi il compito è toccato un dirigente penitenziario che da sempre (anche prima di questo incarico) ha cercato di appiattire questo servizio sulle modalità carcerarie e carceriere, dando disposizioni che non hanno sicuramente contribuito allo sviluppo del servizio nella sua specificità.

In questo contesto i Dirigenti di Servizio Sociale degli Uepe sono stati per lo più assenti, adeguandosi acriticamente a quello che una Amministrazione Centrale con assoluta incompetenza richiedeva loro.

Nel frattempo le incombenze del singolo Assistente Sociale sono aumentate, molti di questi professionisti sono andati in pensione, il carico di lavoro si è incrementato e complessificato a dismisura, con conseguente ricaduta sull’operatività dei singoli.

Allo scopo di banalizzare le loro funzioni e la loro operatività si aggiunga che le uscite dall’Ufficio per lavoro vengono chiamate “gite di servizio”, quasi che effettuare interventi a favore di detenuti domiciliari o affidati fosse il presupposto di un pic nic o di una scampagnata spensierata e divertente. La quasi completa assenza di auto di servizio, di personale che svolgesse compiti di autista, troppo spesso li ha posti in conflitto con le Direzioni che avrebbero preteso che fossero gli Assistenti Sociali ad anticipare le spese di missione nell’uso dei mezzi pubblici, dimenticando che il lavoro dell’Assistente

Sociale , nei suoi compiti di aiuto e controllo li porta inevitabilmente all’esterno per conto dello Stato.

Rimane così un Ufficio Centrale assolutamente avulso dalla realtà della periferia, che anziché sostenere gli uffici dipendenti li affossa scientemente, seguendo un percorso precostituito, del quale se ne aveva sentore, ma di cui oggi siamo sicuri, alla luce di quanto sta accadendo. Agli operatori viene assegnato un numero elevato di casi senza alcuna indicazione in ordine alle priorità, anzi in Uffici come Napoli o Palermo gli Assistenti Sociali sono stati lasciati in balìa degli utenti, che si ritengono gli arbitri della qualità della prestazione in assenza di una consapevole Dirigenza, permettendosi di valutarne il lavoro e tentando forse di condizionarli perché essi vengono indicati come i responsabili delle inadempienze, dei ritardi.

La delegittimazione costante e continua della storia e della valenza dell’area dell’esecuzione penale esterna passa attraverso precise strategie e attacchi, negli ultimi anni sempre più violenti.

In questa cornice è palese come l’assalto alla gestione alle misure alternative alla detenzione, da parte della Polizia Penitenziaria, già tentato in passato sia nuovamente oggi più che mai presente: anche e soprattutto in considerazione dello sfiancamento realizzato dall’Amministrazione Centrale nei confronti di questi Uffici, privati non solo di mezzi, di risorse, di personale, ma anche di quel riconoscimento valoriale che discende direttamente dal mandato costituzionale.

Già il Presidente Tamburino ebbe ad affermare che, rispetto alla gestione concreta delle misure alternative vi è la necessità di interrogarsi sul tema del controllo e dell’afflittività: è un problema posto sul tavolo e, come Organizzazione Sindacale, siamo disponibili a tutte le possibilità di ragionamento professionale e organizzativo sulla questione. Non possiamo tuttavia tollerare toni offensivi e screditanti sulla operatività di servizi che con una minima quota di risorse e di personale rispetto a quella assegnata al carcere, garantisce sicurezza sociale e reale recupero dei condannati, come confermano le statistiche.

Tuttavia, nel corso dell’ultimo incontro di contrattazione, la Dott.ssa Matone, Vice Capo Vicario del Dipartimento, anziché riconoscere le reali difficoltà in cui si dibatte il Servizio, ha affermato, con la sicumera che le è consueta, che “ bisogna far capire che gli UEPE sono Uffici per l’Esecuzione Penale, non bed and breakfast o hotelleries che dir si voglia”.

Cosa voleva dire: che oggi negli UEPE si mangia, si beve, si dorme, si fanno “gite di servizio” e non si lavora? E che bisogna pensare ad un diverso sistema di “rieducazione” dal momento che lì gli affidati in prova al servizio sociale, i detenuti domiciliari non vengono pestati a scopo educativo, ma viene applicato quotidianamente il dettato dell’art. 118 del regolamento penitenziario che prevede che “al soggetto viene offerta la possibilità di sperimentare un rapporto con l’autorità basato sulla fiducia….senza interventi di carattere repressivo”?

A questo punto non ci sono più dubbi. L’intento è quello di emarginare gli Assistenti Sociali nel loro lavoro e far riemergere l’idea Mastella di istituire i Commissariati della Polizia Penitenziaria sul territorio.

Non siamo d’accordo, ma è necessario essere chiari e che l’Amministrazione si assuma la responsabilità delle scelte che fa.

Purtroppo il metodo usato in questa occasione è il cosiddetto “metodo Boffo” . Per raggiungere lo scopo si spara fango sia sui singoli che sul gruppo con neanche tanta sottigliezza, con l’intento di giustificare scelte diversamente non giustificabili, creando il dubbio che poi non tutto sia così limpido,e quindi necessita di interventi significativi, il tutto fatto con un tono volutamente salottiero, che comunque scredita le persone oggetto della conversazione.

E’ appena il caso di rammentare che la trattativa scaturita dall’idea dell’On.le Mastella si è arenata perché i poliziotti, che già mal sopportano la dipendenza dai Direttori di carcere, non tolleravano proprio l’idea di essere sottoposti ai Dirigenti di Servizio Sociale. Ora, la strategica diminuzione nell’organico di questi ultimi e la previsione di una loro presenza negli Uffici EPE dei Provveditorati Regionali, e la eventuale presenza della polizia Penitenziaria negli UEPE portano con sé sicuramente interrogativi non di poco conto e comunque vanno verso l’azzeramento delle Misure Alternative.

L’ attacco agli Uffici di Esecuzione Penale, diventano a questo punto un attacco alle misure alternative, che trovano nel servizio la loro espressione.

Tutto questo, Signor Ministro dimenticando che i metodi carcerari producono recidiva, le misure alternative no. Bisogna quindi distruggere ab initio la dimostrazione che il carcere non serve ma le misure alternative sì perché recenti studi hanno messo in luce che la recidiva dei sottoposti a Misura alternativa è del 19%, mentre quella dei detenuti usciti dal carcere alla scadenza della pena è del 68%.

Questo ci dice che i metodi del carcere sono fallimentari, mentre quelli alternativi sono fortemente significativi.

Ma di tutto questo non si vuole parlare. Sintomatica l’ultima contrattazione sulle dotazioni organiche a gennaio: si pensa di tagliare il poco personale del comparto ministeri e le Dirigenze del Servizio Sociale, mentre il comparto sicurezza viene sempre garantito e sviluppato. Queste scelte miopi e sciagurate ci hanno fatto provocatoriamente chiedere di chiudere gli Uepe, stante l’assoluta inesistenza - ad oggi - di prospettive di impulso ed indirizzo di questi servizi. Esse sono dettate da una colpevole ignoranza della qualità e della ricchezza del lavoro svolto dagli Uepe in oltre trent’anni di storia .

Una memoria svenduta dai Dirigenti di Servizio Sociale, che non hanno avuto e non hanno parole rispetto allo scempio compiuto, memoria coltivata con scientifico disprezzo negli uffici centrali del Dap , come una macchina rotta di cui si devono vendere i pezzi.

Questi servizi devono morire perché la loro storia e la loro esistenza sono scomodi rispetto al modello carcerocentrico, costoso, inefficace, patogeno, suicidario ma che serve all’immaginario forcaiolo della società e alle tasche di chi ci si arricchisce.

L’esistenza del fatto che un’altra pena è possibile dimostra il fallimento dei metodi detentivi, ma questi servizi devono diventare l’ultimo scampolo clientelare e di potere, deve essere minata alla base la credibilità delle misure alternative usando i metodi berlusconiani di attacco e denigrando i lavoratori e il lavoro di questi servizi.

E per distruggere le misure alternative non ci vuole molto: basta un giovane magistrato o un Dirigente Penitenziario (abbiamo già visto questo film), che non ha esperienza sul campo e che forse ha letto sui manuali di procedura penale l’esistenza delle misura alternative alla detenzione, ma non ne conosce i risvolti e che, per cultura che gli è propria, si affiderà in toto alla polizia penitenziaria e non a quattro “sgarrupati” Assistenti Sociali.

Le chiediamo pertanto, Signor Ministro, un incontro urgente.

Grazie per l’attenzione

P.ILCOORDINAMENTO USB PENITENZIARI

Augusta Roscioli

Roma, 16 maggio 2012

martedì 1 maggio 2012

Chiavari, allarme per il carcere


Chiavari - Almeno un centinaio di esperti e addetti ai lavori hanno preso parte al convegno, ancora in corso, organizzato a Chiavari dall’Unione Camere Penali Italiane sul sovraffollamento delle carceri nella penisola. Attesa per l’apertura, il ministro della Giustizia Paola Severino ha mandato un telegramma spiegando di non poter presenziare. Ma i relatori, a cominciare dall’avvocato Silvio Romanelli, hanno fatto la loro parte per animare uno scambio di posizioni su un tema cruciale.
«Siamo secondi in Europa per rapporto tra numero di detenuti e posti nelle strutture - sostiene Giovanni Tamburino, capo del Dipartimento amministrazione peniteziaria del ministero di Giustizia - Va considerata la possibilità di interventi di grande urgenza». Il riferimento è all’indulto all’amnistia o comunque a «una soluzione politica».
Sulla riforma del sistema proposta dal ministro Severino, c’è chi ha individuato alcuni indirizzi importanti, ma vanno precisati: «Uno dei punti della riforma del ministro è la sospensione del procedimento con la messa in prova, cioè il lavoro di pubblica utilità. Una soluzione adottata in alcuni casi dal tribunale per i minori. Ma è una soluzione da sviluppare meglio - ricorda Francesco Cozzi, capo della procura di Chiavari - Serve l’impegno di tutti. Con il codice della strada che prevede il lavoro di pubblica utilità con la guida in stato di ebbrezza i risultati si vedono. Un istituto che va riorganizzato ma utile».
Novantanove persone negli spazi pensati per contenerne 78. Una cinquantina di agenti in pianta organica, ma solo 45 (dirigenti e amministrativi compresi) in servizio operativo. La fotografia del carcere di Chiavari emerge da questi numeri: il penitenziario ha carenza d’organico e paga gli effetti del sovraffollamento. Ripetutamente denunciato dal sindacato della polizia penitenziaria Sappe.
«L’ingresso di sette nuovi agenti di polizia penitenziaria lo scorso novembre - spiega Paola Penco, direttore della casa circondariale - non è stato sufficiente per coprire gli esodi. Siamo sottorganico e consapevoli che, in questo particolare momento per il nostro Paese, non sarà facile risolvere il problema, comune a gran parte dei penitenziari italiani. Il numero dei nostri reclusi oscilla, ma rimane sempre molto vicino al centinaio». È per questo che la direzione ha inviato alla Cassa delle ammende, l’ente interno al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, un progetto per la sistemazione e il riutilizzo degli spazi che si sono liberati con la costruzione nel sottotetto dell’edifico di via al Gasometro della nuova caserma, con mensa, cucina e il trasferimento nell’ala aggiunta degli uffici della direzione. L’obiettivo è avere più aule per l’attività didattica, i corsi di formazione professionale. la biblioteca.

di Debora Badinelli e Marco Fagandini
Levante
Il SecoloXIX

Tamburino "per sovraffollamento soluzioni d'urgenza come il 41 bis"

ansa

''Condizioni di urgenza, come il sovraffollamento nelle carceri, possono richiedere soluzioni d'urgenza come e' stato per il 41 bis'': lo ha detto Giovanni Tamburino, capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, parlando a margine di un convegno organizzato a Chiavari dall'Unione delle Camere Penali della Liguria.
''Le condizioni di sovraffollamento - ha detto Tamburino - possono portare il Paese fuori da un quadro di legalita' costituzionale, Per questo, come fu per il 41 bis contro la criminalita' organizzata, anche per il sovraffollamento possono essere previste soluzioni d'urgenza''.

Alessandro Margara; l'indulto non è praticabile... sull'amnistia c’è poca chiarezza


Ansa, 27 aprile 2012

“Il sovraffollamento delle carceri si sta smontando, perché a forza di risparmiare su tutto, anche sulle forze dell’ordine, stanno diminuendo gli arresti e con essi anche i detenuti”. Ne è convinto il garante toscano dei detenuti Alessandro Margara, intervenuto oggi a margine di un convegno in Consiglio regionale organizzato dal gruppo Fds-Verdi.


Secondo il garante toscano “un indulto non è praticabile, si parla di amnistia ma non capisco di cosa si parli perché Pannella non è mai chiaro. Comunque - ha aggiunto Margara - un’amnistia non avrebbe effetti sulla popolazione carceraria, perché interesserebbe i reati minori ma per i reati minori non c’è la galera”.
Mancano i direttori, carceri in mano a Commissari Polizia penitenziari
“In Italia mancano i direttori delle carceri e si sta prospettando la consegna degli istituti di pena alla polizia penitenziaria. Questo non è un buon modo di agire”. Lo ha detto il garante toscano dei detenuti Alessandro Margara, intervenendo oggi a margine di un convegno in Consiglio regionale organizzato dal gruppo Fds-Verdi. Margara ha spiegato di essere stato oggi ricevuto, insieme ad altri garanti, dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, per parlare della situazione delle carceri italiane. “Al Presidente - ha sottolineato - ho fatto presente questo aspetto. Praticamente non ci sono più direttori penitenziari, e non ci sono concorsi per farne di nuovi. Allo stesso tempo stanno per entrare 400 commissari di polizia penitenziaria, e di fatto saranno loro a diventare in i direttori delle carceri”.







Carcere -Dichiarazione EPSU al Consiglio dei Ministri della Giustizia EU del 25 Aprile 2012

Dichiarazione EPSU al Consiglio dei Ministri della Giustizia EU del 25 Aprile 2012


Migliori carceri per il personale, i detenuti e la collettività. Gli effetti dell'austerità per le prigioni sono come il sale su una ferita aperta.

La EPSU, la rete dei sindacati dei servizi penitenziari europei che rappresenta la maggioranza degli operatori che lavorano nelle carceri, ha tenuto la sua riunione annuale il 12-13 aprile 2012 ad Oslo, in Norvegia.

Dopo quasi 4 anni di misure di austerità, contrazione dell'economia e aumento della disoccupazione, i problemi da affrontare in molti sistemi penitenziari europei, come discusso alla Conferenza del Consiglio d'Europa da 16 direttori di carcere nello scorso mese di ottobre, permangono:

 Sovraffollamento carcerario;

 Aumento della popolazione ristretta da 549.399 nel 1998 a 630 000 detenuti nel 2009, e incremento del tasso di popolazione detenuta del 24% ogni 100.000 abitanti tra l'anno 2001 e il 2009;

 Condanne più lunghe;

 Aumento esponenziale dell'uso della custodia cautelare, in media 1 su 5 prigionieri;

 Violazione dei più elementari diritti dei detenuti;

 Carenza di personale in tutti i servizi penitenziari;

 Formazione inadeguata o insufficiente del personale penitenziario e dei dirigenti;

 Mancanza di un efficace sostegno da parte dei governi e dei politici.



Questi problemi sono ben noti e ci aiutano a spiegare perché in molti paesi europei il sistema penitenziario non riesce a svolgere il suo ruolo principale, il reinserimento sociale dei detenuti. Eppure poco viene fatto per prevenirli, problemi che mettono a rischio la sicurezza dei lavoratori penitenziari, dei detenuti e della società in generale. Essi hanno, inoltre, impedito l'attuazione delle regole penitenziarie europee concordate da tutti i governi dell'UE e del SEE nel 2006, che EPSU sostiene con forza.

Forme gravi di criminalità che rappresentano un pericolo per gli individui e la collettività dovrebbero sempre portare ad una pena detentiva. Tuttavia, il carcere è sempre più utilizzato come luogo per contenere i malati mentali, i tossicodipendenti, i senza tetto e, più recentemente,

i cittadini stranieri e gli immigrati privi di documenti. Questo in violazione pura del principio fondamentale delle regole penitenziarie europee, in cui è sancito che la privazione della libertà deve essere considerata come ultima istanza, quando cioè altre forme di punizione non possono garantire la sicurezza della società. Ciò rende il lavoro del personale penitenziario molto più complesso ed esigente del normale.
Le misure di austerità coordinate dall'UE, i tagli dei posti di lavoro nel pubblico impiego e sui salarii e pensioni, e gli altri attacchi al welfare pubblico stanno aggravando ulteriormente la carenza di personale e il sovraffollamento carcerario. Ed invero arrivano in un momento in cui, invece, più risorse economiche sarebbero necessarie per sostenere la riabilitazione dei detenuti, che richiede anche condizioni di lavoro sicure e retribuzioni dignitose per il personale penitenziario.
E' opinione della EPSU che il costo del sistema penitenziario non deve mai giustificare condizioni di detenzione degradanti e spaventose condizioni di lavoro.
La EPSU, la rete dei sindacati dei servizi penitenziari europei, ha discusso in modo più approfondito le questioni afferenti l'orario di lavoro e la formazione del personale. In molti paesi il personale è sempre più costretto a far ricorso al lavoro straordinario nella misura in cui "il debito tempo" è diventata una preoccupazione centrale. Ciò è il risultato del crescente carico di lavoro individuale causato dalla pesante carenza di personale, o dal livello troppo basso delle retribuzioni o di entrambi. Lunghi orari di lavoro stanno minacciando la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Per quanto le parti pubbliche dell'UE stiano attualmente tentando di rivedere la direttiva europea del 1993 sull'orario di lavoro la EPSU, la rete dei sindacati dei servizi penitenziari europei auspica che le soluzioni che si troveranno non compromettano la sicurezza del personale e dei detenuti.

Trattare con i detenuti richiede formazione professionale e competenze molto complesse e, quindi, la mancanza di risorse e/o l'aumento del carico di lavoro del personale sono materie che devono essere necessariamente regolate. Questo vale non solo per il personale, ma anche per la dirigenza del settore penitenziario. La leadership inadeguata nella gestione degli istituti penitenziari può avere conseguenze disastrose per lo svolgimento del lavoro, causando alti livelli di stress al personale, problemi di salute e alti tassi di malattia. Risorse umane e finanziarie vengono così a perdersi, e trovare orgoglio nel proprio lavoro professionale diventa impossibile.
Nell'ambito della predetta riunione la EPSU è rimasta molto colpita per la situazione venutasi a creare in Grecia, ove 11 lavoratori sindacalisti che operano nel carcere hanno iniziato, per la prima volta, uno sciopero della fame dal 7 al 12 Aprile, per protestare contro la combinazione letale sovraffollamento/carenza di personale e il mancato pagamento di 3 anni di lavoro straordinario, pur continuando a pagare i pesanti tagli imposti dal Governo. L'anno scorso a maggio la EPSU ha suonato il campanello d'allarme dopo una visita svolta al carcere di Karydallos, ma con nostra grande preoccupazione siamo costretti a prendere atto che i problemi riscontrati non sono stati ancora risolti.
In considerazione della persistente crisi nei sistemi penitenziari europei, la EPSU esorta i Ministri della Giustizia del Consiglio dell'UE che si riuniscono il 25 aprile p.v. a sostenere:
 Il carcere come misura di ultima istanza;

 L'applicazione delle regole penitenziarie europee, a seguire le raccomandazioni fatte dai 16 membri del Consiglio d'Europa ai direttori delle carceri nella conferenza dell'ottobre 2011 per ridurre la popolazione carceraria e la custodia cautelare;

 L'individuazione e l'attuazione, come richiesta minima, di comuni standard sociali nell'UE in materia di salute e sicurezza e dell'orario di lavoro degli operatori del sistema penitenziario;

 L'elaborazione di principi comuni nell'UE in materia di formazione del personale e della dirigenza del penitenziario in collaborazione con la EPSU, la rete dei sindacati dei servizi penitenziari europei;

 Il rispetto dei diritti sindacali e il dialogo sociale in linea con gli articoli del trattato UE 152-155, Carta UE dei diritti fondamentali dell'uomo, convenzione dell'ILO 151, nonché delle regole penitenziarie europee 86-87 che promuovono la consultazione del personale, nonché dei detenuti, da parte del titolare della gestione dell'amministrazione penitenziaria;

 La cooperazione tra gli ispettori degli istituti di pena e i sindacati, al fine di tenere debitamente conto delle condizioni e dell'ambiente di lavoro del personale penitenziario nella valutazione della qualità del carcere ispezionato;

 più risorse per tutti i servizi che si occupano di carcere per assicurare il reinserimento dei detenuti, la sicurezza del personale e la sicurezza della società in generale;

 basandosi sulle buone prassi tenute in tutta Europa, nell'organizzazione del lavoro del personale penitenziario è utile avviare una cooperazione con le rappresentanze sindacali, la cui esperienza è notoriamente ritenuta molto preziosa
Data la situazione critica vissuta in molte carceri europee, praticare l'austerità in questo settore è come versare il sale su una ferita aperta. Per avere successo, quanto sopra deve essere sostenuto da una moratoria immediata sui tagli dei posti di lavoro del servizio pubblico e dei salari, che sono socialmente ed economicamente disastrosi, oltre che infondati.

Bisogna anche considerare che detenere livelli di criminalità per lungo termine significa immaginare un prezzo molto alto da pagare in termini economici, soprattutto per la auspicata riduzione del debito pubblico e dei livelli di deficit accumulati.

Il modo migliore per ridurre il crimine è quello di evitare che si verifichi investendo nell'inclusione sociale, nell'istruzione e nell'offrire opportunità di lavoro dignitose, di evitare la criminalizzazione di gruppi di persone che non sono pericolose, ma rese vulnerabili.

Ci sono alternative praticabili ai tagli di spesa, tra queste la più urgente da adottare riguarda l'attuazione della direttiva europea per una tassa sulle transazioni finanziarie, che potrebbe raccogliere 57 miliardi di euro l'anno; ma anche altre misure sono efficaci per combattere la frode fiscale e l'elusione, stimata in 1 miliardo di miliardi di euro di ricavi persi all'anno nell'UE.






EPSU è la Federazione Sindacale Europea dei Servizi Pubblici. È la più grande Federazione della CES con 8 milioni di lavoratori dei servizi pubblici provenienti da oltre 275 organizzazioni sindacali degli impiegati nei settori dell'energia, dell'acqua e dei rifiuti, i servizi sanitari e sociali, il governo locale, regionale e centrale e le amministrazioni dell'UE in tutti i paesi europei. Per ulteriori informazioni su EPSU www.epsu.org