L'ARCHIVIO DI OLTREILCARCERE

Dal 2007 al 2014 sono stati pubblicati più di 1300 documenti che hanno trattato argomenti riferiti al Servizio Sociale della Giustizia, agli Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna, al Sistema dell'Esecuzione Penale Esterna attraverso solidarietaasmilano.blocspot.com

giovedì 26 gennaio 2012

Comunicato stampa FP CGIL Lombardia: Per un’idea nuova dell’esecuzione della pena

Per un’idea nuova dell’esecuzione della pena
Per la valorizzazione degli operatori penitenziari e della qualità di un lavoro che deve restare pubblico

COMUNICATO STAMPA FP CGIL LOMBARDIA
Pur apprezzando, dopo anni di immobilismo, alcuni dei provvedimenti previsti dal governo Monti per affrontare la drammaticità del sovraffollamento carcerario (come le forme di depenalizzazione e le nuove sanzioni sostitutive), nutriamo forte preoccupazione per quanto contenuto nel più recente decreto sulle liberalizzazioni.
In particolare rispetto ai contenuti dell’articolo 44, dove si prevede l’ingresso di privati per la
realizzazione e la gestione di strutture e servizi penitenziari attraverso il project financing.
La gestione della libertà delle persone non può diventare fonte di profitto così come non può esserlo l’esercizio della giustizia in tutti i suoi aspetti: non sarebbe opportuno né meno oneroso per la collettività, come ha detto chiaramente la Corte dei Conti sulle esternalizzazioni.
“Siamo fortemente preoccupati per l’incerto scenario del settore penitenziario – afferma Barbara Campagna, Coordinatrice Regionale Giustizia-Dip. Amministrazione Penitenziaria Dipendenti Civili e Dip. Giustizia Minorile –. Per questo, con la FP CGIL Lombardia abbiamo in
programma, per il prossimo febbraio, un’iniziativa pubblica che rilanci un’idea nuova dell’esecuzione della pena, confrontandola con il territorio. Il sistema penitenziario – prosegue la Coordinatrice – non può fare a meno di professionalità altamente qualificate come gli assistenti sociali, gli educatori, i contabili e gli amministrativi per gestire il detenuto come dettato dalla Costituzione, perché il carcere non è solo polizia”. Gloria Baraldi, Segretaria Funzione Pubblica CGIL Lombardia, dichiara che “anche per questo chiediamo di votare le candidate e i candidati FP CGIL, alle elezioni per il rinnovo delle RSU che si terranno dal 5 al 7 marzo prossimi. Per il giusto valore al lavoro pubblico”.

VERBALE DEL COORDINAMENTO REGIONALE LOMBARDIA DAP MINISTERI

Nella riunione del Coordinamento regionale degli operatori del Ministero Giustizia Dap, che si è tenuta mercoledì 25 gennaio alla presenza della coordinatrice nazionale Lina Lamonica, i partecipanti hanno affrontato il tema delle elezioni RSU inserito nel contesto specifico.
Tutti hanno espresso viva preoccupazione per l’incerto scenario del settore.
Pur apprezzando alcuni dei provvedimenti previsti dall’attuale governo, finalizzati ad affrontare la drammaticità del sovraffollamento carcerario, dopo anni di immobilismo, quali forme di depenalizzazione e nuove sanzioni sostitutive, nutrono forte preoccupazione per quanto contenuto nel più recente decreto sulle liberalizzazioni.
In particolare nell’articolo 44 di questo decreto è previsto l’ingresso di privati per la realizzazione e la gestione di strutture e servizi penitenziari attraverso il project financing.
La gestione della libertà delle persone non può diventare fonte di profitto così come non può esserlo l’esercizio della giustizia in tutti i suoi aspetti: non sarebbe opportuno né meno oneroso per la collettività come ha detto chiaramente la Corte dei Conti sulle esternalizzazioni.
Il Coordinamento dei lavoratori penitenziari del trattamento e dell’organizzazione ha in programma un’iniziativa pubblica, da svolgersi nel prossimo mese di febbraio, che rilanci un’idea nuova dell’esecuzione della pena, confrontandola con il territorio.
Il sistema penitenziario non può fare a meno di professionalità altamente qualificate come gli assistenti sociali, gli educatori, i contabili e gli amministrativi per gestire il detenuto come dettato dalla Costituzione, perché il carcere non è solo polizia. I partecipanti hanno condiviso la programmazione dell'iniziativa che si terrà lunedì 27 febbraio i cui contorni organizzativi e di contenuto saranno resi noti al più presto.
Nel frattempo raccomandiamo a tutti un'attenzione particolare per garantire la partecipazione di tutti i territori all'iniziativa.
La Segretaria FP CGIL Lombardia La Coordinatrice Regionale
Responsabile Funzioni Centrali DAP
Gloria Baraldi Barbara Campagna

FP CGIL Penitenziario: Lettera al Ministro della Giustizia, Paola Severino

Alla Ministra della Giustizia
Avv. Prof. Paola Severino

Le problematiche emerse nel corso dell'incontro avuto con i vertici dell'amministrazione penitenziaria lo scorso 13 gennaio, riguardante "le dotazioni organiche e le problematiche degli uffici di esecuzione penale esterna", rappresentano per questa Organizzazione Sindacale un elemento di forte preoccupazione perché intervengono in termini negativi sul mandato istituzionale del sistema penitenziario e più complessivamente su quello dell'esecuzione penale intra ed extramuraria già fortemente in crisi.
Ci riferiamo nello specifico alle criticità determinate dai tagli all'organico del personale penitenziario imposti dalle manovre finanziarie che si sono succedute, che hanno comportato fino ad oggi, in ultimo con la L.148/2011, una riduzione complessiva di organico (dirigenti, funzionari e tecnico-amministrativi) di circa il 30%.
Tali scelte risultano devastanti per il settore e per il mandato istituzionale di riferimento con ricadute negative in termini di efficienza nell'operatività dei servizi e nell'assetto organizzativo degli istituti penitenziari e degli uffici di esecuzione penale esterna che risultano carenti non solo di personale socio-educativo ed amministrativo ma anche di dirigenti responsabili di sede.
Il blocco delle assunzioni e i tagli al personale ed alle risorse economiche di questi ultimi anni hanno condannato il sistema penitenziario ad una pericolosa involuzione e hanno concorso a far saltare tutte le priorità, hanno azzerato i processi evolutivi e condotto l'Amministrazione in una profonda crisi economica e strutturale, mortificando e svuotando d'ogni dignità le qualità e le capacità professionali dei pochi lavoratori impegnati nel sistema dell'esecuzione penale, intra ed extramuraria.
Una situazione drammatica che rappresenta l'altra faccia dell'emergenza delle carceri: quella dei lavoratori penitenziari, professionalità specialistiche impegnate con notevoli difficoltà nell'espletamento di quei compiti istituzionali finalizzati ad ottemperare quanto sancito dall'art.27 della costituzione cui fa riferimento la legge di riforma penitenziaria 354/75
Eppure, nonostante sia stato rappresentato più volte da questa Organizzazione che le professionalità penitenziarie tutte, pur con diverse funzioni operative siano esse afferenti alla sicurezza o al trattamento, concorrono in sinergia allo stesso obiettivo istituzionale, constatiamo la persistenza di scelte parziali che se per un verso sottendono la scarsa conoscenza del contesto dall'altro evidenziano una idea di carcere e di detenzione fondata su aspetti prettamente securitari e deterrenti.
E' in questa ottica che leggiamo incoerenza e contraddizione tra gli esplicitati intenti normativi e strutturali recentemente emanati, nel D.lgs.211/2011 per fronteggiare l'emergenza penitenziaria, e le disposizioni che confermano, invece, i tagli agli organici del personale penitenziario in questione.
Abbiamo accolto fin da subito con favore alcune delle sue dichiarazioni d'intenti per fronteggiare la drammatica situazione del sistema detentivo che hanno riguardato "la messa alla prova" ed alcune forme di depenalizzazione nonché l'aumento e l'implementazione delle misure alternative, ma abbiamo constatato con rammarico che gli interventi contenuti nel DL n.211 del 22 dicembre risultano ancora insufficienti e parziali.
Siamo convinti che non si può fronteggiare l'emergenza senza risorse economiche e personale e riteniamo assolutamente necessario il potenziamento delle strutture preposte (UEPE) e delle dotazioni organiche relative, in particolare delle professionalità specialistiche del trattamento, con la consapevolezza che ogni iniziativa volta a ridare dignità al contesto, se non accompagnata da un razionale piano di intervento economico e strutturale, risulta vanificata e le conseguenze continueranno ad essere devastanti per il personale e per l'utenza quindi per l'intero sistema.
Torniamo a rammentarle inoltre la questione del contratto della dirigenza penitenziaria avviato a settembre e bloccato ad oggi presso il Ministero della Funzione Pubblica.
Le chiediamo un confronto urgente mirato alla individuazione e alla condivisione delle iniziative che più efficacemente possono contribuire ad arginare le criticità del sistema.
Restiamo in attesa di riscontro e le porgiamo cordiali saluti.

La coordinatrice nazionale FPCGIL
penitenziari/Comparto Ministeri
Lina La Monica

I tagli che ingabbiano le alternative al carcere

Di Ornella Favaro - Vita 20.1.2012
Un Ministro “Tecnico” che si mette, con umiltà e attenzione, all’ascolto di chi il carcere lo conosce davvero a fondo. Questo è stato il significato dell’incontro di giovedì 12 gennaio tra il ministro della Giustizia, Paola Severino, e i rappresentanti di un gruppo di associazioni che ha posto l’attenzione del ministro una serie di proposte in materia di sovraffollamento.
E’ di fondamentale importanza quanto affermato dal ministro, che la “detenzione in carcere dovrebbe diventare la –“misura “ eccezionale rispetto alle misure e alle pene alternative., ma se davvero si vogliono aumentare le misure alternative e riservare il carcere alle persone pericolose , è necessario accogliere l’appello di molti dirigenti dell’esecuzione penale esterna, che denunciano al ministro il rischio che, per tagliare le spese, si taglino proprio figure importanti come quelle degli assistenti sociali e degli educatori.
Dice l’appello: “I tagli apportati ai ruoli degli assistenti sociali e degli educatori infliggono un colpo durissimo, quasi definitivo, alle residue aspettative di potenziamento operativo dell’esecuzione penale esterna. Per gli uffici di esecuzione penale esterna la proposta di pianta organica sancisce il ritorno indietro di 15 anni e l’effettiva impossibilità per l’amministrazione di assicurare i compiti istituzionali in tale settore, in particolare gli accertamenti per l’ammissione dei detenuti alla detenzione domiciliare prevista dal recente decreto legge n.211 del governo. Le verifiche domiciliari e di lavoro per gli ammessi a misure alternative, le indagini per il trattamento dei detenuti. Emerge, infatti che, rispetto alla pianta organica del 2006, gli assistenti sociali vengano falcidiati più di tutte le altre qualifiche (567 su 1621); subito dopo gli educatori (369 su 1367). Se realmente si vuole riportare a livelli fisiologici il ricorso alla carcerazione, è urgente spostare risorse dal carcere all’esecuzione penale esterna, in modo che gli uffici competenti abbiano i mezzi necessari per evitare il fallimento delle nuove sanzioni che si afferma di voler introdurre.

mercoledì 25 gennaio 2012

Via libera dal Cdm al decreto "svuota-carceri"





Il consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge con misure urgenti per favorire la riduzione del numero delle persone recluse nelle carceri. Al dicembre 2011 nelle carceri italiane sono recluse infatti oltre 68.000 persone: un numero che gli esperti del ministero ritengono largamente eccedente i posti disponibili.

Il decreto punta ad eliminare il fenomeno delle "porte girevoli" cioè le persone che entrano ed escono dal carcere nel giro di tre giorni ha spiegato il ministro Paola Severino. A questo scopo, ha detto il ministro, il dl dispone che le persone fermate o arrestate per reati minori restino in custodia della polizia, e non più portate in prigione, in attesa dell'udienza di convalida davanti al giudice che dovrà svolgersi al massimo entro 48 ore e non più 96 ore.

Il decreto porta poi da 12 a 18 mesi il tempo residuo di pena per i reati meno gravi che il detenuto potrà scontare ai domiciliari anziché in carcere: una misura che potrebbe far uscire di galera almeno 3.000 persone e con la quale "è possibile un risparmio di 375mila euro al giorno".
Severino ha annunciato anche che il Cdm ha approvato uno schema di disegno di legge che contiene misure di "deflazione del processo penale". La prima è la trasformazione in illeciti amministrativi di diversi reati, la seconda è l'estensione per tutti di un istituto già in vigore nella giustizia minorile, la messa in prova. Per determinati reati meno gravi la pena consisterà nei lavori socialmente utili.
Per far fronte alle esigenze della edilizia carceraria il Cdm ha inoltre stabilito lo stanziamento di 57 milioni di euro in più per l'anno 2011

Il ministro Severino ha aperto inoltre a misure come l'amnistia e l'indulto: "Io non ho mai escluso che l'amnistia e l'indulto siano dei mezzi che contribuiscono ad alleviare l'emergenza carceri, ma ho sempre detto che non sono dei provvedimenti di matrice governativa: se questa indicazione verrà dal Parlamento io non la contrasterò" ha detto il Guardasigilli in conferenza stampa.

Decreto svuota-carceri, sì del Senato

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Il provvedimento contro il sovraffollamento approvato con 226 sì. Favorevoli Pdl, Pd, Udc e Terzo polo. Contrari Lega e Idv.

Il decreto legge del Governo sul sovraffollamento delle carceri è passato al vaglio dell'aula del Senato con 226 sì. Sono stati 40 i voti contrari, 8 gli astenuti. In origine i pilastri del decreto erano in sostanza due: il primo è l'estensione di una norma del cosiddetto "svuota-carceri" varato nel 2010 dal Governo Berlusconi, che stabilisce la possibilità per i condannati di scontare a domicilio gli ultimi dodici mesi di pena, e che l'attuale guardasigilli ha portato a diciotto mesi. Il secondo il tentativo di contrastare il fenomeno delle cosiddette "porte girevoli", cioè delle circa ventimila persone che stazionano in carcere dopo l'arresto (in flagranza per reati minori destinati al processo per direttissima o comunque in attesa di convalida) per meno di una settimana, in gran parte per soli tre giorni.


La soluzione individuata dal Governo era la rimessa in funzione delle camere di sicurezza delle questure e delle caserme di Carabinieri e Guardia di Finanza, ma il Senato, con un emendamento dei relatori Filippo Berselli (Pdl) e Alberto Maritati (Pd), ha deciso di privilegiare invece la custodia a domicilio degli arrestati. Il magistrato, se giudicherà pericoloso il soggetto arrestato o se non riterrà idoneo il suo domicilio, potrà destinarlo in subordine alle camere di sicurezza o al carcere. Dopo le obiezioni sollevate la scorsa settimana dall'ex ministro della Giustizia Nitto Palma (Pdl), che avevano portato a un rinvio della discussione, l'ultima formulazione dell'emendamento esclude dai domiciliari gli arrestati per furto in appartamento, furto con strappo, rapina semplice ed estorsione semplice. Si tratta di alcuni dei reati per i quali l'arresto in flagranza è obbligatorio.

Ai due pilastri fondamentali del provvedimento se n'è aggiunto un terzo nel corso dell'esame al Senato: la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari, gli ex manicomi criminali, fissata al 31 marzo del 2012, approvata questo pomeriggio dall'aula di palazzo Madama fra le vibrate proteste della Lega, ma con un dissenso di gran lunga più ampio rispetto alla dimensione del gruppo del Carroccio: 66 contrari contro 25 senatori leghisti.

Il Senato approva il decreto svuota-carceri

www.repubblica.it
Dal 2013 chiudono anche i manicomi criminali. Passa il decreto per evitare il sovraffollamento

delle carceri con 226 sì, 40 no e otto astenuti. Ora il provvedimento passa alla Camera. All'interno l'emendamento che decide la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari

di ADELE SARNO

ROMA - I cancelli dei manicomi criminali non si apriranno più per nessuno. E nelle carceri italiane ci saranno meno detenuti. Il Senato ha approvato il decreto contro il sovraffollamento con 26 i voti favorevoli, 40 contrari e 8 astenuti. Il provvedimento ora passa alla Camera, per convertirlo c'è tempo fino al 20 febbraio. All'interno anche un emendamento, deciso a maggioranza, che prevede la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari entro il 31 marzo 2013.

Sono passati 600 giorni da quando, nel giugno 2010, la Commissione d'inchiesta del Senato sull'efficacia ed efficienza del Servizio sanitario nazionale entrò nel manicomio criminale Barcellona Pozzo di Gotto (Me). "Davanti a noi - racconta il senatore Ignazio Marino, presidente della commissione - uno spettacolo imbarazzante. Le lenzuola sporche, i muri scrostati dall'umidità, la muffa, i materassi accatastati, gli uomini lasciati senza cure e costretti in condizioni disumane. Il primo uomo che ho visto era nudo, legato con delle garze, sdraiato su un letto. Era in queste condizioni da cinque giorni".

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, parlò allora di scene indegne di un Paese appena appena civile. E la Commissione avviò un'indagine sugli Opg di Barcellona Pozzo di Gotto (Me), Aversa (Ce), Napoli, Montelupo Fiorentino (Fi), Reggio Emilia e Castiglione delle Stiviere. Le immagini raccolte durante le ispezioni diventarono un documentario. E la malattia mentale ha smesso di essere una ferita da
nascondere alla società.

Viaggio nell'inferno dei dimenticati: foto 1- video 2

La legge, così come approvata dal Senato - spiega Marino - indica le caratteristiche e sancisce tempi certi per l'individuazione delle nuove strutture, interamente a carattere ospedaliero con una rete di vigilanza esclusivamente esterna, che permetteranno di superare gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Il termine è il 31 marzo 2013. "Questo voto responsabilizza tutti - dice il senatore - Stato Regioni, Magistratura. Nessuno potrà più dire 'io non sapevo' o 'io non posso', perché queste 1.500 persone internate, nella maggior parte dei casi senza garanzia delle cure e senza rispetto della loro dignita', devono da tutti noi essere percepite come una ferita ed una vergogna nel nostro vivere civile".

Soltanto così i folli, autori di un reato, potranno essere curati nel rispetto della dignità umana. "È importante intervenire su questa realtà - dice ancora Marino -. Basti pensare che dei 1500 pazienti rinchiusi negli Opg, poco più della metà (il 60%) è internato perché ritenuto socialmente pericoloso. Tutti gli altri non sono stati liberati perché non hanno un progetto terapeutico, non hanno una famiglia che li accolga o una Asl che li possa assistere. E' come se fossero rifiutati dai "loro" territori perché mancano le risorse".

Ma dove andrà chi è dentro? "Ci saranno strutture sanitarie in ogni Regione, le deciderà un decreto congiunto a firma del ministero della Giustizia e della Salute. Ognuna avrà un team composto da psicologi, psichiatri e personale medico pronto ad affrontare le esigenze dei malati autori di reato. La polizia penitenziaria invece farà vigilanza esterna".
(25 gennaio 2012)

Le carceri “liberalizzate”


Il Manifesto (25.1.2012) Stefano Anastasia e Alessio Scandurra (Associazione Antigone)

Liberalizziamo le carceri? Affascinante l’ossimoro proposto dal decreto Monti. Ma non si tratta di aprire porte e finestre e di consentire, a chi vuole, di uscirne e, magari, a qualcuno di entrarci di propria sponte. No, più prosaicamente il Governo si limita a (riaprire ai privati la realizzazione e quindi la gestione degli istituti penitenziari.

Già previsto nella finanziaria per il 2001 del Governo Amato, il project financing è una ricorrente tentazione di un ceto politico di governo che non vuole o non può decriminalizzare e non ha i mezzi per far fronte al sovraffollamento penitenziario da esso stesso stimolato, subito o assecondato. L’articolo 44 del decreto Monti prevede che “al fine di... fronteggiare... l’eccessivo affollamento delle carceri”, si ricorra “in via prioritaria alle procedure in materia di finanza di progetto”. A un decreto interministeriale sono demandate “condizioni, modalità e limiti di attuazione”.
Intanto si prevede che l’onere dell’investimento per la costruzione delle nuove carceri sia a carico di privati, con un coinvolgimento di fondazioni bancarie in misura non inferiore al 20%, che la loro gestione e dei servizi connessi sia affidata per non più di vent’anni a chi realizzi il progetto, e che gli sia garantito il corrispettivo necessario a coprire i costi dell’investimento e dei servizi.
L’unico vincolo è quello che fa salvo l’impiego del personale del corpo di polizia penitenziaria per la “custodia” dei detenuti, tanto per tenersi buoni i suoi agguerriti sindacati. Ma naturalmente anche altri “servizi” avrebbero meritato una tutela di rango legislativo. Non resterebbe che affidare ai concessionari i servizi di lavanderia e vettovagliamento, come già si usa. Ma è mai possibile che gli investitori privati possano rientrare della loro spesa (e, presumiamo, guadagnarci qualcosa) attraverso la concessione di simili servizi?
Alla stessa scettica conclusione era arrivato proprio il Ministero della giustizia, in questa legislatura, quando nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2009 scriveva che le proposte di proiect financing per la realizzazione di nuove carceri pervenute ai loro uffici erano risultate impraticabili perché “nel caso di un istituto penitenziario si è accertato che i servizi appaltagli al privato sono marginali e, comunque, insufficienti a produrre redditi di gestione tali da consentire il rientro dei cospicui capitali investiti”.
Secondo il Ministero della giustizia il project financing in ambito penitenziario “si dimostra fattibile qualora lo Stato partecipi al finanziamento dell’opera nella fase di costruzione con un cospicuo contributo finanziario pari al 60-70% del costo di costruzione e, in fase di funzionamento, con una rata annuale mediamente di 4-5 milioni di euro, per un periodo determinato in 30 anni per piccoli penitenziari ed in 40 anni per quelli grandi”. Condizioni comprensibilmente assai lontane da quelle previste nel decreto Monti.
Erano a conoscenza Ministro e Presidente del Consiglio di questa puntuale valutazione dei “tecnici” del Ministero della giustizia? 0 pensano di poter affidare ai privati anche l’assistenza sanitaria dei detenuti, le attività trattamentali e le più delicate funzioni amministrative degli operatori penitenziari?

No alla privatizzazione delle carceri voluta dal governo Monti

allamacchia.blogspot.com



Il decreto sulle liberalizzazioni del governo Monti approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 20 gennaio stabilisce, tra tante molto discusse, la possibilità di una privatizzazione che più di ogni altra rappresenta un'aberrazione e che però quasi nessuno sembra aver notato: quella delle carceri.

L'unico che finora ne ha parlato è stato il presidente dell'Associazione Antigone Patrizio Gonnella, in un intervento pubblicato ieri sul blog di MicroMega. Lo riporto interamente:


Vecchia e brutta storia quella della privatizzazione delle carceri. Nata negli anni del reaganismo ha trovato terreno fertile in Inghilterra. In Italia dal 1999 in poi ci sono stati molti tentativi di togliere il monopolio pubblico della esecuzione della pena. Iniziò Piero Fassino, quando era Guardasigilli, a dare messaggi in questa direzione. Poi ci provò il leghista Castelli dando vita a una società, la Dike Aedifica, che doveva vendere carceri vecchie e comprare carceri nuove nonché fare affari penitenziari di varia natura. Non se ne fece nulla. Si avviarono le inchieste giudiziarie nei confronti dei consulenti edilizi del ministro ingegnere Castelli. Per la Corte dei Conti la società non esisteva, essendo stata illegalmente costituita.

Poi Berlusconi, di rientro da un viaggio in Cile, disse che l'Italia avrebbe dovuto copiare il modello penitenziario privato cileno. A seguire fallì il tentativo di assegnare alla comunità di Muccioli una casa lavoro in Emilia. Nell'ultimo decennio sono stati annunciati leasing immobiliare e project financing.

Venerdì scorso nel decreto liberalizzazioni è comparsa la seguente norma:

«Al fine di realizzare gli interventi necessari a fronteggiare la grave situazione di emergenza conseguente all'eccessivo affollamento delle carceri, si ricorre in via prioritaria [...] alle procedure in materia di finanza di progetto. [...] Al fine di assicurare il perseguimento dell'equilibrio economico-finanziario dell'investimento, è riconosciuta a titolo di prezzo, una tariffa per la gestione dell'infrastruttura e per i servizi connessi, a esclusione della custodia, determinata in misura non modificabile al momento dell'affidamento della concessione. [...] E' a esclusivo rischio del concessionario l'alea economico-finanziaria della costruzione e della gestione dell'opera. La concessione ha durata non superiore a venti anni».

Una norma pericolosa, non conforme alla mission costituzionale del sistema penitenziario, inaccettabile dal punto di vista del diritto interno e internazionale. Dal 1990 le Nazioni Unite condannano quei Paesi, Usa in primis, che hanno adottato programmi selvaggi di privatizzazione. I diritti umani in quelle carceri sono considerati un optional accidentale. Nessuno può mettere naso nei bilanci e nelle politiche delle multinazionali della sicurezza. Sono ricomparsi i lavori forzati nel nome del lucro dei carcerieri. Le politiche penali le fanno le società private che hanno bisogno di detenuti per riempire le loro galere. Così negli Usa siamo arrivati a 2 milioni di prigionieri.

Ora anche in Italia compare una norma che conferisce ai privati la possibilità di costruire un carcere e gestirlo, previa concessione governativa. Chiaramente un imprenditore fa un investimento del genere se sa che poi quel carcere si andrà a riempire. E dalla gestione della prigione che quell'imprenditore ci guadagna denaro.

Le politiche penali messe nelle mani della cricca non sono proprio una bella cosa. In questo modo il sovraffollamento esploderà nel nome del profitto.


Ciliegina sulla torta (di denaro da spartire), è il comma 3 dell'articolo 44 in questione:

«Il concessionario nella propria offerta deve prevedere che le fondazioni di origine bancaria contribuiscano alla realizzazione delle infrastrutture di cui al comma 1, con il finanziamento di almeno il 20 per cento del costo di investimento».

Si impone quindi il modello del project financing con il coinvolgimento obbligatorio delle banche. Peccato che quando si tratta di infrastrutture costruite con questo sistema alla fine tocchi comunque allo Stato pagare, sia nelle fasi di realizzazione (l'esempio principe è il finanziamento dell'autostrada lombarda Brebemi, che già alla partenza dei lavori gravava sulla Cassa depositi e prestiti, un ente pubblico, per 762 milioni di euro, cifra ora in continua lievitazione a causa delle inchieste giudiziarie su mazzette e scorie contaminate che hanno indotto le banche a temporeggiare sui mutui) sia in quella di gestione (a meno che nel caso delle prigioni non si pensi sul serio di usare i reclusi come forza lavoro gratuita e permettere all'imprenditore di intascare il compenso del loro sfruttamento...).

Fa sorgere qualcosa di ben più consistente di un sospetto di conflitto di interessi il fatto che l'attuale viceministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e dei Trasporti, Mario Ciaccia, sia stato sino a pochi mesi fa amministratore delegato e direttore generale di Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo, il braccio operativo di Intesa Sanpaolo nel finanziamento delle grandi opere. Opere di facile ed evidente speculazione come il Tav Torino-Lione, la Brebemi o come appunto certe privatizzazioni, fra cui questa dell'edilizia carceraria, guardacaso tutte spacciate come prioritarie per la salvezza economica del Paese.

Verbale del 13 gennaio 2012 redatto in occasione dell'incontro su "Dotazioni organiche degli Uffici e Servizi e problematiche degli Uffici EPE"

Vai su: http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/21119

Ordine del giorno 17.1.2012 Consiglio regionale della Lombardia





Il Consiglio regionale della Lombardia

PREMESSO CHE

Il tema della giustizia, della espiazione della pena, della condizione carceraria coinvolge tutte le istituzioni, tra cui la stessa Regione Lombardia, aventi titolo e responsabilità per garantire la funzione rieducatrice della pena, il reinserimento e i diritti e la dignità della persona ristretta dalla libertà;

PRESO ATTO CHE

Le condizioni di sovraffollamento delle carceri, il degrado degli edifici penitenziari, l’emergenza di tipo sanitario, la carenza di personale di polizia carceraria, sociale ed educativo, la scarsità di risorse economiche, in particolare quelle da destinare agli inserimenti lavorativi di cui alla legge Smuraglia sono problematiche presenti in tutte le strutture detentive;

Il fenomeno del sovraffollamento riduce gli standard di accoglienza delle strutture e le attività trattamentali e si ripercuote sulla dignità e qualità della vita delle persone ristrette;

la condizione carceraria è di per sé causa di rischi aggiuntivi per la salute fisica e psichica dei detenuti con un aumento dei casi di affezione per patologie infettive e parassitarie e che tra la popolazione detenuta è alto il numero di tossicodipendenti (circa un terzo dei reclusi in Lombardia), di soggetti sieropositivi e di soggetti sofferenti di patologie psichiatriche;

circa la metà della popolazione detenuta in Lombardia è di nazionalità straniera con una altissima percentuale di immigrati e che tale fenomeno induce problematiche complesse inerenti la gestione e l’integrazione, nonché in molti casi l’accesso alle misure alternative e all’applicazione delle disposizioni relative all’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno, di cui alla legge 26 novembre 2010 n.199;

gli impegni profusi hanno prodotto importanti progetti ed iniziative di accompagnamento e reinserimento dei detenuti;questi interventi oggi vengono consolidati e va garantito la loro continuità;

VISTO

La legge regionale 8/2005 con cui la Regione Lombardia concorre a tutelare la dignità delle persone adulte e minori ristrette negli istituti di pena o ammesse a misure alternative o sottoposte a procedimento penale;

Il Programma Regionale di Sviluppo (PRS) della IX Legislatura;

Il Piano Socio Sanitario Regionale (PSSR) 2010-2014;

Lo Schema d’intesa tra il Ministero di Giustizia e la Regione Lombardia per l’attuazione del Piano Carceri, di cui alla d.g.r. n.IX/1404 del 9 marzo 2011;

Le linee guida in materia di inclusione sociale a favore delle persone sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria: sviluppo della funzione agente di rete, di cui alla d.g.r. 9143 del 9 marzo 2011;

Il Documento strategico annuale 2012, di cui alla d.g.r. n.IX/2034 del 28 luglio 2011;

la Promozione e sviluppo di una rete di servizi ed interventi a favore delle persone sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria e delle loro famiglie, di cui alla d.g.r. n.IX/2733 del 22 dicembre 2011;

L’ordine del giorno concernente incentivi alle imprese che assumono soggetti detenuti ammessi al lavoro esterno, di cui alla d.c.r. n. 319 del 21 dicembre 2011;

CONSIDERATO CHE

Alla data dell’11 gennaio 2012 le persone detenute negli istituti penitenziari della Regione Lombardia risultano essere

9.242 (di cui 8.671 uomini e 571 donne) a fronte di una capienza regolamentare di 5.398 unità e tollerabile di 8.540;
i detenuti tossicodipendenti sono 2.657;
gli stranieri sono 4.114 ;


nell’anno 2011 si sono verificati 7 suicidi;

il personale di polizia penitenziaria effettivo risulta essere fortemente sotto organico, infatti attualmente in forze risultano 4.189 unità, a fronte di un organico previsto di 5.353, e su di essi oltre i normali compiti di custodia gravano gli onerosi servizi di trasferimenti e traduzioni

RITENUTO CHE

Le criticità sopra descritte sono destinate ad aumentare, nonostante gli sforzi e gli interventi compiuti da Regione Lombardia, nella consapevolezza che tale materia necessita di una forte sinergia tra il Consiglio e la Giunta, le Direzioni Generali, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Regionale e gli Enti territoriali;

IL CONSIGLIO SI IMPEGNA

a costituire, ai sensi dell’articolo 18, comma 3 dello Statuto d’Autonomia della Lombardia, una Commissione Speciale con il compito di definire linee strategiche per l’adozione di un Piano d’azione regionale sulla condizione carceraria;

INVITA LA GIUNTA

ad intervenire nelle sedi istituzionali competenti e presso lo stesso Governo al fine di finanziare nuovi progetti di inserimento lavorativo e di occupabilità anche all’interno del carcere, garantendo la continuità degli sgravi fiscali di cui alla cosiddetta Legge Smuraglia, alle cooperative sociali e alle imprese che assumono detenuti;

a sensibilizzare il Ministero di Giustizia al fine di un aumento delle risorse da destinare alla dotazione dell’attuale Piano carceri in considerazione della presa d’atto di interventi urgenti e non più derogabili di manutenzione straordinaria nei confronti della maggior parte delle strutture detentive lombarde;

ad agevolare e dove possibile finanziare interventi volti a garantire al detenuto ammesso alle misure alternative o in regime di semilibertà domicili idonei per il suo reinserimento nella società;

a sensibilizzare ed agevolare gli enti locali ad adottare nei propri PGT interventi di edilizia convenzionata a favore degli operatori penitenziari, delle forze armate dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza;

a sostenere l’attività del Garante dei diritti dei detenuti presso l’Ufficio del Difensore Civico regionale con un approccio propositivo e di raccordo con i Garanti provinciali e cittadini ove istituiti, nonché di verifica delle condizioni di esecuzione della pena ;

a proseguire la positiva esperienza del progetto “agenti di rete” al fine di dare continuità agli interventi di raccordo tra carcere e territorio, in particolare con gli enti locali e le agenzie del terzo settore;

a rinforzare, anche attraverso nuove modalità organizzative in sinergia con le ASL e le AO, gli interventi di medicina penitenziaria.

a sollecitare la creazione di accordi al livello comunitario che consentano ai detenuti provenienti da Stati dell’Unione Europea a scontare la pena detentiva nel proprio Paese d’origine;

a porre in essere un piano strutturale di edilizia carceraria che consenta di aumentare la capienza delle strutture penitenziarie presenti sul territorio di Regione Lombardia;

a mettere in atto misure che consentano ai detenuti meno pericolosi di svolgere, in determinate condizioni di sicurezza, lavori di pubblica utilità

martedì 24 gennaio 2012

Arrivano le Carceri SpA

Valerio Valentini - Byoblu.com

Davvero curiosa quest’idea di superare le crisi economiche con le privatizzazioni. Continuiamo a vendere, pezzo a pezzo, tutta la nostra struttura statale, fatta di servizi e di istituzioni, ai privati, illudendoci che costoro perseguano il benessere del popolo e non l’impinguamento delle loro tasche. L’idea di fondo sembra essere questa: siccome garantire ai cittadini certi servizi comporta allo Stato costi elevati, allora cediamo la gestione e l’esercizio di quei servizi all’imprenditore di turno, cosicché quei costi se li sobbarchi lui. Ci illudiamo così di aver tagliato le spese e non ci accorgiamo che quello che tagliamo davvero è la nostra libertà, dal momento che, demandando ai privati le gestione di servizi che sono pubblici, veniamo esautorati del diritto di decidere sul modo di far funzionare quei determinati servizi.

Ora, non bastavano le autostrade e le banche: pare che il governo voglia cedere ai privati anche la gestione delle carceri. Questo si evince dall’articolo 44 del Decreto Liberalizzazioni, nel quale si prevede di ricorrere ad un “project financing per la realizzazione di infrastrutture carcerarie”. Si intende, cioè, demandare a concessionari l’onere di finanziare e gestire le carceri ed i servizi connessi, “a esclusione della custodia”, in cambio di una tariffa prestabilita e non modificabile, determinata “al momento dell'affidamento della concessione, e da corrispondersi successivamente alla messa in esercizio dell'infrastruttura realizzata”. Questa concessione “ha durata non superiore a venti anni” ed i rischi economici legati alla costruzione e alla gestione dell’opera sono tutti a carico del concessionario. Se la società fallisce, cioè, lo Stato non interviene a finanziarla. Inoltre, “il concessionario nella propria offerta deve prevedere che le fondazioni di origine bancaria contribuiscano alla realizzazione delle infrastrutture […] con il finanziamento di almeno il venti per cento del costo di investimento”. Si fa esplicito obbligo, cioè, di coinvolgere le fondazioni bancarie nel finanziamento dell’opera di costruzione e di gestione delle carceri. Tutto ciò, stando a quanto si apprende dall’articolo, servirebbe “a fronteggiare la grave situazione di emergenza conseguente all'eccessivo affollamento delle carceri”.

Innanzitutto, la domanda che sorge spontanea è questa: se davvero tutto questo progetto serve ad ovviare al sovraffollamento delle carceri, perché non si cerca di recuperare le almeno cento carceri inutilizzate, lasciate marcire, in attesa soltanto del collaudo o complete in tutto e per tutto, oppure abbandonate e riconvertite in deposito di rifiuti, in palestre, in pastifici o più miseramente in dormitori per indigenti e sfrattati? Ce ne sono a Foggia, Monopoli, Catanzaro, Vibo Valentia, Crotone, in Irpinia, a Udine, Gorizia, Pinerolo, Mantova, Ferrara, Pistoia, Massa-Carrara, Ancona, Pescara, Napoli, Bari, Altamura, Gela, Caltanissetta, Agrigento. E poi ovviamente ci sono i super-carceri di Pianosa e dell’Asinara, dove si potrebbero trasferire i boss dei boss, a cui va impedito di comunicare con l’esterno e di continuare ad essere padrini anche da dietro le sbarre. Sarebbe un’operazione molto più rapida ed estremamente più economica, oltreché intelligente dal punto di vista ecologico, dal momento che farebbe risparmiare tonnellate e tonnellate di cemento. Invece, quando si parla di carceri, in Italia la parola d’ordine è costruire: il che significa nuovi soldi, nuovi appalti e nuovi accordi tra politici e imprenditori.

Bisogna specificare che non è una novità di Monti e dei suoi ministri: l’idea di privatizzare le carceri nasce in America negli anni ’80, sotto il governo Reagan, e prende piede, oltre che negli Usa, anche in Australia ed Inghilterra. Eppure l’esperienza non si è rivelata così positiva come tutti si aspettavano: innanzitutto il risparmio effettivo derivato dalle privatizzazioni è stato ben inferiore a quello previsto. Le società concessionarie da un lato si vantano di garantire maggiore efficienza e costi molti ridotti, ma dall’altro non sono mai in grado di dimostrare quanto affermano nelle loro campagne propagandistiche. C’è addirittura chi, come il “Department of Research for the American Federation of State, County and Municipal Employees” - uno dei più grandi sindacati americani -, ribatte che “dalla privatizzazione delle carceri non é derivato né un risparmio economico né un miglioramento nella qualità del servizio fornito”.

Ma non è soltanto una questione di costi. La “Commissione per la lotta contro la discriminazione e per la protezione delle minoranze” dell’Onu bacchetta da più di vent’anni quei paesi, in special modo gli States, che perseguono una politica di privatizzazioni delle infrastrutture carcerarie. La responsabilità del rispetto dei diritti umani, secondo le Nazioni Unite, deve ricadere sullo Stato e non può essere demandata a privati. E molte organizzazioni umanitarie denunciano le forti pressioni delle lobby impegnate nella costruzione di nuove carceri affinché i governi statunitensi ed australiani adottino leggi più severe che tendano ad aumentare la popolazione carceraria e riducano le pene alternative come la libertà vigilata e gli arresti domiciliari. Non solo: le condizioni di vita e di sicurezza, nelle carceri private, sono ben peggiori di quelle pubbliche, tanto che spesso vengono segnalati e denunciati casi di lavoro forzato e di sfruttamento dei detenuti. Tanto nessuno controlla.

Qualcuno potrà obiettare che anche all’Ucciardone o a Poggio Reale le condizioni non sono certo quelle di un Grand Hotel. Ma il punto è proprio questo: essendo le nostre carceri pubbliche abbiamo tutto il diritto, in quanto cittadini dello Stato italiano, di pretendere che si adottino provvedimenti volti a migliorare la sicurezza ed il rispetto dei diritti dei detenuti. Se invece cederemo le carceri ai privati, loro rivendicheranno una piena autonomia di gestione, in virtù del fatto che sono loro a finanziare quelle strutture. Eppure il sistema carcerario è un aspetto fondamentale di uno Stato. Esso garantisce il recupero alla società civile di individui che hanno sbagliato. Deve essere un’officina in cui le persone “colpevoli” dei reati puniti con la reclusione ritrovino le motivazioni e la voglia di reinventarsi. Ed è per questo che le carceri sono la cartina al tornasole di una società: se funzionano, ne mostrano l’alto tasso di civiltà; viceversa denunciano l’esistenza di seri problemi e di un malessere sociale pericoloso.

E' chiaro a tutti che le carceri italiane, così come sono oggi, rappresentano un mostruoso abominio, come documentato da Samanta Di Persio. Ma venderle alle banche significherebbe una ammissione di impotenza dello Stato nel risolvere problemi importanti. E darebbe, magari, avvio ad un processo molto rischioso di privatizzazione generale di tutti quei servizi che non funzionano, o che dovrebbero funzionare.Oggi si prendono le carceri e l’acqua pubblica, ignorando persino un referendum dell'anno scorso. Poi verranno a prendersi le scuole, la Rai, i trasporti. Alla fine, un bel giorno, ci alzeremo e scopriremo che l’Italia è stata rilevata a prezzi stracciati da quattro banchieri, che hanno speculato sulla crisi per fagocitare servizi e strutture pubbliche. E allora, forse, capiremo il significato di una privatizazione selvaggia e indiscriminata.

PATRIZIO GONNELLA – No alla privatizzazione delle carceri voluta dal governo Monti

micromega


Vecchia e brutta storia quella della privatizzazione delle carceri. Nata negli anni del reaganismo ha trovato terreno fertile in Inghilterra. In Italia dal 1999 in poi ci sono stati molti tentativi di togliere il monopolio pubblico della esecuzione della pena. Iniziò Piero Fassino, quando era Guardasigilli, a dare messaggi in questa direzione. Poi ci provò il leghista Castelli dando vita a una società, la Dike Aedifica, che doveva vendere carceri vecchie e comprare carceri nuove nonché fare affari penitenziari di varia natura. Non se ne fece nulla. Si avviarono le inchieste giudiziarie nei confronti dei consulenti edilizi del ministro ingegnere Castelli. Per la Corte dei Conti la società non esisteva, essendo stata illegalmente costituita.

Poi Berlusconi, di rientro da un viaggio in Cile, disse che l’Italia avrebbe dovuto copiare il modello penitenziario privato cileno. A seguire fallì il tentativo di assegnare alla comunità di Muccioli una casa lavoro in Emilia. Nell’ultimo decennio sono stati annunciati leasing immobiliare e project financing.

Venerdì scorso, pare che nel decreto liberalizzazioni, sia comparsa la seguente norma: “Al fine di realizzare gli interventi necessari a fronteggiare la grave situazione di emergenza conseguente all’eccessivo affollamento delle carceri, si ricorre in via prioritaria alle procedure in materia di finanza di progetto. E’ riconosciuta a titolo di prezzo, una tariffa per la gestione dell’infrastruttura e per i servizi connessi, a esclusione della custodia, determinata in misura non modificabile al momento dell’affidamento della concessione. E’ a esclusivo rischio del concessionario l’alea economico-finanziaria della costruzione e della gestione dell’opera. La concessione ha durata non superiore a venti anni”.

Una norma pericolosa, non conforme alla mission costituzionale del sistema penitenziario, inaccettabile dal punto di vista del diritto interno e internazionale. Dal 1990 le Nazioni Unite condannano quei Paesi, Usa in primis, che hanno adottato programmi selvaggi di privatizzazione. I diritti umani in quelle carceri sono considerati un optional accidentale. Nessuno può mettere naso nei bilanci e nelle politiche delle multinazionali della sicurezza. Sono ricomparsi i lavori forzati nel nome del lucro dei carcerieri. Le politiche penali le fanno le società private che hanno bisogno di detenuti per riempire le loro galere. Così negli Usa siamo arrivati a 2 milioni di prigionieri.

Ora anche in Italia compare una norma che conferisce ai privati la possibilità di costruire un carcere e gestirlo, previa concessione governativa. Ovviamente un imprenditore fa un investimento del genere se sa che poi quel carcere si andrà a riempire. E dalla gestione della prigione che quell’imprenditore ci guadagna denaro.

Le politiche penali messe nelle mani della cricca non sono proprio una bella cosa. In questo modo il sovraffollamento esploderà nel nome del profitto.

Patrizio Gonnella

Fp-Cgil: "No alla privatizzazione delle carceri"


ROMA – ''Da tempo l'immobilismo delle istituzioni ha creato una vera e propria emergenza umanitaria nel sistema penitenziario. Con il decreto legge sulle liberalizzazioni e la previsione dell'ingresso dei privati per la realizzazione e la gestione di strutture penitenziarie attraverso il project financing, lo Stato italiano dichiara definitivamente il proprio disimpegno. Siamo alla privatizzazione delle carceri. Il Governo dei tecnici ha trovato una soluzione per l'emergenza: esternalizzare i problemi per ridurre i costi. Un errore sul quale chiediamo un immediato incontro con la Ministra Severino'', con queste parole Fabrizio Fratini, Segretario Nazionale Fp-Cgil, commenta il contenuto dell'art. 44 del decreto legge sulle liberalizzazioni.

''Mettere sul mercato la gestione di strutture in cui le persone vengono private delle proprie liberta' ci sembra francamente un eccesso di liberismo. Lasciando da parte la totale assenza di garanzie che traspare dai tre scarni commi dell'articolo 44, dichiariamo la nostra totale contrarieta' a questo disimpegno da parte dello Stato.

Il paradosso – continua Fratini – e' che questa scelta arriva nella fase piu' critica per il sistema, con il numero di detenuti ormai pericolosamente vicino alla soglia dei 70mila, e all'indomani della sostanziale impasse registrata sul ddl carceri. Da un lato non si interviene per limitare le storture del sistema, molte delle quali causate dai provvedimenti propagandistici del Governo Berlusconi e dell'Ex Ministro Alfano, soprattutto per quel che riguarda i detenuti in attesa di giudizio o ad esempio quelli ristretti a causa delle leggi Bossi-Fini e Fini-Giovanardi. Dall'altro non si investe nel sistema e lo si lascia in pasto ai privati, ignorando il richiamo della Corte dei Conti che sul tema delle esternalizzazioni ha chiaramente fatto emergere il maggior costo per la collettivita' rispetto alla gestione pubblica. Si lascia il campo con disonore – conclude il sindacalista – un disastro''.
blitz quotidiano

Giustizia: intervista a Francesco Maisto; sovraffollamento per colpa di leggi "carcerogene"


Alberto Laggia - Famiglia Cristiana, 24 gennaio 2012

Un mese per metter fuori dalle carceri migliaia di detenuti. Bisogna fare qualcosa subito, "a leggi ferme", prima che sia troppo tardi". Decongestionare le carceri non è più una delle tante emergenze della giustizia italiana, ma l'emergenza prioritaria, assoluta. L'appello ultimativo è quello del presidente del Tribunale di sorveglianza dell'Emilia Romagna, Francesco Maisto.

C'è stato un tempo in cui le nostre carceri non soffrivano di sovraffollamento?

"Certo. E non troppi anni fa. Prima dell'ultimo indulto del 2006, i detenuti in carcere erano 40 mila e altrettanti erano i sottoposti a misure alternative. Senza che si lamentassero problemi d'aumento di criminalità. Poi s'è fatto crescere un carcere diverso da quello uscito dalla riforma e da quello descritto dal dettato costituzionale".

Quali sono le cause del drammatico sovraffollamento carcerario attuale?

"Nasce dalle cosiddette "leggi carcerogene" approvate in questi ultimi anni: leggi, cioè, che hanno previsto ipotesi di reato che prima non esistevano, o che hanno inasprito le pene per reati già esistenti. O, ancora, che impediscono la sospensione dell'ordine di esecuzione che bloccava per molti reati l'ingresso in carcere in attesa della decisione del Tribunale di sorveglianza".

Così l'afflusso nei penitenziari è diventato abnorme...

"E ciò è stato deciso senza sapere se si sarebbe riusciti a gestire questa nuova situazione. Senza riflettere sugli effetti per le condizioni di vita dei detenuti, diventati dei numeri e trattati come animali. L'unica preoccupazione diventa quella della sicurezza: la prevenzione dell'evasione".

Condizioni disumane che stanno alimentando il fenomeno dei suicidi in cella...

"Le leggi carcerogene hanno trasportato in carcere il malessere delle categorie sociali più emarginate: tossicodipendenti, alcolisti, pazienti psichiatrici, senza fissa dimora. La cosiddetta "detenzione sociale". Un esempio? Nel carcere bolognese della Dozza i Padri Dehoniani hanno scoperto che il 90 per cento dei detenuti non tiene neanche cinque euro sul conto bancario. Queste persone, desocializzate già prima, finiscono per non trovare prospettive in carcere. Così la cella diviene l'anticamera dell'autolesionismo e del suicidio. Ma oggi il malessere è così generalizzato che colpisce duramente anche le guardie carcerarie: i suicidi tra la Polizia penitenziaria sono una triste novità".

Questo sistema, oltreché inefficace dal punto di vista della rieducazione e del recupero in società, a leggere le percentuali della recidività, pare essere anche anti-economico. È così?

"Sicuramente. Basta fare un semplice confronto: per ogni detenuto lo Stato paga dai 150 ai 250 euro al giorno. Un ex detenuto che viene ospitato, invece, dall'associazione Papa Giovanni XXIII, per esempio, costa solo 30 euro al giorno. Non diventa, questa, un'opzione preferibile al carcere? Come si può conciliare, poi, una politica che riempie le prigioni con i tagli drammatici alla spesa pubblica? Insomma: in questo caso, la miglior politica è quella a minor prezzo".

L'amnistia o l'indulto possono essere una soluzione?

"No. Sono contrario. L'amnistia è deresponsabilizzante, sebbene avrebbe il grande vantaggio di liberare il tavolo dei giudici dai fascicoli dei processi. Senza opportunità fuori dal carcere, in breve l'ex detenuto torna dentro. Bastano le misure alternative, poche pratiche virtuose, e far andare a regime i Tribunali di sorveglianza".

Che giudizio dà dei provvedimenti nel cosiddetto "pacchetto Severino" allo scopo di decongestionare gli istituti di pena italiani?

"Finalmente si esce dalla logica dei Pacchetti sicurezza e si comincia a intravedere un orizzonte di efficienza della giustizia penale e di efficacia delle pene, nel rispetto della dignità delle persone condannate. Le soluzioni normative (Decreto Legge e Disegno di legge) corrono, però, il rischio di non produrre subito gli effetti di riduzione delle carcerazioni inutili. Senza immediati strumenti operativi le riforme resteranno lettera morta. Buona, allora, mi pare la scelta di fare di regola i processi per direttissima, nei casi di arresto in flagranza, ma sarebbero utili i supporti socio-assistenziali per la presa in carico dei tanti arrestati per reati lievi in condizione di marginalità sociale, psichica, tossicodipendenti, eccetera".

lunedì 23 gennaio 2012

Carcere. Severino: mai perdere di vista i diritti dell'uomo


23 gennaio 2012 - VITA

Dopo la visita al carcere di Sollicciano il Guardasigilli guardando al futuro parla di forme alternative

Anche in carcere non si devono perdere di vista i diritti umani. Una sottolineatura che arriva dal ministro della Giustizia Paola Severino. «Il carcere è, sì, un luogo di espiazione ma che non deve perdere di vista i diritti dell'uomo. L'uomo in carcere è un uomo sofferente, che deve essere rispettato. Oggi, invece il carcere è una tortura più di quanto non sia la detenzione che deve portare invece alla rieducazione» Ha infatti detto il ministro Severino nel corso di una conferenza stampa al termine della sua visita al carcere fiorentino di Sollicciano.

Il Guardasigilli ha raccontato di aver incontrato numerosi carcerati e di aver ascoltato le loro storie di speranza e disperazione. «Abbiamo, con i detenuti, anche pensato al cammino che si sta percorrendo, che vorrebbe mettere insieme un insieme di piccole misure; che, però, tutte riunite potrebbero dare un sollievo alla situazione carceraria», ha precisato Severino.

Sul problema del sovraffollamento il ministro ha spiegato che «quello che si deve fare in una proiezione futura è di mettere insieme una serie di forme alternative alla detenzione. Forme che rendano effettivo il principio per cui la detenzione deve essere veramente l'ultima spiaggia, da attivare quando le altre strade non si possono più percorrere».

Per Paola Severino si tratta di «un rovesciamento di proporzioni: è normale la misura alternativa al carcere; il carcere deve rappresentare una misura eccezionale, che come tale deve essere espressamente motivata. Ciò non vuol dire dare la libertà a tutti o negare le esigenze di difesa sociale, ma vuol dire riservare il carcere alle sole situazioni nelle quali le esigenze di difesa sociale prevalgono su quelle di un'alternativa alla carcerazione».

Il ministro della Giustizia Severino “Amnistia? Sì, se lo vuole il Parlamento

23.1.2012 FATTO QUOTIDIANO
"Il punto di partenza risiede in un accordo tra le forze parlamentari che riesca a raggiungere una maggioraranza qualificata", ha detto dopo la visita al carcere di Sollicciano. E sui diritti dei detenuti ha sottolineato: "Si deve pensare subito a misure alternative"
Il ministro della Giustizia Paola Severino torna a parlare di amnistia. E come quando a metà dicembre presentò il decreto ‘svuota carceri’ dicendo che non avrebbe contrastato un’eventuale indicazione proveniente dal Parlamento, anche oggi, parlando con i giornalisti al termine della visita al carcere di Sollicciano, la titolare del dicastero di via Arenula ha ribadito la necessità di “una maggioranza parlamentare estremamente qualificata”: “se questa maggioranza parlamentare si verificherà, si cimenterà – ha spiegato la Severino – certamente sarà possibile anche realizzare l’amnistia”. “Il punto di partenza – ha specificato il ministro – non è in questo caso un progetto, ma un accordo tra le forze parlamentari che riesca a raggiungere una maggioraranza qualificata”.

Nella struttura fiorentina il ministro ha incontrato operatori e detenuti, ascoltando e confrontandosi sulle varie questioni aperte. “Il carcere è, sì, un luogo di espiazione, ma non deve perdere di vista i diritti dell’uomo, ha detto la Severino sottolineando che “l’uomo in carcere è un uomo sofferente, che deve essere rispettato” e questo oggi non accade visto che “attualmente il carcere è una tortura più di quanto non sia la detenzione che deve portare invece alla rieducazione”. “Con i detenuti – ha proseguito Severino – abbiamo anche pensato al cammino che si sta percorrendo, che vorrebbe mettere insieme un insieme di piccole misure. Che, però tutte riunite potrebbero dare un sollievo alla situazione carceraria. Quello che si deve fare in una proiezione futura – ha proseguito il ministro – è mettere insieme una serie di forme alternative alla detenzione. Che rendano effettivo il principio per cui la detenzione deve essere veramente l’ultima spiaggia, da attivare quando le altre strade non si possono più percorrere”. Si tratta di “un rovesciamento di proporzioni” in cui diventa “normale” la misura alternativa ed “eccezionale”, quindi “espressamente motivata”, quella “carceraria”.

Severino si concentra anche sulla situazione delle madri detenute che si trovano in carcere con i propri bambini: “Gli ultimi dieci minuti della mia visita li ho passati nel nido – ha detto il ministro – Credetemi, è straziante vedere dei bambini che con le loro madri in carcere. Anche lì la soluzione non è facile – ha aggiunto – Ma le case famiglia, l’attivazione di sistemi alternativi al carcere credo che siano la vera soluzione praticabile”. Perché “non si può pensare che al compimento dei tre anni venga strappato dall’unico luogo che ha conosciuto e dalla madre, con la quale ha vissuto i primi tre anni della sua vita, e portato via”. Oggi – ha concluso il ministro – si cerca di alleviare con gli asili nido. Ho incontrato operatori straordinariamente bravi, che aiutano le mamme. Ma non è quella la strada principale”.

Ma nello stesso giorno in cui il ministro apre a una politica conciliante nei confronti dei detenuti, a Bolzano si registra una rivolta che ha coinvolto una cinquantina di carcerati. La situazione è tornata sotto controllo, ma nel pomeriggio i detenuti erano riusciti a prendere il controllo di un intero piano della casa circondariale di via Dante. A seguito della protesta 20 dei 60 detenuti della II sezione saranno trasferiti in altre case circondariali, come riferito dalla direttrice del carcere Anna Rita Nuzzaci, che ha confermato: “Non ci sono feriti”. La protesta – ha precisato – è iniziata alle ore 15 e consisteva nell’appiccare piccoli focolai e fare rumore con pentolini alle grate delle finestre. Dopo un primo intervento gli agenti penitenziari e l’invito di redigere un promemoria la situazione sembrava già sotto controllo ma poco dopo la situazione è degenerata. “A questo punto – ha riferito la direttrice – abbiamo dato l’allarme e chiesto l’intervento delle forze dell’ordine”. Sul posto sono intervenuti polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizia penitenziaria, in tutto una settantina di persone. “La situazione – ha detto il questore Dario Rotondi – è velocemente tornata sotto controllo”.

Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia Scrive al Ministro sul taglio degli organici negli Uepe

Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia

Organismi nazionali: Arci - Antigone - Comunità Papa Giovanni XXIII - Caritas Italiana - Libera - Società San Vincenzo De Paoli -SEAC - Jesuit Social Network-Italia Onlus
Rete territoriale: 18 Conferenze Regionali Volontariato Giustizia

Al Ministro della Giustizia
On. Paola Severino

Egregio Ministro,
le scriviamo per esprimerle ne nostre perplessità in merito ai tagli previsti negli organici in dotazione agli UEPE.
Negli anni precedenti avevamo espresso una posizione critica verso la Legge 154/2005 (Legge Meduri) che aveva modificato la denominazione dei “Centri di Servizio Sociale per Adulti” in “Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna”. Già allora il cambio della definizione non ci era sembrata una mera riformulazione lessicale, ma un disegno più vasto di ristrutturazione di questi uffici che, in questo arco di tempo dalla riforma penitenziaria, hanno dato prova di saper lavorare con capacità e competenza nelle difficili situazioni relative all’esecuzione esterna della pena, considerate anche le storiche scarse risorse previste per le misure alternative.
L’integrazione con il territorio, l’individualizzazione del progetto riabilitativo, la messa in rete delle risorse, la centralità posta sulla restituzione della responsabilità ai soggetti in merito al proprio percorso risocializzante attraverso la costante relazione con gli operatori sono da sempre elementi costitutivi di questi servizi che hanno contribuito in modo sostanziale a far si che l’esecuzione penale esterna determini meno recidive rispetto le carcerazioni. Vi sono ben sei ricerche del Ministero della Giustizia e del DAP che smentiscono che il carcere sia la soluzione migliore: la recidiva di chi è stato detenuto avviene sette volte su dieci. Ben diverse sono invece le percentuali (2 su 10) di persone che hanno usufruito delle misure alternative. Non sarà forse perché un detenuto in esecuzione penale esterna può godere di quei diritti fondamentali ( la salute, gli affetti, la possibilità di lavorare, di essere ascoltato quando ne ha bisogno) che in carcere sono invece così impraticabili?
Riteniamo che i tagli previsti (meno 35% di assistenti sociali, meno 27% di educatori) siano decisioni che, di fatto, vadano in palese contrasto con proposte legislative sul potenziamento delle misure alternative avanzate dal Governo e con le affermazioni di tutti coloro che sono a vario titolo impegnati nell’esecuzione penale, introducendo anzi forti invece elementi di criticità in una idea di servizio nato come “sociale” e che trae la sua efficacia dall’essere e rimanere tale. Lei stessa, nella Sua relazione sull’Amministrazione delle Giustizia presentata al Parlamento il 17 gennaio, auspica un migliore utilizzo di queste misure.

Il calo del personale porterebbe una conseguente diminuzione del tempo destinato alle persone, quindi il tempo “sociale”, configurandolo solo come un tempo di controllo della misura, e non come un tempo di costruzione di una relazione con la persona.
L’elevata spesa tuttora prevista per l’edilizia carceraria potrebbe essere, almeno in parte, diversamente destinata in risorse che potenzino i fattori necessari per il recupero; senza questi fattori, le dichiarazioni riferite alla sicurezza rischiano di risultare svuotate di opportunità e di prassi. Sappiamo che vere politiche per la sicurezza possono trovare fondamento solo su vere risposte sociali.
Ricordiamo che nel bilancio del DAP le strutture per l’esecuzione penale esterna assorbono oggi circa il 5% del budget contro il 95% degli Istituti Penitenziari. La nostra proposta è quella di portare la disponibilità per le misure alternative al 10% nei prossimi tre anni, senza ulteriori aggravi di bilancio, e poi al 20% nei successivi tre anni.
Andrebbe poi, contestualmente, immediatamente attivato un “Piano sociale straordinario per le carceri” di sostegno al reinserimento sociale per coloro che escono o che potrebbero uscire dal carcere, attraverso la formazione, il sostegno lavorativo, l’attivazione del terzo settore e dell’associazionismo.
Una coraggiosa inversione di rotta, che distribuisca le risorse in questa ottica, non può che costituire un investimento per il futuro in termini di vere risposte alla popolazione soggetta a misure penali.
Il potenziamento dell’area della detenzione sociale, aumentato negli ultimi anni e che comprende in buona parte tossicodipendenti, immigrati, persone con problemi psichici o in stato di abbandono sociale richiede risposte di sostegno, affinché queste situazioni critiche non trovino solo il carcere come unica strada ma risposte adeguate nei servizi territoriali (con particolare riferimento alle detenzioni e alle dismissioni negli OPG). E’ quindi il momento di privilegiare la strada delle misure alternative alla detenzione. Se il fine della pena è la risocializzazione, bisogna che l’operatività si rivolga verso la società. Esistono già delle soluzioni migliori di alternativa al carcere e i dati lo confermano; si tratta solo di praticarle.
Elisabetta Laganà, presidente CNVG

LETTERA APERTA AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA DI ALCUNI DIRIGENTI PENITENZIARI

Signora Ministro della Giustizia
Prof. Avv. Paola Severino
Signor Sottosegretario alla Giustizia
Prof. Salvatore Mazzamuto
Signor Sottosegretario alla Giustizia
Prof. Andrea Zoppini
Signor Capo del Dipartimento A. P.
Dott. Franco Ionta
Signor Vice capo Vicario del Dipartimento
Dott. Emilio di Somma
Signora Vice capo del Dipartimento
Dott.ssa Simonetta Matone
Signor Direttore Generale del Personale
Dott. Riccardo Turrini Vita
Signora Direttore Generale
dell’Esecuzione Penale Esterna
Dott.ssa Luigia Mariotti Culla


APPELLO PER IMPEDIRE LO SMANTELLAMENTO
DELLE ATTIVITÀ TRATTAMENTALI NELL’ESECUZIONE PENALE


Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha invitato per il giorno 13 gennaio le organizzazioni sindacali ad un incontro per discutere di “Dotazioni organiche degli Uffici e Servizi e problematiche degli Uffici di Esecuzione Penale Esterna”, allegando alla convocazione le tabelle sulle dotazioni organiche da rideterminare entro il 31 marzo 2012.
La lettura delle tabelle suscita grande preoccupazione, poiché i tagli apportati ai ruoli degli assistenti sociali e degli educatori infliggono un colpo durissimo, quasi definitivo, alle residue aspettative di potenziamento operativo dell’esecuzione penale esterna e del settore trattamentale degli istituti.
Per gli uffici di esecuzione penale esterna la proposta di pianta organica sancisce il ritorno indietro di 15 anni e la effettiva impossibilità per l'amministrazione di assicurare i compiti istituzionali in tale settore, in particolare gli accertamenti per l’ammissione dei detenuti alla detenzione domiciliare prevista dal recente decreto legge n. 211 del governo, le verifiche domiciliari e di lavoro per gli ammessi a misure alternative, le indagini per il trattamento dei detenuti.
Emerge, infatti che, rispetto alla pianta organica del 2006, gli assistenti sociali vengono falcidiati più di tutte le altre qualifiche (meno 35%: 567 su 1621); subito dopo gli educatori (meno 27%; 369 su 1367); complessivamente le due figure cardine dell'area trattamentale perdono complessivamente 936 posti di funzione su 2988 (-31%).
Per gli uffici di esecuzione penale esterna la situazione viene aggravata dalla contestuale mancanza del 30% dei dirigenti, dalla mortificazione dei funzionari che dirigono uffici non dirigenziali e dall’azzeramento dei mezzi e delle risorse.
Sono dieci anni che l’Amministrazione penitenziaria non assegna risorse e personale agli U.E.P.E.
Tali scelte sono in evidente conflitto con proposte legislative presentate dal Governo e con le dichiarazioni di principio che i vertici del Ministero della Giustizia e del Dipartimento rilasciano in ogni sede, in ordine alla volontà di sviluppare il settore delle misure alternative e sanzioni di comunità, del trattamento penitenziario e di ridurre il sovraffollamento delle carceri.
Riteniamo che i pur necessari risparmi debbano essere ottenuti non con tagli alle professionalità meno “protette”, ma con scelte coraggiose che non ascoltino la voce delle corporazioni interne, assecondando quelle al momento più forti, bensì salvaguardino prima di tutto le professionalità che assicurano l’espletamento dei servizi al cittadino.
Chiediamo, pertanto, che gli Organi cui competono le scelte politiche stabiliscano come prioritario il mantenimento degli organici delle professionalità il cui lavoro è direttamente finalizzato alla realizzazione dei compiti istituzionali trattamentali previsti dall’ordinamento, quali assistenti sociali ed educatori.
Chiediamo che sia risolta definitivamente l’ormai persistente mancanza di dirigenti degli uffici di esecuzione penale esterna, senza ridurre ulteriormente le sedi dirigenziali ma facendo i concorsi da anni necessari ed oggi urgenti.
Chiediamo che si abbia il coraggio di fare scelte chiare in tale direzione, procedendo ai tagli richiesti dalla legge, se confermati, intervenendo sugli organici delle funzioni di supporto, certamente importanti, ma non prioritarie come i ruoli direttamente impegnati nell’attività istituzionale dell’amministrazione penitenziaria, che vanno potenziati.
Se realmente si vuole riportare a livelli fisiologici il ricorso alla carcerazione, è urgente spostare risorse dal carcere all'esecuzione penale esterna, in modo che gli uffici competenti abbiano i mezzi necessari per evitare il fallimento delle nuove sanzioni che si afferma di voler introdurre.
Chiediamo agli operatori penitenziari, ai rappresentanti politici ed istituzionali, alle associazioni culturali e del volontariato, alle organizzazioni sindacali di farsi portatori di tale orientamento.

I dirigenti di esecuzione penale esterna
Eustachio Vincenzo Petralla, Milena Cassano, Laura Borsani, Emilio Molinari, Rita Andrenacci, Pietro Guastamacchia, Elena Paradiso,Chiara Ghetti, Paola Schiaffelli, Salvatore Nasca.

PREVISIONE DAP NUOVE PIANTE ORGANICHE

LETTERA APERTA OO.SS. AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

Al Ministro della Giustizia
Avv. Paola SEVERINO
per conoscenza,
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Prof. Sen. Mario MONTI
Al Capo del DAP
Pres. Franco IONTA

Signor Ministro,
siamo costretti a rilevare l’evidente incoerenza tra quanto si afferma in tema di stato di emergenza della situazione carceraria con l’intenzione, comunicata alle OO.SS., in data 13.1.2012, di tagliare gli organici del Personale Penitenziario non appartenente ai ruoli del Corpo della Polizia Penitenziaria, in ossequio alla Legge n. 148/2011 e precedenti.
E’ davvero incomprensibile, irragionevole, incongruo - finanche irresponsabile - non voler comprendere che tutto il Personale Penitenziario è impegnato ad assicurare, tra notevoli difficoltà, quelle attività istituzionali necessarie alla funzionalità del sistema penitenziario e, quindi, alla tenuta della sicurezza nazionale.
La Funzione Pubblica ed il Ministero dell’Economia, nonostante l’accertata gravità della situazione carceraria, ritengono non dover escludere il Personale Penitenziario dai tagli del pubblico impiego.
La giudichiamo una decisione gravissima, capace di accelerare l’esplosione del sistema penitenziario.
D’altro canto l’orientamento di confermare i tagli agli organici del personale penitenziario è in netta contraddizione con gli intendimenti del Governo che afferma di voler costruire nuovi padiglioni detentivi e nuove carceri, nonché ampliare la portata delle misure alternative.
Ci chiediamo come possano realizzarsi tali obiettivi se non attraverso un adeguato ampliamento (altro che tagli) delle dotazioni organiche del personale necessario al funzionamento dei servizi e delle attività.

Già oggi accade che moltissimi istituti penitenziari e uffici dell’esecuzione penale esterna risultino privi di direttore titolare, per non tacere delle già gravi deficienze organiche degli assistenti sociali e degli educatori.
Così come in diversi istituti e uffici dell’esecuzione penale esterna, mancando il personale addetto a compiti amministrativo-contabili e di segreteria tecnica ed amministrativa,
si è costretti ad impiegare unità di polizia penitenziaria che vengono distratte dai compiti istituzionali.
Tutte le OO.SS firmatarie della presente auspicano che alla dichiarata emergenza dei proclami si passi alla concretezza dei fatti per stoppare la devastante situazione emergenziale.
Le scriventi OO.SS., pertanto, propongono che, con procedura d’urgenza, si provveda alla sospensione delle iniziative finalizzate al taglio degli attuali organici del personale penitenziario non inquadrato nel Comparto Sicurezza, favorendo un percorso inclusivo del predetto personale nei ruoli tecnici della polizia penitenziaria.
Le OO.SS. firmatarie del presente documento ritengono, altresì, necessario procedere a colmare i vuoti degli organici dei ruoli dirigenziali.
Ritengono, inoltre, indispensabile una rivisitazione del D.M. di organizzazione del DAP per la quale, pur rientrando tra le prerogative Sue e del Governo, le scriventi OO.SS. offrono la piena collaborazione, scevra da ogni pregiudizio iniziale, affinchè si possa addivenire ad una condivisa elaborazione.
Per tale ragione Le chiediamo di calendarizzare un incontro urgente con le scriventi OO.SS. per affrontare congiuntamente e sinergicamente le difficoltà del momento e le possibili
ricadute delle scelte che andranno a definirsi.
Roma, lì 18 gennaio 2012
Documento Firmato :
UIL.PA.Pen. CONFSAL - UNSA INTESA-UGL SI.DI.PE. DPS FLP USB-PI

COORDINAMENTO USB PENITENZIARI: problematiche derivanti dalla riduzione dell’organico del personale del Comparto Ministeri e delle problematiche degli

A TUTTE LE STRUTTURE PENITENZIARIE

Nella giornata di venerdì 13 gennaio u.s., questa Organizzazione Sindacale ha partecipato all’incontro convocato per discutere sulle problematiche derivanti dalla riduzione dell’organico del personale del Comparto Ministeri e delle problematiche degli UEPE.
Ha introdotto il Sig. Vice Capo del Dipartimento, Dott.ssa Matone, che ha annunciato di essere riuscita a sbloccare le assunzioni, che aspettavano da anni. Si tratta di numeri bassi, ma comunque lavoratori da anni n attesa che finiranno di aspettare. E’ stato anche rappresentato, dalla parte pubblica, anche le difficoltà che sono rappresentate dalla carenza di organico dei Dirigenti e segnatamente di Servizio Sociale
Questa O .S. ha rappresentato che le difficoltà già presenti per motivi strutturali ed economici si aggiungono quelle derivanti da disposizioni incongrue dell’Amministrazione Centrale.
Infatti non si può continuare a far pesare le sedi di servizio su di un personale già carente: ma non c’è carenza solo del personale di Servizio Sociale, ma anche e soprattutto di personale dii supporto. Tale circostanza costringe gli Assistenti Sociali ad essere “autarchici” con la conseguenza di diminuire il tempo – lavoro professionale per incombenze che non sono della specifica professione: quando in un Ufficio vi sono 7 Assistenti Sociali e non vi è personale di supporto, non si può richiedere a quelle stesse di ottemperare al carco di lavoro, come se i supporti ci fossero. Nasce pertanto la necessità di :
• Fissare le priorità dell’Ufficio nell’espletamento dei carichi di lavoro,
• Individuare interventi specificamente professionali e non puntare su interventi di tipo poliziesco, quali quelli sulla 199/10, posto che i magistrati di sorveglianza chiedono comunque le indagini di polizia,
• Rivedere le circolari emesse da parte della DGEPE sull’orario di lavoro, che non tengono conto del contratto che, per legge prevede l’accordo con i sindacati.
• L’apertura del terzo pomeriggio dei servizi risulta un follia soprattutto, se si considera l’esiguo numero di A.S. presenti.
• Non solo, non si può far ricadere sui lavoratori il problema della sicurezza degli Uffici: si utilizzino strumenti tecnici e non li si costringa a stare a due a due, talvolta costringendoli a fare recuperi non dovuti, o a stare in Ufficio, rinunciando alla settimana compattata pure prevista per legge.
Spiace dove ricorrere ai luoghi comuni: non si possono fare le nozze con i fichi secchi.
Se l’andazzo dovesse continuare, allora è meglio prendere in considerazione l’ipotesi di chiudere gli UEPE.

IL COORDINAMENTO USB PENITENZIARI

Roma, 16 gennaio 2012

C O M U N I C A T O FP CGIL: DOTAZIONI ORGANICHE DEGLI UFFICI E SERVIZI E PROBLEMATICHE DEGLI UEPE

C O M U N I C A T O


Il 13 gennaio si è svolto, come preannunciato, l'incontro con l'Amministrazione riguardante le "Dotazioni organiche degli uffici e servizi e problematiche degli UEPE".
La parte pubblica ha aperto la discussione annunciando l'imminente sblocco dell'assunzione dei 44 educatori (funzionario giuridico pedagogico) componenti l'ultima tranche dei vincitori del concorso pubblico a 397 che da oltre un anno pur avendo assegnata la sede di servizio sono in attesa di assunzione .
Riguardo la tematica all'ordine del giorno l'amministrazione nell'illustrare la documentazione inoltrata alle OO.SS. ha evidenziato e sottolineato l'impegno profuso perché fosse estesa la deroga al taglio degli organici anche al personale penitenziario afferente al comparto ministeri, impegno rivelatosi, purtroppo vano. Pertanto, non potendo contare sull'assunzione di nuovo personale e dovendo quindi fare i conti con la carenza di organico, la parte pubblica ha annunciato che l'unico intervento finalizzato a dirimere, per quanto possibile, le criticità degli UEPE è quello organizzativo con una più equa distribuzione del personale nell'ambito dei PRAP.
L'amministrazione ha inoltre annunciato che prossimamente sarà calendarizzato un incontro con le OO.SS. riguardante la dirigenza penitenziaria e la determinazione dei posti di funzione.
La FpCgil, nel suo intervento ha evidenziato che la documentazione data alle OO.SS. non fa che rappresentare lo status quo e risulta abbastanza scoraggiante constatare che l'amministrazione non sia stata ancora in grado di formulare una proposta sulla quale confrontarsi, mirata ad arginare, con le risorse disponibili, il disagio operativo degli UEPE da tempo rappresentato.
Pur dando atto all'amministrazione del tentativo avanzato perché fosse estesa la deroga ai tagli delle risorse anche al personale del comparto ministeri, abbiamo evidenziato quanto probabilmente siano state insufficienti e poco mirate le motivazioni addotte a sostegno tali da non far comprendere la drammaticità operativa che sta vivendo il contesto penitenziario a causa della carenza di personale e nello specifico le difficoltà dell'esecuzione penale esterna che a seguito degli ultimi interventi normativi ha visto aumentare notevolmente il carico di lavoro proprio per gli aspetti operativi di sua competenza.
Abbiamo, quindi, contestato all'amministrazione il metodo con il quale ha predisposto i tagli alla dotazione organica intervenendo in maniera "lineare" su tutte le professionalità penitenziarie senza stabilire le priorità allo stato necessarie a contenere l'emergenza in cui versa l'intero sistema. Priorità che riguardano, così come si evince dagli ultimi interventi normativi, particolarmente il mandato e la funzione dell'esecuzione penale esterna ed il trattamento negli istituti e che investono, dal punto di vista operativo più specificamente le professionalità demandate a svolgere tali funzioni.
Risulta infatti singolare la situazione determinatesi per la quale alle denunciate pesanti difficoltà operative degli UEPE e degli Istituti, comportate dall'incremento dei carichi di lavoro e dalla carenza di personale, si risponda invece con l'esubero di personale. Una situazione paradossale, degna di una necessaria riflessione. Il risultato di una scelta a nostro parere molto discutibile che comporterà al sistema gravi difficoltà.
A tal proposito abbiamo proposto, qualora ci fossero margini di intervento, di rivedere la distribuzione degli ultimi tagli, sia per i dirigenti penitenziari ( di Istituto e di UEPE), anch'essi in esubero nonostante molte sedi siano vacanti, sia riguardo le altre professionalità.
Infine proprio riguardo la dirigenza penitenziaria, della quale ci si ostina a non tener conto delle specificità di funzione e di organico previste dal D.lgs n.63/2006, ed in previsione dell'annunciato incontro riguardante la rideterminazione dei posti di funzione, abbiamo ribadito la necessità di conoscere la proposta definitiva della revisione del DM 27.9.2007, che ripartiva la dotazione organica prevista dal D.lgs menzionato ed i posti di funzione, auspicando un piano di riorganizzazione complessivo dove i posti di "funzione" siano necessariamente considerati "funzionali" all'organizzazione.
Vi terremo, come sempre informati dei prossimi incontri appena l'amministrazione ci comunicherà il calendario.

Roma, 16 gennaio 2012


La Coordinatrice Nazionale DAP
Lina Lamonica

Comunicato CISL FP: Dotazioni organiche - Problematiche degli Uffici per l’esecuzione penale esterna


Amministrazione Penitenziaria
Venerdì 13 Gennaio 2012
Si è svolto oggi il programmato incontro relativo alle dotazioni organiche ed alle problematiche degli Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna.

All’inizio della riunione la delegazione di parte pubblica ha preliminarmente annunciato lo sblocco dell’assunzione degli ultimi vincitori del concorso di educatore, oggi funzionario della professionalità giuridico pedagogica (lo schema di DPCM contenente il taglio agli organici ex lege 25/2010 è stato approvato dal Ministero dell’Economia ed è alla controfirma della Funzione Pubblica). Nel prosieguo la delegazione di parte pubblica ha illustrato il contenuto dei documenti già trasmessi alle oo. ss., precisando che tutti gli sforzi per estendere la deroga al taglio degli organici anche all’amministrazione penitenziaria sono risultati vani. Sulle situazione degli UEPE la delegazione di parte pubblica ha infine preannunciato che, in considerazione della carenza di personale e del blocco delle assunzioni, anche su indicazione dei provveditorati regionali si procederà ad una revisione della distribuzione del personale negli uffici ed ad una redistribuzione sul territorio degli uffici.

La CISL ha preliminarmente denunciato che la già grave situazione di tutte le strutture penitenziarie, a causa della carenza di personale e del sottodimensionamento degli organici, diventa drammatica in conseguenza dei tagli agli organici ed ha definito paradossale ed incomprensibile la scelta politica di non estendere anche al DAP la deroga ai tagli, già prevista per l’organizzazione giudiziaria. Nello specifico la CISL ha lamentato che il taglio prospettato dall’amministrazione determina delle posizioni soprannumerarie, inspiegabilmente, in determinate figure professionali, tra le quali i funzionari della professionalità di servizio sociale, i funzionari dell’organizzazione e delle relazioni e gli assistenti tecnici, che, nel nuovo contratto integrativo, sono state ritenute fondamentali per il miglior funzionamento degli uffici. La CISL infine ha chiesto ed ottenuto i dati sulle presenze in servizio aggiornate all’1.1.2012.

Per ciò che concerne le problematiche degli UEPE, la CISL ha denunciato che la situazione, già drammatica, è fortemente pregiudicata sia in conseguenza dei tagli (che, come detto, creano esuberi proprio nella figura del funzionario della professionalità di servizio sociale) sia della recente normativa sul fine pena che incrementa enormemente il carico di lavoro degli uffici. La CISL ha infine chiesto che la figura del funzionario dell’organizzazione e delle relazioni sia valorizzata non soltanto con riferimento alla struttura organizzativa degli UEPE (coma da disposizioni ministeriali) ma con riferimento a tutte le strutture penitenziarie, comprese quelle dell’amministrazione centrale.

Al termine della riunione la delegazione di parte pubblica ha precisato che saranno fissati ulteriori incontri sulla materia.

lETTERA APERTA AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

Al Sig. Ministro della Giustizia

e, p. c. Al Sig. Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dell’Economia

Al Sig. Ministro dell’Interno

Al Sig. Ministro per le Pari Opportunità Roma

Alla Redazione dei Quotidiani e siti internet antigone.it cercasiunfine.it lavoce.info libera.it nessunotocchicaino.it ristretti.it santegidio.org sbilanciamoci.it vita.it

Oggetto: Sistema carcerario, pena rieducativa, economia. Una ragionevole proposta.



La questione è nota: la capacità ricettiva del nostro sistema carcerario è oltre modo compromessa.

In spazi spesso obsoleti e fisicamente degradati/fatiscenti, una moltitudine di persone (detenuti, polizia penitenziaria, educatori, ecc.) vive compressa, nella negazione dei principi costituzionali, dei trattati internazionali e – fatto di per sé paradossale – delle norme fondamentali dello stesso ordinamento!

Il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria aveva diramato una nota (“Miglioramento della dignità detentiva”) che invitava ad adottare misure minime per “rendere meno afflittiva la detenzione”. Molto più efficaci appaiono gli effetti delle norme da Lei tempestivamente adottate, che consentono un alleggerimento del sovraffollamento, vera e propria “pena supplementare” (Benedetto XVI) inflitta ai detenuti, condannati o, spesso, semplicemente persone in attesa di giudizio.

Ricorrenti rivolte, tentativi quotidiani di suicidio e frequenti suicidi (anche di agenti della polizia penitenziaria) dimostrano tuttavia che si deve (e si può) fare molto di più. Anche perché occorre rendere strutturali misure che tendano a garantire la rieducazione del condannato, senza inseguire o tamponare sempre l’emergenza con “cerotti” o “pezze” di carattere provvisorio.

Guardando al nostro ordinamento – e, quindi, senza inseguire utopie – è possibile individuare due ipotesi che possono costituire fonti di ispirazione per una riforma strutturale del sistema penitenziario:

le norme sul processo minorile (l. 448/88), che hanno reso residuale il ricorso alla detenzione dei soggetti minori d’età; il Testo Unico in materia di dipendenze patologiche (DPR 309/90), che prevede – quale alternativa al carcere – l’affidamento di soggetti tossicodipendenti/alcooldipendenti condannati ai Servizi Sociosanitari o a comunità terapeutiche accreditate (artt. 89-96).

Certo, anche l’applicazione di tali norme non è priva di problemi e criticità ma, nel loro complesso, le esperienze realizzate in oltre due decenni dimostrano la possibilità di gestire situazioni difficili uscendo dalla (o riducendo gli effetti della) logica del carcere. Fermo restando, quindi, le esigenze di tutela sociale, per le quali il carcere costituisce un rimedio indispensabile di garanzia di sicurezza – ovvero nei casi inderogabili per categorie di reati/condanne che non appaiono conciliabili con misure alternative (si pensi ai casi di associazione ad organizzazioni criminali e/o alla recidività, qualora le misure alternative vengano strumentalizzate al mero scopo di perseverare in scelte/comportamenti devianti) – il ricorso alla detenzione dovrebbe e potrebbe essere considerato, come per i minorenni o i soggetti in condizione di dipendenze patologiche, l’estrema ratio di una condanna.

Perché?

Sicuramente per le già richiamate ragioni umanitarie, di civiltà e di rispetto delle norme: un sistema incapace di osservare le regole minime non può pretendere di educare alla legalità!

Ma anche per motivi economici. Nel decennio 2001-2010, il costo medio giornaliero per detenuto ammonta a circa 139 euro.



Fonte: http://www.ristretti.it/commenti/2011/aprile/pdf/costo_carceri.pdf Elaborazione su dati del Ministero della Giustizia

Strutture qualificate ed accreditate, sia pubbliche che di Terzo Settore – Aziende di Servizio alla Persona, cooperative sociali, comunità terapeutiche, ecc. – sarebbero in grado di accogliere, con tale cifra pro die, più di una persona, formulando programmi personalizzati di recupero e rieducazione fondati sul lavoro e la formazione, d’intesa con la Magistratura di Sorveglianza, i Servizi Sociali della Giustizia e del territorio, le Associazioni di promozione sociale e del volontariato. Supponendo che detto importo consenta di stimare l’accoglienza in 1,2 – 1,5 persone condannate per reati che non costituiscano motivo di grave allarme sociale, il 2 – 3% del costo giornaliero ora sostenuto dal sistema carcerario, consentirebbe di alleggerire l’affollamento del 2,4 – 3,6% (nell’ipotesi minima). Ovvero del 3 – 4,5% (secondo una valutazione più ottimistica, non lontana dal totale dei detenuti collocati/da collocare agli arresti domiciliari – poco più di 3000 – che il recente decreto di alleggerimento del sovraffollamento ipotizza). Poiché la quota prevalente del bilancio della Giustizia è assorbita dal personale in servizio, non è immaginabile che possano esservi – nel breve periodo – spostamenti consistenti di risorse finanziarie verso un “settore extracarcerario” (in parte già esistente e qualificato, in parte da costruire con tutte le necessarie garanzie di serietà ed affidabilità richieste). Tuttavia, insieme ad un processo di revisione delle norme che consenta una progressiva riorganizzazione del sistema, è possibile ipotizzare una inversione di tendenza: inizialmente minima (l’1 – 2% per anno), anche attingendo a risorse finanziarie diverse (come i beni ed i capitali sequestrati alle organizzazioni criminali), ma con effetti positivi nel tempo e di carattere sistemico sul piano del contenimento dell’affollamento. Probabilmente, nel medio-lungo periodo, anche positivi sul piano dell’occupazione di figure qualificate (educatori, assistenti sociali, psicologi, ecc.) nell’extracarcerario. Per quanto lento, tale processo di riduzione del sovraffollamento, si prospetta di sicuro più rapido ed economico (se si considera la spesa per il personale) di ogni ipotesi di costruzione di nuovi istituti penitenziari – sia pure necessari per sostituire immobili ormai irrecuperabili sul piano fisico/strutturale.

Per motivi di efficacia. Tutte le sperimentazioni in atto, nei pochi istituti penali che lo consentono o grazie alle norme sulle misure alternative, documentano che la ricaduta e la recidività costituiscono l’eccezione e non la regola: chi esce dal carcere per lavorare o imparare un mestiere o studiare, svolgere compiti, funzioni o servizi di pubblica utilità, partecipa alla propria rieducazione e, spesso, contribuisce al sostentamento proprio e dei familiari.

Per ragioni di “responsabilità sociale”. L’universo manicomiale e quello carcerario, cioè le istituzioni totali – come dimostrato magistralmente dagli studi e dalle esperienze di Foucault, Goffman, Basaglia ed altri – nascondono l’illusione della società di “occultare” a se stessa quella parte considerata malata o deviante e, quindi, pericolosa. Si tratta – invece – di un pezzo di umanità che appartiene alla stessa società e che non può essere espulsa o negata senza ulteriori effetti disastrosi. La “sicurezza” costruita con meccanismi di espulsione, cioè in assenza di coesione e cooperazione sociale, si rivela sempre fragile e fallace.

Esiste nello stesso sito del Suo Ministero una pagina dedicata al tema “Misure alternative o di comunità”( http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_3_2.wp?previsiousPage=mg_14_7 http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_3_2.wp?previsiousPage=mg_14_7): è una strada già tracciata, quindi, che deve essere percorsa per dare dignità a quella parte di umanità che la comunità ha interesse a riconoscere come “propria”.

Cordialmente Antonio Nappi*

*Assistente Sociale, Nucleo Operativo Tossicodipendenze, Prefettura di Bari Docente a contratto, Università di Bari, Corso dl Laurea in Scienze del Servizio Sociale

sabato 14 gennaio 2012

Giustizia: primo via libera al decreto legge "svuota carceri" da Commissione del Senato


di Nicoletta Cottone

Il Sole 24 Ore (12 gennaio 2012)

Fino al 2013 gli ultimi 18 mesi di detenzione si sconteranno ai domiciliari. Gli ospedali psichiatrici giudiziari chiuderanno dal 2013.
La commissione Giustizia del Senato ha dato via libera al decreto legge svuota carceri, che approderà in aula a Palazzo Madama in prima lettura mercoledì prossimo. La commissione ha approvato alcune modifiche: fino al 31 dicembre 2013 gli ultimi 18 mesi di detenzione si sconteranno ai domiciliari, anche per i recidivi. Inoltre gli ospedali psichiatrici chiuderanno dal 2013. Contro il decreto legge hanno votato Idv e Lega. La commissione Giustizia di palazzo Madama ha chiuso i lavori dopo un pomeriggio ad alta tensione nel quale dopo una lunga sospensione è stato ritirato un emendamento del Governo che mirava a introdurre nel decreto legge una delega all'Esecutivo, fortemente contestata dai membri della commissione.

Berselli (Pdl): arrestati a casa e non in cella

"La grande novità - ha sottolineato Filippo Berselli (Pdl), presidente della commissione e relatore del provvedimento con Alberto Maritati del Pd - è rappresentata dall'emendamento mio e di Maritati, approvato con una maggioranza larghissima, nel quale spostiamo l'attenzione del legislatore dal carcere alla casa. Oggi ci sono 21 mila persone che entrano in carcere per pochi giorni e poi escono, senza nessun vantaggio per la collettività né per loro stessi". Se il testo passerà in questa nuova versione, la polizia potrà mandare direttamente a casa questi arrestati per reati minori, in attesa del processo per direttissima, e solo in subordine verranno utilizzate le camere di sicurezza di questure e caserme, come prevede il decreto nel testo approvato dal Consiglio dei ministri. "Se a questi aggiungiamo i tremilacinquecento (condannati, ndr) che ci aspettiamo che non vadano in carcere o escano per effetto della norma sulla pena residua da scontare ai domiciliari, stiamo facendo molto - conclude Berselli - per affrontare questo problema del sovraffollamento delle carceri".

Sulla detenzione ai domiciliari dei recidivi l'Idv vota contro

L'Idv ha votato contro perché "considera inaccettabile che la detenzione domiciliare sino a 18 mesi di pena residua possa essere applicata, in deroga dell'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario, anche ai recidivi", ha detto il senatore Luigi Li Gotti, capogruppo dell'Italia dei valori in commissione Giustizia. "È ipocrita lasciare in piedi l'ordinamento penitenziario, ossia ritenere che sia giusto il divieto della detenzione domiciliare ai recidivi ma, nel contempo, ritenere che per due anni questo divieto non si applichi, in quanto la norma introdotta avrà vigore sino al 31 dicembre 2013. Se una norma é valida, per motivi anche di tutela della sicurezza, non può decidersi che per due anni non sia valida, così violandosi quelle regole di tutela della collettività che pure vengono ritenute in vigore, ma derogate".

I manicomi criminali chiuderanno dal 2013

Gli ospedali psichiatrici giudiziari chiuderanno dal 2013. Oggi la commissione Giustizia del Senato ha approvato all'unanimità l'emendamento per la chiusura entro il 31 marzo 2013. "Un punto fermo che dovrà essere confermato dall'aula del Senato la prossima settimana ma che rappresenta una conquista, dopo due anni di lavoro della Commissione d'inchiesta che presiedo", ha commentato Ignazio Marino, senatore del Pd e presidente della Commissione d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, che da tempo sta lavorando alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e che ha presentato insieme al relatore, Alberto Maritati, l'emendamento approvato.